SENTENZA N. 89
ANNO 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giuliano AMATO;
Giudici: Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art 1, comma 18-ter, del decreto-legge 29 ottobre 2019, n. 126 (Misure di straordinaria necessità ed urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti), convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 2019, n. 159, promosso dal Consiglio di Stato, sezione sesta, con ordinanza del 9 febbraio 2021, iscritta al n. 74 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2021.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio dell’8 marzo 2022 il Giudice relatore Nicolò Zanon;
deliberato nella camera di consiglio dell’8 marzo 2022.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 9 febbraio 2021 (r.o. n. 74 del 2021), il Consiglio di Stato, sezione sesta, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 32, 34, 97 e 113 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art 1, comma 18-ter, del decreto-legge 29 ottobre 2019, n. 126 (Misure di straordinaria necessità ed urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti), convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 2019, n. 159.
2.– Il Collegio rimettente riferisce, in fatto, che, nell’ambito del giudizio a quo, tre procedimenti riuniti sono stati introdotti da gruppi di docenti precari, idonei all’insegnamento per le rispettive classi di concorso e iscritti al quinto ciclo dei tirocini formativi attivi (TFA), ossia dei percorsi di specializzazione annuali, a numero chiuso, tenuti presso le università e gli altri istituti autorizzati, finalizzati al conseguimento della specializzazione sul sostegno didattico agli alunni con disabilità nelle scuole di ogni ordine e grado.
Espone il giudice a quo che, una volta fissato il numero massimo di docenti da avviare al quinto ciclo di TFA, il Ministero dell’università e della ricerca (di seguito: MIUR), con decreto del 12 febbraio 2020, ha stabilito le date del 2 e 3 aprile 2020 per le prove preselettive ed ha indicato per il mese di maggio 2021 il termine ultimo entro cui i percorsi formativi si sarebbero dovuti concludere.
Tali date, a causa dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, sono state differite più volte, fino alla definitiva fissazione al 29 settembre - 1° ottobre 2020 per le prove d’esame ed al 16 luglio 2021 per il completamento del corso.
Prima dell’emanazione dei suindicati atti, allo scopo di assicurare la stabilità dell’insegnamento nelle istituzioni scolastiche, porre rimedio alla grave carenza di personale di ruolo nelle scuole statali e ridurre il ricorso a forme di precariato mediante contratti a termine, l’art. 1, comma 1, del d.l. n. 126 del 2019 ha previsto – contestualmente al concorso ordinario per titoli ed esami – un concorso straordinario, per titoli ed esami, riservato a docenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado, da bandire entro il 30 aprile 2020 e preordinato all’immissione in ruolo di personale docente, sia su posti comuni che di sostegno, a partire dall’anno scolastico 2020-2021, stabilendo al successivo comma 5 i relativi requisiti d’ammissione.
La disposizione censurata è il comma 18-ter del medesimo art. 1 del d.l. n. 126 del 2019, come convertito. Esso ha disposto l’ammissione con riserva, alle procedure concorsuali ordinaria e straordinaria, dei «soggetti iscritti ai percorsi di specializzazione all’insegnamento di sostegno avviati entro la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» (29 dicembre 2019), prevedendo lo scioglimento positivo della riserva «solo nel caso di conseguimento del relativo titolo di specializzazione entro il 15 luglio 2020».
Riferisce ancora il rimettente che l’indicato concorso straordinario è stato indetto con decreto n. 510 del 23 aprile 2020, con il quale il direttore del competente dipartimento del MIUR ha stabilito l’ammissione con riserva – ai sensi della disposizione sospettata d’illegittimità costituzionale – dei docenti iscritti ai TFA, purché questi ultimi fossero stati avviati entro il 29 dicembre 2019 (data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n. 126 del 2019).
Contro la limitazione temporale all’ammissione con riserva sono stati proposti tre ricorsi cautelari innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con i quali i ricorrenti hanno dedotto vari profili di censura ed eccepito l’illegittimità costituzionale del citato comma 18-ter dell’art. 1 del d.l. n. 126 del 2019, come convertito.
Il TAR Lazio, con ordinanze n. 5696 del 9 settembre 2020, n. 5787 e n. 5790 del 10 settembre 2020, ha respinto le tre istanze cautelari per assenza del fumus boni juris, in considerazione dell’insussistenza dei presupposti per equiparare la situazione dei ricorrenti a quella dei frequentatori del ciclo TFA – il quarto – avviato entro la data del 29 dicembre 2019, rinviando alla fase di merito l’esame dell’eccezione d’incostituzionalità della norma di riferimento.
Il Consiglio di Stato, innanzi al quale le suddette ordinanze sono state impugnate, ritiene invece necessario – «stante la ristrettezza dei tempi per la partecipazione degli appellanti al concorso in argomento» – affrontare già nella fase cautelare le questioni di legittimità costituzionale eccepite, per evitare un pregiudizio «non solo grave, ma addirittura irreversibile in capo agli appellanti».
Esclusa la possibilità di interpretare la disposizione censurata in senso costituzionalmente orientato, il collegio ritiene rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 18-ter, del d.l. n. 126 del 2019, come convertito, nella parte in cui esclude la partecipazione al concorso, «peraltro con riserva», di soggetti che si trovano al momento dell’indizione della procedura straordinaria nella medesima situazione di altri ammessi con riserva, «ma con l’unica differenza che il loro ciclo di abilitazione è stato avviato il 12 febbraio 2020», e dunque in epoca successiva alla data di conversione del d.l. n. 126 del 2019 (29 dicembre 2019): data, quest’ultima, comunque precedente a quella di indizione del concorso straordinario (23 aprile 2020), il cui espletamento è stato oltretutto rinviato al 15 febbraio 2021 in conseguenza della sopravvenuta emergenza sanitaria da Covid-19.
Secondo il rimettente, il termine apposto per legge presenta un «difetto di ragionevolezza e d’imparzialità», ravvisabile non tanto nel termine stesso, quanto «nella sua rigidità», aggravata dal fatto che il legislatore non avrebbe previsto «un rimedio perequativo nel caso, tutt’altro che infrequente, di mancato rispetto, pur se fortuito, della scansione annuale nell’attivazione dei corsi TFA». Il legislatore, peraltro, non sarebbe intervenuto con adeguati correttivi neppure a seguito dello slittamento delle procedure – quella del quinto ciclo di TFA e quella del concorso straordinario – imposto dalla pandemia.
Il Consiglio di Stato qualifica in termini di legge-provvedimento la disposizione che prevede un’ammissione con riserva di alcuni soggetti, concretamente individuati, e ritiene che il legislatore, per assicurare il rispetto dei principi di uguaglianza, di ragionevolezza e di buon andamento dell’amministrazione, «avrebbe dovuto fare riferimento non alla data di conversione in legge del decreto ma all’attivazione della procedura abilitativa c.d. TFA in data antecedente a quella di indizione della procedura concorsuale straordinaria».
Il Collegio rimettente riconosce che la disposizione censurata persegue la «funzione agevolativa» dell’ammissione al concorso con la riserva di concludere positivamente il ciclo TFA.
Tuttavia, ritiene che tale agevolazione non rappresenti «una mera deroga al possesso della specializzazione qual requisito d’ammissione al concorso stesso, bensì un regime differenziato d’ausilio», per consentire, grazie all’ammissione degli specializzandi, il ravvicinamento tra il tempo della loro specializzazione e quello della loro assunzione in ruolo.
In altre parole, tale agevolazione, che «vale certo per i destinatari», sarebbe posta «pure nell’interesse generale al reclutamento di docenti muniti, o in via di raggiungimento, della specializzazione sul sostegno», anche per rendere effettivo il «diritto allo studio degli studenti diversamente abili», come sarebbe dimostrato dal fatto che la programmazione per cicli annuali dei TFA per la specializzazione sul sostegno scolastico è volta ad assicurare «un definito, ma costante gettito di docenti specializzati da immettere nei ruoli in tempi i più brevi possibili».
Di conseguenza, il rimettente assume che il termine, relativo al possesso dei requisiti d’ammissione al concorso, non sarebbe «un parametro nella libera disponibilità del legislatore»: il termine a data fissa, «neutro se la scansione tra reclutamento e specializzazione mantenga il passo ipotizzato dal legislatore stesso», diventerebbe «irrazionale e perturbatore quando tal scansione non sia più governabile per un accumulo di eventi non previsti e non risolubili dal mantenimento della data indicata dalla legge».
Per il Consiglio di Stato lo scopo del concorso straordinario è chiaro e consiste nel «più rapido riassorbimento» del precariato scolastico. Tuttavia, «gli eventi straordinari, che già hanno perturbato la citata scansione», si sarebbero riverberati pure sullo stesso procedimento selettivo, il quale avrebbe a sua volta subìto, «non diversamente da quel ch’è accaduto al 5° ciclo dei TFA, una riconfigurazione ancora in itinere dei suoi tempi di svolgimento, a causa dei noti fatti pandemici», con la conseguente sovrapposizione del quinto dei cicli di TFA e della procedura concorsuale, entrambi non ancora definiti alla data dell’udienza camerale di discussione dei ricorsi innanzi al giudice a quo.
Aggiunge ancora il rimettente, peraltro, che sarebbe irragionevole anche la data del 15 luglio 2020, stabilita come limite per il conseguimento della specializzazione ai fini dello scioglimento della riserva in senso positivo, in quanto fissata «arbitrariamente e non con riferimento al concreto andamento della procedura», ciò che avrebbe imposto, invece, di fare riferimento «al conseguimento del titolo prima dell’immissione in servizio». Tale ultimo argomento è ritenuto rilevante, perché «il 5° ciclo si conclude[rebbe], di programma, proprio il 16 luglio 2020».
Restringendo la platea dei soggetti aventi titolo a partecipare alla procedura concorsuale ai soli docenti che hanno potuto ultimare i corsi di specializzazione entro il termine di legge, la disposizione censurata avrebbe violato il «principio di ragionevole massima partecipazione», in contrasto «con gli interessi pubblici perseguiti col collegamento tra i TFA/S e detto concorso».
In tal modo sarebbe stato leso «il legittimo affidamento pure degli abilitandi», il quale, se non esclude la possibilità per il legislatore di incidere sui rapporti giuridici «in senso sfavorevole agli interessati (pur se aventi ad oggetto diritti)», richiede che le nuove regole non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica (da intendere quale elemento fondamentale dello Stato di diritto). A questo proposito, a parere del rimettente, il legislatore «deve o esimersi dallo stabilire regole rigide che non governino i poteri della P.A. in modo congruente coi valori costituzionali implicati, oppure (come pure nella specie) quando tal regolamento provochi distonie, specie a fronte di assetti mutevoli ed in continuo riadattamento, modificare la norma rigida, a pena d’incappare in evidenti, inutili discriminazioni».
Sarebbe, poi, vulnerato l’art. 97 Cost., non ravvisandosi, «dopo la predetta sovrapposizione tra tali due procedimenti», un interesse pubblico, attuale e concreto, a disporre l’esclusione dal concorso stesso degli appellanti, rilevando, al contrario, l’interesse «ad un buon ed efficace reclutamento di docenti capaci e meritevoli, muniti di (o che stanno per conseguire l’) apposita specializzazione e idonei a garantire a tutti i discenti l’effettività del diritto allo studio, in coerenza coi doveri sociali ex artt. 2 e 34 Cost.». Tale interesse sarebbe stato preservato, invece, solo qualora all’amministrazione fosse stato consentito – in assenza di disposizioni normative di eccessivo dettaglio – di adottare, nella sua ordinaria attività di indizione dei concorsi, soluzioni più elastiche.
Inoltre, l’ammissione anche dei partecipanti al quinto ciclo dei TFA risponderebbe all’esigenza di «reclutare rapidamente ed efficacemente (sia pur con riserva) anche gli specializzandi sul sostegno sia al fine di sveltirne i tempi d’impiego nella funzione, sia a salvaguardia del diritto alla salute del disabile», sicché, sotto questo profilo, la disposizione censurata si porrebbe anche in contrasto con l’art. 32 Cost., da cui deriva il diritto all’inserimento scolastico con affiancamento di un insegnante di sostegno professionalmente titolato.
Sarebbe, infine, violato l’art. 113 Cost. perché la disposizione censurata, «legificando i bandi», avrebbe sottratto «senza motivazione alcuna alla tutela giurisdizionale le posizioni degli istanti lasciando al giudice amministrativo – per assicurare tutela – solo ed esclusivamente la strada della rimessione della norma al giudice delle leggi».
Sulla scorta di queste considerazioni, il Consiglio di Stato, dopo aver concesso, in via interinale, le misure cautelari provvisorie a favore degli appellanti (ai fini della sola loro ammissione con riserva al citato concorso riservato), ha disposto la sospensione del giudizio cautelare d’appello e la rimessione degli atti a questa Corte, per la decisione sulle questioni sollevate.
3.– Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o, comunque, non fondate.
Secondo la difesa statale, il d.l. n. 126 del 2019, come convertito, contenendo disposizioni dirette a destinatari ben determinati, apparterrebbe alla categoria delle leggi-provvedimento, soggette a uno stretto scrutinio di legittimità costituzionale, sotto i profili della non arbitrarietà e della non irragionevolezza della scelta del legislatore (è citata la sentenza di questa Corte n. 114 del 2017). Tale scrutinio non potrebbe però spingersi fino a considerare la consistenza degli elementi di fatto posti a loro fondamento (è citata la sentenza di questa Corte n. 66 del 1992).
L’Avvocatura rileva che, pur avendo il giudice a quo sostenuto la lesione del legittimo affidamento dei ricorrenti, nell’ordinanza di rimessione non avrebbe indicato in alcun modo il fondamento di tale lesione. Sarebbe, infatti, «evidente» il riferimento operato dal giudice rimettente alla situazione generata dalla pandemia da Covid-19, tuttavia imprevedibile alla data di adozione del decreto-legge e della relativa legge di conversione, in quanto manifestatasi solo nel corso del 2020, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza operata con delibera del Consiglio dei ministri del 30 gennaio 2020.
Del resto, la stessa ordinanza di rimessione riconoscerebbe, in realtà, che la denunciata irragionevolezza della norma censurata sarebbe dovuta al fatto che la scansione temporale tra fase di specializzazione e fase di selezione mediante concorso, considerata dal legislatore a ottobre 2019, nel 2020 non sarebbe stata rispettata. Questo però sarebbe avvenuto solo a causa dell’interruzione, imposta dalla pandemia, di moltissime attività, non escluse, tra l’altro, quelle del quinto ciclo dei TFA, per questo motivo ancora in corso di svolgimento addirittura alla data di adozione dell’ordinanza di rimessione.
A parere dell’Avvocatura, dunque, lo stesso giudice a quo escluderebbe che la norma censurata, in sé considerata, fosse ab origine irragionevole, legando il prospettato vulnus all’art. 3 Cost. proprio alla circostanza della sovrapposizione delle tempistiche concorsuali con quelle di espletamento del quinto ciclo dei TFA. Tuttavia, l’ordinanza di rimessione non spiegherebbe il motivo per cui sarebbe possibile censurare, in termini di irragionevolezza, l’operato del legislatore «per non avere preso in considerazione, nel 2019, situazioni che al momento dell’adozione della norma non erano assolutamente prevedibili, come appunto l’emergenza pandemica che si è manifestata nei primi mesi del 2020, quando il D.L. e la legge di conversione erano stati già adottati».
In ogni caso, osserva l’Avvocatura, i concorsi (straordinario e ordinari) considerati dal d.l. n. 126 del 2019, come convertito, per quanto poi rinviati nel loro concreto espletamento, «sin dal principio dovevano rivolgersi ad una platea di aspiranti che, anche laddove ammessa con riserva, avrebbe comunque conseguito il titolo di specializzazione entro la data del 15 luglio 2020, termine massimo allora prevedibile per poter effettuare le assunzioni utili per l’avvio, il primo di settembre 2020, dell’anno scolastico 2020/2021»; il quinto ciclo dei TFA, invece, pur essendo stato avviato nel febbraio 2020 (dunque prima dei bandi concorsuali del successivo mese di aprile), era comunque destinato a concludersi nel 2021 (entro il mese di maggio) e, dunque, molto oltre il 15 luglio 2020 «anche se fosse rimasta in vigore la calendarizzazione originaria».
Il legislatore del 2019, insomma, non irragionevolmente, aveva «volutamente escluso sin dal principio la possibilità che la riserva di ammissione potesse abbracciare anche i tirocinanti del quinto ciclo», attraverso la scelta di fissare ex ante «un termine rigido per il possesso dei requisiti (29 dicembre 2019 come soglia massima per l’iscrizione ai percorsi - 15 luglio 2020 come soglia massima per il conseguimento della specializzazione) per l’ammissione con riserva degli aspiranti al sostegno».
In questo modo, aveva sottratto all’amministrazione, in sede di indizione dei concorsi, «ogni residuo margine di discrezionalità sulla portata della deroga alla regola generale per la quale il titolo conseguente al TFA-sostegno dovrebbe essere posseduto alla data di scadenza della domanda di concorso». E ciò in considerazione della necessità di completamento delle operazioni (ivi inclusa quella di scioglimento positivo della riserva) in tempo utile per il regolare avvio dell’anno scolastico 2020/2021.
Di qui la non fondatezza dell’assunto di asserita violazione del principio di uguaglianza e del favor partecipationis, inteso come declinazione del principio del buon andamento dell’amministrazione.
A tal proposito, osserva ancora l’Avvocatura, ben diversa sarebbe la situazione di coloro che abbiano conseguito il titolo di specializzazione per il sostegno scolastico entro la scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione al concorso, o comunque entro la data del 15 luglio 2020 (ammessi alle procedure), e quella dei ricorrenti (viceversa esclusi): i primi erano ormai in procinto di portare a termine, entro pochi mesi, il tirocinio formativo per il sostegno; i secondi, assai diversamente, «ben lungi dal potersi definire “specializzandi”, non avevano ancora nemmeno preso parte alle prove preliminari di accesso ai corsi del V ciclo (che si sarebbero svolte nel settembre/ottobre 2020)».
L’Avvocatura ricorda che, per la giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato (è richiamata la sentenza della sezione terza, 20 maggio 2019, n. 3201), la regola generale – secondo cui i requisiti per partecipare al concorso devono essere posseduti entro il termine, stabilito dal bando, per la presentazione della domanda (è richiamata la sentenza della sezione quarta, 7 giugno 2019, n. 3854) – può essere derogata dalla legge, in presenza di particolari esigenze di pubblico interesse, ragionevolmente prevalenti.
La stessa giurisprudenza costituzionale, rammenta ancora la difesa statale, pur confermando il principio generale fissato dalla legislazione sui concorsi pubblici, avrebbe riconosciuto al legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, il potere di indicare una data diversa e anteriore, «con riferimento a requisiti posti in deroga a quelli ordinari», entro i limiti della non manifesta irragionevolezza e della uniformità di trattamento tra categorie omogenee di candidati (è citata la sentenza di questa Corte n. 275 del 2020). Il caso in esame sarebbe analogo, in considerazione del fatto che «la norma impugnata (replicata nel bando) si prospetta già di per sé come una deroga ampliativa», in linea con il favor partecipationis. L’estensione della partecipazione proposta dall’ordinanza di rimessione «finirebbe per frustrare la ratio legis, che, invece, è proprio quella di risolvere in tempi adeguati il problema del precariato nella scuola statale, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili».
Del resto, osserva ancora l’interveniente, il legislatore, pur consapevole del ritardo nelle procedure di reclutamento dovute alle disfunzioni organizzative connesse alla situazione di emergenza pandemica, nonostante sia successivamente intervenuto sulla disciplina relativa ai concorsi avviati, ha evitato di coprire l’organico per il successivo anno scolastico (2021/2022) attraverso l’estensione ad ulteriori aspiranti delle procedure già bandite, prevedendo piuttosto, all’art. 59 del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (Misure urgenti connesse all’emergenza di COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali), convertito, con modificazioni, nella legge 23 luglio 2021, n. 106, sia una nuova procedura straordinaria per la stabilizzazione del personale precario, sui posti comuni e di sostegno vacanti e disponibili, sia una semplificazione delle procedure concorsuali ordinarie a regime.
Infine, l’Avvocatura generale dello Stato ritiene manifestamente infondate le censure sollevate in riferimento agli artt. 2, 32 e 34 Cost., in quanto la disposizione censurata non inciderebbe sui posti di sostegno messi a concorso, «andando semmai a circoscrivere la platea di coloro che possono prendere parte alle procedure volte a coprirli». Anzi, osserva ancora l’interveniente, nel richiedere un titolo per il sostegno «quantomeno imminente ai fini della partecipazione alle prove», la norma darebbe «piena tutela al diritto all’istruzione degli alunni disabili, indirizzando la procedura concorsuale a personale già specializzato».
Considerato in diritto
1.– Il Consiglio di Stato, sezione sesta, solleva, in riferimento agli artt. 2, 3, 32, 34, 97 e 113 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 18-ter, del decreto-legge 29 ottobre 2019, n. 126 (Misure di straordinaria necessità ed urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti), convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 2019, n. 159.
Il giudice rimettente si trova a decidere, in grado di appello, su istanze cautelari avanzate da tre gruppi di docenti precari, iscritti – stando a quanto sostenuto nell’ordinanza di rimessione – al quinto ciclo dei tirocini formativi attivi (TFA) relativi ai posti di sostegno.
I tirocini in parola sono corsi di formazione, a numero chiuso, che occorre frequentare per ottenere la specializzazione necessaria ai fini della partecipazione ai concorsi per il reclutamento degli insegnanti di sostegno, da destinare, nelle scuole di ogni ordine e grado, alle classi in cui vi siano alunni con disabilità.
Il ricordato quinto ciclo dei TFA, riferisce il giudice a quo, è stato attivato in data 12 febbraio 2020, con provvedimento ministeriale che indicava le date del 2 e 3 aprile 2020 per le prove preselettive di accesso al corso, e il mese di maggio 2021 come termine ultimo di conclusione del percorso formativo.
Evidenzia il rimettente che tali date, a causa dell’insorgere dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, sono state differite più volte, fino alla definitiva fissazione delle prove d’accesso al 29 settembre - 1° ottobre 2020, ed al 16 luglio 2021 del termine per il completamento del corso.
Ricorda, altresì, che antecedentemente all’avvio del ricordato quinto ciclo di tirocinio, allo scopo di assorbire il precariato scolastico, il d.l. n. 126 del 2019 (art. 1, comma 1) ha previsto l’indizione, entro il 30 aprile 2020, di un concorso straordinario per il reclutamento di insegnanti, sia su posti comuni, sia su posti di sostegno. Si tratta di un concorso interamente riservato a docenti precari della scuola secondaria di primo e di secondo grado, purché avessero svolto almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, tra gli anni scolastici 2008/2009 e 2019/2020, e preordinato alla loro immissione nel ruolo docente a partire dall’anno scolastico 2020-2021.
La disposizione censurata (art. 1, comma 18-ter) è stata aggiunta in sede di conversione e prevede l’ammissione, sia pur con riserva, alle procedure concorsuali anche dei «soggetti iscritti ai percorsi di specializzazione all’insegnamento di sostegno avviati entro la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto», ossia entro il 29 dicembre 2019. Essa stabilisce anche che lo scioglimento positivo della riserva può aversi «solo nel caso di conseguimento del relativo titolo di specializzazione entro il 15 luglio 2020».
Proprio contro la limitazione temporale all’ammissione con riserva sono stati proposti i tre ricorsi cautelari sui quali si trova a decidere, in grado d’appello, il Consiglio di Stato.
Esclusa la possibilità di una interpretazione costituzionalmente conforme della disposizione censurata, il Collegio rimettente reputa rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 18-ter, del d.l. n. 126 del 2019, come convertito, nella parte in cui esclude la partecipazione al concorso, «peraltro con riserva», di soggetti che, a suo giudizio, si troverebbero, al momento dell’indizione della procedura concorsuale straordinaria, nella medesima situazione degli altri specializzandi ammessi.
L’unica particolarità della loro condizione consisterebbe nella circostanza che «il loro ciclo di abilitazione è stato avviato il 12 febbraio 2020», dunque successivamente alla data di entrata in vigore della norma censurata (29 dicembre 2019); ma l’avvio del tirocinio sarebbe avvenuto pur sempre in una data antecedente a quella dell’indizione del concorso straordinario (23 aprile 2020).
Per questo, secondo il rimettente, la disposizione censurata, nell’indicare una data fissa per il possesso del requisito di ammissione con riserva al concorso straordinario, sarebbe irragionevole per la sua «rigidità», discriminando senza fondamento situazioni sostanzialmente identiche.
Per assicurare il rispetto dei principi di uguaglianza, di ragionevolezza e di buon andamento dell’amministrazione il legislatore, invece, «avrebbe dovuto fare riferimento non alla data di conversione in legge del decreto ma all’attivazione della procedura abilitativa c.d. TFA in data antecedente a quella di indizione della procedura concorsuale straordinaria». Ciò avrebbe consentito di fronteggiare anche «eventi non previsti» – quali, nella specie, la pandemia da Covid-19 – che, modificando la scansione temporale originariamente prevista dalla legge, avrebbero determinato la «sovrapposizione» tra il concorso straordinario e il quinto ciclo del TFA.
Da tutto ciò, in definitiva, risulterebbe la necessità di consentire la partecipazione al concorso anche di coloro che, nel frattempo, avessero acquisito lo status di iscritti al ricordato quinto ciclo dei TFA.
Per il rimettente, peraltro, sarebbe irragionevole, in quanto fissata «arbitrariamente e non con riferimento al concreto andamento della procedura», anche l’indicazione della data del 15 luglio 2020 per il conseguimento della specializzazione, ai fini dello scioglimento in senso positivo della riserva: anch’essa avrebbe dovuto essere, più genericamente, riferita «al conseguimento del titolo prima dell’immissione in servizio». Il rimettente annette rilievo a quest’ultimo argomento, perché, secondo la sua ricostruzione, il quinto ciclo dei TFA, secondo il programma originario, si sarebbe concluso il 16 luglio 2020, ossia il giorno appena successivo a quello fissato dalla legge.
Ancora, la norma censurata avrebbe irragionevolmente ristretto la platea dei soggetti aventi titolo a partecipare con riserva alla procedura concorsuale, ledendo il legittimo affidamento degli specializzandi in parola.
Sarebbe pregiudicato anche l’interesse «ad un buon ed efficace reclutamento di docenti capaci e meritevoli», e, di conseguenza, l’effettività, non solo del diritto allo studio dei discenti, «in coerenza coi doveri sociali ex artt. 2 e 34 Cost.», ma anche del «diritto alla salute del disabile», presidiato dall’art. 32 Cost., l’uno e l’altro declinati, nella specie, come «diritto all’inserimento scolastico con affiancamento di un insegnante di sostegno professionalmente titolato».
Sarebbe violato, infine, l’art. 113 Cost. perché la disposizione censurata, «legificando i bandi», avrebbe sottratto «senza motivazione alcuna alla tutela giurisdizionale le posizioni degli istanti lasciando al giudice amministrativo – per assicurare tutela – solo ed esclusivamente la strada della rimessione della norma al giudice delle leggi».
2.– Una sintetica ricostruzione del contesto normativo di riferimento consente un migliore inquadramento delle questioni così sollevate.
2.1.– Di regola, l’accesso ai ruoli del personale docente della scuola secondaria avviene in forza di concorsi pubblici, banditi ogni triennio (artt. 399, comma 1, e 400, comma 01, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, recante «Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado»).
Secondo tale generale disciplina (dettata dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, recante «Riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria per renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera b, della legge 13 luglio 2015, n. 107»), per i posti comuni costituisce titolo di accesso al concorso il possesso, alternativamente (art. 5, comma 1), di abilitazione specifica all’insegnamento sulla classe di concorso oppure di laurea magistrale o a ciclo unico (o titolo equipollente o equiparato), qualora quest’ultima sia affiancata dal conseguimento di ventiquattro crediti formativi universitari o accademici, da acquisire in specifiche discipline.
Sempre per i posti comuni, il concorso prevede due prove scritte, a carattere nazionale, e una prova orale (art. 6, comma 1).
Coloro che superano le prove, collocandosi nella graduatoria finale in posizione utile in relazione al numero di posti messi a concorso, rientrano tra i vincitori (art. 7, comma 1). Una volta immessi in ruolo, nel corso del primo anno di servizio sono soggetti ad un periodo di formazione iniziale e prova (art. 13).
Peculiare è la disciplina dettata per gli aspiranti docenti su posti di sostegno.
Con l’art. 13 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), il legislatore, per disciplinare compiutamente il diritto all’istruzione delle persone con disabilità, ha incentrato il sistema scolastico principalmente sulla figura del docente di sostegno, insegnante specializzato assegnato alla classe dell’alunno con disabilità per favorirne il processo di inclusione.
Peraltro, il d.lgs. n. 59 del 2017 ha disegnato un sistema unitario di formazione iniziale e accesso ai ruoli nella scuola secondaria, sicché anche coloro che aspirino a diventare insegnanti di sostegno devono essere in possesso degli stessi requisiti previsti per accedere ai ruoli sui posti comuni, superando un pubblico concorso.
Vi sono, tuttavia, alcune significative differenze, anche riguardo all’organizzazione del concorso, che prevede (art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 59 del 2017) una sola prova scritta a carattere nazionale, oltre alla prova orale.
Rispetto a ciò che è disposto per il reclutamento sui posti comuni, la principale peculiarità (che peraltro giustifica anche la ricordata diversa strutturazione delle prove concorsuali) è costituita dalla previsione di uno specifico requisito di ammissione, cioè il previo superamento dei corsi di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità (art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 59 del 2017).
Si tratta, appunto, dei cosiddetti TFA, disciplinati dal decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249 (Regolamento concernente: «Definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell’articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244») e dal decreto del Ministro dell’istruzione 30 settembre 2011 (Criteri e modalità per lo svolgimento dei corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno, ai sensi degli articoli 5 e 13 del decreto 10 settembre 2010, n. 249), che ha dato attuazione al primo.
I percorsi formativi finalizzati al conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno – istituiti ed attivati dalle università previa autorizzazione ministeriale (art. 3, comma 1, del d.m. 30 settembre 2011) – vengono banditi periodicamente (tendenzialmente ogni anno, ex art. 5, commi 1 e 2, del d.m. n. 249 del 2010) e organizzati in cicli a numero chiuso.
Con il bando che dà avvio ad un ciclo di TFA, il Ministero dell’università e della ricerca (di seguito: MIUR) fissa i principi generali, rimettendo invece alle singole università la pubblicazione dei relativi bandi di dettaglio. Tutti i corsi devono comunque soddisfare il requisito minimo della durata non inferiore a otto mesi (art. 7 d.m. 30 settembre 2011), di cui almeno cinque dedicati alle attività di tirocinio diretto e indiretto (per 300 ore, ai sensi dell’art. 13 del d.m. n. 249 del 2010).
La selezione per l’accesso al TFA di specializzazione per il sostegno si articola in tre fasi (art. 6, comma 2, del d.m. 30 settembre 2011): un test preliminare, consistente in quesiti a risposta multipla; una o più prove scritte ovvero pratiche; una prova orale.
2.2.– Confrontata con la disciplina generale appena illustrata, quella introdotta con il d.l. n. 126 del 2019 – provvedimento d’urgenza in cui è stata inserita, in sede di conversione, la disposizione censurata – rivela immediatamente il proprio carattere speciale e derogatorio.
Il d.l. n. 126 del 2019, come convertito, mira dichiaratamente a porre rimedio alla grave carenza di personale di ruolo che affligge da tempo le scuole statali, come recita il preambolo, ove si ricorda «la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre misure per assicurare la stabilità dell’insegnamento nelle istituzioni scolastiche, porre rimedio alla grave carenza di personale di ruolo nelle scuole statali e ridurre il ricorso a contratti a termine».
L’art. 1 del decreto-legge in parola – rubricato «Disposizioni urgenti in materia di reclutamento e abilitazione del personale docente nella scuola secondaria» – prevede innanzitutto, nei commi da 1 a 16 e 19, l’indizione, entro il 30 aprile 2020, di una procedura straordinaria, per titoli ed esami, per il reclutamento di docenti nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, riservata a soggetti che hanno conseguito, per la classe di concorso richiesta, il titolo di studio previsto per l’accesso ai concorsi ordinari dal d.lgs. n. 59 del 2017 e che (come prevede il comma 5, lettera a, del medesimo art. 1) hanno svolto – fra gli anni scolastici 2008/2009 e 2019/2020 (su posti comuni o di sostegno) – almeno tre annualità di servizio, anche non consecutive, di cui almeno una nella specifica classe di concorso o nella tipologia di posto per la quale si concorre.
La procedura straordinaria è strutturata, dunque, come concorso (non aperto, ma) riservato e deve essere avviata contestualmente al concorso ordinario per titoli ed esami bandito per il reclutamento di docenti nella scuola secondaria.
In ulteriore deroga alla disciplina generale di cui al d.lgs. n. 59 del 2017, la procedura non richiede il previo possesso dell’abilitazione all’insegnamento e prevede lo svolgimento solo di una prova scritta, con sistema informatizzato, basata su quesiti a risposta multipla su argomenti afferenti alle classi di concorso e sulle metodologie didattiche.
Non si richiede, dunque, la successiva prova orale, stabilita invece in via ordinaria, ma solo una valutazione dei titoli prodotti (comma 9, lettera b).
Come è agevole constatare, si tratta di una disciplina concorsuale speciale e fortemente agevolativa, volta a favorire al massimo grado il riassorbimento del cosiddetto “precariato storico”.
Nel corso dell’iter parlamentare di conversione in legge viene inserita la disposizione censurata nel presente giudizio (il comma 18-ter). Essa, per il reclutamento dei soli posti di personale docente di sostegno, contiene prescrizioni ulteriormente agevolative rispetto alle appena illustrate disposizioni, già di per sé speciali e “di favore”.
Come conferma anche il testo originario del decreto-legge in esame, la partecipazione ai concorsi per posti di sostegno presuppone, in via generale, il possesso della relativa specializzazione. Invece, il comma 18-ter prevede l’ammissione con riserva «al concorso ordinario e alla procedura straordinaria di cui al comma 1» dei soggetti «iscritti ai percorsi di specializzazione all’insegnamento di sostegno avviati entro la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. La riserva è sciolta positivamente solo nel caso di conseguimento del relativo titolo di specializzazione entro il 15 luglio 2020».
La disposizione censurata, dunque, mira ad estendere ulteriormente la platea dei partecipanti al concorso riservato, ammettendo anche coloro che, alla data di entrata in vigore della legge di conversione (29 dicembre 2019), pur non essendo ancora in possesso del titolo di specializzazione, fossero comunque già iscritti ai corsi di specializzazione per il sostegno.
Si tratta, appunto, degli iscritti al quarto ciclo TFA.
3.– Tutto ciò premesso, il Consiglio di Stato rimettente ritiene che la mancata ammissione con riserva alle procedure concorsuali previste dal d.l. n. 126 del 2019, come convertito, anche di coloro che definisce «iscritti» – al momento della proposizione degli appelli cautelari – al quinto ciclo dei TFA, attivato successivamente alla data di entrata in vigore della disposizione censurata, ma comunque anteriormente all’emanazione dei bandi di concorso, violi gli artt. 3 e 97 Cost., sotto tre distinti e concorrenti profili.
3.1.– Sarebbe, in primo luogo, leso il principio di uguaglianza.
Posto che, ai fini della partecipazione al concorso straordinario, le due situazioni in comparazione – quella degli iscritti al quarto ciclo TFA, e quella degli iscritti, o aspiranti tali, al quinto ciclo TFA – risulterebbero a suo avviso del tutto analoghe, differenziandosi solo sotto il profilo della data di attivazione dei corsi di specializzazione, la disposizione realizzerebbe una ingiustificata discriminazione a danno del secondo gruppo di soggetti.
Questa Corte non condivide l’assunto, derivandone la non fondatezza di questo primo profilo di censura.
Alla data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n. 126 del 2019 (29 dicembre 2019), risultava in via di (avanzato) svolgimento un solo ciclo TFA, il quarto, e la disposizione censurata, come si visto, è esattamente indirizzata a favorire la partecipazione al concorso straordinario, sebbene con riserva, anche (ma solo) degli iscritti a tale ciclo.
Il quarto ciclo TFA era stato attivato, infatti, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 8 febbraio 2019, n. 92 (Disposizioni concernenti le procedure di specializzazione sul sostegno di cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249 e successive modificazioni). In seguito, il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 21 febbraio 2019 aveva fissato le date di svolgimento dei test preliminari di accesso, individuandole nel 28 e 29 marzo 2019 e stabilendo che i corsi del ciclo si sarebbero dovuti concludere entro il mese di febbraio 2020.
Su richiesta della Conferenza dei rettori delle università italiane, il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 27 febbraio 2019, n. 158, aveva posticipato le date di svolgimento dei test preliminari al 15 e 16 aprile 2019, e aveva fissato il termine finale per la conclusione dei corsi al 20 marzo 2020.
Infine, per il sopravvenire dell’emergenza pandemica, che ha impedito di concludere il quarto ciclo entro il termine finale programmato, con decreto del Ministro dell’università e della ricerca 11 marzo 2020, n. 176, il termine del tirocinio è stato differito al 31 maggio 2020, data comunque utile per consentire il definitivo conseguimento del titolo entro il 15 luglio 2020, giorno fissato per lo scioglimento della riserva.
Ben diversa è, invece, la situazione dei ricorrenti nei giudizi a quibus, i quali, al momento della proposizione delle istanze cautelari in primo grado, neppure risultavano ammessi ad un ciclo TFA.
Infatti, il quinto corso di specializzazione risulta avviato solo con decreto del Ministro dell’università e della ricerca 12 febbraio 2020, n. 92, dunque in data successiva a quella di entrata in vigore della disposizione censurata. Il decreto da ultimo citato aveva anche fissato le date di svolgimento dei test preliminari di accesso (2 e 3 aprile 2020), stabilendo, altresì, che i corsi del ciclo si sarebbero dovuti concludere entro il 31 maggio 2021, termine di gran lunga successivo a quello fissato dalla disposizione censurata per lo scioglimento in senso positivo della riserva (15 luglio 2020).
Il già citato d.m. n. 176 del 2020, in considerazione della sopravvenuta emergenza pandemica, aveva inoltre posticipato al 18 e 19 maggio 2020 le date di svolgimento dei test preliminari di ammissione al quinto ciclo, e aveva fissato il nuovo termine finale per la conclusione dei corsi al 15 giugno 2021.
Ancora, per effetto della sospensione delle attività di frequenza didattica, disposta da vari decreti adottati dal Presidente del Consiglio dei ministri nella fase acuta dell’emergenza pandemica, il decreto del Ministro dell’università e della ricerca 28 aprile 2020, n. 41, aveva ulteriormente rinviato le date di svolgimento dei test preliminari di accesso al quinto ciclo, fissandole al 29 settembre e 1° ottobre 2020 e differendo anche il termine finale per la conclusione del ciclo al 16 luglio 2021: non già al 16 luglio 2020, come invece ritenuto nell’ordinanza di rimessione.
Sulla base dei provvedimenti che hanno disciplinato avvio e svolgimento del quinto ciclo TFA, è dunque evidente che gli aspiranti alla frequentazione dello stesso non avrebbero potuto in alcun modo essere contemplati dalla disposizione censurata, per la semplice ragione che il corso sarebbe stato autorizzato, secondo il programma originario, solo nel febbraio del 2020, e sarebbe terminato in data certamente non utile per l’assunzione in servizio a partire dal 1° settembre 2020, data di avvio dell’anno scolastico 2020/2021.
In realtà, prendendo a riferimento la data di entrata in vigore della disposizione censurata (29 dicembre 2019), i suddetti aspiranti, al momento della indizione delle procedure concorsuali (entro il 30 aprile 2020, in base all’art. 1, comma 1, del d.l. n. 126 del 2019, come convertito) non avrebbero verosimilmente neppure completato la fase preliminare di ammissione al corso, fissata per le date del 2 e 3 aprile 2020, cui sarebbero dovute seguire le prove scritte e quella orale.
Invece, sempre con riferimento alla data del 29 dicembre 2019, i frequentanti del quarto ciclo TFA erano ormai in procinto di concludere il corso di specializzazione, avendo quindi presumibilmente già acquisito gran parte delle competenze richieste per partecipare al concorso per il reclutamento degli insegnanti di sostegno. Solo per costoro, dunque, era ragionevolmente possibile fissare una data per lo scioglimento in senso positivo della riserva entro un termine utile per l’assunzione a partire dal 1° settembre 2020.
A differenza di quanto ritenuto dal rimettente, nemmeno rende assimilabili le due situazioni poste a confronto l’ulteriore circostanza che, a causa del sopravvenire imprevedibile dell’emergenza pandemica, sia stata differita la data di concreto avvio del concorso straordinario.
Vero, infatti, che il decreto dipartimentale n. 783 dell’8 luglio 2020 – a ciò autorizzato dall’art. 2, comma 04, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 22 (Misure urgenti sulla regolare conclusione e l’ordinato avvio dell’anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di Stato, nonché in materia di procedure concorsuali e di abilitazione e per la continuità della gestione accademica), convertito, con modificazioni, nella legge 6 giugno 2020, n. 41 – aveva posticipato al 10 agosto 2020 il termine finale per la presentazione delle domande di partecipazione al concorso straordinario di cui al d.l. n.126 del 2019, come convertito.
Tuttavia, analoghi rinvii hanno evidentemente coinvolto, oltre alle procedure concorsuali, tutti i corsi di tirocinio, e anche le date per i test preliminari di accesso al quinto ciclo TFA erano già state rinviate al 29 settembre e 1° ottobre 2020, in forza del citato d.m. n. 41 del 2020. In definitiva, anche alla nuova, effettiva, data di avvio del concorso straordinario, gli appellanti nei giudizi a quibus continuavano ad essere meri aspiranti alla frequentazione del quinto ciclo TFA.
3.2.– A giudizio del rimettente, la disposizione censurata sarebbe anche lesiva del principio di ragionevolezza. Tale principio, nella particolare fattispecie in esame, dovrebbe declinarsi, sempre a suo avviso, in quello della «massima partecipazione» al concorso.
Non erra il giudice a quo laddove qualifica la disposizione censurata quale legge-provvedimento, in considerazione del suo contenuto particolare, nonché del suo limitato ambito soggettivo di applicazione (sentenza n. 49 del 2021). Come si è detto, in effetti, l’art. 1, comma 18-ter, del d.l. n. 126 del 2019 è destinato ad operare in favore di una platea di destinatari ben individuata, gli iscritti al quarto ciclo TFA.
Ne deriva che, conformemente a costante giurisprudenza costituzionale, tale disposizione deve essere assoggettata a uno stretto scrutinio, previa ricostruzione del suo contenuto, della ratio che l’ispira e delle modalità della sua attuazione (tra le ultime, sentenze n. 49 del 2021 e n. 116 del 2020).
Ebbene, se confrontata con la disciplina generale in tema di reclutamento del personale docente, si è già visto che quella introdotta con il d.l. n. 126 del 2019, come convertito, manifesta caratteristiche marcatamente derogatorie, introducendo una disciplina concorsuale speciale e agevolativa. E si è anche evidenziato come la disposizione censurata (art. 1, comma 18-ter) inserisca regole ulteriormente derogatorie e di agevolazione, rivolte al reclutamento di personale docente per i soli posti di sostegno, ampliando la platea dei partecipanti al concorso agli iscritti al quarto ciclo TFA sostegno.
Da questo punto di vista, lungi dal restringere tale platea, come ritiene il rimettente, la disposizione in esame ne determina un significativo ampliamento, ammettendo a partecipare – in via eccezionale, sebbene con riserva – anche soggetti non ancora in possesso del requisito della specializzazione per il ruolo di insegnanti di sostegno, ma in procinto di conseguirlo.
A fronte di questa scelta, il rimettente non pone in discussione l’indizione di un concorso interamente riservato e, dunque, potenzialmente in contrasto con il principio del pubblico concorso, di cui all’art. 97, quarto comma, Cost.
Lamenta, invece, che il momento di maturazione del requisito derogatorio di ammissione al concorso sia stato individuato dal legislatore nella data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (29 dicembre 2019), anziché nella data di scadenza dei termini per la presentazione delle domande di partecipazione al concorso stesso.
Sarebbe stata violata, in tal modo, una regola generale in tema di concorsi, stabilita dalle norme che disciplinano l’accesso ai pubblici impieghi (sono richiamati l’art. 2 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, recante «Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato», e l’art. 2, comma 7, del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, recante «Regolamento recante norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi»).
Sostiene altresì il giudice a quo, che, una volta derogata la regola generale prima richiamata, il legislatore avrebbe dovuto orientarsi non già verso una disposizione che àncora rigidamente il criterio di ammissione al concorso ad una data fissa, bensì in direzione di una disciplina elastica, in grado di “assorbire” e ricomprendere ragionevolmente situazioni nel tempo mutevoli e imprevedibili, ivi comprese quelle dei tirocinanti del quinto ciclo TFA.
La prospettiva complessivamente esposta dal rimettente non coglie nel segno.
Intanto, nella sentenza n. 275 del 2020, questa Corte ha già affermato che «la scelta di fissare il possesso dei requisiti di ammissione alla data di scadenza della presentazione delle domande, pur assurgendo a principio generale della legislazione sui concorsi pubblici […] non costituisce una scelta costituzionalmente obbligata». Nella sua discrezionalità, «il legislatore può […] indicare una data diversa e anteriore, con riferimento a requisiti posti in deroga a quelli ordinari, entro i limiti della non manifesta irragionevolezza e della uniformità di trattamento tra categorie omogenee di candidati».
In secondo luogo, nel caso di specie non risulta in sé irragionevole la previsione, quale requisito derogatorio per l’ammissione con riserva al concorso stesso, della mera iscrizione al corso di specializzazione, in luogo del conseguimento del relativo titolo, tanto più se riferita a soggetti che abbiano comunque già acquisito un bagaglio di competenze tale da far ritenere altamente probabile un positivo scioglimento della riserva in tempi ravvicinati.
Infatti, l’esigenza di superare nel più breve tempo possibile il cosiddetto precariato storico – nonché quella di dotare tempestivamente gli alunni con disabilità di insegnanti di sostegno professionalmente titolati – costituiscono adeguata giustificazione della previsione che limita la categoria dei partecipanti a coloro che siano in possesso di un determinato requisito – fissato in via derogatoria – al momento di entrata in vigore della legge, anziché a quello di scadenza del termine di presentazione delle domande. Ciò, soprattutto in presenza di concorsi, come quello in esame, già connotati «da evidenti e marcati tratti di specialità» (nello stesso senso, Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 13 febbraio 2020, n. 1163).
Né trova fondamento l’invocazione del rimettente in favore di una scelta legislativa non rigida, ma aperta a ricomprendere situazioni in ulteriore evoluzione, come quella degli aspiranti frequentatori del quinto ciclo TFA. A sostegno della ragionevolezza della scelta legislativa soccorre la circostanza, già chiarita, che la posizione degli iscritti al quarto ciclo TFA era del tutto differente rispetto a quella di coloro che – sia al momento dell’entrata in vigore della disposizione censurata, sia all’atto della indizione del concorso straordinario – erano appunto da considerare solo meri “aspiranti” all’iscrizione al previsto (ma non ancora autorizzato) quinto ciclo e che, dunque, non potevano verosimilmente vantare alcuna consistente competenza specialistica.
Tale ultima evidenza consente di rigettare anche il dubbio di irragionevolezza avanzato circa la scelta di indicare nel 15 luglio 2020 – in luogo della data di assunzione in servizio dei vincitori del concorso (che sarebbe dovuta avvenire a partire dal 1° settembre 2020) – il momento entro il quale gli ammessi in via derogatoria avrebbero dovuto conseguire il titolo per lo scioglimento in senso positivo della riserva.
L’intentio legis – desumibile dalla lettura del preambolo del d.l. n. 126 del 2019, come convertito – era quella di risolvere in tempi celeri il problema del precariato nella scuola statale e di assumere i vincitori (o almeno una quota di essi) in termini utili per l’ordinato avvio dell’anno scolastico 2020/2021. È dunque evidente che questo obiettivo non sarebbe stato raggiunto se lo scioglimento in senso positivo della riserva fosse stato fatto slittare (molto più) in avanti, per consentire la partecipazione anche a coloro che non avevano neppure iniziato un percorso di specializzazione, il quale, a sua volta, si sarebbe concluso – come da programma – solo nel maggio del 2021.
Non sposta affatto i termini del problema il concatenarsi degli eventi successivo alla data di entrata in vigore della disposizione censurata e, in particolare, il susseguirsi dei rinvii delle procedure dovuti all’emergenza pandemica.
Secondo il rimettente, la pandemia da Covid-19 avrebbe determinato la «sovrapposizione» tra concorso straordinario e quinto ciclo del TFA, sicché una norma «rigida» come quella censurata, priva di una clausola di salvaguardia volta a consentire la partecipazione al concorso anche a coloro che si sarebbero iscritti al quinto ciclo TFA, contrasterebbe con i principi di uguaglianza, ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione.
Neppure questa ricostruzione corrisponde alla reale scansione dei procedimenti.
Anzitutto, non si è in presenza di una vera e propria “sovrapposizione” delle procedure concorsuali con lo svolgimento del quinto ciclo TFA, piuttosto di una dilazione dei termini che, a causa della pandemia, ha interessato tutte le procedure in esame.
In ogni caso, tale asserita “sovrapposizione” era ben presente al legislatore al momento di entrata in vigore della disposizione censurata, come risulta palese dalla ricostruzione in precedenza illustrata (punto 3.1.). Ab origine, infatti, il quinto ciclo TFA si sarebbe dovuto svolgere a partire da una data molto probabilmente successiva al 30 aprile del 2020 (termine per l’indizione del concorso), per concludersi entro il mese di maggio dell’anno 2021 e, dunque, addirittura ben oltre la fine programmata delle procedure concorsuali.
Del resto, lo stesso legislatore, pur intervenendo – in piena emergenza pandemica – con l’art. 2 del d.l. n. 22 del 2020, come convertito, per disciplinare diversamente la prova scritta del concorso straordinario (commi da 01 a 03) e, quel che più conta, per autorizzare l’amministrazione a modificare il relativo bando ai fini della posticipazione del termine per la presentazione delle domande di partecipazione (comma 04), non ha affatto previsto in quella sede l’estensione, agli aspiranti frequentatori del quinto ciclo TFA, della legittimazione eccezionale a partecipare con riserva alle procedure concorsuali straordinarie di reclutamento. Si è, invece, limitato a stabilire, per costoro, una diversa agevolazione, consistente – al ricorrere di certe condizioni di pregressa esperienza lavorativa – nell’accesso facilitato al corso di specializzazione (art. 2, comma 08, d.l. n. 22 del 2020, come convertito).
Anche successivamente all’irrompere dell’emergenza pandemica, in definitiva, il legislatore ha ritenuto di mantenere la scelta ab origine operata con la norma censurata, confermando una valutazione del tutto ragionevole, in linea con il principio di uguaglianza, che impone l’adozione di discipline differenti per situazioni oggettivamente diverse (da ultimo, sentenza n. 172 del 2021) e che tali si sono mantenute nel corso del tempo.
3.3.– Da tutto quanto esposto emerge la non fondatezza anche del terzo profilo di censura basato sull’art. 3 Cost., che il rimettente costruisce in termini di lesione dell’affidamento degli appellanti nei giudizi a quibus.
Negli aspiranti all’iscrizione al quinto ciclo TFA non si sarebbe mai potuta ingenerare alcuna ragionevole aspettativa di ammissione alle procedure concorsuali bandite ai sensi dell’art. l, comma l, del d.l. n. 126 del 2019, come convertito, per due ragioni: perché tali procedure risultavano, sin dall’inizio, esclusivamente rivolte a una ben definita platea di aspiranti, che ricomprende i soggetti già iscritti al quarto ciclo, ormai prossimi al conseguimento della specializzazione; e perché gli aspiranti alla frequentazione del quinto ciclo TFA mai avrebbero potuto concludere il percorso di specializzazione in tempo utile per la partecipazione ad un concorso programmato per favorire il reclutamento già a partire dall’anno scolastico 2020/2021.
Risolutivo, del resto, è il principio, desumibile dalla costante giurisprudenza costituzionale, per cui un affidamento tutelabile non può riposare sull’aspettativa di partecipare a un concorso interamente riservato e, dunque, bandito in deroga alla regola del concorso pubblico ex art. 97, quarto comma, Cost. (sentenze n. 133 del 2020 e n. 110 del 2017).
4.– Le rimanenti questioni devono essere dichiarate inammissibili.
In disparte il loro carattere evidentemente ancillare rispetto alle censure sollevate in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., esse si caratterizzano per l’estrema genericità con cui sono formulate.
4.1.– Quanto alla lamentata violazione degli artt. 2, 32 e 34 Cost., il rimettente non fornisce argomenti a sostegno dell’esito asseritamente inefficace, a tutela dei diritti fondamentali invocati, della procedura concorsuale conseguente all’applicazione della disposizione censurata. Non spiega, in altre parole, per quale ragione la previsione possa frustrare l’esigenza di «garantire a tutti i discenti l’effettività del diritto allo studio, in coerenza coi doveri sociali ex artt. 2 e 34 Cost.», oppure causare pregiudizio al diritto alla salute degli alunni con disabilità, in quanto titolari del «diritto all’inserimento scolastico con affiancamento di un insegnante di sostegno professionalmente titolato».
Del resto, la norma censurata, lungi dal ridurre il numero dei posti messi a concorso, manifesta bensì una valenza derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria, ma in senso fortemente ampliativo della possibilità di partecipazione al concorso, così aumentando (non già diminuendo) le opportunità di assunzione di insegnanti di sostegno, e, di conseguenza, di tutela dei diritti invocati, sempre entro i limiti imposti dal ragionevole obiettivo di rapido riassorbimento del precariato.
4.2.– Anche l’ultima delle censure articolate dal rimettente, per la sua apoditticità, non supera la soglia dell’ammissibilità (sentenza n. 181 e ordinanza n. 224 del 2021).
Il rimettente si limita ad affermare che la disposizione censurata, «legificando i bandi», avrebbe sottratto «senza motivazione alcuna alla tutela giurisdizionale le posizioni degli istanti lasciando al giudice amministrativo – per assicurare tutela – solo ed esclusivamente la strada della rimessione della norma al giudice delle leggi».
Evocando la lesione dell’art. 113 Cost., il giudice a quo non approfondisce il contenuto e la ratio del provvedimento d’urgenza in cui è inserita la disposizione censurata, e ritiene apoditticamente viziata per carenza di motivazione la scelta di quest’ultima di «legificare i bandi» (recte: di sottrarre all’amministrazione la scelta in ordine al momento entro il quale accertare il possesso del requisito derogatorio di ammissione al concorso). A ben vedere, la lamentata carenza affligge non già la disposizione censurata, ma gli argomenti che dovrebbero sorreggere la non manifesta infondatezza della questione, che dev’essere perciò dichiarata inammissibile.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art 1, comma 18-ter, del decreto-legge 29 ottobre 2019, n. 126 (Misure di straordinaria necessità ed urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti), convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 2019, n. 159, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 32, 34 e 113 della Costituzione, dal Consiglio di Stato, sezione sesta, con l’ordinanza indicata in epigrafe;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 18-ter, del d.l. n. 126 del 2019, come convertito, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., dal Consiglio di Stato, sezione sesta, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 marzo 2021.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Nicolò ZANON, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 5 aprile 2022.