SENTENZA N. 43
ANNO 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giuliano AMATO;
Giudici: Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettera d), e 9 del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122 (Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge 2 agosto 2004, n. 210) e dell’art. 1, comma 1, della legge 2 agosto 2004, n. 210 (Delega al Governo per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire), promosso dal Tribunale ordinario di Verona, seconda sezione civile, nel procedimento vertente tra la S. C. A. srl e altri e la F. C. società cooperativa edilizia, con ordinanza del 2 ottobre 2020, iscritta al n. 24 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell’anno 2021.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udita nella camera di consiglio del 12 gennaio 2022 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta;
deliberato nella camera di consiglio del 12 gennaio 2022.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 2 ottobre 2020, iscritta al n. 24 del registro ordinanze 2021, il Tribunale ordinario di Verona, seconda sezione civile, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettera d), e 9 del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122 (Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge 2 agosto 2004, n. 210), nonché dell’art. 1 della legge 2 agosto 2004, n. 210 (Delega al Governo per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire).
2.– In punto di fatto, il giudice rimettente riferisce che la società cooperativa edilizia F. C. era risultata assegnataria di un’unità minima di intervento (UMI) di un’area di edilizia economica popolare (area Peep), sulla quale aveva costruito ventisei alloggi.
2.1.– L’ordinanza di rimessione riporta che molti appartamenti erano stati oggetto di contratti denominati “prenotazione di alloggio”, «in forza dei quali la Cooperativa si [era] impegnata a trasferire ai soci prenotatari il diritto di proprietà dietro il pagamento del corrispettivo, in parte già versato al momento della sottoscrizione della prenotazione dell’alloggio ed in parte da corrispondere al momento della sottoscrizione del contratto di vendita».
Il giudice a quo espone che la società cooperativa, in data 14 aprile 2010, presentava richiesta di permesso a costruire e che, di seguito, ottenuto il titolo abilitativo (il 7 febbraio 2011) e poi il certificato di agibilità, nel luglio 2013 assegnava provvisoriamente e consegnava ai soci prenotatari i rispettivi alloggi. Non provvedeva, invece, all’assegnazione definitiva degli immobili e al trasferimento della proprietà.
2.2.– Il rimettente prosegue nella narrazione dei fatti, riferendo che, con atto trascritto in data 20 ottobre 2017, l’intero complesso edilizio veniva pignorato e che, nel corso del procedimento esecutivo, il professionista delegato constatava l’occupazione di alcuni lotti da parte dei soci prenotatari. I detentori degli immobili depositavano, in particolare, istanze vòlte a ottenere il riconoscimento del diritto di prelazione di cui all’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 122 del 2005 e il professionista delegato chiedeva al giudice dell’esecuzione di pronunciarsi sulla spettanza di tale diritto e sulle modalità del suo esercizio.
2.3.– Il Tribunale rimettente espone che, con decreto pronunciato ai sensi dell’art. 591-ter del codice di procedura civile, il giudice dell’esecuzione disponeva la vendita degli immobili con indicazione, nell’avviso di vendita, dell’esistenza di un diritto di prelazione a favore dei soli assegnatari degli alloggi, i cui atti di prenotazione risultassero conclusi dopo la richiesta di permesso di costruire. Tale provvedimento formava oggetto di reclamo da parte di diciotto soci, i cui contratti di prenotazione erano stati stipulati in data antecedente alla presentazione della richiesta di permesso di costruire da parte della società cooperativa. Il giudice dell’esecuzione, disposta la riunione di tutti i reclami, li rigettava, ritenendo che il diritto di prelazione, di cui all’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 122 del 2005, spettasse solo a favore degli acquirenti di immobili da costruire rientranti nella definizione dell’art. 1, comma 1, lettera d) del medesimo decreto legislativo e dell’art. 1, comma 1, della legge n. 210 del 2004.
2.4.– Il rimettente riporta, inoltre, che, avverso la citata ordinanza di rigetto, proponevano reclamo ex art. 669-terdecies cod. proc. civ. quasi tutti i soci che si erano già opposti al decreto del giudice dell’esecuzione, i quali prospettavano un’interpretazione estensiva dell’art. 9 del d.lgs. n. 122 del 2005, tale da «rendere possibile il riconoscimento del diritto di prelazione a prescindere dall’anteriorità della stipula del contratto rispetto alla richiesta del titolo abilitativo».
3.– Nel decidere su quest’ultimo reclamo, il giudice a quo solleva l’odierna questione di legittimità costituzionale, ritenendo di non poter condividere l’interpretazione estensiva proposta dai reclamanti e di dover, invece, accogliere gli argomenti esposti dal giudice dell’esecuzione.
Sottolinea, in particolare, il ruolo centrale delle definizioni di cui all’art. 1 del decreto legislativo che «hanno la funzione di perimetrare l’ambito di applicazione della tutela prevista dal legislatore alle fattispecie in esse riportate» e che sono un «chiaro indice della volontà di applicare le definizioni a ogni fattispecie normativa e non soltanto a quelle che esplicitamente richiamano al loro interno le parole oggetto di definizione».
Rileva poi che il censurato art. 9, comma 1, considera destinatario della tutela l’acquirente, che l’art. 1, comma 1, lettera a), definisce come la «persona fisica che sia promissaria acquirente o che acquisti un immobile da costruire, ovvero che abbia stipulato ogni altro contratto [avente a oggetto] un immobile da costruire, ovvero colui il quale, ancorché non socio di una cooperativa edilizia, abbia assunto obbligazioni con la cooperativa medesima per ottenere l’assegnazione in proprietà o l’acquisto della titolarità di un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire».
Aggiunge, inoltre, che la necessità di leggere l’art. 9, comma 1, in combinato disposto con l’art. 1, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 122 del 2005 emerge dallo stesso art. 9, «il quale espressamente disciplina il concorso tra l’esercizio del diritto di prelazione del promittente acquirente e l’escussione della fideiussione in relazione agli acconti pagati al costruttore».
Infine, considera decisivo, al fine di escludere che l’art. 9 possa avere «un ambito applicativo eccentrico rispetto al testo della legge in cui è inserito», che la legge n. 210 del 2004 abbia limitato la delega al Governo alla tutela dei soli diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili, per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti ultimata.
4.– Esclusa l’interpretazione estensiva della norma censurata, il rimettente ritiene la questione di legittimità costituzionale rilevante, poiché dalla sua decisione dipenderebbe il possibile accoglimento dei reclami proposti, con l’eventuale riconoscimento, in favore dei reclamanti, del diritto di prelazione di cui all’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 122 del 2005.
5.– Tanto premesso, e passando ad argomentare la non manifesta infondatezza, il giudice a quo ravvisa la medesima esigenza di tutela dell’acquirente, che risponda ai requisiti richiesti dal combinato disposto degli artt. 1, comma 1, lettera d), e 9, comma 1, del d.lgs. n. 122 del 2005, rispetto a chi si trovi nelle medesime condizioni ivi descritte, fatta salva la mera circostanza di aver concluso il contratto prima che il costruttore presentasse la richiesta per il titolo edilizio abilitativo. «Si tratta di rilievo – osserva il rimettente – che porta a revocare in dubbio la rispondenza ai dettami costituzionali, ed in particolare al principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione, degli artt. 1, comma 1, lett. d), e 9 del D.lgs. n. 122/2005, nonché dell’art. 1 della l. n. 210/2004».
5.1.– In particolare, il giudice a quo sottolinea che la fattispecie delineata dall’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 122 del 2005 presuppone l’avvenuta consegna dell’immobile e che l’alloggio sia stato adibito ad abitazione principale propria, del coniuge o di un proprio parente di primo grado. Ciò attesterebbe come «la concretezza dell’operazione immobiliare a suo tempo progettata, l’affidamento riposto dall’acquirente nel buon esito del programma negoziale, e quindi nel trasferimento in suo favore della proprietà del bene [e] le esigenze di tutela del medesimo acquirente [siano] presenti in massimo grado», tanto più che risultano pagati molti acconti e che il progetto sarebbe compiuto in un contesto di piena regolarità sotto il profilo urbanistico.
Tali ragioni differenzierebbero in maniera radicale l’assetto di interessi, sotteso all’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 122 del 2005, rispetto a quello implicato nella disciplina dell’art. 2 del medesimo decreto legislativo, oggetto di una sentenza di non fondatezza pronunciata da questa Corte (sentenza n. 32 del 2018). In tale ipotesi, è stata reputata non irragionevole la previsione dell’obbligo in capo al costruttore di procurare il rilascio e di consegnare all’acquirente una fideiussione a beneficio del solo acquirente che abbia stipulato l’atto dopo che la controparte aveva almeno presentato la richiesta di permesso di costruire. Questa Corte ha, infatti, ritenuto che «il solo avvio del procedimento amministrativo [darebbe] concretezza all’iniziativa edificatoria del promittente alienante [il che aggiungerebbe] una qualitas alla cosa futura promessa in vendita, [che] costituisce di per sé un fattore rassicurante ed un indiretto incentivo all’acquisto per il promittente acquirente, persona fisica, radicando in quest’ultimo un affidamento maggiore nella determinazione di assentire l’impegno contrattuale di acquisto dell’immobile da costruire assumendone i relativi oneri economici».
5.2.– Da ultimo il rimettente, nel rilevare che la tutela accordata dall’art. 9, comma 1, vale a dire il diritto di prelazione in ipotesi di vendita all’incanto, non richiede di essere apprestata al momento della stipula del contratto, né comporta oneri a carico del costruttore, conclude che «non appare pertanto ragionevole ancorarne il riconoscimento alla situazione esistente al momento della stipula del contratto piuttosto che a quello dell’esercizio del diritto, ovvero a quello della consegna del bene, sì da correlare a tale momento la verifica della sua necessaria regolarità sotto il profilo urbanistico».
6.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni vengano dichiarate non fondate.
Secondo l’Avvocatura, le due fattispecie che l’ordinanza di rimessione chiede di equiparare sarebbero tra di loro differenti e, dunque, risulterebbe «assolutamente ragionevole la diversità di disciplina oggetto della censura in esame».
Il dato caratterizzante la fattispecie dell’immobile da costruire sarebbe costituito dalla sua collocazione all’interno di un procedimento amministrativo di rilascio del permesso a costruire. Solo il promissario acquirente da chi abbia almeno presentato richiesta di permesso di costruire avrebbe maturato uno specifico grado di meritevolezza dell’affidamento a fronte dell’assunzione del vincolo contrattuale, «affidamento che è stato ritenuto degno di maggior tutela» dal legislatore, poiché al momento dell’acquisto c’era una maggiore possibilità di soddisfacimento degli interessi dell’acquirente a conseguire una determinata abitazione.
L’Avvocatura, inoltre, rileva che la prelazione sarebbe uno strumento di tutela «che nasce con il rapporto negoziale che si instaura con il preliminare e che lo accompagna per tutto il suo svolgimento». Viceversa, le circostanze successive – ossia che l’iter amministrativo sia stato avviato e che l’immobile sia stato costruito – sarebbero mere «evenienze fattuali» del tutto irrilevanti.
Considerato in diritto
1.– Con ordinanza del 2 ottobre 2020, iscritta al n. 24 del registro ordinanze 2021, il Tribunale ordinario di Verona, seconda sezione civile, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettera d), e 9 del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122 (Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge 2 agosto 2004, n. 210), nonché dell’art. 1 della legge 2 agosto 2004, n. 210 (Delega al Governo per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire).
2.– Il giudice rimettente riferisce che la società cooperativa F. C. aveva stipulato con alcuni soci contratti di prenotazione di alloggio, «in forza dei quali la Cooperativa si [era] impegnata a trasferire ai soci prenotatari il diritto di proprietà dietro il pagamento del corrispettivo, in parte già versato al momento della sottoscrizione della prenotazione dell’alloggio ed in parte da corrispondere al momento della sottoscrizione del contratto di vendita», di immobili che la società si era obbligata a costruire su un’area di edilizia economica popolare.
Nel provvedimento introduttivo del giudizio di legittimità costituzionale, il giudice riporta che la società, formulata la richiesta di permesso a costruire e poi ottenuti il titolo abilitativo e il certificato di agibilità, nel luglio 2013 assegnava provvisoriamente e consegnava ai soci prenotatari i rispettivi alloggi, senza provvedere ancora all’assegnazione definitiva degli immobili, né al trasferimento della proprietà.
Il rimettente inoltre espone che, con atto trascritto in data 20 ottobre 2017, l’intero complesso edilizio veniva pignorato e nel corso del procedimento esecutivo il professionista delegato rilevava che diciotto lotti risultavano occupati dai soci prenotatari degli alloggi, i quali avevano depositato istanze dirette al riconoscimento del diritto di prelazione di cui all’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 122 del 2005. Chiedeva, pertanto, al giudice dell’esecuzione di pronunciarsi sulla spettanza di tale diritto e sulle modalità del suo esercizio. Sia la decisione assunta dal giudice dell’esecuzione con decreto pronunciato ex art. 591-ter del codice di procedura civile, sia la successiva ordinanza emanata dal medesimo giudice a seguito di reclamo rigettavano l’istanza sul presupposto che il diritto di prelazione spettasse, ai sensi dell’art. 9 sopra citato, a favore dei soli soggetti acquirenti di immobili da costruire, come definiti dall’art. 1, comma 1, lettera d), del medesimo decreto legislativo e dall’art. 1, comma 1, della legge n. 210 del 2004.
Il rimettente espone che, avverso tale ultimo provvedimento di rigetto, proponevano reclamo ex art. 669-terdecies cod. proc. civ. quasi tutti i soci che si erano già opposti al decreto del giudice dell’esecuzione, prospettando un’interpretazione estensiva dell’art. 9 del d.lgs. n. 122 del 2005, tale da ricomprendere anche gli acquirenti di immobili per i quali, al momento dell’acquisto, non fosse stato ancora richiesto il permesso di costruire.
3.– Nel decidere su tale ultimo reclamo, il giudice rimettente esclude l’interpretazione estensiva proposta dai reclamanti e solleva l’odierna questione di legittimità costituzionale.
3.1.– In punto di rilevanza, ritiene che dalla decisione della questione di legittimità costituzionale dipendano il possibile accoglimento dei reclami proposti e il conseguente riconoscimento, in favore dei reclamanti, del diritto di prelazione di cui all’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 122 del 2005.
3.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo ravvisa la medesima esigenza di tutela dell’acquirente, che risponde ai requisiti richiesti dal combinato disposto degli artt. 1, comma 1, lettera d), e 9, comma 1, del d.lgs. n. 122 del 2005, rispetto a chi si trovi nelle medesime condizioni ivi descritte, fatta salva la mera circostanza di aver concluso il contratto di acquisto prima che il costruttore presentasse la richiesta per il titolo edilizio abilitativo. «Si tratta di rilievo – osserva il rimettente – che porta a revocare in dubbio la rispondenza ai dettami costituzionali, ed in particolare al principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione, degli artt. 1, comma 1, lett. d), e 9 del D.lgs. n. 122/2005, nonché dell’art. 1 della l. n. 210/2004».
Sempre a sostegno della non manifesta infondatezza, il giudice a quo sottolinea inoltre che, nel contesto dell’art. 9, «la concretezza dell’operazione immobiliare a suo tempo progettata, l’affidamento riposto dall’acquirente nel buon esito del programma negoziale, e quindi nel trasferimento in suo favore della proprietà del bene, le esigenze di tutela del medesimo acquirente, sono presenti in massimo grado», poiché non solo sono stati pagati molti acconti e il progetto è stato portato ad attuazione in un contesto di piena regolarità sotto il profilo urbanistico, ma soprattutto i soci hanno adibito l’immobile ad abitazione propria, del coniuge o di parente entro il primo grado.
Pertanto, il rimettente ritiene che «non appare ragionevole ancorarne il riconoscimento alla situazione esistente al momento della stipula del contratto piuttosto che a quello dell’esercizio del diritto, ovvero a quello della consegna del bene, sì da correlare a tale momento la verifica della sua necessaria regolarità sotto il profilo urbanistico».
4.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate.
Secondo la difesa erariale, le due fattispecie che l’ordinanza di rimessione chiede di equiparare sarebbero tra di loro differenti, «con la conseguenza che [sarebbe] assolutamente ragionevole la diversità di disciplina oggetto della censura in esame».
In particolare, l’Avvocatura rimarca che la prelazione è uno strumento di tutela «che nasce con il rapporto negoziale che si instaura con il preliminare e che lo accompagna per tutto il suo svolgimento». Pertanto, ai fini dell’affidamento, non si potrebbe far riferimento al buon esito dell’iniziativa imprenditoriale, ma solo alla situazione esistente al momento della stipula del contratto.
5.– Al fine di procedere all’esame nel merito della questione di legittimità costituzionale sollevata, è opportuno premettere una rapida disamina del quadro normativo di riferimento.
5.1.– Il d.lgs. n. 122 del 2005, attuativo della legge delega n. 210 del 2004, ha inteso potenziare, rispetto al normale apparato dei rimedi civilistici, la tutela di persone fisiche che, nel destinare i propri risparmi all’acquisto di un’abitazione, si espongono a rischi, particolarmente elevati, connessi a operazioni economiche aventi a oggetto immobili «ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire il rilascio del certificato di agibilità».
Il quadro dei rimedi offerti scandisce differenti momenti dell’articolata vicenda.
Alcune tutele sono correlate alla stipula del contratto a effetti obbligatori o reali differiti (artt. 2, 3 e 6); altre operano all’atto del trasferimento della proprietà (art. 4) o in vista del contratto a effetti traslativi (artt. 7 e 8); altre ancora scaturiscono ex lege al verificarsi di particolari circostanze successive all’originario atto di acquisto (artt. 9, 10, 12).
Tale apparato di tutele, nel suo complesso, è rivolto all’obiettivo di proteggere il risparmio, in attuazione dell’art. 47 Cost. Alcune norme, tuttavia, quali gli artt. 9 e 10 del d.lgs. n. 122 del 2005, perseguono anche la primaria esigenza di difendere il diritto inviolabile all’abitazione (art. 2 Cost.).
5.2.– Deve, di seguito, ulteriormente precisarsi che tanto l’art. 1, comma 1, della legge delega n. 210 del 2004, quanto la norma definitoria di cui all’art. 1, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 122 del 2005 riferiscono la nozione di immobile da costruire – che delimita sul piano oggettivo l’ambito delle tutele – a immobili che si connotano non solo in quanto siano da edificare o perché la loro costruzione non sia stata ancora ultimata, ma anche perché sia stato «richiesto il permesso di costruire».
5.3.– In relazione a quest’ultimo profilo di qualificazione giuridica della res, che esclude dalla disciplina gli acquirenti cosiddetti “su carta”, questa Corte, con la sentenza n. 32 del 2018, ha ritenuto non irragionevole tale delimitazione del raggio di tutela, avendo riguardo alla specifica ratio delle norme relative all’obbligo del costruttore di prestare fideiussione in concomitanza con la stipula del contratto di acquisto a effetti obbligatori o reali differiti.
In particolare, il richiamato obbligo – correlato al rimedio della nullità di protezione, posta a difesa dell’acquirente, in quanto contraente debole – copre il duplice rischio della crisi del costruttore (nei termini specificati dall’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 122 del 2005) o che questi non rilasci, all’atto del trasferimento della proprietà, la polizza assicurativa di cui al successivo art. 4, nel qual caso la fideiussione garantisce la restituzione di tutte le somme e i corrispettivi versati al costruttore in anticipo rispetto al prodursi dell’efficacia traslativa.
Ebbene, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 122 del 2005, in ragione della mancata estensione della tutela anche all’acquirente “su carta”, questa Corte ha ritenuto che «la normativa censurata persegu[a] la finalità di approntare una garanzia specifica dell’affidamento, meritevole di tutela, che l’acquirente ripone nell’effettiva realizzazione (o completamento, se già iniziata) della costruzione dell’immobile oggetto del contratto preliminare di compravendita; affidamento indotto dalla circostanza dell’intervenuto rilascio del permesso di costruire o almeno della già presentata richiesta per il suo ottenimento». Di conseguenza, ha rilevato che «il solo avvio del procedimento amministrativo mediante la richiesta di permesso di costruire aggiunge […] concretezza all’iniziativa edificatoria del promittente alienante […], radicando [nell’acquirente] un affidamento maggiore nella determinazione di assentire l’impegno contrattuale di acquisto dell’immobile da costruire assumendone i relativi oneri economici».
In definitiva, con riferimento alla tutela costituita dall’obbligo del costruttore di prestare fideiussione, questa Corte, a latere della primaria funzione di protezione del risparmio dell’acquirente, ha ravvisato anche la ratio di favorire affidamenti già consolidati, in quanto collocati in un percorso di legalità.
5.4.– Giunge ora nuovamente all’esame di questa Corte il dubbio di legittimità costituzionale relativo al carattere discriminatorio dell’esclusione degli acquirenti “su carta” dal raggio della disciplina, ma questa volta – diversamente dalla questione esaminata con la sentenza n. 32 del 2018 – la censura riguarda la differente tutela offerta dall’art. 9 del d.lgs. n. 122 del 2005.
Tale disposizione introduce, in particolare, un diritto di prelazione, da far valere nell’ambito della vendita forzata dell’immobile, conseguente alla situazione di crisi del costruttore, diritto che sorge ex lege al verificarsi dei seguenti presupposti.
In primo luogo, l’immobile deve essere stato consegnato, a titolo di possesso o di detenzione, in base alle differenti circostanze in cui opera la traditio.
In secondo luogo, l’immobile deve essere stato adibito dall’acquirente (o dal promissario acquirente) ad abitazione principale per sé, per il coniuge o per un proprio parente in primo grado.
Infine, secondo la ricostruzione del rimettente, il diritto di prelazione può essere fatto valere solo da coloro che abbiano acquistato un immobile da costruire, rientrante nella definizione dell’art. 1, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 122 del 2005, con l’esclusione, dunque, di coloro che, pur avendo acquistato un immobile non ancora edificato o la cui costruzione non risulti ultimata, avevano nondimeno stipulato il contratto prima che il costruttore presentasse la richiesta di permesso di costruire.
Fra le motivazioni addotte dal giudice a quo nel sostenere la richiamata interpretazione e, dunque, nel ritenere che la definizione dell’art. 1, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 122 del 2005 delimiti, sul piano oggettivo, tutte le tutele predisposte dal legislatore delegato nel medesimo provvedimento, risulta decisivo l’argomento fondato sul riferimento alla legge di delega. La legge n. 210 del 2004, infatti, all’art. 1, comma 1, dispone testualmente che la delega al Governo a emanare uno o più decreti legislativi riguarda «norme per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità».
La citata disposizione è, dunque, esplicita nel delimitare, con un contenuto poi refluito nella norma definitoria di cui all’art. 1, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 122 del 2005, l’intero raggio della «tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili» da costruire, il che esclude la possibilità di interpretare le norme del decreto legislativo al di fuori dei presupposti indicati nella delega.
La ricostruzione ermeneutica del rimettente trova, del resto, conferma nella giurisprudenza di legittimità, secondo la quale «[i]l perimetro di applicazione della nuova disciplina di tutela introdotta dal D.lgs. n. 122/2005 si trova delineato nell’art. 1» (Corte di cassazione, sezione seconda civile, sentenza 10 marzo 2011, n. 5749, nello stesso senso Corte di cassazione, sezione seconda civile, sentenza 1° dicembre 2016, n. 24535).
6.– Tanto premesso, la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 1, comma 1, della legge n. 120 del 2004, 1, comma 1, lettera d), e 9, comma 1, del d.lgs. n. 122 del 2005 è fondata, in riferimento all’art. 3 Cost.
Deve, in particolare, accogliersi la censura relativa alla irragionevole disparità di trattamento fra coloro che si trovano nelle condizioni richieste dal combinato disposto degli artt. 1, comma 1, lettera d), e 9, comma 1, del d.lgs. n. 122 del 2005 e coloro che parimenti possiedono i requisiti previsti dalle citate norme, fuorché per la circostanza di aver concluso il contratto di acquisto dell’immobile a efficacia obbligatoria o reale differita prima che il costruttore avesse presentato la richiesta di permesso di costruire.
6.1.– Si deve, in proposito, premettere che la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito, in termini generali, che se «il principio di eguaglianza esprime un giudizio di relazione in virtù del quale a situazioni eguali deve corrispondere l’identica disciplina e, all’inverso, discipline differenziate andranno coniugate a situazioni differenti, ciò equivale a postulare che la disamina della conformità di una norma a quel principio deve svilupparsi secondo un modello dinamico, incentrandosi sul “perché” una determinata disciplina operi, all’interno del tessuto egualitario dell’ordinamento, quella specifica distinzione, e quindi trarne le debite conclusioni in punto di corretto uso del potere normativo» (sentenza n. 89 del 1996; di seguito, sentenze n. 276 del 2020 e n. 241 del 2014; nello stesso senso, sentenza n. 5 del 2000).
6.2.– Alla luce della giurisprudenza citata, occorre, pertanto, indagare la ratio dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 122 del 2005 e l’assetto degli interessi in cui si colloca il diritto di prelazione, onde comparare le due categorie di acquirenti poste a confronto e verificare se la diversità di trattamento palesi una irragionevolezza, in contrasto con il principio di uguaglianza.
La norma in esame non appresta, invero, protezione a chi nutra un mero affidamento nella realizzazione dell’immobile, come nel caso della tutela offerta dall’obbligo del costruttore di prestare la fideiussione, rispetto al quale la citata sentenza n. 32 del 2018 ha ritenuto non irragionevole l’esclusione dalla disciplina di affidamenti meno consolidati e, pertanto, meno meritevoli di tutela.
Al contrario, il diritto di prelazione sorge ex lege sul duplice presupposto che l’immobile sia stato realizzato e che l’alloggio sia stato destinato, dopo la consegna, ad abitazione principale dell’acquirente o del coniuge o di un parente in primo grado.
Il diritto di prelazione, attraverso la pretesa a essere preferiti a parità di condizioni nella vendita forzata, persegue, dunque, la finalità di preservare un interesse giuridico attuale, il diritto inviolabile all’abitazione, che scaturisce, sul presupposto dell’avvenuta consegna dell’immobile all’acquirente o al promissario acquirente, dalla destinazione dell’alloggio a soddisfare un bisogno esistenziale primario della persona e della sua famiglia.
E invero, questa Corte, «sin dalla sentenza n. 404 del 1988 (si vedano di seguito, fra le altre, sentenze n. 44 del 2020, n. 168 del 2014, n. 161 del 2013, n. 61 del 2011, n. 176 del 2000 e l’ordinanza n. 76 del 2010)» (sentenza n. 112 del 2021), ha «incluso nel catalogo dei diritti inviolabili» della persona il diritto all’abitazione, che «rientra fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione» (sentenza n. 217 del 1988 e, di recente, sentenze n. 128 del 2021 e n. 44 del 2020), poiché è compito dello Stato assicurare «che la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l’immagine universale della dignità umana» (sentenza n. 217 del 1988).
Se, dunque, il diritto all’abitazione trae origine, nella fattispecie disegnata dall’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 122 del 2005, dalla consegna dell’immobile all’acquirente o al promissario acquirente e dalla sua destinazione al bisogno abitativo, in presenza di tali circostanze resta identico il diritto inviolabile da tutelare, sia che l’originario acquisto dell’immobile fosse avvenuto dopo che il costruttore aveva presentato la domanda di permesso di costruire sia che fosse stato stipulato prima.
6.3.– Deve poi aggiungersi che, nel momento in cui si integrano ex lege i presupposti costitutivi del diritto di prelazione, la sorte del procedimento amministrativo relativo all’immobile risulta indipendente e indifferente rispetto alle vicende civilistiche.
L’eventuale conclusione dell’iter amministrativo o la sua legittimità sono circostanze che prescindono e non sono condizionate dal fatto che il contratto di acquisto fosse stato concluso prima o dopo la mera presentazione della richiesta del permesso di costruire.
Anche sotto questa angolatura, non si ravvisa, dunque, alcuna ragione che possa giustificare un differente trattamento nella tutela offerta dalla prelazione al diritto di abitazione delle due categorie di acquirenti.
6.4.– Da ultimo, l’esito non cambia se si confronta l’incidenza della tutela riferita alle due categorie di acquirenti rispetto all’assetto degli altri interessi implicati nella disciplina dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 122 del 2005.
Il diritto di prelazione non impone, invero, obblighi in capo alla controparte contrattuale, il costruttore, mentre coinvolge gli interessi dei creditori procedenti e dei terzi offerenti nella vendita forzata. Tali interessi non solo sono estranei al contesto nel quale si era svolto l’originario atto di acquisto, ma oltretutto subiscono un condizionamento, per effetto della prelazione, che non muta a seconda che la tutela venga riferita ai titolari di un diritto all’abitazione, che siano acquirenti di immobili ascrivibili alla definizione dell’art. 1, comma 1, lettera d), o agli acquirenti “su carta”.
I creditori procedenti restano comunque soddisfatti in misura non diversa da quella che sarebbe stata loro altrimenti garantita, dato che il diritto di prelazione sull’immobile è riconosciuto all’acquirente al prezzo definitivo raggiunto nell’incanto, all’esito della procedura esecutiva. A loro volta, i terzi aggiudicatari non sopportano particolari rischi poiché, se l’autorità che procede alla vendita forzata assegna l’immobile al titolare del diritto di prelazione, essi non versano il prezzo, mentre, ove l’aggiudicazione avvenga definitivamente in loro favore, il titolare del diritto di prelazione non potrà comunque giovarsi del diritto di riscatto (art. 9, comma 5).
6.5.– Alla luce, dunque, della ratio sottesa all’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 122 del 2005 e dell’assetto di interessi coinvolti nella sua disciplina, emerge una irragionevole disparità di trattamento fra gli acquirenti di immobili da costruire e gli acquirenti di immobili, che sono pur sempre da costruire, ma non rientrano nella definizione dell’art. 1, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 122 del 2005 e nella previsione della legge delega, solo perché il contratto di acquisto a effetti obbligatori o reali differiti viene concluso prima della presentazione della richiesta di permesso di costruire.
Né il rinvio che il censurato art. 9 opera al precedente art. 2 (in materia di fideiussione) può sconfessare un tale esito, poiché le due fattispecie non si collocano in logica dipendenza: il diritto di prelazione può essere esercitato anche (e non soltanto) nel caso in cui l’acquirente abbia già escusso la fideiussione, sicché la norma non esclude che possa essere esercitato anche se non vi sia alcuna fideiussione da escutere.
Semmai, deve rilevarsi che proprio la mancanza della tutela offerta dalla fideiussione rende l’acquirente “su carta” ancor più bisognoso della protezione offerta dal diritto di prelazione. In una situazione in cui difficilmente può recuperare, con gli ordinari strumenti civilistici, quanto ha corrisposto al costruttore, oramai insolvente, a titolo di anticipazione del prezzo (o addirittura come pagamento integrale del prezzo, se l’acquisto definitivo era avvenuto ed era stato poi reso inefficace), risulta palesemente irragionevole negare all’acquirente che abiti nell’immobile, sottoposto a vendita forzata, il diritto a essere preferito a parità di condizioni, offrendo peraltro nuovamente un prezzo nell’ambito di tale vendita.
7.– Tanto premesso, è fondata, in riferimento all’art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 1, comma 1, della legge n. 205 del 2005; 1, comma 1, lettera d), e 9, comma 1, del d.lgs. n. 122 del 2005, nella parte in cui non riconoscono il diritto di prelazione anche alle persone fisiche che abbiano acquistato prima che sia stato richiesto il permesso di costruire.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 1, comma 1, della legge 2 agosto 2004, n. 210 (Delega al Governo per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire); 1, comma 1, lettera d) e 9, comma 1, del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122 (Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge 2 agosto 2004, n. 210), nella parte in cui non riconoscono il diritto di prelazione anche alle persone fisiche che abbiano acquistato prima che sia stato richiesto il permesso di costruire.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Emanuela NAVARRETTA, Redattrice
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 24 febbraio 2022.