ORDINANZA N. 37
ANNO 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giuliano AMATO;
Giudici: Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 6 della legge della Regione Liguria 1° giugno 2020, n. 10 (Istituzione del Garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 6-11 agosto 2020, depositato in cancelleria il 7 agosto 2020, iscritto al n. 66 del registro ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2020.
Udito nella camera di consiglio del 12 gennaio 2022 il Giudice relatore Maria Rosaria San Giorgio;
deliberato nella camera di consiglio del 12 gennaio 2022.
Ritenuto che, con ricorso depositato il 7 agosto 2020 (reg. ric. n. 66 del 2020), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere b), h) e l), della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 6 della legge della Regione Liguria 1° giugno 2020, n. 10 (Istituzione del Garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale), svolgendo censure, specificamente, nei confronti della lettera f) del comma 1 dell’art. 5 (a norma della quale, nella formulazione all’epoca vigente, il Garante «visita gli Istituti penitenziari, gli Istituti penali per i minorenni, i Centri di permanenza temporanea per stranieri, le strutture per il TSO, i posti di polizia, le caserme dei carabinieri e gli ospedali psichiatrici giudiziari incontrando liberamente i soggetti ivi reclusi») e nei confronti del comma 5 dell’art. 6 (a norma del quale, nella formulazione all’epoca vigente, «[i]l Garante, nel caso in cui ritenga che la segnalazione sia fondata, intima all’ufficio competente la risoluzione e, comunque, la rimozione dell’irregolarità nel termine di quindici giorni»);
che, ad avviso della difesa statale, la formulazione dell’art. 5, comma 1, lettera f), nel consentire al Garante istituito nella Regione Liguria di incontrare liberamente i soggetti detenuti, non contemplerebbe alcuna modalità o limitazione per la disciplina del suo accesso ai luoghi di detenzione, e ciò a differenza di quanto stabilisce, con riferimento alla figura del Garante nazionale, la disciplina statale di settore, di cui all’art. 7 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146 (Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria), convertito, con modificazioni, in legge 21 febbraio 2014, n. 10;
che, pertanto, sarebbe violato l’art. 117, secondo comma, lettere b), h) e l), Cost. che riserva allo Stato la competenza legislativa nelle materie – rispettivamente – dell’immigrazione, dell’ordine pubblico e sicurezza e dell’ordinamento penale;
che, secondo il ricorrente, la materia dell’immigrazione «comprende evidentemente anche gli aspetti del trattamento degli stranieri in attesa dell’esecuzione dei provvedimenti di espulsione, nonché la regolamentazione delle modalità di loro trattenimento nei centri e soprattutto le modalità in presenza delle quali i Garanti possono accedere a quei luoghi»;
che, inoltre, a giudizio del ricorrente, la disciplina statale regolante «le modalità di accesso ai luoghi ove sono trattenuti gli stranieri», nel dettare «disposizioni necessariamente limitative», sarebbe espressione anche della competenza legislativa in materia di ordine pubblico e sicurezza, e coinvolgerebbe anche la materia dell’ordinamento penale, avuto riguardo alle «indagini che fossero eventualmente in corso»;
che, quanto alla disposizione di cui all’art. 6, comma 5, della legge reg. Liguria n. 10 del 2020, la difesa statale – in riferimento ai medesimi parametri costituzionali – censura la conseguente attribuzione al Garante regionale di «super poteri» rispetto alla corrispondente figura nazionale, alla quale spetta, a norma dell’art. 7, comma 5, lettera f), del d.l. n. 146 del 2013, come convertito, il solo potere di formulare, nell’ambito dell’ordinamento penitenziario, «specifiche raccomandazioni all’amministrazione interessata» (fermo restando, peraltro, che l’amministrazione, in caso di diniego, «comunica il dissenso motivato nel termine di trenta giorni»);
che, a giudizio del ricorrente, il Garante regionale non potrebbe «sovrapporsi autoritativamente» agli organi competenti, secondo la disciplina dello Stato, ad adottare provvedimenti volti a risolvere le criticità nel trattamento dei soggetti sottoposti a misure restrittive della libertà personale, «[s]ia che si tratti di immigrati irregolari, sia che si tratti di normali detenuti», dovendosene desumere che, se la disciplina statale non prevede, per il Garante nazionale, il potere di imprimere ordini agli uffici statali, «questo potere non lo deve avere certamente il Garante regionale»;
che la Regione Liguria non si è costituita in giudizio;
che, nel corso del giudizio, è sopravvenuta la legge della Regione Liguria 2 aprile 2021, n. 4, recante «Modifiche alla legge regionale 1° giugno 2020, n. 10 (Istituzione del Garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale)», i cui artt. 3 e 4 hanno sostituito, rispettivamente, la lettera f) del comma 1 dell’art. 5 e il comma 5 dell’art. 6 della legge reg. Liguria n. 10 del 2020, ossia proprio le due disposizioni che avevano formato specifico oggetto delle censure statali;
che il ricorrente, con atto depositato il 12 luglio 2021, ha rinunciato al ricorso, in conformità alla delibera adottata dal Consiglio dei ministri nella seduta del 17 giugno 2021.
Considerato che il Presidente del Consiglio dei ministri, previa conforme deliberazione del Consiglio dei ministri, ha dichiarato di rinunciare al ricorso, osservando che le sopravvenute modifiche legislative hanno eliminato i profili di legittimità costituzionale sollevati e che «la legge impugnata risulta non aver avuto concreta applicazione nel periodo di vigenza», venendo così meno l’interesse alla declaratoria di illegittimità costituzionale;
che, ai sensi dell’art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, vigente ratione temporis, la rinuncia al ricorso, in mancanza della costituzione della resistente, comporta l’estinzione del processo (ex plurimis, ordinanze n. 94, n. 26 e n. 12 del 2021, n. 226 del 2020 e n. 193 del 2019).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, 9, comma 2, e 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara estinto il processo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 18 febbraio 2022.