ORDINANZA N. 185
ANNO 2020
Commento allordinanza di sollevazione di
Mitja Gialuz
per g.c. di Sistema Penale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Marta CARTABIA;
Giudici : Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicol ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGAN, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimit costituzionale dellart. 2 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 (Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dellesecuzione della pena, nonch in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi allemergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalit organizzata di tipo terroristico o mafioso, o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare lassociazione mafiosa o con finalit di terrorismo, nonch di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dallarticolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonch, infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati), promosso dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto nel procedimento di sorveglianza nei confronti di M. L.T., con ordinanza del 26 maggio 2020, iscritta al n. 83 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dellanno 2020.
Visto latto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 luglio 2020 il Giudice relatore Francesco Vigan;
deliberato nella camera di consiglio del 22 luglio 2020.
Ritenuto che con ordinanza del 26 maggio 2020 il Magistrato di sorveglianza di Spoleto, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma e 111, secondo comma, della Costituzione, questioni di legittimit costituzionale dellart. 2 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 (Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dellesecuzione della pena, nonch in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi allemergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalit organizzata di tipo terroristico o mafioso, o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare lassociazione mafiosa o con finalit di terrorismo, nonch di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dallarticolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonch, infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati);
che il giudice rimettente riferisce di aver disposto provvisoriamente, il 21 marzo 2020, la detenzione domiciliare di cui allart. 47-ter, comma 1-ter, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sullordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libert), surrogatoria del rinvio facoltativo dellesecuzione della pena per grave infermit fisica di cui allart. 147 del codice penale, in favore di un condannato per il delitto di associazione di tipo mafioso affetto da gravi patologie, che lo avrebbero particolarmente esposto a rischio per la salute in caso di contagio da COVID-19;
che l11 maggio 2020 entrata in vigore la disposizione censurata, la quale prevede lobbligo a carico del magistrato di sorveglianza di valutare entro il termine di quindici giorni dalladozione del provvedimento, e successivamente con cadenza mensile, «la permanenza dei motivi legati allemergenza sanitaria sulla base dei quali stato concessa la misura della detenzione domiciliare, acquisito il parere del Procuratore distrettuale antimafia del luogo in cui stato commesso il reato (e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per i condannati ed internati gi sottoposti al regime di cui allart. 41-bis ordin. penit.) nonch una serie di informazioni da parte del Dipartimento dellamministrazione penitenziaria e dellautorit sanitaria regionale;
che, sulla scorta anche dellart. 5 del predetto decreto-legge (a tenore del quale la disposizione censurata si applica ai provvedimenti gi emessi alla data della sua entrata in vigore, purch successivamente al 23 febbraio 2020, il termine di quindici giorni decorrendo in tale ipotesi dalla medesima data di entrata in vigore del decreto-legge), il rimettente espone di avere provveduto a instaurare il predetto procedimento di rivalutazione, mediante lacquisizione dei pareri e delle informazioni prescritte;
che, tuttavia, il giudice a quo ritiene che la disciplina della rivalutazione periodica della misura alternativa in essere nei confronti del condannato, che egli dovrebbe a questo punto compiere in forza della disposizione censurata, sia incompatibile con gli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, secondo comma, Cost.;
che tali questioni sarebbero anzitutto rilevanti, essendo scaduto il giorno dellordinanza di rimessione il termine quindicinale fissato dalla legge per la prima rivalutazione;
che la disciplina in parola violerebbe anzitutto gli artt. 24, secondo comma, Cost. e 111, secondo comma, Cost., prevedendo «un procedimento senza spazi di adeguato formale coinvolgimento della difesa tecnica dellinteressato, senza alcuna comunicazione formale dellapertura del procedimento e con una conseguente carenza assoluta di contraddittorio, rispetto alla parte pubblica, qui rappresentata in modo inedito dal Procuratore Distrettuale antimafia individuato in relazione al luogo del commesso reato, che deve fornire un obbligatorio, seppur non vincolante, parere sulla permanenza dei presupposti di concessione della misura;
che lassenza di qualsiasi formale coinvolgimento della difesa nel procedimento apparirebbe irragionevole, anche in considerazione del fatto che dalla decisione del magistrato di sorveglianza pu derivare il rientro in carcere di un condannato affetto da rilevanti patologie;
che, pi in particolare, la disposizione censurata non contemplerebbe alcuna comunicazione al condannato dellinstaurazione del procedimento, e potrebbe altres dubitarsi che questi sia legittimato a produrre memorie o documentazioni;
che, anche ove tale quesito sia sciolto in senso affermativo, la difesa resterebbe comunque «alloscuro degli elementi essenziali, acquisiti mediante listruttoria, e sui quali verter il giudizio, ci che le renderebbe impossibile confrontarsi con i contenuti delle note pervenute;
che una procedura caratterizzata da una cos marcata impossibilit di interlocuzione da parte della difesa del condannato non avrebbe eguali «nel pur variegato panorama di modelli procedimentali, pi o meno semplificati, previsti dinanzi alla magistratura di sorveglianza, che il rimettente passa analiticamente in rassegna, sulla scorta della giurisprudenza comune e costituzionale formatasi relativamente ai medesimi;
che il difetto di coinvolgimento della difesa sarebbe problematico specialmente ove si consideri, da un lato, che leventuale provvedimento di revoca espressamente dichiarato immediatamente esecutivo dalla disposizione censurata, e dallaltro che in altri procedimenti in cui il magistrato di sorveglianza chiamato a una decisione de plano sarebbe comunque previsto a differenza di quanto avviene in questo caso «uno stringente termine acceleratorio per la valutazione, nel pieno contraddittorio delle parti, dinnanzi al Tribunale di sorveglianza, il cui mancato rispetto comporta la perdita di efficacia del provvedimento di sospensione emesso, termine in questo caso non previsto dalla disposizione;
che la segnalata criticit sarebbe aggravata dalla considerazione che il procedimento di rivalutazione introdotto dalla disposizione censurata, funzionale alla possibile revoca della misura in precedenza gi concessa in via provvisoria dallo stesso magistrato, si innesta «in una sequenza che ha gi attraversato una fase interinale del procedimento [] e che avrebbe trovato il suo naturale sbocco nella successiva fase, a contraddittorio pieno, dinanzi al tribunale di sorveglianza, per di pi potendo determinare «leffetto dirompente di ricondurre in vinculis il condannato, che era stato ammesso alla misura extramuraria;
che, osserva il rimettente, «anche a voler estendere a tale revoca la garanzia di un passaggio obbligatorio dinanzi al Tribunale di sorveglianza, in analogia con quanto previsto per la pronuncia emessa ex articolo 684 cod. proc. pen., ci avviene in un tempo lungo (sessanta giorni, ove applicabile il termine richiamato dagli articoli 47-ter, comma 1-quater e 47 comma 4 ord. penit.) e senza che il provvedimento che ha inciso la libert personale subisca alcuna inefficacia, ove tale tempistica non sia rispettata;
che la disposizione censurata contrasterebbe, inoltre, con lart. 3 Cost., in quanto «il condannato ammesso alla detenzione domiciliare surrogatoria subisce il procedimento di frequentissima rivalutazione con rito a contraddittorio pieno, oppure senza alcuna possibilit di replica sui contenuti istruttori per s e per la sua difesa, soltanto in base al dato del tutto casuale che rispetto alla pronuncia interinale del magistrato di sorveglianza sia gi intervenuta la decisione in via definitiva dinanzi al tribunale di sorveglianza, oppure la stessa risulti gi calendarizzata in tempi successivi, in connessione ad esempio con ruoli di udienza particolarmente gravati;
che un ulteriore profilo di violazione dellart. 3 Cost. discenderebbe dalla necessit di una frequente rivalutazione, con le carenze di contraddittorio sin qui evidenziate e sino a che il tribunale di sorveglianza non si sia pronunciato in via definitiva sulloriginaria richiesta della misura alternativa, dei soli provvedimenti di concessione della detenzione domiciliare connessi allemergenza da COVID-19, allorch riferiti ai soli condannati per alcune tipologie di delitti, il cui elenco peraltro non coincide con quello di cui allart. 4-bis ordin. penit.;
che intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni sollevate siano dichiarate inammissibili e, comunque, infondate;
che, ad avviso dellinterveniente, con lart. 2 del d.l. n. 29 del 2020 il legislatore ha inteso mitigare gli effetti sul sistema carcerario derivanti dallemergenza epidemiologica da COVID-19, nellottica del contemperamento di contrapposte esigenze, quali quelle del diritto alla salute dei detenuti e della sicurezza pubblica, prevedendo, per determinate categorie di detenuti ed internati, beneficiari di provvedimento di differimento della pena o di detenzione domiciliare per motivi connessi allemergenza COVID-19, una periodica e frequente rivalutazione della permanenza delle condizioni poste a base di tali provvedimenti;
che non si configurerebbe alcuna violazione del diritto di difesa e del diritto alla parit delle armi, in quanto la procedura resterebbe pur sempre quella del contraddittorio differito prevista dallart. 47-ter, commi 1-ter e 1-quater, ordin. penit. e dagli artt. 666 e 678 del codice di procedura penale, nel cui ambito si inserisce, per alcune categorie di detenuti ed internati, una rivalutazione pi frequente delle condizioni legittimanti lapplicazione alternativa, previa acquisizione di informazioni e pareri delle autorit competenti a fornirli;
che tale rivalutazione si giustificherebbe con lesigenza di far rientrare i soggetti beneficiari della detenzione domiciliare per ragioni connesse allemergenza COVID-19 nel circuito detentivo non appena il mutato contesto sanitario lo consenta, ferma restando la successiva verifica, in contraddittorio pieno, da parte del tribunale di sorveglianza;
che, inoltre, quanto al profilo delle categorie soggettive interessate dalla pi frequente rivalutazione, ad avviso dellAvvocatura generale dello Stato, deve ritenersi che si versi nellambito di una non irragionevole scelta discrezionale del potere legislativo che, in quanto tale, si sottrae al sindacato di legittimit costituzionale;
che il trattamento differenziato si spiegherebbe, infatti, in ragione della maggiore caratura criminale di soggetti individuati dal legislatore, e che questo profilo giustificherebbe una pi frequente rivalutazione in vista del loro possibile rientro in carcere, una volta cessate le ragioni dellemergenza dovuta al COVID-19;
che, con memoria depositata in data 10 luglio 2020, lAvvocatura generale dello Stato ha chiesto a questa Corte di valutare altres la ricorrenza dei presupposti per rimettere la questione di costituzionalit al giudice a quo per un ulteriore sindacato sulla rilevanza e non manifesta infondatezza in relazione allo ius superveniens;
che, deduce lAvvocatura generale dello Stato, la disposizione censurata stata abrogata dallart. 1, comma 3, della legge 25 giugno 2020, n. 70 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, recante misure urgenti per la funzionalit dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonch disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per lintroduzione del sistema di allerta Covid-19), ed il suo contenuto stato trasfuso nellart. 2-bis del d.l. n. 28 del 2020, come convertito nella medesima legge n. 70 del 2020;
che il nuovo art. 2-bis del d.l n. 28 del 2020 avrebbe per introdotto rilevanti novit in ordine al procedimento relativo alla periodica rivalutazione delle decisioni di concessione della detenzione domiciliare o al differimento della pena legate allemergenza COVID-19;
che, in particolare, il legislatore avrebbe ora definito una procedura di raccordo tra il magistrato e il tribunale di sorveglianza, in modo da assicurare un «approfondito controllo successivo delle determinazioni adottate dal primo anche attraverso il pieno coinvolgimento della difesa del soggetto interessato;
che inoltre, ad avviso dellAvvocatura generale dello Stato, le questioni sollevate dal rimettente non sarebbero rilevanti, atteso che dallordinanza di rimessione non sarebbe dato «cogliere come la eventuale pronuncia di accoglimento della questione potrebbe produrre effetti nel procedimento a quo, tenuto conto che nella predetta ordinanza non si fa riferimento alcuno allavvenuto [positivo] riscontro delle condizioni per il ripristino della misura detentiva in carcere;
che, quanto al merito, rileva infine lAvvocatura generale dello Stato che il dettato costituzionale non impone che il contraddittorio si esplichi con le medesime modalit in ogni tipo di procedimento e, soprattutto, che debba essere sempre collocato nella fase iniziale del procedimento stesso.
Considerato che il Magistrato di sorveglianza di Spoleto, con ordinanza del 26 maggio 2020, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, questioni di legittimit costituzionale dellart. 2, del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 (Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dellesecuzione della pena, nonch in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi allemergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalit organizzata di tipo terroristico o mafioso, o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizio ni o al fine di agevolare lassociazione mafiosa o con finalit di terrorismo, nonch di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dallarticolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonch, infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati);
che la disposizione censurata prevede che il magistrato o il tribunale di sorveglianza, quando abbiano ammesso alla detenzione domiciliare o al differimento della pena per motivi legati allemergenza sanitaria da COVID-19 i condannati e gli internati per una serie di gravi reati, debbano procedere alla valutazione della permanenza di tali motivi entro il termine di quindici giorni dalladozione del provvedimento, e successivamente a cadenza mensile, acquisito il parere del Procuratore distrettuale antimafia del luogo in cui stato commesso il reato (e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per i condannati ed internati gi sottoposti al regime di cui allart. 41-bis ordin. penit.) nonch una serie di informazioni da parte del Dipartimento dellamministrazione penitenziaria e dellautorit sanitaria regionale;
che tale valutazione deve peraltro essere compiuta «immediatamente, anche prima della decorrenza dei termini sopra indicati, nel caso in cui il Dipartimento dellamministrazione penitenziaria comunica la disponibilit di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dellinternato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena;
che la medesima disposizione prevede altres, al comma 3, che in esito alla valutazione relativa alla permanenza dei motivi che hanno giustificato ladozione del provvedimento, e valutata la disponibilit di altre strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetti idonei ad evitare il pregiudizio per la salute del detenuto o dellinternato, il giudice possa revocare la misura gi concessa, con provvedimento immediatamente esecutivo;
che larticolo 1, comma 3, della legge 25 giugno 2020, n. 70 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, recante misure urgenti per la funzionalit dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonch disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per lintroduzione del sistema di allerta Covid-19) ha abrogato lart. 2 del d.l. n. 29 del 2020, ferma restando la validit degli atti e dei provvedimenti adottati e fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto-legge;
che il contenuto della disposizione censurata stato trasfuso nellart. 2-bis del d.l. n. 28 del 2020, come convertito nella medesima legge n. 70 del 2020;
che il nuovo art. 2-bis del d.l. n. 28 del 2020 riproduce la disciplina dellabrogato art. 2 del d.l. n. 29 del 2020, in questa sede censurato, e la integra prevedendo, al comma 4, che «[q]uando il magistrato di sorveglianza procede alla valutazione del provvedimento provvisorio di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena, i pareri e le informazioni acquisiti ai sensi dei commi 1 e 2 e i provvedimenti adottati allesito della valutazione sono trasmessi immediatamente al tribunale di sorveglianza, per unirli a quelli gi inviati ai sensi degli articoli 684, comma 2, del codice di procedura penale e 47-ter, comma 1-quater, della legge 26 luglio 1975, n. 354. Nel caso in cui il magistrato di sorveglianza abbia disposto la revoca della detenzione domiciliare o del differimento della pena adottati in via provvisoria, il tribunale di sorveglianza decide sullammissione alla detenzione domiciliare o sul differimento della pena entro trenta giorni dalla ricezione del provvedimento di revoca, anche in deroga al termine previsto dallarticolo 47, comma 4, della legge 26 luglio 1975, n. 354. Se la decisione del tribunale non interviene nel termine prescritto, il provvedimento di revoca perde efficacia;
che, secondo quando previsto ora dallart. 2-bis, comma 5, del d.l. 28 del 2020, come convertito nella legge n. 70 del 2020, la predetta disciplina applicabile a tutti i provvedimenti di revoca della detenzione domiciliare o del differimento della pena gi adottati dal magistrato di sorveglianza alla data di entrata in vigore della legge di conversione e a partire dal 23 febbraio 2020;
che pertanto, per effetto della legge di conversione, quando il magistrato di sorveglianza ha disposto in via provvisoria la revoca della detenzione domiciliare o del differimento della pena per motivi connessi allemergenza sanitaria da COVID-19, il tribunale di sorveglianza oggi tenuto a pronunciarsi sullistanza di scarcerazione entro il termine perentorio di trenta giorni dalla ricezione del predetto provvedimento di revoca, allesito di un procedimento disciplinato nelle forme dellincidente di esecuzione (art. 666 cod. proc. pen., richiamato dallart. 678, comma 1, cod. proc. pen.), e dunque di un procedimento in cui la difesa ha pieno accesso agli atti e ha la possibilit di interloquire in condizioni di parit nelludienza alluopo fissata;
che, in linea generale, questa Corte ha affermato che «non ogni nuova disposizione che modifichi, integri o comunque possa incidere su quella oggetto del giudizio incidentale di costituzionalit richiede una nuova valutazione della perdurante sussistenza dei presupposti di ammissibilit della questione e segnatamente della sua rilevanza e della non manifesta infondatezza dei dubbi di legittimit costituzionale espressi dal giudice rimettente, ben potendo questa Corte «ritenere essa stessa che la nuova disposizione non alteri affatto la norma censurata quanto alla parte oggetto delle censure di legittimit costituzionale, oppure che la modifichi in aspetti marginali o in misura non significativa, s che permangono le valutazioni del giudice rimettente in termini di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione (sentenza n. 125 del 2018);
che laddove invece «la nuova disposizione abbia un impatto maggiore in termini di incidenza sulla portata normativa della disposizione censurata, s da integrarla, modificarla o finanche abrogarla, in tutto o in parte, si impone la restituzione degli atti al giudice rimettente perch rivaluti i presupposti dellincidente di costituzionalit (ancora, sentenza n. 125 del 2018);
che, nella specie, levoluzione del quadro normativo prodottasi per effetto della legge di conversione lascia invero immutata la rilevanza della questione, stante il perdurante obbligo per il giudice a quo di perfezionare il procedimento di rivalutazione del provvedimento di concessione della detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi allemergenza sanitaria da COVID-19 adottato in data successiva al 23 febbraio 2020;
che, tuttavia, le modifiche alla disposizione censurata introdotte dalla legge n. 70 del 2020 mirano a una pi intensa tutela del diritto di difesa del condannato, cui ora garantita una piena partecipazione al procedimento avanti il tribunale di sorveglianza nel termine perentorio di trenta giorni decorrenti dal provvedimento di revoca;
che tali modifiche appaiono dunque orientate «nella stessa direzione dellordinanza di rimessione (sentenza n. 125 del 2018), con un effetto che potrebbe essere ritenuto suscettibile di ridimensionare, o al limite di emendare, i vizi denunciati dal rimettente;
che non pu che spettare al giudice rimettente la responsabilit di valutare in concreto lincidenza di tali modifiche in riferimento alla non manifesta infondatezza delle questioni di legittimit costituzionale sollevate (ex plurimis, ordinanze n. 182 del 2019 e n. 154 del 2018);
che, pertanto, deve essere disposta la restituzione degli atti al giudice a quo per un nuovo esame della non manifesta infondatezza delle questioni, alla luce del mutato quadro normativo determinatosi per effetto dello ius superveniens di cui alla legge n. 70 del 2020.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Magistrato di sorveglianza di Spoleto.
Cos deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 luglio 2020.
F.to:
Marta CARTABIA, Presidente
Francesco VIGAN, Redattore