ORDINANZA N. 220
ANNO 2019
Commento alla decisione di
I. Fabio Corvaja, La notifica a mezzo PEC nei giudizi in via d’azione: un’esclusione che non convince del tutto, per g.c. di Forum di Quaderni Costituzionali
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giorgio LATTANZI;
Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 2, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), promossi con una ordinanza del 31 agosto 2018 dal Tribunale ordinario di Catanzaro, con due ordinanze del 24 ottobre 2018 dal Giudice di pace di Benevento e con sei ordinanze del 5 novembre 2018 dal Giudice di pace di Barrafranca, rispettivamente iscritte ai numeri 21, 31, 32 e da 42 a 47, del registro ordinanze 2019 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 8, 10, 13 e 14, prima serie speciale, dell’anno 2019.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 25 settembre 2019 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio.
Ritenuto che il Tribunale ordinario di Catanzaro, con ordinanza del 31 agosto 2018, iscritta al n. 21 del reg. ord. 2019, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 2, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), in riferimento all’art. 24 della Costituzione, prospettando che:
− la norma è censurata nella parte in cui, nello stabilire che, per le controversie in materia di opposizione all’ingiunzione per il pagamento delle entrate patrimoniali degli enti pubblici di cui all’art. 3 del regio decreto 14 aprile 1910, n. 639 (Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato), «[è] competente il giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio che ha emesso, il provvedimento opposto», sancisce l’applicazione di tale regola anche nel caso in cui l’ingiunzione sia stata emessa dal soggetto cui è affidato il servizio di riscossione, e tale sede ricada in un circondario diverso da quello in cui ricade la sede dell’ente locale impositore/concedente;
− il rimettente è stato adito in sede di opposizione proposta ai sensi dell’art. 3 del r.d. n. 639 del 1910 e dell’art. 32 del d.lgs. n. 150 del 2011, avverso le ingiunzioni di pagamento notificate dal concessionario della riscossione del Comune di Squillace (sito nel circondario del Tribunale ordinario di Catanzaro);
− costituitisi in giudizio, sia la società concessionaria che il Comune di Squillace hanno eccepito, in via preliminare, l’incompetenza per territorio del Tribunale ordinario di Catanzaro, in favore di quella del Tribunale ordinario di Santa Maria Capua Vetere, nel cui circondario rientra il Comune di Piedimonte Matese, dove la società concessionaria della riscossione aveva la sede legale;
− pertanto, facendo applicazione della norma in questione, nonché dei princìpi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, il rimettente avrebbe dovuto dichiarare la propria incompetenza territoriale, in favore del Tribunale ordinario di Santa Maria Capua Vetere;
− ciò avrebbe determinato «quella condizione di sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione garantito dall’art. 24 della Costituzione o che comunque rende oltremodo difficoltosa la tutela giurisdizionale suscettibile di integrare la violazione del citato parametro costituzionale», come nella fattispecie oggetto della sentenza di questa Corte n. 44 del 2016;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o non fondata, anche in ragione della non sovrapponibilità della disciplina oggetto della citata sentenza n. 44 del 2016 a quella che regola la fattispecie in esame;
che il Giudice di pace di Benevento, con due ordinanze di analogo contenuto del 24 ottobre 2018, rispettivamente iscritte al n. 31 e al n. 32 del reg. ord. 2019, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 2, del d.lgs. n. 150 del 2011, in riferimento all’art. 24 Cost., prospettando argomentazioni analoghe a quelle esposte dal Tribunale ordinario di Catanzaro ed osservando quanto segue:
− era stato adito in sede di opposizione avverso le ingiunzioni di pagamento notificate dalla società concessionaria della riscossione del Comune di Paolisi;
− sussisteva la rilevanza della questione dovendo fare applicazione della norma censurata, con la conseguenza di dover dichiarare l’incompetenza per territorio del proprio ufficio (nella cui circoscrizione si trova l’ente locale concedente) in favore di quella del Giudice di pace di Frattamaggiore, dove si trovano sia la sede legale che l’ufficio della società concessionaria della riscossione;
che in entrambi i giudizi incidentali è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o non fondate;
che anche il Giudice di pace di Barrafranca, con sei ordinanze di analogo contenuto, del 5 novembre 2018, rispettivamente iscritte ai numeri da 42 a 47 del reg. ord. 2019, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 2, del d.lgs. n. 150 del 2011, in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 Cost., rappresentando quanto segue:
− di essere stato adito in sede di opposizione avverso le ingiunzioni di pagamento notificate dalla società concessionaria della riscossione del Comune di Barrafranca;
− la società concessionaria, costituitasi nei giudizi principali, aveva eccepito l’incompetenza per territorio del giudice adito, poiché l’ufficio che aveva emesso i provvedimenti opposti aveva sede nella circoscrizione del Giudice di pace di Mondovì;
− le questioni erano rilevanti e non manifestamente infondate, atteso che sussisteva una condizione di sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione, lesiva dei parametri costituzionali invocati;
che in tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o non fondate.
Considerato che i giudizi possono essere riuniti per la stretta connessione dell’oggetto delle questioni di legittimità costituzionale, tutte riferite all’art. 32, comma 2, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), nella parte in cui, nello stabilire che, per le controversie in materia di opposizione all’ingiunzione per il pagamento delle entrate patrimoniali degli enti pubblici, di cui all’art. 3 del regio decreto 14 aprile 1910, n. 639 (Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato), «[è] competente il giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento opposto», sancisce l’applicazione di tale regola anche nel caso in cui l’ingiunzione sia stata emessa dal soggetto cui è affidato il servizio di riscossione, e tale sede ricada in una circoscrizione diversa da quella in cui ricade la sede dell’ente locale impositore/concedente;
che, successivamente alle ordinanze di rimessione, questa Corte con la sentenza n. 158 del 2019 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 32, comma 2, del d.lgs. n. 150 del 2011, nella parte in cui, dopo le parole «È competente il giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento opposto», non prevede le parole «ovvero, nel caso di concessionario della riscossione delle entrate patrimoniali, del luogo in cui ha sede l’ente locale concedente»;
che in particolare la sentenza n. 158 del 2019 ha affermato che «[v]algono al riguardo i princìpi già enunciati nella sentenza n. 44 del 2016, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disciplina la quale prevede, per le entrate tributarie, che le controversie proposte nei confronti dei concessionari del servizio di riscossione, nonché quelle proposte nei confronti dei soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53 del d.lgs. n. 446 del 1997, sono devolute alla competenza della commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione i concessionari stessi e i suddetti soggetti hanno sede, anziché di quella nella cui circoscrizione ha sede l’ente locale concedente»;
che, pertanto, le questioni in esame devono essere dichiarate manifestamente inammissibili in quanto ormai prive di oggetto (ordinanze n. 69 del 2019, n. 190 del 2018 e n. 26 del 2016), atteso che, in ragione della intervenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale, è venuta meno la parziale carenza normativa che − secondo i rimettenti − determinava il denunciato contrasto con gli evocati parametri costituzionali.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 2, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), sollevate dal Tribunale ordinario di Catanzaro e dal Giudice di pace di Benevento, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, e dal Giudice di pace di Barrafranca, in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 Cost., con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 settembre 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 17 ottobre 2019.