SENTENZA N. 11
ANNO 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giorgio LATTANZI;
Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 55, comma 5, della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1 (Nuovo Statuto della Regione Lazio) e dell’art. 11, comma 2, della legge della Regione Lazio 3 settembre 2002, n. 30 (Ordinamento degli enti regionali operanti in materia di edilizia residenziale pubblica), promosso dal Tribunale ordinario di Viterbo, nel procedimento vertente tra U. G. e P. B., quale Commissario straordinario dell’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale di Viterbo, e altri, con ordinanza del 19 aprile 2017, iscritta al n. 77 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2018.
Udito nella camera di consiglio del 5 dicembre 2018 il Giudice relatore Giulio Prosperetti.
Ritenuto in fatto
1.– Il Tribunale ordinario di Viterbo, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 19 aprile 2017, trasmessa a questa Corte il 19 aprile 2018 e iscritta al reg. ord. n. 77 del 2018, ha sollevato, in riferimento all’art. 97 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 55, comma 5, della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1 (Nuovo Statuto della Regione Lazio), secondo cui «[g]li incarichi di direzione delle strutture di massima dimensione degli enti pubblici dipendenti sono conferiti dai rispettivi organi di amministrazione e cessano di diritto il novantesimo giorno successivo all’insediamento dei nuovi organi, salvo conferma da parte degli organi stessi», e dell’art. 11, comma 2, della legge della Regione Lazio 3 settembre 2002, n. 30 (Ordinamento degli enti regionali operanti in materia di edilizia residenziale pubblica), nella parte in cui stabilisce, al primo periodo, che «[l’]incarico di direttore generale è conferito a tempo determinato, per un periodo non superiore a cinque anni, rinnovabile, e ha termine, comunque, con la costituzione del nuovo consiglio di amministrazione».
Le questioni sono sorte nel giudizio relativo al ricorso proposto da U. G. nei confronti del Commissario straordinario dell’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale (ATER) di Viterbo che, con comunicazione del 29 gennaio 2015, aveva disposto la cessazione del ricorrente dall’incarico di direttore generale della stessa ATER. Nel procedimento principale si sono costituiti, chiedendo il rigetto del ricorso, il Commissario straordinario dell’ATER di Viterbo, la stessa ATER di Viterbo e, in qualità di terzo chiamato in causa, la Regione Lazio.
1.1.– Il giudice a quo ritiene, sotto il profilo della rilevanza della questione, che il previo accertamento della eventuale illegittimità delle norme sulla interruzione automatica del rapporto di lavoro costituisca necessario presupposto per la definizione del giudizio.
A suo avviso, infatti, la nomina del Commissario straordinario – in quanto disposta in sostituzione degli ordinari organi istituzionali e con attribuzione di corrispondenti poteri – dovrebbe essere senz’altro equiparata alla costituzione di un nuovo consiglio di amministrazione ai fini dell’applicabilità delle denunciate disposizioni normative.
1.2.– In ordine alla non manifesta infondatezza delle questioni, il rimettente richiama, riportandone nell’ordinanza numerosi passaggi, la sentenza di questa Corte n. 104 del 2007, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale, tra l’altro, dell’art. 55, comma 4, della stessa legge reg. Lazio n. 1 del 2004, nella parte in cui prevedeva la decadenza automatica dei direttori generali delle aziende sanitarie locali del Lazio il novantesimo giorno successivo alla prima seduta del Consiglio regionale.
Il giudice a quo rileva che, sebbene il commissariamento dell’ATER di Viterbo sia stato disposto allo scopo di «assicurare la continuità aziendale» e «consentire il riordino delle aziende», come previsto dalla legge della Regione Lazio 28 giugno 2013, n. 4 (Disposizioni urgenti di adeguamento all’articolo 2 del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, relativo alla riduzione dei costi della politica, nonché misure in materia di razionalizzazione, controlli e trasparenza dell’organizzazione degli uffici e servizi della Regione), le considerazioni formulate da questa Corte nella citata pronuncia inciderebbero anche sul «giudizio di legittimità delle disposizioni dello Statuto Regionale e della legge di riordino degli ATER alle quali Regione Lazio e Commissario Straordinario avevano inteso dare attuazione, pervenendo alla decadenza del Direttore Generale».
In particolare, il rimettente evidenzia che, ove «si abbia riguardo al principio di efficienza dell’amministrazione e quindi alla necessità di assicurare il corretto funzionamento, la regolarità e la continuità dell’azione amministrativa, anche sotto il profilo dell’osservanza delle garanzie accordate ai dirigenti, tali da escludere la possibilità di una loro cessazione anticipata dall’incarico a prescindere da una loro valutazione riguardo ai risultati conseguiti e dall’osservanza del giusto procedimento, occorre allora dubitare della legittimità costituzionale delle norme che ne prevedano la decadenza automatica».
Il giudice a quo sottolinea come, su temi analoghi, la giurisprudenza della Corte di cassazione, dopo aver ritenuto compatibili con i principi costituzionali di imparzialità e buon andamento le fattispecie di estinzione automatica del rapporto di lavoro del direttore tecnico scientifico e del direttore amministrativo dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, abbia, in tempi più recenti, dubitato della legittimità costituzionale delle relative previsioni.
In proposito, il rimettente richiama gli argomenti espressi nell’ordinanza di rimessione della Corte di cassazione, sezione lavoro, 15 luglio 2016, iscritta al n. 248 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno 2016, che aveva sollevato, in riferimento all’art. 97 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 6, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 3 marzo 1998, n. 6 (Istituzione dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente - A.R.P.A.), ritenendo che la norma censurata, laddove prevede che il direttore tecnico-scientifico e amministrativo dell’ARPA cessano dall’incarico entro tre mesi dalla data di nomina del nuovo direttore generale, istituisca un meccanismo di decadenza automatica e generalizzata dalle funzioni dirigenziali, lesivo, come tale, del principio di buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost.
1.3.– Ciò posto, il giudice a quo ritiene che anche l’art. 55, comma 5, della legge reg. Lazio n. 1 del 2004 e l’art. 11, comma 2, della legge reg. Lazio n. 30 del 2002 stabiliscano ipotesi di decadenza automatica dagli incarichi direttivi contemplati, con conseguente violazione dell’art. 97 Cost. Evidenzia, peraltro, l’impossibilità di pervenire ad una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme in questione, se non attraverso una inammissibile operazione di integrazione del dettato normativo da parte del giudice.
2.– Le parti del giudizio principale non si sono costituite nel giudizio di costituzionalità.
Considerato in diritto
1.– Il Tribunale ordinario di Viterbo, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 19 aprile 2017, trasmessa a questa Corte il 19 aprile 2018 e iscritta al reg. ord. n. 77 del 2018, ha sollevato, in riferimento all’art. 97 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale, dell’art. 55, comma 5, della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1 (Nuovo Statuto della Regione Lazio), secondo cui «[g]li incarichi di direzione delle strutture di massima dimensione degli enti pubblici dipendenti sono conferiti dai rispettivi organi di amministrazione e cessano di diritto il novantesimo giorno successivo all’insediamento dei nuovi organi, salvo conferma da parte degli organi stessi», e dell’art. 11, comma 2, della legge della Regione Lazio 3 settembre 2002, n. 30 (Ordinamento degli enti regionali operanti in materia di edilizia residenziale pubblica), nella parte in cui stabilisce, nel primo periodo, che «[l’]incarico di direttore generale è conferito a tempo determinato, per un periodo non superiore a cinque anni, rinnovabile, e ha termine, comunque, con la costituzione del nuovo consiglio di amministrazione».
2.– La questione è inammissibile.
Con deliberazione 3 luglio 2013, n. 165, la Giunta regionale del Lazio, preso atto della decadenza degli organi istituzionali delle Aziende territoriali per l’edilizia residenziale (ATER) del Lazio avvenuta il 23 giugno 2013, in applicazione di quanto disposto dalla legge della Regione Lazio 28 giugno 2013, n. 4 (Disposizioni urgenti di adeguamento all’articolo 2 del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, relativo alla riduzione dei costi della politica, nonché misure in materia di razionalizzazione, controlli e trasparenza dell’organizzazione degli uffici e dei servizi della Regione) e, in particolare, dal suo art. 22, che prevede la ricognizione e il riordino degli enti e la riduzione del numero dei componenti degli organi, nelle more della riforma della disciplina regionale di cui alla legge reg. Lazio n. 30 del 2002, ha ritenuto di procedere al commissariamento straordinario di tutte le ATER della Regione Lazio, disponendo che i commissari straordinari rimanessero in carica fino alla data di insediamento dei rispettivi organi di amministrazione.
Successivamente, con nota del 19 gennaio 2015, prot. n. 27633, il Direttore regionale delle infrastrutture, ambiente e politiche abitative e il Direttore regionale risorse umane e sistemi informativi invitavano i commissari straordinari delle ATER del Lazio a disporre con urgenza gli atti relativi alla nomina di nuovi direttori generali. In ottemperanza a tale nota, il Commissario straordinario della ATER di Viterbo, ancorché nominato già dal 31 luglio 2013 fino al 30 settembre 2014 e successivamente prorogato, ha revocato, in data 29 gennaio 2015, il direttore generale dell’ente, sul presupposto di dover appunto applicare l’art. 11, comma 2, della legge reg. Lazio n. 30 del 2002.
Tali disposizioni non contemplano, però, l’ipotesi di una cessazione di diritto del direttore generale in caso di commissariamento dell’ATER, limitandosi a prevedere che tale decadenza automatica operi solo nell’ipotesi di costituzione di un nuovo consiglio di amministrazione.
3.– L’ordinanza di rimessione muove dall’indimostrato presupposto interpretativo, quello dell’equivalenza, ai fini dell’applicazione nel caso concreto dell’art. 55, comma 5, della legge reg. Lazio n. 1 del 2004 e dell’art. 11, comma 2, della legge reg. Lazio n. 30 del 2002, della posizione del commissario straordinario, la cui nomina è stata disposta dalla legge in funzione del riordino degli enti regionali e della riduzione del numero dei componenti degli organi ordinari, rispetto a quella di un nuovo consiglio di amministrazione.
La ritenuta equivalenza della nomina di un commissario straordinario con quella di un nuovo consiglio di amministrazione costituisce il presupposto non motivato su cui si fonda l’ordinanza di rimessione, la quale non tiene conto dei poteri inerenti alla specifica missione riorganizzativa, limitata anche nel tempo, attribuita dalla legge alla figura del commissario straordinario.
La carenza di motivazione in ordine alla pretesa assimilazione della figura del commissario dell’ente con quella di un ordinario organo di amministrazione qual è, appunto, il consiglio di amministrazione dell’ATER, mina irrimediabilmente l’iter argomentativo che è alla base della valutazione di rilevanza della questione sollevata e ne determina la conseguente inammissibilità.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 55, comma 5, della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1 (Nuovo Statuto della Regione Lazio), e dell’art. 11, comma 2, della legge della Regione Lazio 3 settembre 2002, n. 30 (Ordinamento degli enti regionali operanti in materia di edilizia residenziale pubblica), sollevate, in riferimento all’art. 97 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Viterbo, in funzione di giudice del lavoro, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 dicembre 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Giulio PROSPERETTI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 25 gennaio 2019.