SENTENZA N. 249
ANNO 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giorgio LATTANZI Presidente
- Aldo CAROSI Giudice
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
- Giovanni AMOROSO ”
- Francesco VIGANÒ ”
- Luca ANTONINI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettera b), e 2 della legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2017, n. 33, recante «Evoluzione del Sistema Socio-Sanitario Lombardo: modifiche al Titolo III “Disciplina dei rapporti tra la Regione e le Università della Lombardia con facoltà di medicina e chirurgia per lo svolgimento di attività assistenziali, formative e di ricerca” della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 13-15 febbraio 2018, depositato in cancelleria il 15 febbraio 2018, iscritto al n. 12 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2018.
Visto l’atto di costituzione della Regione Lombardia;
udito nell’udienza pubblica del 4 dicembre 2018 il Giudice relatore Giuliano Amato;
uditi l’avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Pio Dario Vivone per la Regione Lombardia.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso spedito per la notificazione il 13 febbraio 2018 e successivamente depositato il 15 febbraio 2018 (reg. ric. n. 12 del 2018) il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato ha promosso, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettera b) – nella parte in cui sostituisce gli artt. 33, comma 3, e 34, comma 2, lettera c), della legge della Regione Lombardia 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità) – e 2 della legge della stessa Regione 12 dicembre 2017, n. 33, recante «Evoluzione del Sistema Socio-Sanitario Lombardo: modifiche al Titolo III “Disciplina dei rapporti tra la Regione e le Università della Lombardia con facoltà di medicina e chirurgia per lo svolgimento di attività assistenziali, formative e di ricerca” della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità)».
1.1.– In primo luogo, la parte ricorrente censura la nuova formulazione dell’art. 33, comma 3, della legge reg. Lombardia n. 33 del 2009. Ivi si stabilisce che «qualora particolari esigenze formative connesse a specialità diverse da quella oggetto della scuola non possono essere soddisfatte nell’ambito delle strutture di sede e delle strutture collegate della rete formativa della stessa scuola, è consentito coinvolgere ulteriori strutture di supporto, purché in coerenza con il modello di rete di cui al presente Titolo».
Tale disposizione regionale contrasterebbe con quanto previsto dal decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, adottato di concerto con il Ministro della salute, 13 giugno 2017, n. 402, recante gli standard, i requisiti e gli indicatori di attività formativa e assistenziale delle scuole di specializzazione di area sanitaria, in attuazione dell’art. 20, comma 3-bis, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 (Attuazione della direttiva 93/16/CE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CE). In particolare, all’allegato 1 del decreto interministeriale n. 402 del 2017 si prevede che l’ateneo presso cui insiste la scuola di specializzazione possa avvalersi di strutture di supporto pubbliche o private (dette «strutture complementari»), accreditate e contrattualizzate con il Servizio sanitario nazionale, mediante specifiche convenzioni, quando sia necessario utilizzare servizi, attività, laboratori o altro non presenti nella struttura di sede o nelle strutture collegate.
La disposizione regionale in esame, omettendo di prevedere il ricorso a specifiche convenzioni con strutture di supporto obbligatoriamente accreditate e contrattualizzate con il Servizio sanitario nazionale, non garantirebbe lo standard formativo richiesto dalla disciplina statale per l’area sanitaria, in violazione dei principi fondamentali in materia di «tutela della salute» ex dell’art. 117, terzo comma, Cost.
1.2.– In secondo luogo, secondo la difesa statale, sarebbe illegittimo l’art. 1, comma 1, lettera b), della legge reg. Lombardia n. 33 del 2017, nella parte in cui sostituisce il comma 2, lettera c), dell’art. 34 della legge reg. Lombardia n. 33 del 2009, attribuendo al medico in formazione specialistica la possibilità di svolgere «autonomamente specifici compiti che gli sono stati affidati, fermo restando che il tutor deve essere sempre disponibile per la consultazione e l’eventuale tempestivo intervento».
La disposizione impugnata lederebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione ai principi fondamentali in materia di «professioni» e di «tutela della salute», a cui dovrebbe essere ricondotta la disciplina della formazione dei medici specializzandi (viene richiamata la sentenza n. 126 del 2014).
Nel dettaglio, sussisterebbe un contrasto con l’art. 38, comma 3, del d.lgs. n. 368 del 1999, secondo cui «[l]a formazione del medico specialista implica la partecipazione guidata alla totalità delle attività mediche dell’unità operativa presso la quale è assegnato dal Consiglio della scuola, nonché la graduale assunzione di compiti assistenziali e l’esecuzione di interventi con autonomia vincolate alle direttive ricevute dal tutore, di intesa con la direzione sanitaria e con dirigenti responsabili delle strutture delle aziende sanitarie presso cui si svolge la formazione. In nessun caso l’attività del medico in formazione specialistica è sostitutiva del personale di ruolo». La disposizione impugnata, prevedendo che il medico in formazione specialistica possa svolgere un’attività autonoma senza essere vincolato alle direttive ricevute dal tutor, non garantirebbe lo standard formativo richiesto dalla disciplina statale, rischiando di pregiudicare la qualità dell’assistenza sanitaria. Il che comporterebbe la lesione anche dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), secondo cui il Servizio sanitario nazionale assicura i livelli essenziali e uniformi di assistenza nel rispetto, tra l’altro, del principio della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze.
1.3.– Da ultimo, è impugnato l’art. 2 della legge reg. Lombardia n. 33 del 2017, che stabilisce un periodo sperimentale di cinque anni della disciplina introdotta dalla stessa legge, al termine del quale la Regione, in collaborazione con il Ministero della salute e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (da qui: MIUR), valuta i risultati della sperimentazione. La Regione, inoltre, in collaborazione con il Ministero della salute, effettua una verifica al termine del primo triennio di sperimentazione, al fine di individuare eventuali interventi correttivi.
La disposizione regionale, nel prevedere il coinvolgimento del MIUR soltanto nella valutazione finale del quinquennio di sperimentazione, contrasterebbe con il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., nonché con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Cost., poiché entrambi i Ministeri (Ministero della salute e MIUR) sarebbero responsabili della qualità della formazione degli specializzandi.
2.– Con atto depositato il 9 marzo 2018 si è costituita in giudizio la Regione Lombardia, chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate.
2.1.– Premette la parte resistente che la prima disciplina organica della formazione specialistica dei medici sarebbe stata fornita dal decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, intitolato «Attuazione della direttiva n. 82/76/CEE del Consiglio del 26 gennaio 1982, recante modifica di precedenti direttive in tema di formazione dei medici specialisti, a norma dell’art. 6 della legge 29 dicembre 1990, n. 428 (Legge comunitaria 1990)», abrogato dal d.lgs. n. 368 del 1999, che ne avrebbe però mutuato «gran parte dei principi e contenuti».
La disciplina del d.lgs. n. 257 del 1991 sarebbe stata caratterizzata dalla previsione del necessario graduale esercizio di ogni aspetto dell’attività specialistica da parte del medico specializzando, al fine di raggiungere un’autonomia decisionale e operativa, anche attraverso l’impiego in attività istituzionali di tipo diagnostico e terapeutico. Il dovere di presenza del tutor sarebbe stato declinato in termini non necessariamente fisici, ma di relazione e confronto, tra il formatore, il formato e la scuola, così da promuovere l’attitudine dello specializzando ad assumere progressivamente compiti e iniziative tali da qualificare il suo ruolo in termini non meramente esecutivi.
La giurisprudenza «anche penale e costituzionale» avrebbe definito tale autonomia come «autonomia vincolata», per precisare che lo specializzando resta sempre vincolato alle direttive del tutore, senza che ciò, però, possa compromettere l’autonoma dignità e capacità professionale, nonché le responsabilità, di un soggetto che è pur sempre un medico pienamente abilitato alle funzioni connesse alla professione.
Il d.lgs. n. 368 del 1999 non avrebbe stravolto l’impianto della precedente normativa. L’art. 20, comma 1, lettera e), del citato decreto, infatti, subordina il diploma di medico chirurgo specialista anche alla partecipazione personale dello specializzando «alle attività e alle responsabilità proprie della disciplina» (si richiama sul punto Cassazione penale, sezione quarta, sentenza 10 luglio 2008, n. 32424). L’art. 38, comma 3, inoltre, precisa che la formazione del medico specialista implica anche la graduale assunzione di compiti assistenziali e l’esecuzione di interventi con autonomia, vincolati alle direttive ricevute dal tutore, d’intesa con la direzione sanitaria e con i dirigenti responsabili delle strutture delle aziende sanitarie presso cui si svolge la formazione. E al successivo comma 4 si prevede che «[i] tempi e le modalità di svolgimento dei compiti assistenziali nonché la tipologia degli interventi che il medico in formazione specialistica deve eseguire sono concordati dal Consiglio della scuola con la direzione sanitaria e con i dirigenti responsabili delle strutture delle aziende sanitarie presso le quali lo stesso svolge la formazione […]».
La disciplina legislativa ha poi trovato attuazione nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 luglio 2007, con cui si è definito lo schema-tipo di contratto di formazione specialistica, e nel decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, adottato di concerto con il Ministro della salute, 4 febbraio 2015, n. 68, che ha provveduto al riordino delle scuole di specializzazione di area sanitaria. Il decreto interministeriale n. 402 del 2017, infine, ha individuato gli standard, i requisiti e gli indicatori dell’attività formativa e assistenziale delle scuole di specializzazione di area sanitaria, in attuazione dell’art. 20 del d.lgs. n. 368 del 1999.
Tali disposizioni di attuazione avrebbero rafforzato l’ambito di autonomia riconosciuto allo specializzando inserito nella rete formativa, lasciando, inoltre, uno spazio d’intervento per il legislatore regionale (come avrebbe riconosciuto anche questa Corte nella sentenza n. 126 del 2014).
2.2.– Ciò premesso, secondo la difesa regionale le censure relative all’art. 33, comma 3, della legge reg. Lombardia n. 33 del 2009, come sostituito dall’art. 1, comma 1, lettera b), della legge reg. Lombardia n. 33 del 2017, si fonderebbero sull’assunto che la disposizione impugnata consenta l’avvalimento complementare di strutture non accreditate e contrattualizzate con il Servizio sanitario nazionale e che si possa prescindere da una convenzione.
Tale assunto sarebbe, tuttavia, erroneo. La norma impugnata, infatti, consentirebbe di «coinvolgere ulteriori strutture di supporto», ma «purché in coerenza con il modello di rete di cui al presente Titolo»; rete che, come precisato dal comma 3 dell’art. 28 della reg. Lombardia n. 33 del 2009, comprenderebbe le strutture delle aziende socio-sanitarie territoriali, degli ospedali, degli erogatori privati accreditati, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e degli erogatori sociosanitari pubblici, nonché delle università lombarde sedi di facoltà di medicina e chirurgia. La rete formativa, inoltre, ai sensi del comma 2 dell’art. 33 dovrebbe essere in possesso degli standard generali e specifici relativi alle capacità strutturali, tecnologiche, organizzative e assistenziali previste dalla normativa nazionale e regionale.
Verrebbe richiamato, dunque, l’intero assetto organizzativo necessario proprio per l’accreditamento e la contrattualizzazione delle strutture con il Servizio sanitario nazionale, mentre la necessità di una specifica convenzione sarebbe un adempimento talmente ovvio da non richiedere una previsione espressa.
2.3.– Riguardo alla questione relativa all’art 34, comma 2, lettera c), della legge reg. Lombardia n. 33 del 2009, come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera b), della legge reg. Lombardia n. 33 del 2017, secondo la difesa regionale sarebbe evidente il totale fraintendimento della norma da parte del Governo.
La disposizione impugnata, infatti, non prescinderebbe affatto dalle direttive del formatore e neppure determinerebbe una piena autonomia dello specializzando, atteso che lo stesso potrebbe svolgere autonomamente solo quegli «specifici compiti che gli sono stati affidati», evidentemente dal tutore e dalla scuola, come chiarito al successivo comma 3 dell’art. 34.
Sarebbe pacifico nella normativa di settore, inoltre, l’obbligo del sistema formativo di garantire allo specializzando la progressiva acquisizione di capacità professionali tali da consentirgli di affrontare e di risolvere in sicurezza e autonomia i problemi clinici che competono alla specialità. Le attività clinico-assistenziali concernenti la formazione specialistica, infatti, apparterrebbero a due differenti categorie: quelle in collaborazione guidata, per le quali sarebbe indispensabile il controllo diretto del formatore, e quelle in autonomia vincolata dalle direttive del formatore, che dovrebbe comunque e sempre essere disponibile per la consultazione o per un tempestivo intervento.
La valutazione su quali attività siano gestibili in autonomia dallo specializzando, senza la necessità di un suo controllo diretto (risultando sufficienti le direttive), non potrebbe che spettare al formatore. Per tale ragione, la legge regionale impugnata prevede che l’autonoma attività venga esercitata dallo specializzando solo per i casi specificamente assegnati (e dunque sulla base delle necessarie direttive).
Spostata l’attenzione dallo specializzando al formatore, quindi, emergerebbe ancor di più l’infondatezza del ricorso.
2.4.– Da ultimo, in riferimento all’art. 2 della legge reg. Lombardia n. 33 del 2017, la mancata previsione di un coinvolgimento del MIUR nella valutazione del triennio di sperimentazione sarebbe un mero refuso, tra l’altro neppure astrattamente idoneo a impedire allo stesso di valutare i risultati anche dopo la fine del triennio. Refuso che secondo la difesa regionale sarebbe stato già chiarito in sede di controdeduzioni alle osservazioni formulate dagli uffici ministeriali.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettera b) – nella parte in cui sostituisce gli artt. 33, comma 3, e 34, comma 2, lettera c), della legge della Regione Lombardia 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità) – e 2 della legge della stessa Regione 12 dicembre 2017, n. 33, recante «Evoluzione del Sistema Socio-Sanitario Lombardo: modifiche al Titolo III “Disciplina dei rapporti tra la Regione e le Università della Lombardia con facoltà di medicina e chirurgia per lo svolgimento di attività assistenziali, formative e di ricerca” della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità)».
2.– La difesa statale, in primo luogo, censura l’art. 1, comma 1, lettera b), della legge della Reg. Lombardia n. 33 del 2017, nella parte in cui sostituisce l’art. 33, comma 3, della legge reg. Lombardia n. 33 del 2009, perché in contrasto con il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, adottato di concerto con il Ministro della salute, 13 giugno 2017, n. 402, attuativo dell’art. 20, comma 3-bis, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 (Attuazione della direttiva 93/16/CE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CE).
2.1.– Tale decreto consente alla scuola di specializzazione di avvalersi di strutture di supporto pubbliche o private di specialità diversa da quella di sede, dette «strutture complementari», solo attraverso specifiche convenzioni e purché si tratti di strutture accreditate e contrattualizzate con il Servizio sanitario nazionale. Queste condizioni non sarebbero richiamate dalla disposizione impugnata, che non garantirebbe così lo standard formativo richiesto dalla disciplina statale per l’area sanitaria, in violazione dei principi fondamentali della legislazione statale in materia di «tutela della salute» ex art. 117, terzo comma, Cost.
3.– La parte ricorrente, in secondo luogo, impugna la nuova formulazione dell’art. 34, comma 2, lettera c), della legge della Reg. Lombardia n. 33 del 2009, anch’essa introdotta dall’art. 1, comma 1, lettera b), della legge della Reg. Lombardia n. 33 del 2017, secondo cui allo specializzando è consentito svolgere «autonomamente specifici compiti che gli sono stati affidati, fermo restando che il tutor deve essere sempre disponibile per la consultazione e l’eventuale tempestivo intervento».
3.1.– La disposizione regionale, consentendo al medico in formazione specialistica di svolgere la propria attività autonomamente e limitando l’intervento del tutor a un’eventuale consultazione o a un tempestivo intervento, contrasterebbe con l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione ai principi fondamentali della legislazione statale in materia di «tutela della salute» e di «professioni». In particolare, sarebbe violato l’art. 38, comma 3, del d.lgs. n. 368 del 1999, ove si stabilisce che la graduale assunzione di compiti assistenziali e l’esecuzione di interventi con autonomia da parte dello specializzando – concordati, ai sensi del comma 4, dal consiglio della scuola con la direzione sanitaria e con i dirigenti responsabili delle strutture delle aziende sanitarie presso le quali lo stesso svolge la formazione – siano vincolate alle direttive ricevute dal tutor e comunque non sostitutive del personale del ruolo; inoltre, verrebbe leso anche l’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), secondo cui il Servizio sanitario nazionale assicura i livelli essenziali e uniformi di assistenza nel rispetto, tra l’altro, del principio della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze.
4.– Da ultimo, viene censurato l’art. 2 della legge Reg. Lombardia n. 33 del 2017, che stabilisce un periodo sperimentale di cinque anni per la disciplina introdotta dalla stessa legge, al termine del quale la Regione, in collaborazione con il Ministero della salute e il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca (da qui: MIUR), valuta i risultati della sperimentazione, mentre, in collaborazione con il solo Ministero della salute, una prima verifica è effettuata al termine del primo triennio di sperimentazione, al fine di individuare eventuali interventi correttivi.
4.1.– La disposizione impugnata violerebbe il principio di ragionevolezza e il principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 Cost., in quanto non vi sarebbe il coinvolgimento del MIUR al termine del primo triennio di sperimentazione, pur essendo tale Ministero, al pari del Ministero della salute, responsabile della qualità della formazione degli specializzandi.
5.– La questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 1, comma 1, lettera b), della legge reg. Lombardia n. 33 del 2017, nella parte in cui sostituisce l’art. 33, comma 3, della legge reg. Lombardia n. 33 del 2009, non è fondata.
5.1.– La disposizione impugnata interviene nell’ambito dell’organizzazione delle scuole di specializzazione, in particolare riguardo ai rapporti con il Servizio sanitario nazionale, disciplinando dunque aspetti riconducibili alla materia della «tutela della salute». Essa va inquadrata nell’ambito della disciplina in cui s’inserisce.
L’art. 33, commi 1 e 2, dalla legge reg. Lombardia n. 33 del 2009 stabilisce che ciascuna scuola di specializzazione deve fondarsi su una rete formativa composta di strutture universitarie e di strutture del servizio sociosanitario regionale, le quali devono possedere gli standard generali e specifici relativi alle capacità strutturali, tecnologiche, organizzative e assistenziali previste dalla normativa nazionale e regionale. Ed è il precedente art. 28 a delineare la rete dell’assistenza, della didattica, della formazione e della ricerca, comprendendo in essa le aziende sanitarie e ospedaliere, le strutture private accreditate, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, gli erogatori sociosanitari pubblici e le università della Lombardia ove sia presente la facoltà di medicina e chirurgia (comma 3).
Deve ritenersi, pertanto, che la necessaria coerenza con il modello di rete disciplinato dalla legge reg. Lombardia n. 33 del 2009, che richiama proprio i soggetti del Servizio sanitario regionale, unita al rinvio alla normativa nazionale vigente, facciano sì che la disposizione regionale non escluda quanto previsto dalla normativa statale riguardo alla necessità di coinvolgere solo le strutture accreditate e contrattualizzate con il Servizio sanitario nazionale.
Alle medesime conclusioni può giungersi anche per la necessità di un’apposita convenzione tra la scuola di specializzazione e le strutture complementari. Il ricorso alla convenzione costituisce lo strumento che normalmente regola i rapporti tra l’università e i soggetti erogatori del Servizio sanitario nazionale, in attuazione dei relativi protocolli d’intesa con la Regione. La qual cosa, non a caso, trova conferma nell’art. 29, comma 3, della legge reg. Lombardia n. 33 del 2009.
Ne deriva, quindi, che una ricostruzione sistematica della disciplina regionale consente di escludere che la stessa si discosti dai principi indicati dal d.lgs. n. 368 del 1999, attuati dal decreto interministeriale n. 402 del 2017.
6.– La questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 1, comma 1, lettera b), della legge reg. Lombardia n. 33 del 2017, nella parte in cui modifica l’art. 34, comma 2, lettera c), della legge reg. Lombardia n. 33 del 2009, non è fondata.
6.1.– La disposizione impugnata interviene a regolare taluni aspetti concernenti le attività di formazione specialistica dei medici, la cui disciplina è stata ricondotta da questa Corte in via prevalente alle materie delle «professioni» e della «tutela della salute» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. (sentenza n. 126 del 2014). Dalla formazione del medico specializzando, infatti, dipendono tanto l’esercizio della professione, quanto la qualità delle prestazioni rese all’utenza.
La disciplina statale prefigura una progressiva autonomia operativa del medico in formazione, con la possibilità di eseguire interventi assistenziali, purché ciò avvenga con gradualità, in coerenza con il percorso formativo e comunque con la supervisione di un medico strutturato, preferibilmente il tutore (cosiddetta “autonomia vincolata”). D’altronde, pur volendo ritenere che non sia sempre necessaria la costante presenza fisica del tutor o di un medico di ruolo in ciascuna attività dello specializzando (cosa che neppure la legislazione statale prevede), l’autonomia di quest’ultimo non potrebbe comunque mai prescindere dalle direttive del tutore.
In altri termini, l’art. 38, comma 3, del d.lgs. n. 368 del 1999 coniuga due principi: il principio dell’insostituibilità del personale strutturato da parte dello specializzando e quello della sua graduale assunzione di responsabilità e autonomia operativa. Tali principi hanno trovato applicazione nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 luglio 2007, che ha definito lo schema-tipo del contratto di formazione specialistica, rinviando, per quanto non espressamente previsto, alle specifiche disposizioni regionali in materia, quando compatibili con la normativa statale vigente e con lo stesso contratto. Residua, dunque, uno spazio d’intervento per il legislatore regionale, come già riconosciuto da questa Corte (sentenza n. 126 del 2014).
6.2.– Ciò precisato, la nuova formulazione dell’art. 34, comma 2, lettera c), della legge reg. Lombardia n. 33 del 2009 può essere interpretata in senso conforme alla legislazione statale di principio.
La disposizione impugnata, infatti, prevedendo che il medico specializzando possa svolgere autonomamente specifici compiti che gli sono stati affidati, fa leva su un atto del tutor, l’affidamento, che nel contesto della formazione non può non essere accompagnato dalle direttive dello stesso tutor. Si tenga anche conto che il comma 3 dell’art. 34, in coerenza con l’art. 38, comma 4, del d.lgs. n. 368 del 1999, stabilisce che l’assunzione di compiti assistenziali e la connessa progressiva attribuzione di responsabilità sono oggetto d’indirizzo e di valutazione da parte del consiglio della scuola, considerate le proposte definite d’intesa tra i medici in formazione specialistica, i tutor individuali e i responsabili delle unità operative nelle quali si svolge la formazione.
Le attività in questione, dunque, all’interno della cornice di limitata autonomia che la stessa legislazione statale riconosce allo specializzando, non possono prescindere dalle direttive del formatore, alla cui valutazione spetta la decisione sul quantum di autonomia dello specializzando. Inoltre, la formulazione della disposizione impugnata è tale da impedire che allo specializzando possano essere affidate responsabilità senza la disponibilità del personale medico strutturato. Anzi, tale formulazione precisa che è il tutor a dover essere sempre disponibile per la consultazione e l’eventuale tempestivo intervento, secondo un’impostazione assai rigorosa in materia. Essa richiede infatti la necessaria pronta disponibilità e idoneità al tempestivo intervento dello stesso tutor e non di altri.
7.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge reg. Lombardia n. 33 del 2017 è fondata.
7.1.– Come affermato dalla stessa difesa regionale e come emerge dall’interlocuzione tra la Regione e il Ministro degli affari regionali, l’omessa indicazione del coinvolgimento del MIUR nella valutazione intermedia (dopo tre anni) della sperimentazione costituirebbe un mero refuso. Tale refuso, tuttavia, non è stato oggetto di alcun intervento correttivo da parte del legislatore regionale.
Dunque, sebbene il MIUR possa comunque essere coinvolto in virtù delle proprie competenze in materia, la mancata menzione dello stesso, proprio in quanto oggetto di un refuso, comporta un’evidente irragionevolezza della disposizione regionale impugnata. In tal modo, infatti, permane nella formulazione letterale della disposizione un elemento certo, pur se involontario, d’irrazionalità e di contraddittorietà, che determina un’incoerenza sicuramente lesiva della Costituzione (sentenza n. 185 del 1992), non rinvenendosi alcuna giustificazione nel distinguere il ruolo dei due ministeri competenti a seconda della fase della valutazione.
Pertanto, l’art. 2 della legge reg. Lombardia n. 33 del 2017 deve ritenersi illegittimo per violazione dell’art. 3 Cost., con assorbimento di ogni ulteriore profilo, nella parte in cui non prevede che la verifica al termine del primo triennio di sperimentazione sia effettuata dalla Regione anche in collaborazione con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2017, n. 33, recante «Evoluzione del Sistema Socio-Sanitario Lombardo: modifiche al Titolo III “Disciplina dei rapporti tra la Regione e le Università della Lombardia con facoltà di medicina e chirurgia per lo svolgimento di attività assistenziali, formative e di ricerca” della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità)», nella parte in cui non prevede che la Regione effettua una prima verifica al termine del primo triennio di sperimentazione, al fine di individuare eventuali interventi correttivi, anche in collaborazione con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;
2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera b), della legge reg. Lombardia n. 33 del 2017, nella parte in cui sostituisce l’art. 33, comma 3, della legge della Regione Lombardia 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità), promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera b), della legge reg. Lombardia n. 33 del 2017, nella parte in cui modifica l’art. 34, comma 2, lettera c), della legge reg. Lombardia n. 33 del 2009, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 dicembre 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Filomena PERRONE, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 dicembre 2018.