SENTENZA N. 106
ANNO 2018
Commenti alla decisione di
I. Alessia Tranfo, Un profilo del diritto all’abitazione: l’edilizia residenziale pubblica per gli stranieri (osservazioni a margine della sent. n. 106/2018 della Corte costituzionale), in questa , Studi 2018/II, 453
II. Diletta Tega, Le politiche xenofobe continuano a essere incostituzionali, per g.c. di Diritti Regionali
III. Cecilia Corsi, La trilogia della Corte costituzionale: ancora sui requisiti di lungo-residenza per l’accesso alle prestazioni sociali, per g.c. del Foro di Quaderni Costituzionali
IV. Michele Belletti, La Corte costituzionale torna, in tre occasioni ravvicinate, sul requisito del radicamento territoriale per accedere ai servizi sociali. Un tentativo di delineare un quadro organico della giurisprudenza in argomento , per g.c. del Foro di Quaderni Costituzionali
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giorgio LATTANZI Presidente
- Aldo CAROSI Giudice
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
- Giovanni AMOROSO ”
- Francesco VIGANÒ ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge della Regione Liguria 6 giugno 2017, n. 13, recante «Modifiche alla legge regionale 29 giugno 2004, n. 10 (Norme per l’assegnazione e la gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica e modifiche alla legge regionale 12 marzo 1998, n. 9 (Nuovo ordinamento degli enti operanti nel settore dell’edilizia pubblica e riordino delle attività di servizio all’edilizia residenziale ed ai lavori pubblici)) e alla legge regionale 3 dicembre 2007, n. 38 (Organizzazione dell’intervento regionale nel settore abitativo)», promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 3-7 agosto 2017, depositato in cancelleria l’8 agosto 2017, iscritto al n. 55 del registro ricorsi 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2017
Visto l’atto di costituzione della Regione Liguria;
udito nell’udienza pubblica del 10 aprile 2018 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;
uditi l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Barbara Baroli per la Regione Liguria.
Ritenuto in fatto
1.− Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha proposto, con il ricorso in epigrafe, questione di legittimità costituzionale, in via principale, dell’art. 4, comma 1, della legge della Regione Liguria 6 giugno 2017, n. 13, recante «Modifiche alla legge regionale 29 giugno 2004, n. 10 (Norme per l’assegnazione e la gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica e modifiche alla legge regionale 12 marzo 1998, n. 9 (Nuovo ordinamento degli enti operanti nel settore dell’edilizia pubblica e riordino delle attività di servizio all’edilizia residenziale ed ai lavori pubblici)) e alla legge regionale 3 dicembre 2007, n. 38 (Organizzazione dell’intervento regionale nel settore abitativo)», che modifica l’art. 5, comma 1, lettera a), della predetta legge regionale n. 10 del 2004, introducendo il requisito temporale della regolare residenza «da almeno dieci anni consecutivi, al fine dell’accesso all’edilizia residenziale pubblica», da parte di cittadini di paesi extracomunitari.
1.1.– La disposizione regionale oggetto della modifica in questione prevedeva, tra le condizioni per partecipare all’assegnazione di alloggi di edilizia pubblica, quella «di stranieri titolari di carta di soggiorno o di stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale che esercitano una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo».
L’impugnato art. 4, comma 1, della legge n. 13 del 2017 stabilisce, ora che, nel testo di quella precedente disposizione, «le parole da: “titolari di carta di soggiorno” a “lavoro autonomo”, sono sostituite dalle seguenti: “regolarmente residenti da almeno dieci anni consecutivi nel territorio nazionale in regola con la normativa statale in materia di immigrazione”».
1.2.– In tale sostituzione, appunto, il ricorrente ravvisa un vulnus all’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione agli artt. 4 e 11 della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, recepita con decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3, il cui art. 1 ha sostituito l’art. 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero).
Il sistema normativo interno, integrato con quello di derivazione dell’Unione europea – argomenta, infatti, la difesa del Presidente del Consiglio dei ministri – prevede che «lo status di soggiornante di lungo periodo, con la connessa equiparazione ai cittadini ai fini dell’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, può essere acquisito dal cittadino di paese terzo a partire, al più tardi, da cinque anni e otto giorni dal suo ingresso regolare nello Stato». Viceversa, per effetto della legge impugnata, i soggiornanti di lungo periodo nella Regione Liguria non disporrebbero del medesimo diritto dei cittadini, «in quanto a questo fine debbono cumulare un ulteriore, cospicuo, periodo di residenza rispetto a quello necessario ad attribuire loro la qualifica di soggiornante di lungo periodo». Da qui, dunque, sempre secondo il ricorrente, il carattere discriminatorio della disposizione, per tal profilo sottoposta al vaglio di legittimità costituzionale, in quanto «introduce un requisito aggiuntivo non necessario allo scopo di garantire un idoneo collegamento o radicamento tra il richiedente e il territorio regionale; e con ciò si pone in contrasto con i richiamati principi derivanti dal diritto dell’Unione europea».
2.– Si è costituita la Regione Liguria, contestando la fondatezza della impugnativa.
La resistente richiama, in premessa, la giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 222 del 2013 e n. 432 del 2005; ordinanza n. 32 del 2008) che, in tema di politiche abitative, consente alle Regioni di prendere in considerazione l’aspetto del radicamento territoriale quale condizione per l’accesso ad un bene di primaria importanza e a godimento tendenzialmente duraturo come l’abitazione.
Sostiene poi di essersi, comunque, mossa «all’interno dell’alveo tracciato dalla stessa normativa statale». E fa, all’uopo, riferimento al cosiddetto “Piano Casa”, di cui all’art. 11 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133. Anche ai fini dell’accesso all’edilizia abitativa, che il piano suddetto è volto ad incrementare, ed alle connesse misure di sostegno economico, è parimenti, infatti, richiesto – sottolinea la difesa della Regione – che, ove si tratti di «immigrati regolari a basso reddito», questi siano «residenti da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima regione». «Esempio» questo – aggiunge ancora la resistente con successiva memoria – di esercizio di quella «riserva di disporre diversamente» (relativamente ai soggiornanti di lungo periodo) che lo stesso d.lgs. n. 3 del 2007 prevede sub lettera c) del comma 12 del novellato suo art. 9.
Considerato in diritto
1.– L’art. 4, comma 1, della legge della Regione Liguria 6 giugno 2017, n. 13, recante «Modifiche alla legge regionale 29 giugno 2004, n. 10 (Norme per l’assegnazione e la gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica e modifiche alla legge regionale 12 marzo 1998, n. 9 (Nuovo ordinamento degli enti operanti nel settore dell’edilizia pubblica e riordino delle attività di servizio all’edilizia residenziale ed ai lavori pubblici)) e alla legge regionale 3 dicembre 2007, n. 38 (Organizzazione dell’intervento regionale nel settore abitativo), modifica, tra l’altro, l’art. 5, comma 1, lettera a), della legge regionale n. 10 del 2014, stabilendo che, ai fini dell’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica (ERP), il requisito prescritto per i cittadini di paesi extracomunitari (che la norma modificata individuava nella titolarità di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno almeno biennale abbinato ad esercizio di attività lavorativa) sia ora, invece, sostituito dalla regolare residenza «da almeno dieci anni consecutivi nel territorio nazionale».
2.– Nell’impugnare, con il ricorso in epigrafe, detta norma regionale, il Presidente del Consiglio dei ministri ne denuncia il contrasto con l’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione agli artt. 4 e 11 della direttiva 2003/109/CE, del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, recepita con il decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3, il cui art. 1 ha sostituito l’art. 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero).
3.– La questione è fondata.
3.1.– La direttiva 2003/109/CE, come sopra recepita – evocata dal ricorrente come norma interposta ai fini della violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., addebitata all’impugnata legge regionale − riconosce lo status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che risiedano regolarmente in uno Stato membro da almeno cinque anni (art. 4); prevede poi che i soggiornanti di lungo periodo siano equiparati ai cittadini dello Stato membro in cui si trovano ai fini, tra l’altro, del godimento dei servizi e prestazioni sociali (art. 11), tra i quali rientra l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, come testualmente conferma la lettera f) del suo art. 11, con il riferirsi alla «procedura per l’ottenimento di un alloggio».
La direttiva è stata recepita con il d.lgs. n. 3 del 2007, che ha modificato l’art. 9 del d.lgs. n. 286 del 1998, in senso conforme a quello indicato dalla direttiva. Per l’effetto, anche nell’ordinamento italiano, il cittadino di paese terzo, che sulla base di un permesso di soggiorno in corso di validità risieda nello Stato per almeno cinque anni, può acquistare, nel concorso degli altri requisiti di legge, lo status di soggiornante di lungo periodo (che gli viene riconosciuto dal questore mediante il rilascio di uno specifico permesso di soggiorno), ed acquista, con ciò, anche il diritto all’assegnazione degli alloggi di ERP in condizioni di parità con i cittadini.
3.2.– Diversamente, la disposizione censurata prescrive – per i soggiornanti di lungo periodo nella Regione Liguria (che possono comunque divenire tali in base ad un periodo quinquennale di residenza in Italia) − un ben più esteso requisito temporale (dieci anni) ai fini dell’accesso all’edilizia residenziale pubblica.
E ciò, appunto, ne innesca il manifesto contrasto con le richiamate disposizioni della direttiva 2003/109/CE, come recepita dal d.lgs. n. 3 del 2007 e, per relationem, con l’art. 117, primo comma, Cost.
3.3.– È pur vero che, come osservato in contrario dalla resistente, lo stesso novellato art. 9 del d.lgs. n. 286 del 1998 contiene una espressa riserva di “diversamente disporre” in tema di accesso dei soggiornanti di lungo periodo alla procedura di ottenimento di alloggi di ERP e richiede, a tal fine, che «sia dimostrata l’effettiva residenza dello straniero sul territorio nazionale». Ed è altresì vero che questa Corte, in altre occasioni, ha affermato che le politiche sociali delle Regioni ben possono richiedere un radicamento territoriale continuativo e ulteriore rispetto alla sola residenza (sentenza n. 432 del 2005; ordinanza n. 32 del 2008); e, in linea con tale affermazione, ha argomentato che l’accesso a un bene di primaria importanza e a godimento tendenzialmente duraturo, come l’abitazione, per un verso, si colloca a conclusione del percorso di integrazione della persona presso la comunità locale e, per altro verso, può richiedere garanzie di stabilità, che, nell’ambito dell’assegnazione di alloggi pubblici in locazione, scongiurino avvicendamenti troppo ravvicinati tra conduttori, aggravando l’azione amministrativa e riducendone l’efficacia. Ma ciò sempreché un tale più incisivo radicamento territoriale, richiesto ai cittadini di paesi terzi ai fini dell’accesso alle prestazioni in questione, sia contenuto entro limiti non arbitrari e irragionevoli (sentenza n. 222 del 2013).
3.4.– Con riguardo ad una legge della Regione Valle d’Aosta/Vallèe d’Aoste, questa Corte ha già avuto modo di affermare che «la previsione dell’obbligo di residenza da almeno otto anni nel territorio regionale, quale presupposto necessario per la stessa ammissione al beneficio dell’accesso all’edilizia residenziale pubblica (e non, quindi, come mera regola di preferenza), determina un’irragionevole discriminazione sia nei confronti dei cittadini dell’Unione, ai quali deve essere garantita la parità di trattamento rispetto ai cittadini degli Stati membri (art. 24, par. 1, della direttiva 2004/38/CE), sia nei confronti dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, i quali, in virtù dell’art. 11, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2003/109/CE, godono dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda anche l’accesso alla procedura per l’ottenimento di un alloggio» (sentenza n. 168 del 2014).
Una tale valutazione di irragionevolezza e di mancanza di proporzionalità (risolventesi in una forma dissimulata di discriminazione nei confronti degli extracomunitari) è tanto più riferibile alla disposizione in esame, la quale – ai fini del diritto sociale all’abitazione che è diritto attinente alla dignità e alla vita di ogni persona e, quindi, anche dello straniero presente nel territorio dello Stato – richiede, per questi ultimi, un periodo di residenza ancor più elevato (dieci anni consecutivi). E ciò (diversamente dalla legge valdostana) senza neppure prevedere che tale decennale residenza sia trascorsa nel territorio della Regione Liguria, facendo non coerentemente riferimento alla residenza nell’intero territorio nazionale, ancorché sia poi la stessa legge impugnata, per quanto riguarda la prova del “radicamento” con il «bacino di utenza a cui appartiene il Comune che emana il bando», a fissare un requisito di residenza di «almeno cinque anni» (art. 5, comma 1, lettera b, della legge reg. Liguria n. 10 del 2004, come, a sua volta, modificato dalla legge reg. Liguria n. 13 del 2017).
3.5.– Non maggior pregio, ha, da ultimo, anche il riferimento comparativo che la difesa della Regione fa al cosiddetto “Piano Casa”, di cui all’art. 11 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133.
Tale normativa, nell’includere gli «immigrati regolari a basso reddito» tra le categorie di soggetti che possono beneficiare del “Piano casa”, richiede bensì, per gli stessi, una residenza «da almeno dieci anni nel territorio nazionale», ma ciò – diversamente dalla odierna legge della Regione Liguria – come requisito (non già cumulativo, bensì) solo “alternativo” rispetto al requisito, di per sé sufficiente, della residenza «da almeno cinque anni nella medesima regione» (art. 11, comma 2, lettera g, del d.l. n. 112 del 2008, come convertito).
4.– L’art. 4, comma 1, della legge della Regione Liguria, n. 13 del 2017 è, dunque, costituzionalmente illegittimo per non superabile contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli evocati parametri interposti.
Poiché la norma dichiarata incostituzionale aveva come unico contenuto la sostituzione testuale di alcune parole nella lettera a) del comma 1 dell’art. 5 della legge regionale n. 10 del 2014, il precetto in tale disposizione espresso rimane in vigore nel testo originario (sentenza n. 58 del 2006).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge della Regione Liguria 6 giugno 2017, n. 13, recante «Modifiche alla legge regionale 29 giugno 2004, n. 10 (Norme per l’assegnazione e la gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica e modifiche alla legge regionale 12 marzo 1998 (Nuovo ordinamento degli enti operanti nel settore dell’edilizia pubblica e riordino delle attività di servizio all’edilizia residenziale ed ai lavori pubblici)) e alla legge regionale 3 dicembre 2007, n. 38 (Organizzazione dell’intervento regionale nel settore abitativo)».
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 aprile 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 24 maggio 2018.