Sentenza n. 18 del 2018

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SENTENZA N. 18

ANNO 2018

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Paolo                           GROSSI                     Presidente

-           Giorgio                       LATTANZI                Giudice

-           Aldo                            CAROSI                                ”

-           Marta                          CARTABIA                           ”

-           Mario Rosario             MORELLI                             ”

-           Giancarlo                    CORAGGIO                          ”

-           Giuliano                      AMATO                                 ”

-           Silvana                        SCIARRA                             ”

-           Daria                           de PRETIS                             ”

-           Nicolò                         ZANON                                 ”

-           Augusto Antonio       BARBERA                            ”

-           Giovanni                     AMOROSO                           ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1-quater, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A)», promossi dalla Commissione tributaria regionale di Catanzaro con ordinanze del 23 marzo e del 4 aprile 2016, iscritte ai nn. 49 e 53 del registro ordinanze 2017 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 15 e 16, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 dicembre 2017 il Giudice relatore Aldo Carosi.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 23 marzo 2016, iscritta al r.o. n. 49 del 2017, la Commissione tributaria regionale (CTR) di Catanzaro ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1-quater, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A)», in riferimento all’art. 111, secondo comma, della Costituzione.

Il rimettente riferisce di essere stato adito dall’Agenzia delle entrate, che aveva proposto appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Cosenza, impugnata in via incidentale anche dal contribuente.

Ritenendo infondati i gravami, il rimettente sostiene che, ai sensi della norma censurata, trattandosi di impugnazione successiva alla data del 30 gennaio 2013, dovrebbe dare atto in sentenza della sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato a carico di entrambe le parti.

Senonché, nella fattispecie simile pronuncia potrebbe riguardare solamente l’appellante incidentale e non anche quello principale, amministrazione dello Stato esonerata, in quanto tale, dal pagamento del contributo unificato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito e, quindi, non assoggettata all’obbligo del versamento di un ulteriore importo a detto titolo, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, così come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità.

Ad avviso del rimettente, tale limitazione violerebbe il principio della parità delle parti di cui all’art. 111, secondo comma, Cost., in quanto, se, al fine di scoraggiare impugnazioni dilatorie e pretestuose, la norma prevede il pagamento di un’ulteriore somma di denaro in caso di impugnazione dichiarata inammissibile, improcedibile o infondata, detta sanzione dovrebbe poter colpire indifferentemente tutte le parti anche nel processo tributario, in cui una di esse è necessariamente pubblica e spesso un’amministrazione dello Stato.

In punto di rilevanza, il rimettente evidenzia come il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità della norma censurata.

2.– È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’inammissibilità o, comunque, l’infondatezza della questione sollevata.

Secondo l’intervenuto, la questione sarebbe innanzitutto inammissibile, in quanto il rimettente avrebbe ammesso che il giudizio di primo grado è iniziato prima della data di applicabilità della norma censurata o, comunque, non avrebbe indicato a quando esso risalga o le ragioni per le quali ritiene rilevante solo l’instaurazione del giudizio d’appello. Un ulteriore profilo di inammissibilità consisterebbe di per sé nella natura additiva della pronuncia invocata.

Nel merito, la questione sarebbe infondata, in quanto l’esenzione dal pagamento del contributo unificato, attraverso il meccanismo della prenotazione a debito, e il mancato assoggettamento al suo raddoppio in caso di integrale soccombenza in sede di impugnazione si giustificherebbero alla stregua del rilievo che lo Stato si troverebbe contestualmente a essere debitore e creditore della prestazione tributaria. Al contempo, per la pubblica amministrazione l’iniziativa processuale non costituirebbe una manifestazione di capacità contributiva, idonea a giustificare l’assoggettamento al tributo.

Alla luce di tali strutturali differenze, le posizioni della parte privata e di quella pubblica non sarebbero equiparabili, onde l’insussistenza della violazione del principio di uguaglianza sotto il profilo della parità delle parti e, conseguentemente, l’infondatezza della questione sollevata.

3.– Con ordinanza del 4 aprile 2016, iscritta al r. o. n. 53 del 2017, la CTR di Catanzaro ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, in riferimento all’art. 111, secondo comma, Cost., descrivendo vicende processuali e adducendo motivi del tutto coincidenti con quelli di cui all’ordinanza iscritta al r. o. n. 49 del 2017.

È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’inammissibilità o, comunque, l’infondatezza della questione, alla stregua di argomenti del medesimo tenore di quelli sviluppati con riguardo all’ordinanza iscritta al r. o. n. 49 del 2017.

Considerato in diritto

1.– Con le ordinanze indicate in epigrafe la Commissione tributaria regionale (CTR) di Catanzaro ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1-quater, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A)», in riferimento all’art. 111, secondo comma, Costituzione.

Essendo stata proposta sia impugnazione principale che incidentale avverso la sentenza di primo grado, ritenendole entrambe infondate, il rimettente sostiene che, ai sensi della norma censurata, dovrebbe dare atto in sentenza della sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato a carico di ambedue le parti processuali. Nella fattispecie, però, tale pronuncia potrebbe riguardare solamente l’appellante incidentale e non anche quello principale, amministrazione dello Stato esonerata, in quanto tale, dal pagamento del contributo unificato mediante la prenotazione a debito e, quindi, non assoggettata all’obbligo del versamento di un ulteriore importo a detto titolo, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, così come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità. Secondo il rimettente, siffatta limitazione violerebbe il principio della parità delle parti di cui all’art. 111, secondo comma, Cost., in quanto il raddoppio del contributo unificato in caso di reiezione dell’impugnazione, mirando a scoraggiare quelle dilatorie e pretestuose, dovrebbe poter colpire indifferentemente tutte le parti, anche nel processo tributario, in cui una di esse è pubblica.

2.– Stante l’identità delle questioni sollevate con le due ordinanze, i giudizi devono essere riuntiti per essere decisi congiuntamente.

3.– Le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, in riferimento all’art. 111, secondo comma, Cost., sono inammissibili.

Il rimettente le propone, muovendo dalla premessa interpretativa, enunciata in modo assertivo, che la norma censurata debba trovare applicazione nel processo tributario d’appello.

Tale premessa non trova riscontro in un “diritto vivente” consolidatosi in tal senso, considerato che in seno alle Commissioni tributarie regionali non si rinviene un orientamento univoco e che la Corte di cassazione non risulta essersi ancora pronunciata al riguardo.

Peraltro egli non tiene conto dell’opzione ermeneutica alternativa fondata sull’insuscettibilità dell’applicazione estensiva o analogica al processo tributario del raddoppio del contributo unificato – misura eccezionale e lato sensu sanzionatoria – e sul tenore testuale della disposizione impugnata, che circoscrive la sua operatività, attraverso specifico rinvio, al processo civile.

L’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, infatti, prevede che «[q]uando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso». L’ulteriore somma a titolo di contributo unificato viene commisurata agli importi dovuti ai sensi del comma 1-bis del medesimo art. 13, disposizione che, a sua volta, rinvia al contenuto del precedente comma 1. Quest’ultimo fa riferimento esclusivamente a quanto dovuto a titolo di contributo unificato nel processo civile, mentre quello tributario è disciplinato dal successivo comma 6-quater, non richiamato dalla norma censurata. D’altra parte la precedente sentenza di questa Corte (sentenza n. 78 del 2016) ha precisato che i primi sei commi dell’art. 13, incluso l’impugnato comma 1-quater, riguardano il processo civile.

In definitiva, il rimettente ha censurato l’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 muovendo dalla premessa interpretativa della sua applicabilità nel processo tributario d’appello senza chiarire – come sarebbe stato suo onere – le ragioni che dovrebbero giustificarla (ordinanza n. 362 del 2010) e renderla prevalente rispetto all’opzione ermeneutica precedentemente richiamata. Tale carenza argomentativa si risolve in un difetto di motivazione sulla rilevanza che rende le questioni di legittimità costituzionale inammissibili (ex multis, sentenza n. 119 del 2017).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1-quater, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A)», sollevate, in riferimento all’art. 111, secondo comma, Cost., dalla Commissione tributaria regionale di Catanzaro con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 2017.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Aldo CAROSI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2018.