ORDINANZA N. 271
ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo Maria NAPOLITANO Presidente
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera del Senato della Repubblica del 29 gennaio 2009 (doc. IV-quater, n. 5), relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’on. Costantino Garraffa nei confronti del dott. Stapino Greco, promosso dalla Corte d’appello di Palermo con ricorso depositato in cancelleria il 9 maggio 2014 ed iscritto al n. 3 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2014, fase di ammissibilità.
Udito nella camera di consiglio del 5 novembre 2014 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.
Ritenuto che, con ordinanza-ricorso del 4 marzo 2014, depositata il successivo 9 maggio, la Corte d’appello di Palermo, nel corso di un giudizio civile per il risarcimento dei danni, instaurato da Stapino Greco nei confronti del senatore Costantino Garraffa, ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato, chiedendo a questa Corte di dichiarare che non spettava al Senato della Repubblica di affermare, con deliberazione del 29 gennaio 2009 (doc. IV-quater, n. 5), che le dichiarazioni rese da Costantino Garraffa, senatore all’epoca dei fatti, nei confronti di Stapino Greco concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, come tali insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, e di adottare i provvedimenti consequenziali;
che la Corte palermitana – investita dell’appello avverso la decisione di primo grado che, dopo aver sospeso il giudizio in attesa della deliberazione del Senato ai sensi dell’art. 3 della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), aveva condannato il convenuto al risarcimento dei danni patiti dall’attore – espone che i fatti oggetto del giudizio riguardano le dichiarazioni rese dal Garraffa nel corso di una conferenza stampa tenutasi il 3 novembre 2003;
che, in quell’occasione, il Garraffa affermò di aver ricevuto una minaccia di morte da parte di un anonimo interlocutore telefonico a causa dell’attività di controllo svolta sulla contabilità dell’Ente autonomo Fiera del Mediterraneo, aggiungendo, in particolare, alla presenza di numerosi giornalisti, che: «Non è un caso che la telefonata sia arrivata proprio il 1° novembre, cioè il giorno seguente alla scadenza dell’incarico del commissario dell’Ente Stapino Greco»;
che, ad avviso della Corte ricorrente, le dichiarazioni oggetto del procedimento civile non potrebbero essere coperte dalla guarentigia di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione – come, invece, ritenuto dal Senato della Repubblica con l’atto oggetto del conflitto, facendo riferimento ad un’interrogazione parlamentare del senatore Garraffa del 3 ottobre 2003, concernente la gestione commissariale dell’ente, sotto il profilo finanziario e contabile, da parte del Greco – non potendosi individuare, alla luce della giurisprudenza costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo citata nel ricorso, uno specifico «nesso funzionale» tra le dichiarazioni rese extra moenia e l’attività parlamentare, ravvisabile solo se sussista una corrispondenza contenutistica tra l’atto parlamentare e detta manifestazione di pensiero;
che nel caso in esame non vi sarebbe detta corrispondenza, non controvertendosi, nel giudizio civile, sulla valenza diffamatoria delle critiche alla gestione dell’ente formulate con la citata interrogazione parlamentare, bensì sull’implicito riferimento («accostamento») all’appellato delle minacce di morte, evidentemente del tutto estranee, anche perché successive, all’interrogazione stessa.
Considerato che in questa fase del giudizio, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), la Corte è chiamata a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto vi sia «materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza», sussistendone i requisiti soggettivo ed oggettivo e restando impregiudicata ogni ulteriore questione, anche in punto di ammissibilità;
che la forma dell’ordinanza rivestita dall’atto introduttivo può ritenersi idonea ad instaurare il giudizio ove sussistano, come nella specie, gli estremi sostanziali di un valido ricorso (tra le ultime, ordinanze n. 161 del 2014 e n. 151 del 2013);
che, con riguardo al requisito soggettivo, va riconosciuta la legittimazione della Corte d’appello di Palermo a promuovere conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente, nell’esercizio delle funzioni attribuitegli, la volontà del potere cui appartiene;
che, parimenti, deve essere riconosciuta la legittimazione del Senato della Repubblica ad essere parte del presente conflitto, quale organo competente a dichiarare in modo definitivo la propria volontà in ordine all’applicazione dell’art. 68, primo comma, Cost.;
che, per quanto attiene al profilo oggettivo, il ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzione, costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio ritenuto illegittimo, per inesistenza dei relativi presupposti, del potere spettante al Senato della Repubblica di dichiarare l’insindacabilità delle opinioni espresse da un membro di quel ramo del Parlamento ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost.;
che, dunque, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato indicato in epigrafe, proposto dalla Corte d’appello di Palermo nei confronti del Senato della Repubblica;
2) dispone:
a) che la cancelleria di questa Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al predetto giudice, che ha proposto il conflitto di attribuzione;
b) che il ricorso e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati al Senato della Repubblica, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, nella cancelleria di questa Corte entro il termine di trenta giorni previsto dall’art. 24, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 novembre 2014.
F.to:
Paolo Maria NAPOLITANO, Presidente
Giuseppe FRIGO, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 3 dicembre 2014.