ORDINANZA N. 195
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario Rosario MORELLI "
- Giancarlo CORAGGIO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 35 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199 (Attuazione dell’art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del Corpo della Guardia di finanza) promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio nel procedimento vertente tra F. F. ed altri e il Ministero dell’economia e delle finanze ed altri, con ordinanza del 19 settembre 2011 iscritta al n. 183 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2012.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 maggio 2013 il Giudice relatore Sabino Cassese.
Ritenuto che con ordinanza del 19 settembre 2011, depositata presso la cancelleria di questa Corte il 6 agosto 2012 (reg. ord. n. 183 del 2012), il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda – nel corso di un giudizio avente ad oggetto la richiesta, da parte di sedici ricorrenti, tutti brigadieri o vicebrigadieri del Corpo della Guardia di finanza e risultati tra gli idonei non vincitori, di annullamento della determinazione n. 45912 dell’11 febbraio 2008 del Comandante generale della Guardia di finanza, con cui è stato bandito il concorso per l’ammissione di n. 74 allievi marescialli al 9° corso presso la Scuola di Ispettori e sovrintendenti della Guardia di finanza, riservato agli appartenenti al Corpo, nonché di tutti gli atti di concorso e di ogni altro atto presupposto, collegato o connesso – ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 35 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199 (Attuazione dell’art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del Corpo della Guardia di finanza), per violazione degli articoli 76 e 97 della Costituzione;
che la disposizione censurata, rubricata «Accesso al ruolo “ispettori”», prevede che i marescialli della Guardia di finanza siano selezionati «a) per il 70%, attraverso un concorso pubblico per titoli ed esami, aperto a tutti i cittadini in possesso dei requisiti previsti nel successivo art. 36, comma 1, previo superamento del corso di cui all’art. 44 del presente decreto; b) per il rimanente 30%, attraverso un concorso interno per titoli ed esami riservato: 1) per 1/3 ai brigadieri capo; 2) per 1/3 ai brigadieri e ai vice brigadieri; 3) per 1/3 al personale del ruolo «appuntati e finanzieri», in possesso dei requisiti previsti nel successivo articolo 36, comma 5, previo superamento del corso di qualificazione, di durata non inferiore a sei mesi, previsto dall’articolo 46»;
che, ad avviso del giudice rimettente, la disposizione censurata, ammettendo che un terzo dei posti del concorso interno sia riservato al ruolo «appuntati e finanzieri», sarebbe in contrasto con l’art. 76 Cost., e, in particolare, con l’art. 3, comma 3, lettera b, della legge delega 6 marzo 1992, n. 216 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 gennaio 1992, n. 5, recante autorizzazione di spesa per la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dell’Arma dei carabinieri in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3-12 giugno 1991 e all’esecuzione di giudicati, nonché perequazione dei trattamenti economici relativi al personale delle corrispondenti categorie delle altre Forze di polizia. Delega al Governo per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego delle Forze di polizia e del personale delle Forze armate nonché per il riordino delle relative carriere, attribuzioni e trattamenti economici), il quale dispone che «l’accesso a ruoli, gradi e qualifiche superiori sia riservato, fino al limite massimo del 30 per cento dei posti disponibili e mediante concorso interno, per titoli ed esami, al personale appartenente al ruolo, grado o qualifica immediatamente sottostante», e violerebbe quindi l’articolo 76 Cost.;
che, in relazione alla rilevanza, il giudice rimettente osserva che, dei 74 posti inizialmente banditi, a seguito dello svolgimento delle prove di esame i posti distribuiti sono stati 65; 32 dei quali coperti da concorrenti appartenenti alla categoria brigadieri e vicebrigadieri e 33 da concorrenti appartenenti al ruolo appuntati e finanzieri, e che, «posto che i ricorrenti sono tutti brigadieri e vicebrigadieri che si sono collocati nella graduatoria finale della categoria di riferimento tra il 33° e il 61° posto, appare evidente la lesione prodotta alla loro posizione soggettiva dalla illegittima previsione del bando che ha, ingiustificatamente, favorito le modalità di collocamento nella graduatoria finale dei concorrenti appartenenti alla categoria degli appuntati e finanzieri»;
che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo rileva che «nessun elemento contenuto nella disposizione di delega, neppure di carattere lessicale, deponeva affinché il legislatore delegato si potesse spingere fino ad estendere a categorie non immediatamente sottostanti rispetto a quella degli ispettori il beneficio della partecipazione alla selezione interna per la progressione in carriera verso il ruolo degli ispettori, limitando tale facoltà ai soli appartenenti al ruolo dei brigadieri e vicebrigadieri»;
che è intervenuto in giudizio, con atto depositato presso la cancelleria di questa Corte il 5 ottobre 2012, il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza della questione;
che la difesa dello Stato sostiene, innanzitutto, che la questione sarebbe inammissibile per difetto di rilevanza, posto che i ricorrenti, nell’ambito del ricorso introduttivo «non hanno dimostrato il loro posizionamento in graduatoria, in punto tale che sarebbero risultati comunque vincitori, per i posti riservati alla loro categoria ove gli appartenenti al ruolo “appuntati e finanzieri” non avessero partecipato al concorso di cui è questione»;
che inoltre, ad avviso del Presidente del Consiglio, l’ordinanza di rimessione sarebbe carente di motivazione in ordine alla rilevanza della questione prospettata, in quanto non avrebbe tenuto conto della «discrezionalità di cui comunque godrebbe il legislatore delegato nel formulare la norma sospettata di incostituzionalità»: in particolare, dato che «la riserva del 20% attribuita ai sovrintendenti (10% ai brigadieri capo e 10% ai brigadieri e vicebrigadieri) è perfettamente in linea con il limite massimo del 30% previsto dal citato art. 3, co. 3, della legge n. 216 del 1992, il legislatore delegato ben potrebbe riservare il restante 10% alla procedura concorsuale pubblica»;
che, nel merito, la difesa statale osserva che i principi e criteri direttivi di cui all’art. 76 Cost. «devono consentire al potere delegato la possibilità di valutare le particolari situazioni giuridiche da regolamentare (Corte Cost., sent. 23 maggio 1985, n. 158)» e che, poiché la ratio della legge delega n. 216 del 1992 era quella di «“realizzare una parità di trattamento, a parità di funzioni”, tra tutti gli appartenenti alle Forze di Polizia», il legislatore «avrebbe legittimato l’esecutivo a innovare profondamente la regolamentazione delle carriere appartenenti alle Forze armate e di polizia».
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, dubita – in riferimento degli articoli 76 e 97 della Costituzione – della legittimità costituzionale dell’articolo 35 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199 (Attuazione dell’art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del Corpo della Guardia di finanza);
che la disposizione censurata prevede che i marescialli della Guardia di finanza (grado di accesso al ruolo degli «ispettori») siano selezionati: «a) per il 70%, attraverso un concorso pubblico per titoli ed esami, aperto a tutti i cittadini in possesso dei requisiti previsti nel successivo art. 36, comma 1, previo superamento del corso di cui all’art. 44 del presente decreto; b) per il rimanente 30%, attraverso un concorso interno per titoli ed esami riservato: 1) per 1/3 ai brigadieri capo; 2) per 1/3 ai brigadieri e ai vice brigadieri; 3) per 1/3 al personale del ruolo «appuntati e finanzieri», in possesso dei requisiti previsti nel successivo articolo 36, comma 5, previo superamento del corso di qualificazione, di durata non inferiore a sei mesi, previsto dall’articolo 46»;
che il giudice rimettente ritiene che la disposizione impugnata violi l’articolo 76 Cost., perché, ammettendo che un terzo dei posti del concorso interno per marescialli sia riservato a «appuntati e finanzieri», personale appartenente ad un ruolo non immediatamente sottostante a quello degli «ispettori», sarebbe in contrasto con l’art. 3, comma 3, lettera b, della legge delega 6 marzo 1992, n. 216 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 gennaio 1992, n. 5, recante autorizzazione di spesa per la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dell’Arma dei carabinieri in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3-12 giugno 1991 e all’esecuzione di giudicati, nonché perequazione dei trattamenti economici relativi al personale delle corrispondenti categorie delle altre Forze di polizia. Delega al Governo per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego delle Forze di polizia e del personale delle Forze armate nonché per il riordino delle relative carriere, attribuzioni e trattamenti economici), in base al quale «l’accesso a ruoli, gradi e qualifiche superiori sia riservato, fino al limite massimo del 30 per cento dei posti disponibili e mediante concorso interno, per titoli ed esami, al personale appartenente al ruolo, grado o qualifica immediatamente sottostante»;
che, nel descrivere la fattispecie sottoposta al suo esame, il giudice rimettente riferisce che, per il concorso di ammissione al 9° corso presso la Scuola di Ispettori e sovrintendenti della Guardia di finanza, riservato agli appartenenti al Corpo, erano stati inizialmente banditi n. 74 posti di allievi marescialli, e che, a seguito dello svolgimento delle prove di esame, i posti distribuiti sono stati 65; 32 dei quali coperti da concorrenti appartenenti alla categoria brigadieri e vicebrigadieri e 33 da concorrenti appartenenti al ruolo appuntati e finanzieri;
che, in punto di rilevanza, il giudice rimettente osserva che «i ricorrenti sono tutti brigadieri e vicebrigadieri che si sono collocati nella graduatoria finale della categoria di riferimento tra il 33° e il 61° posto», e che quindi «appare evidente la lesione prodotta alla loro posizione soggettiva dalla illegittima previsione del bando che ha, ingiustificatamente, favorito le modalità di collocamento nella graduatoria finale dei concorrenti appartenenti alla categoria degli appuntati e finanzieri»;
che non è chiaro se il giudice a quo richieda a questa Corte una pronuncia ablativa, volta a rimuovere il numero 3 della lett. b) [«3) per 1/3 al personale del ruolo “appuntati e finanzieri”»] – ipotesi che però lascerebbe una disciplina incoerente, dato che la distribuzione del 30% dei posti riservati per concorso interno sarebbe precisata solo per i due terzi (assegnati per un terzo ai brigadieri capo e per un altro terzo ai brigadieri e ai vice brigadieri) – ovvero una pronuncia additiva o manipolativa tale per cui anche il terzo dei posti attualmente riservato ad appuntati e finanzieri debba essere distribuito tra brigadieri capo, brigadieri e vicebrigadieri;
che, sotto tale profilo, la questione è inammissibile, perché – a prescindere dai limiti che l’intervento della Corte incontra nella discrezionalità politica del legislatore – «l’intervento richiesto dal giudice a quo resta oscuro» (sent. n. 186 del 2011);
che, inoltre, l’eventuale declaratoria di incostituzionalità del numero 3 della lettera. b) dell’art. 35, comma 1, del d.lgs. n. 199 del 1995 determinerebbe l’impossibilità di applicare il meccanismo di compensazione dei posti rimasti eventualmente scoperti, previsto dal comma 2 dello stesso art. 35, in base al quale «I posti eventualmente rimasti scoperti per l’ammissione al concorso di cui al comma 1, lettera b) dopo la compensazione alla stessa percentuale tra le categorie di cui ai numeri 1), 2) e 3) della medesima lettera e nell’ordine medesimo, sono devoluti in favore delle procedure concorsuali di cui al comma 1, lettera a)»;
che la questione è inammissibile anche sotto il profilo della carente motivazione in ordine alla rilevanza, dato che il giudice rimettente si limita a riferire qual è la collocazione in graduatoria dei ricorrenti, ma omette di spiegare in che modo la declaratoria di incostituzionalità della norma censurata porterebbe, attraverso la redistribuzione dei posti messi a concorso, a soddisfare la pretesa avanzata nel ricorso principale;
che, in conclusione, la questione, per gli evidenziati profili, è manifestamente inammissibile.
Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 35 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199 (Attuazione dell’art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del Corpo della Guardia di finanza), sollevata, in riferimento agli articoli 76 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere