Ordinanza n. 12 del 2013

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ORDINANZA N. 12

ANNO 2013

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Franco                    GALLO                                               Presidente

-    Gaetano                 SILVESTRI                                           Giudice

-    Sabino                    CASSESE                                                   ”

-    Paolo Maria            NAPOLITANO                                          ”

-    Giuseppe                FRIGO                                                        ”

-    Paolo                      GROSSI                                                      ”

-    Giorgio                   LATTANZI                                                 ”

-    Aldo                       CAROSI                                                     ”

-    Marta                     CARTABIA                                                ”

-    Sergio                     MATTARELLA                                         ”

-    Mario Rosario        MORELLI                                                  ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 131, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), promosso dal Tribunale ordinario di Caltanissetta nel procedimento vertente tra C.M. e M.C., con ordinanza del 28 febbraio 2012, iscritta al n. 199 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2012.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 16 gennaio 2013 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.

Ritenuto che il Tribunale ordinario di Caltanissetta – nel corso di un procedimento per accertamento tecnico preventivo introdotto con ricorso presentato da persona che era stata ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato – avendo ricevuto l’istanza di liquidazione dei compensi da parte del consulente tecnico, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 36 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 131, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), nella parte in cui, per un verso, esclude che, nei giudizi civili in cui vi è ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, i compensi spettanti agli ausiliari del giudice siano anticipati dall’Erario e, per altro verso, consente che i medesimi compensi siano prenotati a debito, a domanda, solo ricorrendo determinate condizioni;

che, ad avviso del rimettente, effetto della disposizione censurata – in base alla quale gli onorari dei consulenti tecnici, sia di parte che di ufficio, sono, a domanda, prenotati a debito ove sia impossibile ripeterli dalla parte a carico della quale sono state poste le spese processuali o dalla stessa parte ammessa al beneficio, per vittoria della causa o per revoca dell’ammissione – sarebbe la gratuità della prestazione del consulente nei procedimenti di volontaria giurisdizione, nei quali non è individuabile una parte soccombente, e in quelli in cui la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato risulti soccombente e non si veda revocato il beneficio;

che, aggiunge il rimettente, la norma censurata imporrebbe, in ogni caso, al consulente di attendere la fine del giudizio per chiedere la prenotazione a debito, dovendo previamente verificare la impossibilità della ripetizione dalle parti in giudizio;

che il giudice a quo afferma di essere a conoscenza delle pronunzie di questa Corte secondo le quali sarebbe errata l’interpretazione della disposizione censurata che conduce ad affermare la gratuità della prestazione del consulente tecnico;

che, tuttavia, a suo avviso, in tali pronunzie si sarebbe trascurato di considerare che il rimedio della prenotazione a debito è efficace nelle ipotesi in cui, individuata una parte tenuta al pagamento delle spese, risulta impossibile per il consulente ottenere tale pagamento e non anche nelle ipotesi in cui «manchi del tutto il soggetto nei cui confronti tentare la ripetizione» o perché non è individuabile un soccombente o perché sia soccombente la parte ammessa al beneficio e questo non le sia stato revocato;

che, non potendosi in tali ipotesi procedere alla prenotazione a debito, effetto della disposizione in questione sarebbe l’impossibilità del pagamento dei compensi spettanti al consulente tecnico, con violazione dell’art. 36 Cost.;

che, continua l’ordinanza di rimessione, non può negarsi che l’art. 131, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002, non consentendo l’anticipazione a carico dell’Erario dei compensi dei consulenti, determini un’irragionevole disparità di trattamento rispetto a quanto previsto, nei giudizi penali, per difensori e per ausiliari del giudice, i quali hanno i compensi anticipati dall’Erario e, conseguentemente, non hanno la necessità di attivare, dopo la conclusione del giudizio, la procedura per la loro prenotazione a debito;

che il complesso meccanismo di pagamento regolato dalla norma censurata renderebbe «oltremodo difficoltoso il soddisfacimento del credito degli ausiliari nominati dal giudice nel processo civile», i quali sarebbero tenuti a prestare la loro opera, peraltro sotto il vincolo della obbligatorietà, senza alcuna certezza né sull’an né sul quando del compenso;

che il rimettente, non ignorando la giurisprudenza di questa Corte che ha escluso la illegittimità costituzionale di siffatta disparità, tuttavia ritiene che la pretesa eterogeneità delle figure professionali poste a confronto, giustificatrice del diverso trattamento normativo, non sia riscontrabile nel caso dei consulenti, i quali, sia pure nei diversi ambiti penale e civile, svolgono il medesimo compito;

che ancora più evidente, infine, sarebbe la disparità di trattamento in relazione alla disciplina del curatore fallimentare (incarico anche questo facoltativo), per il quale, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 174 del 2006, vi è la anticipazione di spese ed onorari a carico dell’Erario;

che, sulla rilevanza della questione, il rimettente osserva che, ove fosse accolto l’incidente di costituzionalità egli, liquidati i compensi del consulente tecnico istante, ne potrebbe disporre la anticipazione a carico dell’Erario, cosa che, in caso contrario, non potrebbe avvenire;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilità o, comunque, per la infondatezza del ricorso;

che la difesa dello Stato, in via preliminare, deduce l’inammissibilità della questione per non avere il rimettente sperimentato soluzioni di carattere interpretativo volte a pervenire ad una lettura conforme a Costituzione della disposizione censurata;

che, per altro verso, la Avvocatura osserva – con riferimento alla asserita illegittimità costituzionale derivante dalla impossibilità per il consulente di richiedere la prenotazione a debito nei casi in cui non sia ravvisabile un soccombente ovvero che tale sia la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato – che la questione sarebbe comunque inammissibile, in quanto prematura e come tale irrilevante, posto che la pendenza del giudizio non consente ancora di attribuire ad alcuno la soccombenza nel giudizio;

che, in quanto dedotta negli stessi termini già esaminati da questa Corte in precedenti decisioni di infondatezza, la questione relativa all’art. 3 Cost. sarebbe, per consolidata giurisprudenza, manifestamente inammissibile;

che la interveniente difesa osserva, altresì, quanto alla dedotta violazione dell’art. 3 Cost., che la questione sarebbe, comunque non fondata;

che, infatti, non può convenirsi col rimettente nel ritenere che dall’applicazione della norma censurata deriverebbe la gratuità  dell’opera svolta dall’ausiliario del magistrato;

che, peraltro, non vi è alcun principio costituzionale che imponga un modello unitario di liquidazione di spese e compensi per gli ausiliari del magistrato;

che, riguardo alla prospettata irragionevolezza della disposizione, osserva la Avvocatura che la pretesa assimilazione della disciplina relativa alla liquidazione dei compensi dell’ausiliario del magistrato civile a quella relativa ai difensori della parte non abbiente ovvero all’ausiliario del magistrato nel processo penale è una delle possibili opzioni volte a colmare la lacuna che deriverebbe dall’accoglimento della presente questione, essendo, tuttavia, possibile individuarne altre rimesse alla discrezionalità del legislatore;

che la difesa dello Stato conclude affermando che tale pluralità di opzioni è indice della inammissibilità della questione.

Considerato che il Tribunale ordinario di Caltanissetta dubita, in relazione agli articoli 3 e 36 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’articolo 131, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), nella parte in cui prevede che, nei giudizi civili nei quali una delle parti è ammessa al patrocinio a spese delle Stato, gli onorari dovuti al consulente tecnico di parte, ovvero all’ausiliario del giudice, siano prenotati a debito e non siano anticipati dall’Erario e nella parte in cui, nei medesimi giudizi, la prenotazione a debito di detti onorari possa avvenire, a domanda, solamente ove non ne sia possibile la  ripetizione o dalla parte a carico della quale sono poste le spese processuali ovvero dalla stessa parte ammessa, stante la vittoria di questa nella causa o data la revoca dell’ammissione al predetto beneficio;

che, in particolare, il rimettente ritiene che nella mancata anticipazione da parte dell’Erario degli onorari in questione sia ravvisabile un’ingiustificata disparità di trattamento, in violazione dell’art. 3 Cost., fra la disciplina applicabile ai consulenti tecnici, di parte o di ufficio, nei giudizi civili in cui una parte sia ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, e quella applicabile ai difensori di tali parti, ovvero agli ausiliari del magistrato, nei giudizi penali o, infine, al curatore fallimentare, per i quali è, invece, prevista la anticipazione dei rispettivi compensi a carico dell’Erario;

che, ad avviso del rimettente, tale diverso meccanismo normativo renderebbe ingiustificatamente deteriore la posizione dei consulenti tecnici nei giudizi civili «beneficiati», essendo costoro, diversamente dai rappresentanti delle altre categorie poste in comparazione, sottoposti, al fine di conseguire i loro onorari, ad una più lunga e difficoltosa procedura, comportante non solo l’onere di formulare la domanda di prenotazione a debito dopo la fine del giudizio nel quale hanno prestato la loro opera, ma anche quello di dover dimostrare in tale occasione che non è stato possibile ottenere dai soggetti indicati dalla norma censurata quanto loro spettante;

che, aggiunge il rimettente, siffatto meccanismo procedurale si pone in contrasto con l’art. 36 Cost., rendendo possibile, nelle ipotesi in cui – come nei giudizi, quale è quello a quo, di accertamento tecnico preventivo – non sia ravvisabile una parte soccombente oppure sia soccombente la parte ammessa al beneficio (senza che quest’ultimo sia oggetto di revoca), che il consulente tecnico svolga la sua opera senza ottenere alcun compenso;

che la questione, siccome prospettata, risulta essere manifestamente infondata sotto ambedue i profili proposti;

che, con riguardo alla dedotta violazione dell’art. 36 Cost. – anche prescindendo da ogni rilievo in ordine alla correttezza della adombrata attribuzione del procedimento per accertamento tecnico preventivo al genere della volontaria giurisdizione (attribuzione dalla quale il rimettente fa discendere la impossibilità di identificare nel giudizio a quo una parte soccombente) invece che a quello della giurisdizione cautelare – deve rilevarsi che il rimettente non ha tenuto nel dovuto conto l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità in base al quale le spese giudiziali relative all’accertamento tecnico preventivo sono ordinariamente liquidabili, in base al principio della soccombenza, o al termine del relativo procedimento, ogniqualvolta il ricorso introduttivo non sia stato accolto (Corte di cassazione, sentenza 29 marzo 1996, n. 2937), ovvero al termine del conseguente giudizio di merito (Corte di cassazione, sentenza 23 dicembre 1993, n. 12759);

che, non risultando giustificati i dubbi espressi dal rimettente in ordine alla individuabilità di una parte soccombente in relazione ad un giudizio del tipo ora sottoposto alla sua attenzione, sono manifestamente infondati i connessi dubbi in ordine alla concreta possibilità per il consulente tecnico di vedersi corrisposti i propri compensi;

che, infatti, questi o graveranno sui soggetti di cui al citato art. 131 del d.lgs. n. 115 del 2002 ovvero, laddove sia impossibile ripeterli da costoro, se ne potrà chiedere la prenotazione a debito, con successiva liquidazione a carico dell’Erario;

che, riguardo alla dedotta violazione del principio di uguaglianza – conseguente alla mancata previsione, per la fattispecie esaminata dal giudice a quo, dell’anticipazione dei compensi a carico dell’Erario – più volte, anche di recente, questa Corte ha affermato la insussistenza di disparità di trattamento in ragione della diversa normativa applicabile, in materia di spese in giudizi in cui vi è stata ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai soggetti operanti, con distinti compiti, attribuzioni e funzioni, nell’ambito dei singoli giudizi, ovvero nell’ambito dei giudizi civili o penali;

che, in particolare, il contrasto con l’art. 3 Cost. è stato escluso perché la ontologica eterogeneità dei soggetti ovvero dei modelli processuali posti a confronto non consente di istituire fra gli stessi un valido rapporto di comparazione (ex multis: ordinanze n. 270 del 2012, n. 203 del 2010 e n. 195 del 2009);

che, pertanto, anche sotto questo profilo la questione è manifestamente infondata.

Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 131, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 36 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Caltanissetta con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 2013.

F.to:

Franco GALLO, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2013.