ORDINANZA N. 65
ANNO 2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Ugo DE SIERVO Presidente
- Paolo MADDALENA Giudice
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica); dell’articolo 16, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 286 del 1998, come modificato dall’art. 1, comma 16, lettera b) e comma 22, lettera o), della legge n. 94 del 2009; nonché dell’articolo 62-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), aggiunto dall’art. 1, comma 17, lettera d), della legge n. 94 del 2009, promossi dal Giudice di pace di Montepulciano con ordinanza dell’8 aprile 2010 e dal Giudice di pace di Palermo con ordinanza del 18 dicembre 2009, iscritte ai numeri 212 e 223 del registro ordinanze 2010 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 33 e 35, prima serie speciale, dell’anno 2010.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 26 gennaio 2011 il Giudice relatore Paolo Grossi.
Ritenuto che, con ordinanza dell’8 aprile 2010 (r.o. n. 212 del 2010), il Giudice di pace di Montepulciano ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 25 e 27 della Costituzione, nonché in riferimento ai «principi, anch’essi di rango costituzionale, di solidarietà e di ragionevolezza», questione di legittimità costituzionale «degli artt. 10 bis e 16, lett. 1, ultimo periodo, del d.lvo n. 286/98 e 62 bis del d. lvo 274/2000, introdotti dall’art. 1 co. 16 e 17 della legge 94/09» [recte, dell’art. 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica); dell’art. 16, comma 1, come modificato dall’art. 1, comma 16, lettera b) e comma 22, lettera o), della legge n. 94 del 2009; nonché dell’art. 62-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), aggiunto dall’art. 1, comma 17, lettera d) della legge n. 94 del 2009];
che l’ordinanza di rimessione – nel trascrivere e far propria l’eccezione di illegittimità costituzionale sollevata dalla difesa nell’ambito di un procedimento penale a carico di due persone imputate del reato di cui all’art. 10-bis del d.lgs. n. 286 del 1998 – muove dalla premessa secondo cui, perché una norma introduttiva di una sanzione penale sia costituzionalmente legittima, la stessa deve essere volta a salvaguardare un bene anch’esso di rango costituzionale, conformandosi ai princípi di materialità ed offensività ed ai criteri di proporzionalità, ragionevolezza ed uguaglianza;
che, nella specie, non sarebbe rispettato il principio di materialità e neppure quello di offensività, dal momento che con la legge n. 94 del 2009 sarebbe stata criminalizzata una semplice condizione, quale è quella del migrante, e che la sanzione penale finirebbe per sovrapporsi integralmente alla misura amministrativa dell’espulsione, risultando la disposizione oggetto di impugnativa chiaramente congegnata al fine di consentire che lo straniero, entrato o trattenutosi illegalmente nel territorio dello Stato, venga espulso;
che questo intento parrebbe, d’altra parte, confermato dal fatto che la pena non si applica allo straniero assoggettato al respingimento ovvero alla persona che, nelle more del giudizio, sia stata espulsa o respinta, potendo il giudice di pace anche applicare, in luogo della pena pecuniaria (peraltro del tutto priva di capacità deterrente e di finalità rieducativa, in quanto rivolta verso soggetti, di regola, insolvibili), la sanzione sostitutiva della espulsione, disposta in via amministrativa;
che, dunque, la norma censurata conterrebbe una previsione del tutto irrazionale, sia perché non destinata a tutelare beni di rilevanza costituzionale, sia perché la sanzione penale non risulterebbe strettamente necessaria, visto che già sono previste misure amministrative idonee al raggiungimento delle finalità perseguite;
che, inoltre, la norma impugnata determinerebbe una evidente discriminazione fra coloro che sono stati destinatari di un provvedimento di espulsione o di respingimento (e che, come tali, a norma del comma 5 dello stesso art. 10-bis, non sono assoggettati a pena) e coloro che, pur versando nelle stesse condizioni, non hanno subìto i medesimi provvedimenti, in modo del tutto indipendente dalla loro volontà;
che un ulteriore motivo di contrasto con l’art. 3 Cost. deriverebbe dal fatto che, mentre la norma censurata non prevede la scriminante del “giustificato motivo”, questa è invece stabilita per il più grave reato previsto dall’art. 14, comma 5-ter, del medesimo d.lgs. n. 286 del 1998;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso con la richiesta di dichiararsi inammissibile e infondata la questione proposta;
che la questione risulterebbe inammissibile sia perché il giudice a quo si sarebbe limitato a riportare una memoria difensiva, senza svolgere una valutazione autonoma in ordine alla rilevanza ed alla non manifesta infondatezza del quesito di legittimità costituzionale, sia perché, in riferimento all’art. 25 Cost., non verrebbe in discussione, nel giudizio a quo, una «questione di competenza ovvero di sanzione riguardante fatti posti in essere prima dell’entrata in vigore della legge n. 94 del 2000»;
che la questione risulterebbe, peraltro, non fondata, giacché il legislatore, nell’esercizio della propria discrezionalità, avrebbe assegnato rilevanza penale a comportamenti prima assoggettati a sanzione amministrativa, punendo una condotta e non una semplice condizione o uno stato della persona;
che, d’altra parte, diversamente da come prospettato dal rimettente, l’espulsione del soggetto rappresenterebbe non già il vero fine della norma censurata ma semplicemente una conseguenza, ulteriore ed autonoma, della prevista sanzione penale;
che la circostanza secondo cui l’avvenuta espulsione determina il non luogo a procedere deriverebbe dal venir meno dell’interesse alla persecuzione del fatto, mentre il potere della amministrazione di operare coattivamente la espulsione costituirebbe circostanza non conferente ai fini dedotti, permanendo la condotta illegale di trattenimento nel territorio dello Stato;
che la mancata previsione della clausola del “giustificato motivo” non farebbe venir meno la possibilità di applicare, comunque, le ordinarie scriminanti dello stato di necessità, nonché la causa di non punibilità rappresentata dalla incolpevole mancata conoscenza della norma e dalla inesigibilità del comportamento lecito, fino a «giungere alla rilevanza della buona fede»;
che, con ordinanza del 18 dicembre 2009 (r.o. n. 223 del 2010), il Giudice di pace di Palermo, qualificando come «rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 10 bis D.Lgs. 286/98 e 1, co. 16 lett. A) L. 94/09 con gli artt. 2, 3, 10, 25, 27, 97, 111 e 117 della Costituzione Italiana», si è limitato a disporre la sospensione del proprio giudizio e la rimessione degli atti a questa Corte.
Considerato che i giudizi hanno come oggetto parzialmente comune una medesima disposizione e vanno, perciò, riuniti per essere congiuntamente decisi;
che il Giudice di pace di Montepulciano dubita, in particolare, in riferimento agli artt. 3, 25 e 27 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), il quale punisce a titolo di contravvenzione, salvo che il fatto costituisca più grave reato, la condotta dello straniero che fa ingresso o si trattiene nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni dettate dal medesimo testo unico; nonché dell’art. 16, comma 1, come modificato dall’art. 1, comma 16, lettera b) e comma 22, lettera o), della legge n. 94 del 2009, e dell’art. 62-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), aggiunto dall’art. 1, comma 17, lettera d) della legge n. 94 del 2009;
che, nell’ordinanza di rimessione, il Giudice a quo omette, tuttavia, qualsiasi descrizione della fattispecie devoluta al suo giudizio, trascurando di indicare le ragioni per le quali la questione di legittimità costituzionale – peraltro già decisa, nel merito, nel senso della infondatezza, con la sentenza n. 250 del 2010 – sarebbe rilevante nel giudizio stesso;
che la questione proposta deve essere dichiarata inammissibile, in quanto l’atto di rimessione risulta privo degli indispensabili requisiti per consentire a questa Corte di procedere al preliminare scrutinio relativo al nesso di pregiudizialità tra la questione sollevata e la decisione che il giudice rimettente è chiamato ad adottare;
che ancor più radicalmente inammissibile si presenta la questione sollevata dal Giudice di pace di Palermo, il quale si è limitato a pronunciare una ordinanza di rimessione che consta del solo dispositivo, essendo totalmente priva di qualsiasi descrizione dei fatti di causa e di motivazione tanto sulla rilevanza che sulla non manifesta infondatezza della questione, enunciata solo attraverso il richiamo degli articoli di legge che si assumono in contrasto con i numerosi parametri indicati;
che, pertanto, le questioni vanno dichiarate manifestamente inammissibili.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica); dell’articolo 16, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 286 del 1998, come modificato dall’art. 1, comma 16, lettera b) e comma 22, lettera o), della legge n. 94 del 2009; nonché dell’articolo 62-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), aggiunto dall’art. 1, comma 17, lettera d), della legge n. 94 del 2009, sollevate, in riferimento agli articoli 3, 25 e 27 della Costituzione, dal Giudice di pace di Montepulciano e, in riferimento agli articoli 2, 3, 10, 25, 27, 97, 111 e 117 della Costituzione, dal Giudice di pace di Palermo, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 2011.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Paolo GROSSI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 25 febbraio 2011.