SENTENZA N. 214
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 4, della legge della Regione Puglia 20 dicembre 1973 n. 26 (Norme in materia di circoscrizioni comunali), come modificato dall’art. 1 della legge della Regione Puglia 30 settembre 1986 n. 28 (Modifica della legge regionale 20 dicembre 1973, n. 26 concernente norme in materia di circoscrizioni comunali), promosso dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione di Lecce, nel procedimento vertente tra A. P. e il Comune di Sogliano Cavour ed altri con ordinanza del 23 marzo 2009, iscritta al n. 167 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 2009.
Visto l’atto di costituzione di A. P.;
udito nell’udienza pubblica dell’11 maggio 2010 il Giudice relatore Ugo De Siervo;
udito l’avvocato Giuseppe Gallo per A. P..
Ritenuto in fatto
1. – Con ordinanza depositata il 23 marzo 2009 e pervenuta a questa Corte il 20 maggio 2009 il Tribunale amministrativo per la Puglia, sezione di Lecce, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 4, della legge della Regione Puglia 20 dicembre 1973, n. 26 (Norme in materia di circoscrizioni comunali), nel testo aggiunto dall’art. 1 della legge della medesima Regione 30 settembre 1986, n. 28 (Modifica della legge regionale 20 dicembre 1973, n. 26 concernente norme in materia di circoscrizioni comunali), in riferimento all’art. 133 della Costituzione.
Il TAR rimettente premette di essere investito del ricorso proposto con riguardo alla destinazione urbanistica di un fondo originariamente sito presso il Comune di Sogliano Cavour, ma entrato a far parte del contiguo Comune di Galatina per effetto del decreto del Presidente della Giunta regionale n. 326 del 2004, che ha operato una variazione dei confini dei due Comuni contermini.
Il predetto decreto, prosegue il rimettente, è stato adottato in applicazione della disposizione impugnata, secondo la quale «quando la modifica della circoscrizione territoriale ha luogo per effetto di permuta e/o di cessione di terreni fra comuni contermini che, d’accordo, ne regolino anche i rapporti patrimoniali ed economico-finanziari di cui al successivo art. 7, alle istanze dei comuni interessati provvede il Presidente della Giunta regionale con proprio decreto, su conforme deliberazione della Giunta medesima». Pertanto, il procedimento di modifica delle circoscrizioni comunali interessate, preceduto nel caso di specie dall’accordo fra i Comuni sulla permuta dei terreni, non è stato accompagnato dal referendum rivolto alle popolazioni interessate, né si è perfezionato per mezzo di una legge regionale, secondo quanto invece prescritto dall’art. 133, secondo comma, della Costituzione.
Nel giudizio a quo, prosegue il rimettente, il passaggio del fondo della ricorrente da un Comune all’altro spiega effetti, poiché comporta il rigetto della domanda di rilascio di permesso a costruire, che è stata formulata all’indirizzo del Comune di Sogliano Cavour, anziché del Comune di Galatina, ove, comunque, vige una normativa urbanistica più severa.
Pertanto il TAR giudica rilevante la questione di costituzionalità della legge regionale impugnata, di cui il decreto del Presidente della Giunta (anch’esso censurato nel giudizio a quo) ha reso puntuale applicazione.
Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente osserva che l’art. 5 della legge impugnata prevede ai commi 1 e 2 un’ipotesi generale di modifica territoriale delle circoscrizioni comunali, alla quale si applica integralmente quanto previsto dall’art. 133, secondo comma, Cost.; a tale disposizione costituzionale, invece, il comma 4, oggetto di censura, apporterebbe una deroga per il caso peculiare su cui verte il processo principale: la norma impugnata non potrebbe essere interpretata in un senso costituzionalmente conforme, né con riguardo all’art. 133 Cost., né con riguardo all’art. 63 dello statuto della Regione Puglia, approvato con la legge 22 maggio 1971, n. 349 (Approvazione, ai sensi dell’art. 123, comma secondo, della Costituzione, dello Statuto della Regione Puglia), e vigente quando il decreto del Presidente della Giunta è stato emanato, che nella sostanza riprodurrebbe quanto previsto dalla Costituzione.
Si è costituita in giudizio la ricorrente nel processo principale, concludendo per l’accoglimento della questione.
La parte privata reputa palese la violazione degli artt. 3 e 133 Cost., posto che la norma impugnata non prevede né il referendum consultivo, né la riserva di legge regionale, e spende a tale proposito argomenti analoghi a quelli del rimettente.
Considerato in diritto
1. – Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione di Lecce, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 4, della legge della Regione Puglia 20 dicembre 1973, n. 26 (Norme in materia di circoscrizioni comunali), nel testo aggiunto dall’art. 1 della legge della medesima Regione 30 settembre 1986, n. 28 (Modifica della legge regionale 20 dicembre 1973, n. 26 concernente norme in materia di circoscrizioni comunali), in riferimento all’art. 133 della Costituzione.
La disposizione impugnata prevede che una modifica territoriale «effetto di permuta e/o di cessione di terreni» fra Comuni confinanti, che siano tra loro d’accordo e che anche abbiano regolato d’intesa tra loro «i rapporti patrimoniali ed economico finanziari», possa intervenire mediante decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale.
Ad avviso del giudice a quo, che deve fare applicazione di tale previsione normativa in giudizio, con una disposizione del genere si derogherebbe a quanto previsto del secondo comma dell’art. 133 Cost., secondo cui le modifiche delle circoscrizioni comunali debbono essere decise da leggi regionali, sentite le popolazioni interessate. Anche la disposizione dello statuto della Regione Puglia vigente alla data del provvedimento regionale che ha parzialmente modificato i confini fra i Comuni di Galatina e di Sogliano Cavour (art. 63 della legge 22 maggio 1971, n. 349, Approvazione, ai sensi dell’art. 123, comma secondo, della Costituzione, dello Statuto della Regione Puglia) prevedeva che mutamenti del genere potessero avvenire solo per legge regionale «sentite le popolazioni interessate».
2. – Nel costituirsi in giudizio, la parte ricorrente nel processo principale ha dedotto, altresì, la violazione dell’art. 3 Cost., che è parametro non invocato dal rimettente: tale censura non può conseguentemente divenire oggetto di scrutinio, poiché nel giudizio incidentale «non possono essere esaminati gli autonomi vizi eccepiti» dalle parti, ma non dal giudice a quo (ex plurimis, sentenza n. 362 del 2008).
3. – La questione è fondata.
La norma impugnata introduce un procedimento semplificato, ai fini della modifica delle circoscrizioni comunali nella Regione Puglia, limitatamente al caso in cui essa derivi da permuta e/o da cessione di terreni voluta dalle due amministrazioni comunali confinanti: la formulazione letterale di tale previsione normativa rende evidente che si possa procedere in difetto di entrambi i requisiti richiesti dall’art. 133, secondo comma, Cost., ovvero la legge regionale ed il referendum consultivo.
Quanto a quest’ultimo, in particolare, questa Corte ha già affermato, da ultimo nella sentenza n. 237 del 2004, che è principio consolidato della propria giurisprudenza quello «secondo cui l’art. 133, secondo comma, della Costituzione, che nell’attribuire alla Regione il potere, con legge, di istituire «nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni», prescrive di sentire «le popolazioni interessate», «comporta, per le Regioni a statuto ordinario, l’obbligo di procedere a tal fine mediante referendum (cfr. sentenze n. 279 del 1994, n. 107 del 1983 e n. 204 del 1981)». L’istituto referendario, infatti, garantisce «l’esigenza partecipativa delle popolazioni interessate» (sentenza. n. 279 del 1994) anche per la mera modificazione delle circoscrizioni comunali (sentenza. n. 433 del 1995) e pertanto il legislatore regionale dispone in materia soltanto del potere di regolare il procedimento che conduce alla variazione, ed in particolare di stabilire gli eventuali criteri per la individuazione delle “popolazioni interessate” al procedimento referendario (sentenza. n. 94 del 2000).
Posto che l’art. 133, secondo comma, Cost. impone l’osservanza di tali forme ogni qual volta si verifichi l’effetto di una modifica delle circoscrizioni territoriali, non sono ammesse deroghe per ipotesi ritenute di minor rilievo.
Difatti, la legislazione statale e, quanto alla Regione Puglia, la stessa legislazione statutaria sviluppatasi a partire dall’art. 133, secondo comma, Cost. è rispettosa delle condizioni appena accennate.
L’art. 15 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), nel disciplinare l’esercizio dei poteri regionali in tema di modifiche territoriali dei Comuni, ha previsto in generale la necessità che la Regione proceda in via legislativa, sentendo previamente le popolazioni interessate, senza distinguere dalle altre le ipotesi in cui esista una concorde volontà degli enti coinvolti nelle modificazioni territoriali.
Inoltre, la stessa Regione Puglia ha previsto in entrambi i testi statutari che ha adottato, in conformità al dettato costituzionale ed alla richiamata giurisprudenza costituzionale, una disciplina uniforme sia per l’istituzione mediante legge di nuovi Comuni, sia per i mutamenti delle loro circoscrizioni e denominazioni ed ha previsto la necessità di previe idonee forme di partecipazione delle popolazioni interessate (al già richiamato art. 63 dello statuto del 1971 è seguito l’art. 19, secondo comma, dello statuto attualmente vigente, approvato con la legge regionale 12 maggio 2004, n. 7, recante lo Statuto della Regione Puglia).
Invece, nella propria legislazione ordinaria, a partire dal 1986, la Regione ha escluso sia la necessità della apposita legge regionale, sia la previa consultazione referendaria delle popolazioni interessate, nell’ipotesi, propria del giudizio a quo, in cui fra Comuni contermini, in presenza di permuta e/o cessione di terreni, vi fosse un accordo fra le amministrazioni comunali interessate dalle modifiche territoriali, quando, invece, l’art. 133, secondo comma, Cost. non consente in nessun caso di surrogare con altri elementi procedimentali né la legge regionale, né il referendum: così l’art. 2 della legge regionale 30 settembre 1986, n. 26 (Modifica della legge regionale 20 dicembre 1973, n. 27, concernente norme sul referendum abrogativo e consultivo) ha introdotto nell’art. 21, comma 4, lettera f) della legge regionale 20 dicembre 1973, n. 27 (Norme sul referendum abrogativo e consultivo), i criteri di individuazione delle popolazioni interessate al referendum nel caso di permuta del territorio fra due o più Comuni contermini solo per l’eventualità che manchi l’accordo dei Comuni interessati, postulando in tal modo in forma inequivoca che, ove l’accordo sia raggiunto, il referendum possa non avere luogo; contemporaneamente l’art. 1 della legge regionale n. 28 del 1986 ha introdotto il censurato comma 4 dell’art. 5 della legge regionale n. 26 del 1973.
Infine, l’art. 4 della legge regionale 25 febbraio 2010, n. 6 (Marina di Casalabate: modifica delle circoscrizioni territoriali dei Comuni di Lecce, Trepuzzi e Squinzano e integrazione della legge regionale 20 dicembre 1973, n. 26, Norme in materia di circoscrizioni comunali) ha aggiunto espressamente al comma 2 dell’art. 5 della stessa legge regionale n. 26 del 1973 la previsione secondo la quale «in caso di accordo fra i Comuni interessati si prescinde dalla consultazione popolare», ogni qual volta si proceda alla modifica delle circoscrizioni territoriali: con tale ultima disposizione normativa la deroga apportata all’art. 133, secondo comma, Cost. assume quindi una portata ancora più ampia, sia pure per il solo profilo dell’obbligo della consultazione referendaria.
La disposizione impugnata, confermata dalla contemporanea modifica apportata alla legge regionale sul referendum, non può pertanto che essere interpretata come elusiva della speciale procedura prescritta dal secondo comma dell’art. 133 Cost., a garanzia della partecipazione popolare al procedimento e della necessaria assunzione di responsabilità in questa materia da parte del massimo organo rappresentativo della Regione, mediante l’approvazione di un’apposita legge.
La disposizione censurata deve pertanto essere dichiarata incostituzionale.
4. – Ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 la dichiarazione di incostituzionalità deve essere estesa al comma 4, lettera f), dell’art. 21 della legge regionale n. 27 del 1973, limitatamente alle parole «quando manca l’accordo dei Comuni interessati», posto che tale previsione fa corpo con la norma impugnata, producendo unitamente ad essa, quanto alle parole colpite dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale, l’effetto di escludere il referendum. Parimenti incostituzionale in via consequenziale deve ritenersi l’art. 5, comma 2, della legge regionale n. 26 del 1973, limitatamente alle parole «In caso di accordo tra i comuni interessati si prescinde dalla consultazione popolare.», aggiunte dal già rammentato art. 4 della legge regionale n. 6 del 2010. Né vi sono ostacoli ad estendere la dichiarazione di illegittimità costituzionale ad una disposizione normativa sopravenuta allo stesso giudizio a quo, quando essa abbia carattere consequenziale. Infatti, l’apprezzamento di questa Corte, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, non presuppone la rilevanza delle norme ai fini della decisione propria del processo principale, ma cade invece sul rapporto con cui esse si concatenano nell’ordinamento, con riguardo agli effetti prodotti dalle sentenze dichiarative di illegittimità costituzionali. In tale prospettiva, l’art. 4 della legge regionale n. 6 del 2010 riproduce il medesimo vizio di incostituzionalità da cui è affetta la norma impugnata dal rimettente, sotto il profilo della sottrazione della procedura al referendum per il caso di accordo tra Comuni, ponendosi con quest’ultima in un rapporto tale per cui la dichiarazione di illegittimità costituzionale della sola disposizione censurata non sarebbe da sé sola idonea a rimuovere integralmente un vizio, in parte riprodotto dalla successiva legislazione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 4, della legge della Regione Puglia 20 dicembre 1973, n. 26 (Norme in materia di circoscrizioni comunali), aggiunto dall’art. 1 della legge della Regione Puglia 30 settembre 1986, n. 28 (Modifica della legge regionale 20 dicembre 1973, n. 26 concernente norme in materia di circoscrizioni comunali);
dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 21, comma 4, lettera f), della legge della Regione Puglia 20 dicembre 1973, n. 27 (Norme sul referendum abrogativo e consultivo), come modificato dall’art. 2 della legge della Regione Puglia 30 settembre 1986, n. 26 (Modifica alla legge regionale 20 dicembre 1973, n. 27 concernente norme sul referendum abrogativo e consultivo), limitatamente alle parole: «quando manca l’accordo dei Comuni interessati»;
dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, della legge della Regione Puglia n. 26 del 1973, come modificato dall’art. 4 della legge della Regione Puglia 25 febbraio 2010, n. 6 (Marina di Casalabate: modifica delle circoscrizioni territoriali dei Comuni di Lecce, Trepuzzi e Squinzano e integrazione della legge regionale 20 dicembre 1973, n. 26, Norme in materia di circoscrizioni comunali), limitatamente alle parole: «In caso di accordo tra i comuni interessati si prescinde dalla consultazione popolare.».
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 17 giugno 2010.