Sentenza n. 115 del 2010

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SENTENZA N. 115

ANNO 2010

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Francesco                    AMIRANTE                                    Presidente

-      Ugo                             DE SIERVO                                      Giudice

-      Paolo                           MADDALENA                                       ''

-      Alfio                            FINOCCHIARO                                     ''

-      Alfonso                       QUARANTA                                           ''

-      Franco                         GALLO                                                    ''

-      Luigi                            MAZZELLA                                            ''

-      Gaetano                       SILVESTRI                                             ''

-      Sabino                         CASSESE                                                ''

-      Maria Rita                   SAULLE                                                  ''

-      Giuseppe                     TESAURO                                               ''

-      Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       ''

-      Giuseppe                     FRIGO                                                     ''

-      Alessandro                  CRISCUOLO                                          ''

-      Paolo                           GROSSI                                                   ''

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi per conflitti di attribuzione tra enti sorti a seguito della nota n. 14413-2008, emessa in data 13 agosto 2008 dal Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento delle finanze – Direzione federalismo fiscale e della nota prot. n. 0108357, emessa in data 24 settembre 2008 dal suddetto Ministero, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni – Ufficio IX, promossi dalla Regione Siciliana con ricorsi notificati il 20 ottobre ed il 26 novembre 2008, depositati in cancelleria il 28 ottobre ed il 3 dicembre 2008 ed iscritti al n. 17 ed al n. 24 del registro conflitti tra enti 2008.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 9 febbraio 2010 il Giudice relatore Franco Gallo;

uditi l’avvocato Paolo Chiapparrone per la Regione Siciliana e l’avvocato dello Stato Anna Lidia Caputi Iambrenghi per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 20 ottobre 2008 e depositato il 28 ottobre successivo (registro ricorsi per conflitti fra enti n. 17 del 2008), la Regione Siciliana – in riferimento agli artt. 36 e 37 del proprio statuto di autonomia (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, recante «Approvazione dello Statuto della Regione siciliana», convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2), all’intero decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia finanziaria), e, in particolare, all’art. 2 del medesimo decreto – ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla nota n. 14413-2008, emessa in data 13 agosto 2008 dal Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento delle finanze – Direzione federalismo fiscale.

1.1. – Riferisce la ricorrente che, con il provvedimento impugnato − pervenutole in data 20 agosto 2008 − sono state rigettate le istanze (di cui alla nota prot. n. 8298 del 29 giugno 2007, alla nota n. 6991 del 21 maggio 2008, nonché alla «assessoriale prot. n. 9645 del 24 luglio 2008») con le quali la stessa Regione aveva rivendicato a sé la spettanza del gettito derivante dalla tassazione sul consumo di taluni prodotti energetici ed aveva sollecitato «l’emanazione delle opportune disposizioni e l’adozione dei provvedimenti necessari per consentire l’acquisizione al bilancio regionale del gettito relativo». La ricorrente rileva in proposito che la Direttiva del Consiglio dell’Unione europea del 27 ottobre 2003, n. 2003/96/CE (Ristrutturazione del quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità), ed il decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 26, che ha recepito nell’ordinamento italiano la predetta direttiva comunitaria, hanno determinato «sostanziali cambiamenti» nella disciplina nazionale della tassazione indiretta di alcuni prodotti energetici, modificandone le relative accise da imposte di produzione in imposte sul consumo.

La ricorrente afferma che l’impugnata nota víola gli artt. 36 e 37 dello statuto della Regione Siciliana ed il d.P.R. n. 1074 del 1965, perché tali norme attribuiscono alla Regione tutti i tributi erariali, in qualsiasi modo denominati, il cui presupposto d’imposta si sia verificato nell’àmbito della stessa Regione, con le eccezioni previste sia dal secondo comma dell’art. 36 dello statuto (imposte di produzione, entrate del monopolio dei tabacchi e del lotto), sia dall’art. 2 del menzionato d.P.R. n. 1074 del 1965 (nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime; entrate derivanti dalle imposte di produzione, dal monopolio dei tabacchi, dal lotto e dalle lotterie carattere nazionale).

1.2. – Piú specificamente, la ricorrente rileva che: a) l’art. 1 del d.lgs. n. 26 del 2007 ha apportato significative modifiche al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative); b) tale disposizione ha integralmente sostituito gli artt. 21 (Prodotti sottoposti ad accisa) e 26 (Disposizioni particolari per il gas naturale) del citato d.lgs. n. 504 del 1995, determinando un «nuovo assetto» di tali imposte indirette, con lo spostamento del momento impositivo − per alcuni prodotti energetici quali il carbone, la lignite, il coke ed il gas naturale − da quello della produzione a quello della fornitura e del relativo consumo; c) il comma 6 dell’art. 21, come sostituito, prevede, infatti, che «I prodotti di cui al comma 2, lettera h) [cioè: carbone, lignite e coke (codici NC 2701, 2702 e 2704)], sono sottoposti ad accisa, con l’applicazione dell’aliquota […] al momento della fornitura […]» e che «Si considera fornitura anche l’estrazione o la produzione dei prodotti di cui al comma 2, lettera h), da impiegare per uso proprio»; d) il comma 1 dell’art. 26, come sostituito, prevede, a sua volta, che: «Il gas naturale (codici NC 2711 11 00 e NC 2711 21 00), destinato alla combustione per usi civili e per usi industriali, nonché all’autotrazione, è sottoposto ad accisa, con l’applicazione delle aliquote di cui all’allegato I, al momento della fornitura ai consumatori finali ovvero al momento del consumo per il gas naturale estratto per uso proprio»; e) anche l’Agenzia delle dogane − nel fornire, con la circolare del 8 maggio 2007, n. 17/D, indicazioni applicative a séguito del d.lgs. n. 26 del 2007 − ha ritenuto di dover «sottolineare l’individuazione, per molti di questi prodotti, del peculiare momento generatore dell’obbligazione tributaria nell’atto di cessione all’utente finale (…)»; f) che la citata circolare ribadisce, per il gas naturale (par. 8.1), che «il momento generativo dell’obbligazione tributaria coincide con il momento della fornitura del prodotto ai consumatori finali ovvero con quello del consumo per il gas naturale estratto per uso proprio (…)» e che, quanto a carbone,lignite e coke di carbon fossile, per tali prodotti «momento generatore ed esigibilità dell’imposta coincidono con la fornitura del prodotto stesso all’utilizzatore finale» (par. 9).

La ricorrente afferma che, in ragione di tali modifiche normative, non è piú possibile configurare la tassazione dei prodotti in questione quale imposta di produzione. Tale circostanza − prosegue la ricorrente − «assume particolare rilievo con riguardo al particolare impianto finanziario della Regione siciliana», in quanto, ai sensi dell’art. 36 dello statuto speciale e delle correlate norme di attuazione in materia finanziaria, sono attribuite alla Regione medesima tutte le entrate tributarie erariali, dirette ed indirette, comunque denominate, riscosse nell’àmbito del suo territorio, ad eccezione delle entrate derivanti dalle imposte di produzione, dal monopolio dei tabacchi, dal lotto e dalle lotterie carattere nazionale, tutte riservate allo Stato. Quanto all’imposta sul gas, non ha poi rilievo alcuno − secondo la ricorrente − la circostanza che la tabella A) annessa al citato d.P.R. n. 1074 del 1965 annoveri, tra le altre «imposte di produzione» ivi previste quali «Entrate tributarie riservate allo Stato in base all’art. 36, secondo comma, dello Statuto», anche l’«imposta erariale sul gas metano». Infatti, tale inclusione non determinerebbe alcuna riserva assoluta in favore dello Stato, ma sarebbe giustificata da «scopi esplicativi e di chiarezza», in quanto, al momento della compilazione delle norme di attuazione, l’imposizione erariale sul gas metano era configurata quale imposta di produzione. In ogni caso − aggiunge la stessa ricorrente − la richiesta di attribuzione alla Regione Siciliana ha per oggetto il gettito dell’imposta sul «gas naturale» e non l’«imposta erariale sul gas metano».

La Regione ritiene, poi, prive di fondamento le ragioni adottate dallo Stato, con la nota impugnata, per denegare la spettanza delle accise su carbone, coke e lignite.

In proposito, la ricorrente rileva, in primo luogo, che è infondato l’argomento secondo cui le imposte su tali prodotti vennero destinate, in origine, «a specifiche esigenze di copertura di spese», considerando che l’art. 52, comma 6, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002), ha disposto che «cessano di avere applicazione le riserve all’erario statale già disposte ai sensi del primo comma dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074, con leggi entrate in vigore anteriormente».

In secondo luogo, la Regione ricorrente afferma che è privo di pregio anche l’ulteriore argomento prospettato nella nota oggetto di impugnazione, secondo cui i tributi in questione non erano stati istituiti all’epoca della compilazione delle norme statutarie in materia finanziaria e che, pertanto, essi non possono essere oggi di spettanza regionale. Per la ricorrente, infatti, la Corte costituzionale, ricostruendo in diverse pronunzie l’assetto finanziario della Regione siciliana, ha riconosciuto non soltanto la spettanza «del gettito, regionalmente riscosso, dei tributi istituiti e regolati dalle leggi dello Stato, pienamente applicabili anche nel territorio della regione siciliana» (sentenza n. 11 del 1999), ma ha riconosciuto tale spettanza in relazione a proventi da imposte istituite dopo l’emanazione delle norme di attuazione statutaria (sentenza n. 288 del 2001).

In terzo luogo, la ricorrente contesta l’ulteriore argomento prospettato nella nota ministeriale, secondo cui, essendo unico il concetto di accisa, la distinzione tra imposte di fabbricazione e imposte di consumo sarebbe di natura «puramente concettuale», tale, quindi, da non consentire la sottrazione all’erario statale del gettito di tassazione dei prodotti energetici in questione. La Regione ricorrente rileva infatti che: a) le definizioni legislative di “accisa” preesistenti al recepimento della Direttiva CE n. 2003/96/CE ad opera del citato d.lgs. n. 26 del 2007 «non contrastano con i sostanziali cambiamenti da tale decreto legislativo determinati nella disciplina della tassazione indiretta»; b) ciò che accomuna le varie imposizioni, sulla fabbricazione o sui consumi, sotto il termine “accisa” «è solo la loro natura di imposizioni indirette che gravano sulla quantità dei beni prodotti o immessi in consumo», a differenza, ad esempio, dell’IVA che incide sul loro valore; c) come già sottolineato, l’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965 attribuisce alla Regione, per contro, la spettanza di «tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell’ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate» e riserva allo Stato, in combinato con l’art. 36 dello statuto, le sole entrate derivanti dalle imposte di produzione, dal monopolio dei tabacchi, dal lotto e dalle lotterie nazionali; d) il quadro statutario in materia finanziaria ha dunque «operato una ripartizione “dinamica” fra Stato e Regione non basato su criteri quantitativi, ma sulla natura dei tributi», fatte salve le nuove imposte istituite dallo Stato con specifica destinazione alla copertura di determinate spese, con la conseguenza che spetta all’erario regionale il gettito dell’imposizione, maturata nell’àmbito della regione, derivante dalla tassazione indiretta del gas naturale, carbone, lignite e coke, secondo il vigente testo del d.lgs. n. 504 del 1995.

In forza di tali considerazioni, la Regione Siciliana ha chiesto che, in accoglimento del ricorso, la Corte dichiari l’illegittimità costituzionale della nota impugnata, in quanto lesiva delle attribuzioni regionali in materia finanziaria sancite dagli artt. 36 e 37 dello statuto e dalle correlate norme di attuazione approvate con il d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, e, conseguentemente, annulli l’atto impugnato «nella parte in cui nega la spettanza regionale del gettito delle imposte» indicate nel ricorso, maturate nell’àmbito del territorio della Regione siciliana.

2. – Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che il ricorso venga dichiarato infondato e, pertanto, rigettato.

La difesa erariale sostiene che l’eventuale conversione, per effetto del d.lgs. n. 26 del 2007, delle imposte sul gas naturale, sulla lignite, sul carbone e sul coke da imposte di fabbricazione in imposte di consumo «non potrebbe comunque legittimare […] l’attribuzione alla Regione delle relative entrate». Ciò in quanto «eventuali modifiche del momento generatore dell’obbligazione tributaria» relativa ai prodotti energetici in questione non potrebbero comunque «influire sulla natura giuridica dei tributi correlati», i quali rimangono assoggettati al regime proprio delle “accise”, cui appartengono, senza che siano esclusi dalla categoria delle entrate riservate espressamente allo Stato. A parere della difesa erariale, infatti, la categoria delle “accise” è unitaria ed è comprensiva sia delle imposte di fabbricazione che di quelle di consumo, a prescindere dallo specifico presupposto impositivo. Unitarietà, questa, che è desumibile da una serie di indici normativi, ed, in particolare: a) dall’art. 1, comma 2, lettera b), del d.lgs. n. 504 del 1995, il quale definisce “accisa” «l’imposizione indiretta sulla produzione e sui consumi prevista con la denominazione di imposta di fabbricazione o di consumo e corrispondente sovrimposta di confine o di consumo»; b) dall’art. 7, comma 2, lettera d), della legge 7 aprile 2003, n. 80 (Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale), secondo il quale per accisa «si intende», tra l’altro, «l’imposta sui consumi di carbone, coke di petrolio e bitume di origine naturale emulsionato con il 30 per cento di acqua, denominato “orimulsion” (NC 2714), impiegati negli impianti di combustione come definiti dalla direttiva 88/609/CEE del 24 novembre 1988 del Consiglio».

In ogni caso, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, il sistema di ripartizione delle entrate tributarie non è ispirato ad un criterio in forza del quale allo Stato sono riservate le entrate derivanti da imposte con presupposto impositivo coincidente con la fabbricazione del prodotto, ma all’esigenza di attribuire all’erario centrale «tutte quelle entrate derivanti da imposte gravanti su determinati prodotti, a prescindere dallo specifico presupposto impositivo». Da ciò consegue che le «imposte sulla produzione», contemplate dall’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965 quali «entrate derivanti da imposte riservate allo Stato», sono riconducibili a quelle comprese nella categoria unitaria delle “accise”. Inoltre, secondo la difesa dello Stato, il «gas naturale» di cui al d.lgs. n. 26 del 2007 non è che una nuova denominazione del «gas metano», la cui imposta erariale, secondo la tabella A) allegata al d.P.R. n. 1074 del 1965, è riservata espressamente all’erario statale. L’Avvocatura dello Stato evidenzia, infine, che l’eventuale accoglimento del ricorso «introdurrebbe nella materia una soluzione distonica rispetto alla corretta ricostruzione dei rapporti tra Stato e regioni» quale delineata dal testo dell’art. 117, secondo comma, lettera q), Cost., posto che la materia doganale è stata sempre sottratta alla competenza regionale.

3. – Con ricorso notificato il 26 novembre 2008 e depositato il 3 dicembre successivo (registro ricorsi per conflitti fra enti n. 24 del 2008), la Regione Siciliana – in riferimento agli artt. 36 e 37 del proprio statuto, all’intero d.P.R. n. 1074 del 1965 e, in particolare, all’art. 2 del medesimo decreto – ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla nota prot. n. 0108357, emessa in data 24 settembre 2008 dal suddetto Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni – Ufficio IX.

Riferisce la ricorrente che, con il provvedimento impugnato, pervenutole in data 29 settembre 2008, sono state rigettate le istanze (di cui alle note prot. n. 8298 del 29 giugno 2007, n. 12919 del 26 ottobre 2007 e n. 6991 del 21 maggio 2008, nonché alla «assessoriale prot. n. 9645 del 24 luglio 2008») − con le quali la stessa Regione aveva rivendicato a sé la spettanza del gettito derivante dalla tassazione sul consumo di taluni prodotti energetici ed aveva sollecitato «l’emanazione delle opportune disposizioni e l’adozione dei provvedimenti necessari per consentire l’acquisizione al bilancio regionale del gettito relativo».

La Regione ricorrente evidenzia che il provvedimento oggetto di impugnativa è confermativo della nota 13 agosto 2008, n. 14413-2008 dello stesso Ministero, già impugnata dalla medesima Regione dinnanzi a questa Corte ed oggetto del conflitto tra enti n. 17 del 2008 e che, pertanto, «l’odierna impugnativa segue a quella (…) citata essenzialmente a fini cautelativi». In ragione di tali premesse, la Regione Siciliana ripropone integralmente il contenuto del ricorso per conflitto tra enti n. 17 del 2008 e conclude chiedendo che la Corte, in accoglimento del ricorso, dichiari l’illegittimità costituzionale della nota, in quanto lesiva delle attribuzioni regionali in materia finanziaria sancite negli artt. 36 e 37 dello statuto e delle correlate norme di attuazione approvate con il d.P.R. n. 1074 del 1965, e, per l’effetto, annulli l’atto impugnato «nella parte in cui nega la spettanza regionale del gettito delle imposte», già individuate nel citato ricorso n. 17 del 2008 e «maturate nell’ambito del territorio della Regione siciliana».

4. – Il Presidente del Consiglio dei ministri si è costituito anche in tale secondo giudizio, ribadendo le argomentazioni svolte nel precedente.

5. – In vista dell’udienza pubblica, la Regione ha depositato una memoria riguardante, congiuntamente, i ricorsi n. 17 e n. 24 del 2008, con la quale vengono contestate le deduzioni formulate dall’Avvocatura generale dello Stato.

5.1. – Con riferimento alla tesi della difesa erariale secondo cui le accise, quali imposte comprendenti sia quelle di fabbricazione che di consumo, sarebbero comunque di spettanza statale, la ricorrente rileva che tale affermazione non considera che l’art. 36 dello statuto della Regione medesima riserva allo Stato non le “accise”, bensí soltanto le «imposte di produzione e le entrate dei monopoli dei tabacchi e del lotto». Inoltre, neppure le norme di attuazione dello statuto medesimo fanno menzione del termine “accisa”; al contrario, il numero 11) della tabella A) del d.P.R. n. 1074 del 1965 individua come spettanti allo Stato le «imposte di produzione», includendovi soltanto imposte di fabbricazione e produzione e nessuna imposta di consumo: ed, anzi, talune di queste ultime (come l’imposta sul consumo del caffè o del cacao) sono indicate espressamente di spettanza regionale nella tabella D) del medesimo d.P.R. n. 1074 del 1965. Secondo la Regione ricorrente, dunque, «è fuorviante» affermare, invocando l’ampia ed unitaria nozione di accisa, che la trasformazione di un’entrata tributaria da imposta di produzione o fabbricazione in imposta di consumo «sia priva di conseguenze» in ordine al riparto delle entrate tributarie di cui all’art. 36 dello statuto della Regione Siciliana.

5.2. – La ricorrente evidenzia, poi, che la nozione di accisa non coincide con quella di «imposta di produzione o fabbricazione», ma connota, semplicemente, l’«imposizione indiretta sulla produzione e sui consumi» (art. 1, comma 2, lettera b, del d.lgs. n. 504 del 1995); inoltre, «l’unitarietà di considerazione» di tale nozione viene in rilievo solo in quanto essa grava «sulla quantità dei beni prodotti o immessi in consumo esprimendosi in termini di aliquote rapportate all’unità di misura».

5.3. – Infine, la Regione Siciliana reputa «inconferente» il richiamo all’art. 117, secondo comma, lettera q), Cost., perché tale norma riguarda la materia doganale, «intesa quale mezzo di protezione dell’economia nazionale nel quadro internazionale», e non è, perciò, pertinente né alla materia tributaria né alle accise, «indirizzate anche e soprattutto alla tassazione di prodotti dell’economia interna».

Considerato in diritto

1. – La Regione Siciliana ha proposto – in riferimento agli artt. 36 e 37 del proprio statuto (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, recante «Approvazione dello Statuto della Regione siciliana», convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2), nonché all’intero decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia finanziaria), e, in particolare, all’art. 2 di detto decreto – due distinti ricorsi per conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione, rispettivamente, alla nota emessa in data 13 agosto 2008, prot. n. 14413-2008, dal Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento delle finanze – Direzione federalismo fiscale (ricorso n. 17 del 2008), ed alla nota emessa in data 24 settembre 2008, prot. n. 0108357, dallo stesso Ministero, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni – Ufficio IX (ricorso n. 24 del 2008).

La ricorrente riferisce che: a) con le note n. 8298 del 29 giugno 2007, n. 12912 del 26 ottobre 2007, n. 6991 del 21 maggio 2008 e n. 9645 del 24 luglio 2008, aveva richiesto «l’acquisizione al bilancio regionale del gettito» delle imposte indirette disciplinate dal decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative), relativamente a quelle concernenti alcuni prodotti energetici, quali il gas naturale, il carbone, la lignite ed il coke, e «maturate nell’ambito del territorio della Regione siciliana»; b) la richiesta era motivata dal fatto che − a séguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 26 (Attuazione della direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità), modificativo del citato d.lgs. n. 504 del 1995 – tali imposte debbono essere qualificate non piú «di produzione» (con gettito riservato, quindi, allo Stato, ai sensi del secondo comma dell’art. 36 dello statuto e del secondo comma dell’art. 2 delle norme di attuazione statutaria), ma «sul consumo», con gettito spettante alla Regione; c) con le note impugnate, il Ministero dell’economia e delle finanze aveva respinto la suddetta richiesta, negando la spettanza regionale del gettito delle suddette imposte, sul rilievo che: c.1.) l’imposta sul gas naturale costituisce soltanto una nuova denominazione dell’imposta sul metano, il cui gettito è attribuito espressamente allo Stato dal combinato disposto dell’art. 2 delle norme di attuazione statutaria e del numero 11) della tabella A) annessa a tali norme; c.2.) tutte le imposte richiamate dalla Regione (ivi compresa quella sul gas naturale) rientrano – ai sensi del d.lgs. n. 504 del 1995 − nella unitaria nozione di «accisa», nell’àmbito della quale la distinzione tra imposte «di produzione» e «sul consumo» è «meramente concettuale», con la conseguenza che ogni accisa va considerata «alla stessa stregua delle imposte di produzione», il cui gettito è attribuito allo Stato dall’art. 36, secondo comma, dello statuto.

La ricorrente conclude chiedendo che la Corte dichiari «l’illegittimità costituzionale» delle note ministeriali impugnate, perché lesive delle attribuzioni regionali in materia finanziaria garantite dagli evocati parametri, ed annulli tali atti, nella parte in cui viene da essi negata la spettanza regionale del gettito delle suddette imposte indirette, «maturate nell’ambito del territorio della Regione siciliana».

2. – I proposti ricorsi hanno ad oggetto note ministeriali di contenuto sostanzialmente identico, emesse dallo stesso Ministero, e prospettano i medesimi motivi di impugnazione, chiedendo il riconoscimento della spettanza alla Regione del gettito delle stesse imposte indirette. Tali elementi di connessione inducono a disporre la riunione dei giudizi, perché questi siano congiuntamente trattati e decisi.

3. − I sollevati conflitti vanno risolti nel senso che spettava allo Stato emanare le note impugnate dalla Regione.

3.1. – Va premesso che i conflitti riguardano esclusivamente l’attribuzione del gettito delle accise sul gas naturale, carbone, lignite e coke divenute esigibili nell’àmbito del territorio della Regione Siciliana.

Al riguardo, la normativa statutaria riserva in via generale allo Stato il gettito delle «imposte di produzione» (art. 36, secondo comma, dello statuto regionale; art. 2, secondo comma, delle norme di attuazione del medesimo statuto). Nell’àmbito di tale previsione generale, la tabella A) indica tra le «Imposte di produzione» alcuni specifici tipi di tributo, all’epoca esistenti, quali le «[…] 9) Imposte di fabbricazione sugli oli minerali, loro derivati e prodotti analoghi; 10) Imposte di fabbricazione sui gas incondensabili di prodotti petroliferi e sui gas resi liquidi con la compressione; 11) Imposta erariale sul gas metano […]».

Per la risoluzione dei conflitti è necessario accertare, perciò, se le accise gravanti sui prodotti energetici indicati dalla ricorrente, come disciplinate dal vigente testo del d.lgs. n. 504 del 1995, risultante dalle modifiche apportate dal d.lgs. n. 26 del 2007, rientrino o no tra le «imposte di produzione» che la sopra indicata normativa statutaria riserva allo Stato, integrando cosí l’elencazione contenuta nella citata tabella A) annessa alle norme di attuazione statutaria.

3.2. – La ricorrente assume che le accise in questione, in quanto si applicano al momento della fornitura del prodotto energetico al consumatore finale (artt. 21 e 26 del citato d.lgs. n. 504 del 1995), vanno qualificate come «imposte sul consumo», che − non costituendo «imposte di produzione», ai sensi della sopra ricordata normativa statutaria − spettano alla Regione Siciliana, con riferimento alle forniture effettuate nel territorio regionale. E ciò ancorché dette accise non siano comprese nell’elenco delle imposte nominativamente attribuite dallo statuto (e dalle correlative norme di attuazione) alla Regione Siciliana.

Tale assunto non è fondato.

3.2.1. − Nello statuto della Regione Siciliana e nella relativa normativa di attuazione non viene utilizzato il termine «accisa», ma sono impiegati esclusivamente i termini, da un lato, «imposta di produzione», nel cui àmbito sono espressamente ricondotte alcune specifiche «imposte di fabbricazione», e, dall’altro, «imposta sul consumo».

In particolare, come si è già accennato, l’art. 36, secondo comma, dello statuto attribuisce allo Stato il gettito delle «imposte di produzione» ed il secondo comma dell’art. 2 delle correlative norme di attuazione ribadisce che «competono allo Stato» le entrate derivanti da tali imposte. L’elenco di dette entrate contenuto nella tabella A) annessa alle medesime norme di attuazione individua nominativamente, tra le «imposte di produzione», varie «imposte di fabbricazione» ed alcuni «proventi derivanti dalla vendita» di determinati beni. Lo statuto non fa mai riferimento alle «imposte sul consumo» e, pertanto, non fissa alcun principio generale di riserva alla Regione di dette imposte. Solo nelle tabelle B) e D) annesse alle norme di attuazione – riguardanti, rispettivamente, i proventi del monopolio tabacchi spettanti allo Stato e varie «Entrate tributarie ed extratributarie doganali il cui gettito è di spettanza regionale» – vengono menzionati alcuni tributi denominati «imposte sul consumo».

Da tale ricognizione normativa si desume che tutte le «imposte di produzione» spettano, come stabilito in via di principio dallo statuto, allo Stato e che, perciò, l’elenco di dette imposte contenuto nella suddetta tabella A) ha carattere meramente esemplificativo. Ne consegue, altresí, che l’espressione «imposte di produzione» è suscettibile di includere altri tributi aventi le medesime caratteristiche delle imposte elencate nella menzionata tabella A). La mancanza invece, in tale sistema di norme, di un corrispondente principio generale di riserva alla Regione delle «imposte sul consumo» comporta che ad essa spettino esclusivamente quelle rientranti nella elencazione tassativa della tabella D) annessa alle norme di attuazione, secondo gli ordinari criteri di riparto del gettito. Anche per le imposte non rientranti né nella nozione di «imposte di produzione» né nell’elenco contenuto nella tabella D) si applicano i diversi criteri di riparto del gettito tra Stato e Regione stabiliti dalle altre norme statutarie e di attuazione statutaria.

3.2.2. – Né a tale conclusione può opporsi che dalla citata tabella D) sarebbe desumibile il principio della spettanza alla Regione di tutte le imposte «sul consumo», come sarebbe dimostrato dalla circostanza che, in tale tabella, alla dettagliata elencazione – ai numeri 1), 2) e 4) – di alcune specifiche imposte denominate «sul consumo» (del caffè, del cacao e delle banane) riservate alla Regione, fa séguito – al numero 5) – l’indeterminata menzione di «Entrate eventuali e diverse», ugualmente riservate alla Regione, concernenti, genericamente, «le imposte sul consumo e le dogane».

La genericità del richiamo alle «imposte sul consumo», infatti, è solo apparente e non è sufficiente a rendere aperto l’elenco della tabella D). E ciò perché, come si è appena detto, il legislatore delle norme di attuazione statutaria, attraverso tale richiamo, non ha inteso presupporre una precisa ed univoca distinzione dogmatica tra imposte di produzione e imposte sul consumo, sulla base della quale riservare alla Regione il gettito di tutte le imposte sul consumo, ma ha solo voluto attribuire alla Regione medesima quei tributi che erano denominati come «imposte di consumo» dalla legislazione dell’epoca. Tale attribuzione riguarda, pertanto, solo determinati tributi sul consumo e tra questi, in particolare, le ora abolite imposte locali di consumo, previste dal regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175 (Testo unico per la finanza locale). Ciò è confermato dalle seguenti considerazioni: a) in primo luogo, la natura delle norme di attuazione dello statuto impedisce di ritenere che la menzione delle «imposte sul consumo» contenuta solo nel numero 5) della tabella D) annessa a tali norme sia di per sé idonea ad introdurre un importante criterio generale di riparto del gettito tributario tra Stato e Regione, basato sulla distinzione tra imposte di produzione e imposte sul consumo, senza che quest’ultima categoria trovi rispondenza in alcuna norma statutaria (diversamente da quanto accade per le «imposte di produzione»); b) in secondo luogo, l’intento del legislatore delle norme di attuazione statutaria era solo quello, eminentemente pratico, di fondare il riparto del gettito tributario tra Stato e Regione su un criterio sicuro ed efficiente – quale quello della distinzione tra la categoria generale delle imposte di produzione, da una parte, e la semplice elencazione delle imposte indirette sul consumo contenuta nella tabella D), dall’altra – e non invece su un criterio imperniato sulla distinzione concettuale tra i due tipi di imposizione, il quale presupponeva indubbiamente piú complesse, incerte ed opinabili costruzioni dogmatiche circa la traslazione dell’onere tributario e la funzione, a tal fine, dell’eventuale rivalsa.

3.2.3. – Chiarito il carattere tassativo dell’elencazione delle imposte sul consumo contenuta nella tabella D), va ora rilevato che il termine «accisa» è stato introdotto nell’ordinamento italiano solo successivamente alla normativa statutaria e di attuazione statutaria ora esaminata, con il decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, il quale è stato emanato in puntuale attuazione di diverse direttive comunitarie (direttiva n. 92/12/CEE del Consiglio del 25

febbraio 1995; direttive del Consiglio, tutte del 19 ottobre 1992: n. 92/79/CEE, n. 92/80/CEE, n. 92/81/CEE, n. 92/82/CEE, n. 92/83/CEE e n. 92/84/CEE). In particolare, l’art. 1, comma 2, lettera a), di tale decreto-legge reca una precisa definizione legale di «accisa»; definizione che è stata, poi, letteralmente riprodotta nell’art. 1, comma 2, lettera b), del citato testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi, introdotto dal d.lgs. n. 504 del 1995, con la seguente formulazione: «l’imposizione indiretta sulla produzione e sui consumi prevista con la denominazione di imposta di fabbricazione e di consumo e corrispondente sovrimposta di confine o di consumo». L’art. 2 dello stesso decreto legislativo – inserito, come l’art. 1, tra le «Disposizioni generali» (Capo I) della «Disciplina delle accise» (Titolo I) e, quindi, applicabile a tutti i tipi di accise, sia sulla produzione che sul consumo – stabilisce, al pari dei commi 1 e 2 del corrispondente art. 2 del decreto-legge n. 331 del 1993, che: a) «Per i prodotti sottoposti ad accisa l’obbligazione tributaria sorge al momento della fabbricazione o della importazione» (comma 1); b) «L’accisa è esigibile all’atto della immissione in consumo del prodotto nel territorio dello Stato […]» (comma 2).

In forza della normativa comunitaria e del citato decreto legislativo, dunque, non ha rilevanza nella struttura dell’accisa la distinzione – pure astrattamente prevista dalla legge – tra imposte indirette sulla produzione ed imposte indirette sul consumo, perché in tale struttura vengono in considerazione, per ambedue i tipi di imposta, esclusivamente il «fatto generatore» del tributo (come si esprime la rubrica dell’art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1995 e dell’art. 2 del decreto-legge n. 331 del 1993), costituito dalla «fabbricazione» (id est, dalla produzione), e la «condizione [sospensiva] di esigibilità» del tributo stesso, costituita dalla «immissione in consumo». Proprio con riferimento a tale distinzione tra fatto generatore e condizione di esigibilità del tributo, l’art. 1, comma 2, lettera f), del citato decreto legislativo – al pari del corrispondente art. 1, comma 2, lettera d), del decreto-legge n. 331 del 1993 – definisce «regime sospensivo» il regime fiscale applicabile all’accisa sul bene fabbricato (o prodotto) fino al momento dell’esigibilità dell’accisa medesima.

Tali norme, perciò, hanno l’esplicito obiettivo di creare una nozione unitaria di accisa quale imposta relativa a specifici settori di produzione, in cui il consumo rileva esclusivamente come destinazione del bene prodotto (o importato) ed ai fini dell’esigibilità di un’obbligazione tributaria già sorta sin dal momento della fabbricazione (o importazione); e ciò ancorché, in base al sistema voluto dal legislatore, il soggetto che immette in consumo – e, perciò, tenuto al pagamento del tributo – possa essere diverso dal soggetto fabbricante (o produttore). Né la relativa disciplina si risolve in una irrilevante autoqualificazione legislativa. Anche a voler ricostruire in modo diverso la struttura del tributo (come ha fatto parte della dottrina, ad esempio individuando il presupposto d’imposta nella sola condizione di esigibilità oppure in una fattispecie a formazione progressiva comprensiva sia della fabbricazione che della suddetta condizione di esigibilità, ovvero dando alla previsione della rivalsa una rilevanza ai fini della individuazione della natura dell’accisa), resta infatti fermo in ogni caso che, secondo la disciplina legislativa sopra richiamata, alcuni effetti giuridici, come la soggezione a vigilanza fiscale, sorgono – per tutte le accise disciplinate dal d.lgs. n. 504 del 1995 – sin dal momento della fabbricazione o importazione e che vi è una particolare regolamentazione di eventi, come quelli riguardanti le perdite o distruzioni di prodotti, che si verificano in regime sospensivo d’imposta e, quindi, prima dell’avveramento della «condizione di esigibilità».

Ne consegue che dette accise – anche quando, in un qualche significato, siano definibili «sul consumo» –, da un lato, presentano le indicate caratteristiche proprie delle «imposte di produzione» riservate allo Stato dal secondo comma dell’art. 36 dello statuto regionale e dal secondo comma dell’art. 2 delle correlative norme di attuazione e, dall’altro, non rientrano comunque (per quanto detto ai punti 3.2.1. e 3.2.2.) nell’elenco delle «imposte sul consumo» di cui alla tabella D) annessa alla normativa di attuazione statutaria.

3.2.4. – Questa conclusione vale anche per le accise sui prodotti energetici disciplinate dal d.lgs. n. 26 del 2007, attuativo della direttiva n. 2003/96/CE, il cui gettito è rivendicato dalla Regione Siciliana, con riferimento al gas naturale, al carbone, alla lignite ed al coke.

Tale decreto legislativo infatti, nel modificare il d.lgs. n. 504 del 1995 al fine di dare attuazione alla direttiva comunitaria n. 96/2003/CE del 27 ottobre 2003 (la quale aveva abrogato le citate direttive n. 92/81/CEE e n. 92/82/CEE, sostituendole ed ampliando il campo applicativo della parimenti citata direttiva n. 92/12/CEE), si è limitato, in coerenza con l’indicata direttiva e con riguardo ai prodotti energetici, a mutare la definizione ed il nomen dei beni tassati, ad introdurre la menzionata piú ampia categoria generale dei «prodotti energetici», a ricomprendere nella denominazione di «gas naturale» il bene «gas metano» ed a spostare – per i particolari prodotti energetici menzionati dalla ricorrente – il momento dell’esigibilità delle citate imposte indirette dall’atto della loro «immissione in consumo» a quello della «fornitura» (art. 21, comma 6, del d.lgs. n. 504 del 1995, nel testo vigente, per il carbone, la lignite ed il coke) o della «fornitura al consumatore finale» (art. 26, commi 1, 7 e 9, del medesimo decreto legislativo, sempre nel testo vigente, per il gas naturale). Anche in base alla nuova formulazione, pertanto, le imposte indirette sui sopraindicati prodotti energetici, analogamente alla previgente disciplina: a) riguardano specifici settori di produzione; b) in forza del citato art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1995 (inserito, come si è visto, tra le «Disposizioni generali» e, quindi, applicabile ad ogni tipo di accisa), si articolano in un «fatto generatore» dell’obbligazione tributaria, costituito dalla «fabbricazione» (o dall’estrazione o dall’importazione) del bene, e in una condizione sospensiva denominata – come si è visto – «condizione di esigibilità» dell’imposta stessa (condizione che non consiste piú nell’«immissione in consumo», ma nella «fornitura» o «fornitura al consumatore finale»).

Va poi considerato che tutte le menzionate accise sui prodotti energetici hanno la loro genesi storica nelle previgenti accise sugli oli minerali e sul gas metano, il cui gettito, in quanto imposte di fabbricazione, spettava indubbiamente allo Stato, in forza dello stesso statuto regionale (circostanza, questa, non contestata dalla ricorrente).

È ragionevole ritenere, pertanto, che la nuova disciplina delle imposte, riproducendo la struttura e la funzione dei precedenti prelievi e modificando, in applicazione della sopravvenuta direttiva comunitaria, solo il momento della loro esigibilità, non abbia alterato la natura di imposte di produzione propria delle previgenti accise. È, comunque, appena il caso di accennare al riguardo che l’eventuale incidenza delle accise sul consumatore finale, in quanto può verificarsi economicamente sia per quelle sulla produzione che per quelle sul consumo, è circostanza inidonea ad infirmare le precedenti considerazioni sulla natura, propria delle accise in questione, di imposte sulla produzione.

3.2.5. – Questo quadro normativo è stato confermato, da ultimo, dalla direttiva del Consiglio n. 2008/118/CE del 16 dicembre 2008 (Direttiva del Consiglio relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE), in vigore dal 15 gennaio 2009. Tale direttiva – nel sostituire la sopra citata direttiva n. 92/12/CEE e nello stabilire il «regime generale relativo alle accise gravanti, direttamente o indirettamente, sul consumo» dei prodotti energetici di cui alla direttiva n. 2003/96/CE, dell’alcole e delle bevande alcoliche di cui alle direttive n. 92/83/CEE e n. 92/84/CEE e dei tabacchi e lavorati di cui alle direttive n. 95/59/CE, n. 92/79/CEE e n. 92/80/CEE – ribadisce che «I prodotti sottoposti ad accisa sono soggetti a tale imposta all’atto: a) della loro fabbricazione, compresa, se applicabile, l’estrazione, nel territorio della Comunità; b) della loro importazione nel territorio della Comunità» (art. 2) e che «L’accisa diviene esigibile al momento e nello Stato membro dell’immissione in consumo» (art. 7, paragrafo 1), inteso, per «immissione in consumo» anche «lo svincolo[…] da un regime di sospensione dall’accisa» (art. 7, paragrafo 2, lettera a). Anche in base all’attuale normativa comunitaria, dunque, l’obbligazione tributaria sorge già con la «fabbricazione» (o estrazione) e, fino al momento della sua «esigibilità», l’accisa è assoggettata ad un «regime di sospensione» (art. 4). In tal modo, le accise sono trattate come tributi indiretti afferenti alla fabbricazione (produzione), indipendentemente dalla loro incidenza economica sul consumo.

3.3. – Le suddette argomentazioni testuali, storiche e sistematiche convergono univocamente, dunque, nell’evidenziare che il gettito delle accise sui prodotti energetici introdotte dal d.lgs. n. 26 del 2007 e rivendicato dalla ricorrente è riservato non alla Regione Siciliana, ma allo Stato, in forza degli artt. 36, secondo comma, dello statuto e 2, secondo comma, delle correlative norme di attuazione, trattandosi di gettito relativo a «imposte di produzione». Di conseguenza, deve escludersi che lo Stato, negando alla Regione Siciliana, con le note ministeriali impugnate, l’attribuzione del gettito relativo alle suddette accise, abbia invaso la sfera di competenza costituzionale della Regione medesima.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi;

dichiara che spettava allo Stato e, per esso, al Ministero dell’economia e delle finanze emettere le note in data 13 agosto 2008, prot. n. 14413-2008, del Dipartimento delle finanze – Direzione federalismo fiscale, presso detto Ministero, e in data 24 settembre 2008, prot. n. 0108357, del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni – Ufficio IX, presso il medesimo Ministero, impugnate dalla Regione Siciliana con i ricorsi per conflitto di attribuzione indicati in epigrafe.

Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 2010.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 25 marzo 2010.