ORDINANZA N. 37
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA ''
- Alfio FINOCCHIARO ''
- Alfonso QUARANTA ''
- Franco GALLO ''
- Luig MAZZELLA ''
- Gaetano SILVESTRI ''
- Sabino CASSESE ''
- Maria Rita SAULLE ''
- Giuseppe TESAURO ''
- Paolo Maria NAPOLITANO ''
- Giuseppe FRIGO ''
- Alessandro CRISCUOLO ''
- Paolo GROSSI ''
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 19, comma 1, lettera e-bis), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), promosso dalla Commissione tributaria regionale del Veneto nel procedimento vertente tra Equitalia Nomos s.p.a. e Angelo Favaro con ordinanza del 22 gennaio 2009, iscritta al n. 149 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2009.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 2010 il Giudice relatore Paolo Maddalena.
Ritenuto che nel corso di un giudizio di appello promosso da Equitalia Nomos s.p.a., agente della riscossione per la Provincia di Treviso, nei confronti di Angelo Favaro, la Commissione tributaria regionale del Veneto, con ordinanza in data 22 gennaio 2009, ha sollevato, in riferimento all’art. 102 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 19, comma 1, lettera e-bis), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), nella parte in cui devolvono alla giurisdizione tributaria la cognizione della validità dell’ipoteca legale iscritta dal concessionario della riscossione ai sensi dell’art. 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), e successive modificazioni;
che il rimettente premette: che il contribuente ha impugnato dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Treviso l’avviso in data 14 febbraio 2007 di iscrizione di ipoteca legale sui terreni di sua proprietà, notificato dal concessionario a seguito di morosità nel pagamento di tributi iscritti a ruolo e notificati mediante cartelle di pagamento; che il giudice di primo grado ha accolto il ricorso ed ha annullato l’iscrizione ipotecaria, «in assenza dell’avvio dell’azione esecutiva nell’anno dall’avvenuta notifica delle cartelle di pagamento, salva l’intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni»; e che oggetto del giudizio di appello è la legittimità o meno dell’ipoteca, essendo stata questa iscritta «senza trasmettere al contribuente le intimazioni di pagamento previste» dall’art. 50, comma 2, del d.P.R. n. 602 del 1973, «allorché la procedura esecutiva non sia iniziata entro un anno dalla notifica delle cartelle di pagamento»;
che il giudice a quo osserva che lo stabilire se il titolo in base al quale l’ipoteca è stata iscritta sia rispondente ai requisiti previsti dall’art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973, rientra nella giurisdizione delle commissioni tributarie, secondo quanto stabilisce la lettera e-bis), aggiunta all’art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 dall’art. 35, comma 26-quinquies, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;
che la Commissione tributaria regionale dubita, in riferimento all’art. 102 Cost., della legittimità costituzionale della devoluzione di tale controversia alla giurisdizione tributaria, e ciò per «l’oggetto del sindacato commesso al giudice» e «la natura delle situazioni giuridiche sacrificate dall’esecuzione forzata sui beni del debitore»;
che il giudice rimettente ricorda che la giurisprudenza costituzionale ha precisato che l’attribuzione alla giurisdizione tributaria di controversie non aventi natura tributaria comporta la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici speciali: tale orientamento – espresso riguardo alle controversie sulle tariffe di cui sia esclusa la natura tributaria, in quanto la loro attribuzione alla giurisdizione tributaria “snatura” la materia originariamente attribuita alla cognizione del giudice speciale (sentenza n. 64 del 2008) – è stato, più di recente, riaffermato riguardo alle sanzioni che conseguano alla violazione di disposizioni non aventi natura tributaria, ritenute estranee all’oggetto della giurisdizione tributaria ancorché irrogate da uffici finanziari (sentenza n. 130 del 2008);
che, secondo il rimettente, analogamente a quanto si verifica nell’art. 2839 cod. civ., l’indagine sulla regolarità del procedimento previsto dall’art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973 non ha carattere estrinseco e formale, ma investe l’ipoteca nella sua sostanza, determinandone la nullità per la giuridica impossibilità del conservatore di procedere alla sua iscrizione ai sensi dell’art. 2840 cod. civ.: attribuirne la cognizione al giudice tributario significherebbe snaturarne le funzioni cognitorie di giudice speciale, in violazione dell’art. 102 Cost.;
che nel giudizio dinanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza della questione;
che, secondo la difesa erariale, non sarebbe rinvenibile, nella giurisprudenza costituzionale, l’affermazione di un principio di necessaria attribuzione al giudice ordinario di tutte le controversie esecutive e, tanto meno, di quelle che coinvolgono atti prodromici all’esecuzione;
che la questione – osserva l’Avvocatura – è stata sollevata in relazione ad una fattispecie nella quale la pretesa originaria aveva contenuto tributario, di talché essa non investe il profilo dell’attribuzione della giurisdizione al giudice tributario in ordine a provvedimenti di iscrizione di ipoteca posti a garanzia di crediti del concessionario originariamente non tributari;
che la configurazione della giurisdizione delle commissioni tributarie quale giurisdizione generale sul rapporto tributario, cui il legislatore è pervenuto per effetto di successivi interventi sull’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992, avvalorerebbe la razionalità di un simile riparto e, quindi, dell’attribuzione al giudice tributario delle controversie nelle quali il contribuente o un coobbligato contestino al concessionario il titolo per l’iscrizione dell’ipoteca ai sensi dell’art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973: questo titolo si costituisce infatti al completamento di una fattispecie i cui elementi – ne faccia, o meno, parte anche l’avviso ex art. 50, comma 2, del d.P.R. n. 602 del 1973 – si collocano, tutti, all’interno del rapporto tributario, nel contesto del quale si rinvengono i presupposti dell’iscrizione a ruolo, della successiva notifica della cartella di pagamento, della definitività di tale atto nonché quello, eventuale, della responsabilità in solido di altri debitori;
che la difesa erariale ricorda, infine, che la giurisprudenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione – escludendo che possano essere devolute alla cognizione delle commissioni tributarie, oltre alle controversie riguardanti iscrizioni che non hanno titolo in crediti tributari, anche queste ultime, nel caso in cui le contestazioni siano sollevate da terzi estranei al rapporto di imposta – sarebbe già pervenuta, in via interpretativa, ad una soluzione in linea con i principi affermati dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 64 e n. 130 del 2008.
Considerato che la questione sollevata, in riferimento all’art. 102 della Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale del Veneto investe gli artt. 2 e 19, comma 1, lettera e-bis), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), nella parte in cui devolvono alla giurisdizione tributaria la cognizione della validità dell’ipoteca legale iscritta dal concessionario della riscossione ai sensi dell’art. 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), e successive modificazioni;
che la questione involge un dubbio sulla costituzionalità della norma di legge attributiva della giurisdizione al giudice a quo ed è sollevata da un giudice d’appello – la Commissione tributaria regionale del Veneto – che si è posto d’ufficio il problema della propria giurisdizione, a fronte di una sentenza di primo grado che aveva deciso nel merito il ricorso del contribuente;
che, benché l’art. 37 cod. proc. civ. e l’art. 3 del d.lgs. n. 546 del 1992 prevedano che il difetto di giurisdizione può essere rilevato, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo, la più recente giurisprudenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione (ordinanza 9 ottobre 2008, n. 24833; ordinanza 20 novembre 2008, n. 27531) è pervenuta ad una lettura di queste disposizioni secondo la quale, allorché il giudice di primo grado abbia pronunciato, come nella specie, nel merito, affermando, anche implicitamente, la propria giurisdizione e le parti abbiano prestato acquiescenza, non contestando la relativa sentenza sotto tale profilo, non è consentito al giudice della successiva fase impugnatoria rilevare d’ufficio il difetto di giurisdizione, trattandosi di questione ormai coperta dal giudicato implicito;
che il giudice rimettente non si è confrontato con questo orientamento ed ha rilevato d’ufficio una questione di difetto di giurisdizione in ordine alla quale – stando ai più recenti arresti delle Sezioni unite – era processualmente maturata una preclusione;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 19, comma 1, lettera e-bis), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), sollevata, in riferimento all’art. 102 della Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale del Veneto con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 5 febbraio 2010.