ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 26 del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 (Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 maggio 2005, n. 80), promossi dal Tribunale di Pisa, sezione distaccata di Pontedera, con ordinanza del 14 gennaio 2008 e dal Tribunale di Reggio Emilia, con una ordinanza del 9 novembre 2007 e con due ordinanze del 14 marzo 2008, ordinanze rispettivamente iscritte ai nn. 34, 36, 37 e 38 del registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 2009.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 giugno 2009 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.
Ritenuto che il Tribunale ordinario di Pisa, sezione distaccata di Pontedera, con ordinanza del 14 gennaio 2008, ed il Tribunale ordinario di Reggio Emilia, con una ordinanza del 9 novembre 2007 e con due ordinanze del 14 marzo 2008, hanno sollevato, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione (il secondo di detti parametri è stato evocato soltanto dalle ultime tre ordinanze), ed in relazione all'art. 1, commi 2, 3 e 4, della legge 14 maggio 2005, n. 80 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali), questione di legittimità costituzionale dell'art. 26 (recte: art. 26, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 (Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 maggio 2005, n. 80), il quale ha abrogato l'ultimo comma dell'art. 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale);
che i quattro giudizi principali hanno ad oggetto l'impugnazione delle sentenze emesse da altrettanti Giudici di pace, concernenti opposizioni avverso verbali di contestazione di infrazioni previste dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada);
che, secondo il Tribunale ordinario di Pisa, sezione distaccata di Pontedera, la norma censurata, abrogando l'ultimo comma dell'art. 23 della legge n. 689 del 1981, ha reso impugnabile con l'appello la sentenza prevista da detta disposizione, benché la legge n. 80 del 2005, con l'art. 1, comma 2, avesse conferito al Governo soltanto il potere di introdurre modificazioni al codice di procedura civile ed al processo di cassazione, per rafforzare la funzione nomofilattica;
che, a suo avviso, la modifica del citato art. 23 non sarebbe funzionale a quest'ultimo obiettivo ed avrebbe anzi comportato una non ragionevole duplicazione della fase di merito, in riferimento ad un giudizio che, per i suoi caratteri, la renderebbe superflua;
che, inoltre, il potere attribuito al legislatore delegato di «revisionare la formulazione letterale e la collocazione degli articoli del vigente codice e delle altre norme processuali civili vigenti non direttamente investiti dai princìpi di delega» (art. 1, comma 4, della legge n. 80 del 2005) neppure avrebbe permesso di abrogare l'ultimo comma dell'art. 23 della legge n. 689 del 1981, il quale prevedeva una forma esclusiva di controllo di legalità, coerente con la materia e con il controllo ammissibile nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa;
che, secondo le tre ordinanze di rimessione del Tribunale ordinario di Reggio Emilia, di contenuto sostanzialmente coincidente, l'art. 26, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 40 del 2006 violerebbe gli artt. 76 e 77, primo comma, Cost., in quanto la delega oggetto dell'art. 1, commi 2, 3 e 4, della legge n. 80 del 2005 concerneva esclusivamente l'introduzione di modificazioni al codice di procedura civile ed al processo di cassazione, e non invece all'art. 23 della legge n. 689 del 1981;
che, ad avviso dei rimettenti, l'art. 1, comma 3, lettera a), della legge n. 80 del 2005 aveva conferito al Governo il potere di modificare il processo di legittimità e di prevedere «la non ricorribilità immediata delle sentenze che decidono di questioni insorte senza definire il giudizio», ipotesi differente da quella disciplinata dalla norma censurata, la quale, conseguentemente, violerebbe i parametri costituzionali sopra indicati;
che nei giudizi promossi dal Tribunale ordinario di Reggio Emilia è intervenuto, con distinti atti, di contenuto sostanzialmente identico, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata, richiamando a conforto la sentenza di questa Corte n. 98 del 2008 e sostenendo che la norma censurata sarebbe coerente con i principi generali della legge-delega, in quanto diretta a rafforzare la funzione nomofilattica.
Considerato che i giudizi, aventi ad oggetto la stessa norma, censurata in riferimento a parametri costituzionali in parte coincidenti e con argomentazioni sostanzialmente identiche, devono essere riuniti, per essere decisi con una stessa pronuncia;
che una questione identica a quella sollevata dalle ordinanze in esame, concernente l'art. 26, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 (Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 maggio 2005, n. 80), proposta in riferimento ai medesimi parametri costituzionali, e sotto gli stessi profili indicati in detti provvedimenti, è stata dichiarata da questa Corte non fondata con la sentenza n. 98 del 2008 e, successivamente, manifestamente infondata con le ordinanze n. 281 e n. 396 del 2008, n. 8 e n. 127 del 2009;
che, secondo siffatte pronunce, la corretta interpretazione dell'art. 1 della legge n. 80 del 2005, alla luce della finalità della legge delega di disciplinare il processo di cassazione in funzione nomofilattica (comma 3, lettera a) e del significato assunto da tale espressione, di rafforzamento di detta funzione, legittimavano il legislatore delegato ad adottare una norma diretta a limitare i casi di immediata ricorribilità per cassazione delle sentenze indicate dall'art. 23, ultimo comma, della legge n. 689 del 1981, quindi anche mediante la modifica di disposizioni non collocate nel codice di rito civile, con conseguente infondatezza del denunciato vizio di eccesso di delega;
che la conformazione dell'opposizione a sanzione amministrativa quale giudizio di accertamento sul fondamento della pretesa sanzionatoria, l'ambito del sindacato svolto in sede di legittimità e la considerazione che l'ordinamento già prevedeva casi di impugnabilità con l'appello delle sentenze che decidono un'opposizione a sanzione amministrativa rendono, inoltre, manifesta l'impossibilità di invocare una asserita «logica di sistema» a conforto di una interpretazione restrittiva della legge-delega (sentenza n. 98 del 2008 ed ordinanza n. 127 del 2009);
che le ordinanze non deducono profili o argomenti differenti rispetto a quelli valutati nelle pronunce sopra richiamate, con la conseguenza che la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 (Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 maggio 2005, n. 80), sollevata, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, ed in relazione all'art. 1, commi 2, 3 e 4, della legge 14 maggio 2005, n. 80 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali), dal Tribunale ordinario di Pisa, sezione distaccata di Pontedera, e dal Tribunale ordinario di Reggio Emilia, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 giugno 2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 26 giugno 2009.