ORDINANZA N. 79
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Alfio FINOCCHIARO “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 39, comma 6, della legge della Regione Veneto 21 gennaio 2000, n. 3 (Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti), promosso con ordinanza del 23 settembre 2005 dalla Commissione tributaria provinciale di Venezia, nel giudizio vertente tra la s.r.l. Inerteco e la Regione Veneto, iscritta al n. 202 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 2008.
Visti gli atti di costituzione della s.r.l. Inerteco e di intervento della Regione Veneto;
udito nell’udienza pubblica del 24 febbraio 2009 il Giudice relatore Franco Gallo;
uditi gli avvocati Luigi Biondaro e Marcello Clarich per la s.r.l. Inerteco e Mario Bertolissi per la Regione Veneto.
Ritenuto che, con ordinanza depositata il 23 settembre 2005, la Commissione tributaria provinciale di Venezia, nel corso di un giudizio vertente fra la s.r.l. Inerteco e la Regione Veneto per l’annullamento di un atto di contestazione di violazione notificato il 18 settembre 2004 e relativo all’omesso versamento del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi relativamente al primo trimestre 2004, ha sollevato, in riferimento all’art. 120, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 39, «comma 6, lettera b)» [recte: comma 6], della legge della Regione Veneto 21 gennaio 2000, n. 3 (Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti), «nella parte in cui esclude dalla riduzione del tributo prevista dal comma 3, stesso articolo, i conferimenti di rifiuti prodotti al di fuori del territorio regionale»;
che il citato art. 39 della legge regionale n. 3 del 2000 prevede al comma 3 che sono soggetti al pagamento del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi nella misura del 20 per cento dell’ammontare fissato in via generale dal comma 2 i seguenti rifiuti: «a) i rifiuti smaltiti tal quali in impianti di incenerimento senza recupero di energia; b) gli scarti e i sovvalli di impianti ove vengono svolte operazioni di recupero di cui all’allegato C del decreto legislativo n. 22/1997, nonché le scorie dei forni degli impianti di termodistruzione conferite in discarica per rifiuti urbani; c) i fanghi palabili conferiti in discariche controllate; d) i rifiuti provenienti da attività di ripristino ambientale di siti inquinati nonché da attività di bonifica regolate dalla vigente normativa, anche in tema di amianto; d-bis) i rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle spiagge marittime, come individuati dalla lettera d) del comma 2 dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 22 del 1997, che si depositano durante il periodo dell’anno compreso fra il 1° ottobre e il 30 aprile»;
che lo stesso art. 39 prevede, al censurato comma 6, che: «Le riduzioni del tributo previste dal comma 3 non si applicano ai rifiuti prodotti al di fuori del territorio regionale, considerando tali anche i rifiuti che nel Veneto, prima del conferimento in discarica, sono assoggettati solamente ad operazioni di: a) stoccaggio come definito all’articolo 6, comma 1, lettera 1), del decreto legislativo n. 22/1997; b) trattamento preliminare allo smaltimento in discarica, quale riduzione volumetrica, miscelazione, inertizzazione, stabilizzazione, solidificazione»;
che il rimettente riferisce che: a) la società ricorrente «è titolare di un impianto per lo smaltimento dei rifiuti sito nel Comune di S. Maria di Zevio (VR)»; b) «con processo verbale di constatazione della Provincia di Verona - Settore ecologia in data 9 luglio 2004, trasfuso nell’atto di contestazione della Regione Veneto indicato in epigrafe, veniva rilevato che con riferimento a n. 11 carichi di rifiuti (codice CER 17.05.04 «terre e rocce diverse da quelle di cui alla voce 17.05.03»), provenienti da un’area interna allo stabilimento della Baseli Poliolefine Italia S.p.a. di Ferrara, per un totale di 333,18 tonnellate, era stata pagata la relativa ecotassa in misura ridotta»; c) il pagamento del tributo in misura ridotta era avvenuto «in applicazione della riduzione prevista dall’art. 39, comma 3, lettera c), della legge regionale del Veneto n. 3/2000, che fissa l’ammontare del tributo nella misura del 20% dell’ammontare indicato dallo stesso art. 39 al comma 2»; d) dal verbale di constatazione della violazione risulta che «detta riduzione […] non poteva essere riconosciuta in quanto i rifiuti erano provenienti da località situata fuori dalla Regione del Veneto e quindi fuori dalla previsione di riduzione di cui al citato art. 39»; e) nell’impugnare l’atto di contestazione della violazione tributaria, la società ricorrente contesta, tra l’altro, la «qualifica di discarica attribuita dalla Regione Veneto all’attività gestita e propende invece per la qualifica di bonifica»; f) la stessa ricorrente eccepisce l’illegittimità costituzionale «per contrasto con l’art. 120 della Costituzione, dell’art. 39, comma 6, della legge della Regione Veneto 21 gennaio 2000 n. 3, nella parte in cui esclude dalla riduzione del tributo prevista dal comma 3, stesso articolo, i conferimenti di rifiuti prodotti al di fuori del territorio regionale»;
che, in punto di non manifesta infondatezza della questione proposta, il giudice a quo afferma che la norma censurata si pone in evidente contrasto con il principio sancito dall’art. 120, primo comma, della Costituzione, secondo il quale «La regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale», perché, «nell’assoggettare ad un maggiore tributo i rifiuti prodotti al di fuori del territorio regionale, introduce di fatto una limitazione al principio della libera circolazione delle merci»;
che, ad avviso del rimettente, «la previsione di un maggiore aggravio tributario ovvero la esclusione di un beneficio tributario per i rifiuti provenienti da territorio extraregionale si traduce in un indubbio limite o in una maggiore difficoltà alla libera circolazione dei beni essendo chiaro che nella accezione di beni rientrano sicuramente anche i rifiuti smaltiti nella discarica gestita dalla società ricorrente, la quale, tra l’altro si vedrebbe costretta o a sopportare un maggiore onere tributario o a limitare la sua capacità produttiva ai soli materiali di provenienza regionale»;
che lo stesso rimettente rileva che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 505 del 2002, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 33, commi 3 e 4, della legge della Regione Veneto n. 3 del 2000, ha affermato che detta norma, «in quanto prevede limitazioni, seppure relative, all’introduzione di rifiuti speciali nel territorio della regione, viola […] l’art. 120 della Costituzione, il quale [...] vieta alle regioni di adottare provvedimenti ostacolanti la libera circolazione delle cose; e così pone un limite assoluto, correlato ai beni in quanto tali e non soltanto ad una loro quantità, che la norma impugnata determina del resto in misura decisamente esigua»;
che, in punto di rilevanza della questione proposta, il giudice a quo, si limita ad affermare che essa è «rilevante ai fini della decisione della presente controversia, posto che questo Collegio non può risolverla affidandosi ad altri criteri normativi»;
che, con memoria depositata il 24 giugno 2008, si è costituita la s.r.l. Inerteco, chiedendo che la sollevata questione sia dichiarata fondata;
che, ad avviso della società contribuente, la norma denunciata, la quale crea «un aggravio economico con riferimento a tutti i rifiuti non prodotti nel Veneto e, quindi, un ostacolo ed un limite alla libera circolazione delle cose», ha carattere protezionistico, perché «si colloca in quel filone di norme regionali indirizzate a preservare il piú possibile il territorio regionale da rifiuti non prodotti nell’ambito medesimo»;
che – sempre per la parte privata – il principio di libera circolazione delle cose dovrebbe essere ritenuto applicabile «con riferimento a qualsiasi misura che determini una discriminazione rispetto a “prodotti” (e, di certo, i rifiuti appartengono a tale genus) in base al luogo di provenienza»;
che è intervenuta la Regione Veneto, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente inammissibile o, in subordine, infondata;
che, in punto di ammissibilità, la Regione rileva che la motivazione sulla rilevanza dell’ordinanza di rimessione è insufficiente, perché quest’ultima: a) «si limita ad affermare, senza altra argomentazione a sostegno, che la controversia […] non potrebbe risolversi facendo applicazione di parametri normativi diversi rispetto a quello sospettato di violare il dettato costituzionale»; b) non prende posizione sulla «contestazione, sollevata dalla ricorrente, circa la stessa qualifica di discarica, piuttosto che di bonifica, attribuita all’attività gestita»;
che la stessa Regione deduce, altresì, l’insufficienza della motivazione sulla non manifesta infondatezza della questione – la quale si riferisce, testualmente, non all’intero comma 6 dell’art. 39 della legge regionale n. 3 del 2000, ma alla sola lettera b) di detto comma –, perché il giudice rimettente si limita ad affermare di condividere le censure prospettate dalla società ricorrente sulla scorta della sentenza della Corte costituzionale n. 505 del 2002, pronuncia che aveva «ad oggetto norme di contenuto completamente diverso da quello della disposizione in discorso»;
che, nel merito, la difesa regionale – dopo aver premesso che il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, istituito con la legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), è da considerarsi statale e non regionale e che ciò non esclude la potestà delle Regioni di legiferare sull’imposta, nei limiti riconosciuti dalla legge statale – rileva che «la Regione non ha introdotto alcun divieto o limite allo smaltimento dei rifiuti o al numero degli impianti per lo svolgimento del medesimo, ma ha inteso unicamente disincentivare una eccessiva concentrazione territoriale di questa attività, utilizzando i propri poteri in ordine alla quantificazione del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi»;
che l’interveniente rileva, inoltre, che la norma denunciata ha un oggetto del tutto diverso dalle disposizioni regionali già dichiarate incostituzionali, perché queste prevedevano la preclusione al transito ed alla presenza nel territorio di rifiuti provenienti da altre Regioni, o il divieto per chiunque conducesse, nella Regione, impianti di smaltimento o stoccaggio di rifiuti di accogliere negli impianti medesimi rifiuti “esterni”, oppure una limitazione percentuale per il conferimento in discarica di rifiuti speciali di provenienza extraregionale;
che – osserva la Regione Veneto – la disposizione denunciata appare coerente con la giurisprudenza costituzionale, la quale ha già chiarito, in tema di limiti imposti dalla legislazione regionale allo smaltimento dei rifiuti prodotti in altre Regioni, «che il principio dell’autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti in ambiti territoriali ottimali vale, ai sensi dell’art. 5, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, solo per i rifiuti urbani non pericolosi (ai quali fa riferimento l’art. 7, commi 1 e 4, del d.lgs da ultimo citato) e non anche per altri tipi di rifiuti», come quelli speciali pericolosi e non pericolosi, «per i quali vige invece il diverso criterio della vicinanza di impianti di smaltimento appropriati, per ridurre il movimento dei rifiuti stessi, correlato a quello della necessità di impianti specializzati per il loro smaltimento, ai sensi della lettera b) del medesimo comma 3»;
che – sempre per l’interveniente – la disposizione in oggetto si limita a determinare, in armonia con la legislazione statale sui rifiuti, «l’ammontare dell’imposta, tenendo conto della opportunità di incentivare una movimentazione quanto più contenuta di questo particolare tipo di beni, nel contemperamento del principio di specializzazione con le esigenze di tutela dell’ambiente, nonché di tutela della salute»;
che, in conclusione, ad avviso della medesima difesa, «escludere il riconoscimento di un’agevolazione per scoraggiare comportamenti che possano porsi in contrasto, tra l’altro, con il diritto alla salute rientra nell’esercizio della potestà legislativa regionale di cui all’art. 117, comma 3, Cost. e all’art. 119 Cost.»;
che, con memorie depositate in prossimità dell’udienza, la s.r.l. Inerteco e la Ragione Veneto hanno ribadito quanto già sostenuto nei precedenti atti difensivi, chiedendo, rispettivamente, che la sollevata questione sia dichiarata fondata e che sia dichiarata manifestamente inammissibile o infondata.
Considerato che il rimettente dubita, in riferimento all’art. 120, primo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 39, «comma 6, lettera b)» [recte: comma 6], della legge della Regione Veneto 21 gennaio 2000, n. 3 (Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti), «nella parte in cui esclude dalla riduzione del tributo prevista dal comma 3, stesso articolo, i conferimenti di rifiuti prodotti al di fuori del territorio regionale»;
che, in forza della disposizione censurata, «Le riduzioni del tributo previste dal comma 3 non si applicano ai rifiuti prodotti al di fuori del territorio regionale, considerando tali anche i rifiuti che nel Veneto, prima del conferimento in discarica, sono assoggettati solamente ad operazioni di: a) […]; b) trattamento preliminare allo smaltimento in discarica, quale riduzione volumetrica, miscelazione, inertizzazione, stabilizzazione, solidificazione»;
che il comma 3 dell’art. 39 della legge regionale n. 3 del 2000, richiamato dalla norma censurata, prevede che sono soggetti al pagamento del tributo speciale, nella misura ridotta del 20 per cento dell’ammontare fissato in via generale dal comma 2, i seguenti rifiuti: «a) i rifiuti smaltiti tal quali in impianti di incenerimento senza recupero di energia; b) gli scarti e i sovvalli di impianti ove vengono svolte operazioni di recupero di cui all’allegato C del decreto legislativo n. 22/1997, nonché le scorie dei forni degli impianti di termodistruzione conferite in discarica per rifiuti urbani; c) i fanghi palabili conferiti in discariche controllate; d) i rifiuti provenienti da attività di ripristino ambientale di siti inquinati nonché da attività di bonifica regolate dalla vigente normativa, anche in tema di amianto; d-bis) i rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle spiagge marittime, come individuati dalla lettera d) del comma 2 dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 22 del 1997, che si depositano durante il periodo dell’anno compreso fra il 1° ottobre e il 30 aprile»;
che, secondo il giudice a quo, tale normativa, escludendo i rifiuti di provenienza extraregionale dalla riduzione per il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, comporta una limitazione al principio della libera circolazione delle merci fissato dal parametro costituzionale evocato (art. 120, primo comma, Cost.);
che la questione è manifestamente inammissibile, per difetto di motivazione sulla rilevanza;
che, nel descrivere la fattispecie oggetto del giudizio a quo, il rimettente riferisce che, «con processo verbale di constatazione della Provincia di Verona - Settore ecologia […], trasfuso nell’atto di contestazione della Regione Veneto indicato in epigrafe, veniva rilevato che con riferimento a n. 11 carichi di rifiuti (codice CER 17.05.04 «terre e rocce diverse da quelle di cui alla voce 17.05.03») […] era stata pagata la relativa ecotassa in misura ridotta»; e ciò, «in applicazione della riduzione prevista dall’art. 39, comma 3, lettera c), della legge regionale del Veneto n. 3/2000», lettera che - come visto - si riferisce esclusivamente alla categoria dei «fanghi palabili»;
che il giudice a quo non spiega perché la riduzione prevista per i fanghi palabili – autonomamente considerati, se fanghi di dragaggio, alle voci CER 17.05.05 e 17.05.06 di cui alla Direttiva del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio del 9 aprile 2002 (Indicazioni per la corretta applicazione del regolamento comunitario n. 2557/2001 sulle spedizioni di rifiuti ed in relazione al nuovo elenco rifiuti) – sarebbe applicabile alla diversa categoria delle “terre e rocce” non contenenti sostanze pericolose, che corrispondono, come rilevato dallo stesso rimettente, alla diversa voce CER 17.05.04 di cui alla citata direttiva ministeriale;
che tale lacuna motivazionale non consente a questa Corte di verificare se nella fattispecie oggetto del giudizio principale possa trovare applicazione la misura ridotta del tributo prevista dal comma 3 dell’art. 39 della legge reg. Veneto n. 3 del 2000 e, conseguentemente, la deroga prevista dalla norma censurata, la quale esclude la riduzione del tributo per i rifiuti di cui allo stesso comma 3 prodotti al di fuori del territorio regionale;
che – anche a voler ritenere che i rifiuti cui si riferisce l’impugnato atto di contestazione di violazione tributaria siano riconducibili alle categorie di cui al citato comma 3 – il rimettente omette comunque di chiarire, sempre in punto di rilevanza, se detti rifiuti siano in concreto urbani o speciali, impedendo così alla Corte di valutare se e in che misura possa trovare applicazione, nel caso di specie, il principio di libera circolazione fissato dall’art. 120, primo comma, Cost., che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 10 del 2009, n. 12 del 2007, n. 62 del 2005, n. 505 del 2002, n. 335 del 2001, n. 281 del 2000), trova applicazione solo per i rifiuti speciali pericolosi o non pericolosi e non per i rifiuti urbani, per i quali vale invece il divieto di smaltimento in territorio extraregionale originariamente stabilito dall’art. 5, comma 5, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), ed oggi vigente in forza dell’art. 182, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale);
che, ancora in punto di rilevanza, il rimettente omette altresí di precisare se l’attività di conferimento di rifiuti svolta dalla contribuente sia da qualificare, nella specie, come bonifica o come discarica, pur essendo tale precisazione necessaria per valutare il fondamento della pretesa della medesima contribuente di essere escluso dall’obbligo di corrispondere il tributo.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 39, comma 6, della legge della Regione Veneto 21 gennaio 2000, n. 3 (Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti), sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Venezia, in riferimento all’art. 120, primo comma, della Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 marzo 2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Franco GALLO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 marzo 2009.