ORDINANZA N. 6
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giovanni Maria FLICK Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 616, ultimo periodo, del codice di procedura civile (come sostituito dall’art. 14 della legge 24 febbraio 2006, n. 52 – Riforma delle esecuzioni mobiliari), promosso dalla Corte d’appello di Caltanissetta nel procedimento civile vertente fra G. V. A. e A. S., con ordinanza del 14 gennaio 2008 iscritta al n. 213 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell’anno 2008.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 17 dicembre 2008 il Giudice relatore Francesco Amirante.
Ritenuto che la Corte d’appello di Caltanissetta, nel corso di un giudizio di appello avverso una sentenza di rigetto di opposizione all’esecuzione, pubblicata il 6 luglio 2007, contro un pignoramento presso terzi, ha sollevato, con ordinanza del 14 gennaio 2008, questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, dell’art. 616, ultimo periodo, del codice di procedura civile (come sostituito dall’art. 14 della legge 24 febbraio 2006, n. 52 – Riforma delle esecuzioni mobiliari), nella parte in cui ha soppresso l’appellabiltà della sentenza che definisce l’opposizione all’esecuzione;
che per la Corteremittente da tale soppressione deriva l’inammissibilità del gravame e dell’inibitoria con esso proposta, pur sussistendo il fumus boni iuris;
che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo afferma di fare proprie le motivazioni dell’ordinanza di rimessione, integralmente trascritta, con la quale la Corte d’appello di Salerno ha sollevato identica questione, sottolineando come, con la soppressione di un grado di giudizio di merito e l’equiparazione delle opposizioni all’esecuzione a quelle agli atti esecutivi nonostante la ontologica diversità dei presupposti e degli oggetti rispettivamente delle prime e delle seconde, risulti limitata la tutela del debitore;che il remittente osserva, in particolare, come, con l’inclusione tra i titoli esecutivi stragiudiziali delle scritture private autenticate e con la conseguente agevolazione dell’avvio della procedura esecutiva a favore del titolare del credito, anche prima ed a prescindere da un controllo giurisdizionale sul contenuto del titolo, si riducano le possibilità, per il debitore, di contestare il merito del rapporto, sostenendo, inoltre, la mancanza di tutela costituzionale del principio del doppio grado di giurisdizione;che, secondo l’atto di promovimento fatto proprio dalla Corte d’appello di Caltanissetta, la tutela del diritto di difesa va coordinata con l’esigenza, di pari livello costituzionale, di disciplinare i modi e i limiti del suo esercizio in concreto, al fine di assicurare la conclusione della lite entro un congruo termine, non sembrando altresì giustificato il diverso trattamento che alle ragioni del debitore deriva con «il dimezzamento» dei gradi di cognizione di merito riservato alle opposizioni all’esecuzione;che, infine, il principio di eguaglianza sarebbe violato anche sotto il profilo dell’incongrua equiparazione delle opposizioni all’esecuzione a quelle agli atti esecutivi, in quanto le prime hanno ad oggetto diritti soggettivi, mentre le seconde riguardano irregolarità formali di atti della procedura e difficilmente possono riverberare effetti sul diritto posto a base dell’esecuzione; che il denunciato contrasto con gli artt. 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, deriverebbe anche dalla compressione del diritto del debitore alla piena tutela delle proprie situazioni giuridiche soggettive in un processo equo e giusto, ancorché a suo danno siano aumentate l’efficienza del processo esecutivo nel suo complesso e le ipotesi di aggressione del suo patrimonio in forza di titoli esecutivi non giudiziali, emessi, quindi, senza un preventivo controllo da parte del giudice;che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la manifesta infondatezza della questione sulla base della sentenza di questa Corte n. 53 del 2008, e rilevando, in una memoria depositata successivamente, l’esperibilità nella fattispecie del ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 della Costituzione e la conseguente inammissibilità della questione medesima.
Considerato che la Corte d’appello di Caltanissetta dubita della legittimità costituzionale dell’art. 616, ultimo periodo, del codice di procedura civile, come sostituito dall’art. 14 della legge 24 febbraio 2006, n. 52, nella parte in cui, dichiarando non appellabile la sentenza conclusiva del giudizio di opposizione all’esecuzione, risulterebbe lesiva degli artt. 3, primo comma, 24 e 111, secondo comma, della Costituzione;
che identica questione è stata dichiarata inammissibile da questa Corte con la sentenza n. 53 del 2008;
che il giudice a quo si limita a trascrivere integralmente l’atto di promovimento del giudizio definito con detta sentenza, senza aggiungere argomenti diversi o ulteriori;
che ricorrono perciò le medesime lacune argomentative, a suo tempo rilevate, circa la natura del titolo su cui si fonda l’opposizione all’esecuzione ed anche le stesse contraddizioni in ordine alla richiesta di una sentenza totalmente caducatoria della norma impugnata;
che altrettanto va detto in riferimento all’omessa considerazione della discrezionalità legislativa nell’individuare le differenti rationes di inappellabilità, modulandola di conseguenza;
che la questione, pertanto, va dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 616, ultimo periodo, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, dalla Corte d’appello di Caltanissetta con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2009.
F.to:
Giovanni Maria FLICK, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2009.