Ordinanza n. 5 del 2009

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ORDINANZA N. 5

ANNO 2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giovanni Maria        FLICK                    Presidente

- Francesco               AMIRANTE              Giudice

- Ugo                                DE SIERVO                           "

- Paolo                      MADDALENA              "

- Alfio                       FINOCCHIARO            "

- Alfonso                   QUARANTA                 "

- Franco                    GALLO                        "

- Luigi                       MAZZELLA                  "

- Gaetano                  SILVESTRI                   "

- Sabino                    CASSESE                     "

- Maria Rita               SAULLE                       "

- Paolo Maria             NAPOLITANO             "

- Giuseppe                 FRIGO                         "

- Alessandro              CRISCUOLO                "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 158 del codice penale, promosso con ordinanza del 5 marzo 2007 dal Tribunale di Verbania nel procedimento penale a carico di B. M., iscritta al n. 623 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 2007.

       Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 3 dicembre 2008 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.

Ritenuto che il Tribunale di Verbania, in composizione monocratica, con ordinanza del 5 marzo 2007, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 158 del codice penale: a) in riferimento agli artt. 3, 24 e 112 della Costituzione, nella parte in cui prevede che il termine di prescrizione decorra, per il delitto di cui all’art. 640 cod. pen., dal giorno di commissione del reato anziché dal giorno in cui la persona abbia contezza della truffa perpretata ai suoi danni; b) in riferimento all’art. 3 Cost., nella parte in cui prevede che il termine di prescrizione decorra per il reato continuato dal giorno di consumazione di ciascun reato, anziché dal giorno di cessazione del reato continuato; c) in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui prevede che il termine di prescrizione decorra per i reati perseguibili a querela dal giorno di commissione di ciascun reato anziché dalla cessazione del reato continuato;

che il rimettente premette, in fatto, di essere chiamato a giudicare in ordine alla responsabilità penale di M. B. per una serie di delitti di truffa, alcuni consumati, altri solo tentati, in danno di compagnie di assicurazione; delitti commessi, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, a partire dal 1995 e proseguiti fino al 2004;

che all’udienza del 5 marzo 2007, data dell’ordinanza di rimessione, la difesa dell’imputato ha chiesto, ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale, una pronuncia dichiarativa dell’estinzione della gran parte dei reati per intervenuta prescrizione;

che, dunque, a parere del Tribunale di Verbania, la questione è rilevante perché dovrebbe dichiarare estinti tutti i reati per i quali, alla data del 5 marzo 2007, ai sensi del novellato art. 158 cod. pen., è decorso il termine massimo di prescrizione;

che, quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente ritiene, in primo luogo, che la norma censurata – nella parte in cui prevede che, per il delitto di cui all’art. 640 cod. pen., il termine di prescrizione decorra dal giorno di commissione del reato anziché dal giorno in cui la persona offesa ne ha avuto conoscenza – non sia conforme al parametro di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., perché nel reato di truffa l’inconsapevolezza della persona offesa al momento della consumazione del reato non è casuale ma strutturale all’illecito, ed è altresì fisiologico che il reo «ponga in essere attività idonee, anche nella fase del post factum non punibile, a far sì che tale inconsapevolezza permanga il più a lungo possibile»;

che, in tal modo, sempre secondo il rimettente, l’attuale disciplina del dies a quo dal quale far decorrere la prescrizione favorirebbe, in modo del tutto ingiustificato, «una consumazione del termine prescrizionale per le ipotesi di maggiore gravità rispetto a quelle di minore allarme sociale in un reato che ontologicamente prevede la non percezione contestuale della consumazione del reato»;

che, secondo il Tribunale di Verbania, la norma censurata violerebbe anche l’art. 24 Cost., perché «diminuisce, fino a poter addirittura vanificare, il diritto della persona offesa alla propria tutela in sede penalistica, ed altresì può comportare, sulla base della disciplina civilistica della prescrizione, ai sensi degli art. 2946 e seguenti del cod. civ., la speculare prescrizione anche dell’azione civilistica dell’incolpevole persona offesa»;

che risulterebbe leso anche il principio di obbligatorietà dell’azione penale di cui all’art. 112 Cost., perché, avendo la persona offesa la percezione della consumazione del reato ai suoi danni solo in un secondo momento, sarebbe inevitabile che, proprio nei casi di peculiare professionalità del reo, l’azione penale non venga esercitata in tempo utile;

che, a parere del rimettente, anche la disciplina della prescrizione del reato continuato sarebbe contraria al principio di ragionevolezza, in particolare perché la norma censurata, che fa decorrere il termine di prescrizione dal giorno di consumazione di ciascun reato, anziché dal giorno di cessazione del reato continuato, non troverebbe adeguata giustificazione in nessuno dei contrapposti interessi, dell’imputato e dello Stato;

che, infatti, non vi sarebbe un legittimo e tutelabile interesse dell’imputato a essere prosciolto per fatti risalenti nel tempo, vista l’attualità del disegno criminoso, e non vi sarebbe, neppure, un interesse statuale a rinunciare alla pretesa punitiva per motivi di «economia processuale» e «buon funzionamento della giustizia», atteso che la sussistenza dei fatti «coperti» da prescrizione, per motivi di connessione probatoria e di valutazione ai sensi dell’art. 133 cod. pen., rientrerebbe «doverosamente ed ineluttabilmente nella decisione sui fatti non “coperti” da prescrizione»;

che, infine, la norma censurata, nel far decorrere per i reati perseguibili a querela, in caso di continuazione, il termine di prescrizione dal giorno di commissione di ciascun reato anziché dalla cessazione del reato continuato, sarebbe contraria al principio di ragionevolezza e lesiva del diritto di difesa della persona offesa;

che, secondo il Tribunale di Verbania, in presenza di un reato perseguibile a querela, il termine di presentazione della querela è già sufficiente garanzia «selettiva» per l’ordinamento e appare palesemente irragionevole, anche per questo tipo di reati, prevedere la decorrenza «frazionata» per ciascun reato anche nel caso in cui il reato sia continuato;

che, di fatto, tale disciplina garantirebbe il reo a discapito della persona offesa che abbia percepito il disegno criminoso ai suoi danni solo al momento della cessazione del reato continuato e che, da quel momento, si sia tempestivamente attivata per la punizione del colpevole;

che non vi sarebbe alcuna legittima e tutelabile aspettativa dell’imputato, il quale aveva ancora in corso il suo specifico disegno criminoso, e, per di più, non vi sarebbe neanche alcun rilevante beneficio per l’amministrazione della giustizia, che, dopo aver necessariamente valutato la complessiva attività illecita posta in essere, potrebbe sanzionarne solo una parte;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare la questione inammissibile o infondata;

che, a parere dell’Avvocatura generale dello Stato, non vi sarebbe alcuna lesione del principio di ragionevolezza da parte della norma censurata nella parte in cui fa decorrere il termine di prescrizione dalla data di consumazione del reato di truffa, anziché da quella in cui la persona offesa abbia acquisito contezza della truffa, apparendo pienamente razionale, e dunque non censurabile in sede di giudizio di costituzionalità, la individuazione del dies a quo del termine di prescrizione sulla base di un riferimento certo ed oggettivo, quale è quello costituito dalla data di consumazione del reato, come previsto per tutti gli altri reati non permanenti;

che deve essere escluso altresì il contrasto della norma denunciata con gli artt. 24 e 112 della Costituzione, trattandosi di profili di costituzionalità prospettati dal giudice a quo in termini di stretta consequenzialità rispetto alla denunciata violazione dell’art. 3 Cost.;

che, per quanto riguarda la questione relativa alla presunta irrazionalità dell’art. 158 cod. pen. nella parte in cui prevede che il termine della prescrizione decorra dalla consumazione di ciascun reato anziché dalla cessazione del reato continuato, l’Avvocatura richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 254 del 1985, con la quale si è ritenuta pienamente legittima la norma in questione sul rilievo che il legislatore resta libero di considerare il reato continuato ora come un tutto unitario, ora come un’entità scomponibile in una pluralità di reati, nei limiti della ragionevolezza;

che, nel caso di specie, la sottoposizione di una pluralità di reati uniti dal vincolo della continuazione allo stesso trattamento previsto, ai fini del computo della prescrizione, per l’ipotesi in cui sussista soltanto un concorso materiale di reati, non può esser ritenuta priva di ragionevolezza, dato che tale previsione risulta assolutamente coerente con la ratio sottesa all’istituto del reato continuato, che è quella di limitare gli eccessi rigoristici derivanti dall’operatività della disciplina del concorso materiale dei reati.

Considerato che il Tribunale di Verbania, in composizione monocratica, dubita della legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 112 della Costituzione, dell’art. 158 del codice penale, nella parte in cui prevede che il termine di prescrizione decorra: a) per il delitto di cui all’art. 640 cod. pen., dal giorno di commissione del reato anziché dal giorno in cui la persona abbia contezza della truffa perpretata ai suoi danni; b) per il reato continuato, dal giorno di consumazione di ciascun reato anziché dal giorno di cessazione del reato continuato; c) per i reati perseguibili a querela, dal giorno di commissione di ciascun reato anziché dalla cessazione del reato continuato;

che quanto alla prima questione, ad avviso del rimettente, poiché il reato di truffa presuppone ontologicamente l’inconsapevolezza da parte della persona offesa della consumazione del reato, sarebbe contrario al principio di ragionevolezza far decorrere il termine di prescrizione dal momento della consumazione del reato anziché dal giorno in cui la persona offesa abbia contezza della truffa perpetrata ai suoi danni;

che, inoltre, la norma censurata si porrebbe in contrasto con l’art. 24 Cost., in quanto vanificherebbe il diritto della persona offesa alla propria tutela in sede penalistica, con il connesso rischio della prescrizione, ai sensi degli art. 2946 e seguenti del codice civile, anche dell’azione civile;

che risulterebbe violato anche l’art. 112 Cost. perché, essendo strutturale al reato di truffa che la persona offesa abbia percezione della consumazione del reato solo in un secondo momento, sarebbe ineluttabile che, proprio nei casi di peculiare professionalità del reo, l’azione penale non possa essere esercitata in tempo utile;

che l’attuale disciplina della prescrizione sarebbe contraria al principio di ragionevolezza anche con riferimento al reato continuato, laddove prevede che il termine di prescrizione decorra dal giorno di consumazione di ciascun reato, anziché dal giorno di cessazione del reato continuato;

che una tale previsione non troverebbe adeguata giustificazione in nessuno dei contrapposti interessi: né in quello dell’imputato a non essere giudicato per fatti risalenti nel tempo, atteso che vi è l’attualità del disegno criminoso, né in quello dello Stato a rinunciare alla pretesa punitiva per motivi di economia processuale e buon funzionamento della giustizia, atteso che la sussistenza dei fatti dovrebbe comunque essere accertata dal giudice ai fini della decisione sui fatti non ancora coperti da prescrizione;

che, infine, sarebbe irragionevole, con specifico riferimento ai reati perseguibili a querela, che il termine di prescrizione decorra dal giorno di commissione di ciascun reato, anziché dalla cessazione del reato continuato, in quanto il termine di presentazione della querela sarebbe già sufficiente garanzia «selettiva» per l’ordinamento, mentre di fatto l’attuale disciplina garantirebbe il reo a discapito della persona offesa;

che le questioni sono manifestamente inammissibili;

che, per costante giurisprudenza di questa Corte, la prescrizione, inerendo al complessivo trattamento riservato al reo, è istituto di natura sostanziale e la relativa disciplina è soggetta al principio della riserva di legge sancito dall’art. 25, secondo comma, Cost., secondo il quale nessuno può essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso;

che tale principio, rimettendo al legislatore la scelta dei fatti da sottoporre a pena e delle sanzioni loro applicabili, inibisce alla Corte tanto la creazione di nuove fattispecie criminose o l’estensione di quelle esistenti a casi non previsti, quanto «di incidere in peius sulla risposta punitiva o su aspetti inerenti alla punibilità»: aspetti fra i quali, indubbiamente, rientrano quelli relativi alla disciplina della prescrizione e dei relativi atti interruttivi o sospensivi (ex plurimis, tra le ultime, sentenze n. 324 del 2008 e n. 394 del 2006 e ordinanza n. 65 del 2008);

che, pertanto, il principio di legalità preclude alla Corte di pronunciare sentenze additive in malam partem del tipo di quella richiesta dal rimettente, volta a introdurre, con riferimento rispettivamente al reato di truffa, al reato continuato e ai reati perseguibili a querela in caso di continuazione, una nuova disciplina della prescrizione al di fuori di quella contemplata dal legislatore, con l’intento dichiarato di allungare i tempi di prescrizione di alcuni reati che altrimenti, nel caso di specie, già risulterebbero prescritti.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 158 del codice penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24 e 112 della Costituzione, dal Tribunale di Verbania, in composizione monocratica, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2009.

F.to:

Giovanni Maria FLICK, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2009.