ORDINANZA N. 392
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giovanni Maria FLICK Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 660 del codice penale promossi con due ordinanze del 24 gennaio 2008 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Ancona nei procedimenti penali a carico di R.D. e D.C.N., iscritte ai nn. 146 e 147 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2008.
Visti gli atti intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 ottobre 2008 il Giudice relatore Maria Rita Saulle.
Ritenuto che, con due ordinanze in data 24 gennaio 2008 di identico tenore, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Ancona ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 660 del codice penale nella parte in cui «prevede la procedibilità di ufficio nei confronti dell’autore dei fatti reato da tale norma contemplati, e ciò […] anche qualora le condotte poste in essere non siano suscettibili di riverberarsi in danno o molestia di un numero indeterminato di persone ma si rivelino indirizzate (solo) a soggetto ben definito e determinato»;
che il giudice rimettente premette di dover decidere in ordine alla richiesta di pronunciare sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, ai sensi dell’art. 27 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico degli imputati minorenni);
che detta richiesta, secondo quanto riferisce il rimettente, risulta formulata dal pubblico ministero nell’ambito di due procedimenti penali a carico di minorenni, per fatti integranti il reato di cui all’art. 660 cod. pen. (molestia o disturbo alle persone);
che nelle ordinanze si precisa altresì che, pur risultando agli atti – in entrambi i casi – la remissione di querela delle persone destinatarie delle molestie, essa «dovrebbe considerarsi irrilevante, attesa la procedibilità officiosa» della contravvenzione per la quale si procede;
che, ad avviso del giudice a quo, tale regime di procedibilità per il reato di cui all’art. 660 cod. pen. risulterebbe irragionevole, in primo luogo, se comparato con quello previsto per ipotesi di reati di «maggiore lesività» le quali risultano procedibili solo ad istanza di parte, come ad esempio i delitti di cui agli artt. 582, secondo comma, 594 e 595 cod. pen.;
che, in secondo luogo, sempre a parere del rimettente, detta scelta in ordine alla procedibilità non si giustificherebbe nemmeno in base alla considerazione secondo la quale il reato, di cui all’art. 660 cod. pen., tutelerebbe la «tranquillità pubblica per l’incidenza che il suo turbamento ha sull’ordine pubblico, attesa l’astratta possibilità di reazione (da parte della persona offesa)», dal momento che ogni reato, il quale si risolva in lesione di beni personali, è suscettibile di produrre una reazione alterata del soggetto leso;
che, in terzo luogo, l’irrazionalità della scelta di rendere procedibile ex officio il reato in questione anche quando «la molestia o il disturbo si siano ab origine indirizzati a solo danno di soggetto ben determinato» emergerebbe – sempre secondo il giudice a quo – dal raffronto con le ulteriori fattispecie contravvenzionali contenute nella medesima sezione nella quale si inserisce la norma censurata e poste a tutela di «interessi collettivi», circostanza che invece ne spiegherebbe la procedibilità di ufficio;
che, quanto alla rilevanza, il rimettente ritiene che «la emissione di sentenza di irrilevanza del fatto presuppone l’accertamento che la azione fosse iniziabile e/o proseguibile, dovendosi in caso contrario restituire gli atti al pubblico ministero, anche perché valuti di richiedere l’archiviazione del procedimento»;
che è intervenuto in entrambi i giudizi – con atti di analogo tenore – il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata;
che, in punto di ammissibilità, la difesa erariale eccepisce, in particolare, che la procedibilità d’ufficio risulta connessa alla natura contravvenzionale della norma in esame, e che, ai sensi dell’art. 152 cod. pen., l’estinzione del reato conseguente alla remissione della querela è ipotizzabile «solo per i delitti perseguibili a querela della persona offesa»;
che, pertanto, in assenza di una contestuale censura anche di quest’ultima disposizione, la questione avente ad oggetto il solo art. 660 cod. pen. risulterebbe irrilevante in quanto, anche in caso di suo accoglimento, la procedibilità d’ufficio del reato contravvenzionale, previsto dalla norma censurata, sarebbe comunque imposta dalla lettera dell’art. 152 cod. pen.;
che, quanto al merito, la difesa erariale osserva che la scelta della procedibilità d’ufficio, nell’ipotesi di cui all’art. 660 cod. pen., si giustificherebbe in quanto con «il reato di molestia o disturbo alle persone il legislatore ha inteso tutelare, oltre alla quiete privata, la tranquillità pubblica», sicché «l’interesse privato individuale riceve una protezione soltanto riflessa» e la «tutela penale viene accordata anche senza e pur contro la volontà delle persone molestate o disturbate»;
che, inoltre – osserva sempre l’Avvocatura generale dello Stato – questa Corte ha in più occasioni affermato che «la scelta del modo di procedibilità dei reati rientra nella piena discrezionalità legislativa, né è irragionevole prevedere la perseguibilità d’ufficio per reati meno gravi rispetto ad altri, perseguibili a querela» (ordinanza n. 91 del 2001).
Considerato che, con due ordinanze di analogo tenore, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Ancona dubita, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 660 del codice penale, nella parte in cui «prevede la procedibilità di ufficio nei confronti dell’autore dei fatti reato da tale norma contemplati, e ciò […] anche qualora le condotte poste in essere non siano suscettibili di riverberarsi in danno o molestia di un numero indeterminato di persone ma si rivelino indirizzate (solo) a soggetto ben definito e determinato»;
che, in considerazione dell’identità delle questioni sollevate dalle due ordinanze, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
che per rimuovere il profilo di pretesa irragionevolezza della norma censurata sarebbe necessario – ad avviso del giudice a quo – rendere procedibile a querela di parte la contravvenzione di cui all’art. 660 cod. pen., quantomeno nel caso in cui la molestia risulti diretta a soggetto ben determinato;
che, in tal modo, il giudice a quo richiede a questa Corte un intervento additivo del tutto eccentrico rispetto alle coordinate generali del sistema, giacché l’ordinamento penale risulta improntato alla regola secondo la quale l’istituto della querela è proprio dei soli delitti, mentre per le contravvenzioni si procede sempre d’ufficio;
che, nella specie, il reato di cui all’art. 660 cod. pen., a prescindere da ogni considerazione circa le caratteristiche del bene giuridico tutelato, risulta inserito nel paragrafo I della Sezione I del Capo I del Libro III del codice penale, dedicato alle «contravvenzioni concernenti l’inosservanza dei procedimenti di polizia e le manifestazioni sediziose e pericolose», condividendo quindi tale natura;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 660 del codice penale sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale per i minorenni di Ancona con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 novembre 2008.
F.to:
Giovanni Maria FLICK, Presidente
Maria Rita SAULLE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 28 novembre 2008.