ORDINANZA N. 275
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZAnel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 21 dicembre 2007, con la quale, ai sensi dell’art. 68, terzo comma, Cost., è stata negata l’autorizzazione all’utilizzo dei tabulati telefonici nei confronti del sen. Giuseppe Valentino, promosso con ricorso del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Roma, depositato in cancelleria il 21 febbraio 2008 ed iscritto al n. 4 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2008, fase di ammissibilità.
Udito nella camera di consiglio del 25 giugno 2008 il Giudice relatore Gaetano Silvestri.
Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, con ricorso depositato il 21 febbraio 2008, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Senato della Repubblica, a seguito della delibera del 21 dicembre 2007 (doc. IV, n. 1), con la quale, in conformità alla proposta adottata all’unanimità dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, è stata negata l’autorizzazione all’utilizzazione dei tabulati telefonici concernenti l’utenza in uso a Michele Sinibaldi, nella parte relativa ai contatti con l’utenza in uso al senatore Giuseppe Valentino;
che, premette il ricorrente, il senatore Valentino è indagato, unitamente a Michele Sinibaldi, per il delitto previsto dall’art. 378 del codice penale, «per avere aiutato Giampiero Fiorani ad eludere le indagini sul medesimo condotte, riferendogli l’esistenza di operazioni di intercettazione telefonica a suo carico, per il tramite di Ricucci Stefano»;
che, nell’ambito del predetto procedimento, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, in data 27 luglio 2007, formulava istanza ai sensi degli artt. 268 del codice di procedura penale e 6 della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), affinché l’odierno ricorrente, previa verifica circa la rilevanza dei tabulati in oggetto, inoltrasse alla Camera di appartenenza la richiesta di autorizzazione all’utilizzo degli stessi nei confronti del parlamentare indagato;
che lo stesso ricorrente, con atto del 13 novembre 2007, inviava la richiesta di autorizzazione dopo che, con ordinanza in pari data, assunta all’esito della camera di consiglio, aveva ritenuto necessaria l’utilizzazione dei relativi tabulati;
che il Giudice ricorrente richiama l’argomento in base al quale la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari ha motivato la proposta di diniego dell’autorizzazione, e cioè che, nella relativa richiesta, non si sarebbe dato adeguatamente conto della «necessità di utilizzazione» dei tabulati telefonici, come previsto dall’art. 6 della legge n. 140 del 2003, essendosi l’autorità richiedente limitata ad evidenziare il profilo della pertinenza dei predetti tabulati rispetto al fatto oggetto del procedimento;
che nel ricorso è richiamato l’ulteriore argomento della Relazione della Giunta secondo cui la motivazione della richiesta, calibrata sul parametro della «mera pertinenza» dei tabulati alle risultanze delle indagini in corso, non avrebbe consentito all’organo parlamentare di «individuare un collegamento inequivoco con i fatti oggetto del procedimento, ben potendo detta deduzione, tra l’altro, essere agevolmente superata dalla allegata molteplicità e frequenza dei contatti, anche quotidiani, tra i soggetti coinvolti»;
che, in riferimento alla previsione contenuta nell’art. 6 della legge n. 140 del 2003, il ricorrente evidenzia la peculiarità dei tabulati telefonici, i quali si limitano a documentare i contatti intercorsi tra utenze, e non anche il contenuto delle relative comunicazioni, sicché la valutazione circa la rilevanza degli stessi, richiesta dalla norma citata, non potrebbe che essere basata sulla verifica della «pertinenza» alle indagini in corso, ponendosi ogni diversa interpretazione in contrasto con il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale;
che, nel caso di specie, la ritenuta necessità dell’utilizzazione dei tabulati conseguirebbe alla verifica che l’ipotesi investigativa, secondo la quale il senatore Valentino sarebbe l’autore della divulgazione di notizie riservate in favore di Giampiero Fiorani, per il tramite di Michele Sinibaldi e Stefano Ricucci, avrebbe trovato parziale riscontro nelle dichiarazioni rese dal citato Fiorani nel corso dell’interrogatorio svoltosi il 17 maggio 2005 davanti al giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano;
che, di conseguenza, la delibera del Senato della Repubblica risulterebbe assunta nell’ambito di valutazioni che trascendono i limiti del sindacato previsto dall’art. 68, terzo comma, Cost., in quanto inerenti alla necessità dell’acquisizione probatoria dei tabulati telefonici, che l’art. 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003 attribuirebbe in via esclusiva al giudice penale, con conseguente invasione della sfera di attribuzioni riservata all’autorità giudiziaria dagli artt. 101 e 104 Cost.;
che, infatti, all’organo parlamentare spettava di valutare se la richiesta di autorizzazione denotasse un intento persecutorio nei confronti del senatore Valentino, ovvero una indebita (in quanto immotivata) ingerenza nella sua sfera privata, o, ancora, se l’intero procedimento a suo carico costituisse il pretesto per esercitare un indiretto condizionamento sull’esercizio del mandato parlamentare;
che, al contrario, la delibera del Senato avrebbe espresso valutazioni inerenti alla «necessità dell’acquisizione probatoria, rappresentata dai tabulati già presenti agli atti, in rapporto allo sviluppo attuale del procedimento ed alle sue prospettive future», cioè avrebbe deciso in merito alla «gestione processuale di una prova già formata», con conseguente illegittima interferenza sull’andamento del procedimento;
che, a tale ultimo proposito, il ricorrente richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 26 del 2008, nella quale è ribadito il principio già affermato nella sentenza n. 13 del 1975, secondo cui «il normale corso della giustizia […] non può essere paralizzato a mera discrezione degli organi parlamentari, potendo e dovendo arrestarsi unicamente nel momento in cui l’esercizio di questa verrebbe illegittimamente ad incidere su fatti soggettivamente ed oggettivamente ad essa sottratti e in ordine ai quali sia stata ritenuta la competenza degli organi parlamentari»;
che, infine, il ricorrente evidenzia come la portata invasiva della delibera parlamentare non risulterebbe attenuata dalla già richiamata sentenza della Corte costituzionale n. 390 del 2007, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, commi 2, 5 e 6, della legge n. 140 del 2003 «nella parte in cui stabilisce che la disciplina ivi prevista si applichi anche nei casi in cui le intercettazioni debbano essere utilizzate nei confronti di soggetti diversi dal membro del Parlamento, le cui conversazioni o comunicazioni sono state intercettate»;
che, infatti, pur assumendo che la pronuncia citata si estenda ai tabulati telefonici, come il ricorrente afferma di ritenere, nel caso in esame la richiesta di autorizzazione rigettata dal Senato concerne l’utilizzazione della prova sia nei confronti del soggetto “terzo”, che ha avuto contatti telefonici con il parlamentare, sia nei confronti dello stesso parlamentare;
che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma chiede quindi che la Corte costituzionale voglia dichiarare che non spettava al Senato della Repubblica negare l’autorizzazione all’utilizzo dei tabulati delle comunicazioni riferite all’utenza in uso a Michele Sinibaldi, nella parte relativa ai contatti con l’utenza in uso al senatore Valentino e, conseguentemente, annullare la delibera del 21 dicembre 2007 (doc. IV, n. 1).
Considerato che, in questa fase del giudizio, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la Corte costituzionale è chiamata a deliberare, senza contraddittorio, circa l’esistenza o meno della «materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza», restando impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche in punto di ammissibilità;
che, per quanto riguarda il requisito soggettivo, deve riconoscersi al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma la qualifica di organo competente a dichiarare in via definitiva – nel procedimento sottoposto al suo giudizio – la volontà del potere cui appartiene, in ragione dell’esercizio delle funzioni giurisdizionali svolte in posizione di piena indipendenza (da ultimo, ordinanze numeri 122 e 84 del 2008);
che, ancora sotto il profilo soggettivo, il Senato della Repubblica, che ha adottato la delibera di diniego dell’autorizzazione all’utilizzo di tabulati telefonici nei confronti di un proprio membro, è legittimato ad essere parte del conflitto di attribuzione, essendo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere che esso impersona, in relazione all’applicabilità della prerogativa di cui all’art. 68, terzo comma, della Costituzione;
che, quanto al requisito oggettivo del conflitto, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma lamenta la lesione della propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantita, in conseguenza dell’esercizio – ritenuto illegittimo perché non corrispondente ai criteri che la Costituzione stabilisce, come sviluppati dalla giurisprudenza di questa Corte – del potere, spettante al Senato della Repubblica, di negare l’autorizzazione all’utilizzo di materiale probatorio nei confronti di un proprio membro;
che, in conclusione, esiste la materia di un conflitto di attribuzione, la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma nei confronti del Senato della Repubblica, con il ricorso indicato in epigrafe;
dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al ricorrente Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma;
b) che, a cura del ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati al Senato della Repubblica, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, presso la cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni dalla notificazione, a norma dell’art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'11 luglio 2008.