ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Alfio FINOCCHIARO "
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 31, comma 8, della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 1986), promossi con due ordinanze, entrambe depositate il 23 gennaio 2007, dalla Commissione tributaria regionale della Liguria nei giudizi vertenti tra l'Agenzia delle entrate, ufficio di Genova, e Maria Galeotti, iscritte, rispettivamente, ai nn. 23 e 24 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 2008.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio dell'11 giugno 2008 il Giudice relatore Franco Gallo.
Ritenuto che, con due ordinanze di identico contenuto, depositate il 23 gennaio 2007, la Commissione tributaria regionale della Liguria - nel corso di due giudizi di appello aventi ad oggetto le sentenze con le quali il giudice di primo grado aveva accolto le impugnazioni proposte da una contribuente avverso le cartelle di pagamento relative al contributo per il Servizio sanitario nazionale per gli anni 1993 e 1994 - ha sollevato, in riferimento ag li artt. 3 e 53 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 31, comma 8, della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 1986);
che la Commissione tributaria regionale censura detta disposizione nella parte in cui - stabilendo che il contributo per il Servizio sanitario nazionale (SSN) è dovuto in una misura percentuale del «reddito complessivo ai fini dell'IRPEF per l'anno precedente a quello cui il contributo di riferisce, con esclusione dei redditi già assoggettati a contribuzione per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale e dei redditi da pensione» - non esclude dalla base di calcolo del contributo per il SSN gli assegni periodici corrisposti al coniuge separato indicati «alla lettera h) del comma 1 dell'art. 10 della legge n. 47 del 19 86» [recte: «alla lettera c) del comma 1 dell'art. 10 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), richiamato dalla lettera i) del comma 1 dell'art. 47 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica, nel testo applicabile anteriormente al 1° gennaio 2004»];
che il rimettente muove dalla premessa che, ai sensi dell'art. 47, comma 1, lettera i), del d.P.R. n. 917 del 1986, gli indicati assegni periodici corrisposti al coniuge in conseguenza di separazione legale concorrono a determinare - nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria - il reddito imponibile, ai fini dell'IRPEF, di chi li percepisce e, pertanto, in forza della disposizione censurata, debbono essere computati nella base di calcolo del contributo per il SSN;
che il giudice a quo ritiene, tuttavia, che tale normativa si ponga in contrasto con gli evocati parametri, perché: a) in violazione dell'art. 3 Cost., prevede un trattamento tributario identico di situazioni diverse, in quanto assimila ingiustificatamente la percezione dei suddetti assegni periodici a quella dei redditi da lavoro dipendente, trascurando il fatto che tali assegni hanno una natura «essenzialmente assistenziale e risarcitoria»; natura che è riconosciuta dalla legge e dalla giurisprudenza all'assegno corrisposto una tantum al coniuge separato e che non può venir meno per effetto di una diversa modalità di corresponsione (cioè periodica, invece che in unica soluzione) del medesimo assegno; b) in violazione dell'art. 53 Cost., l'indicata natura «assistenziale e risarcitoria» dei menzionati assegni periodici esclude che la loro percezione possa essere assunta ad indice e parametro di capacità contributiva;
che il giudice rimettente afferma, infine, la rilevanza delle sollevate questioni, perché, nei giudizi principali, la contribuente ha chiesto l'annullamento delle impugnate cartelle di pagamento relative agli anni 1993 e 1994 negando la legittimità del computo degli assegni periodici a lei corrisposti dal coniuge separato nella base imponibile per il calcolo del contributo per il SSN;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto in entrambi i giudizi, deducendo che i giudici a quibus: a) erroneamente equiparano l'assegno periodico con l'assegno corrisposto in unica soluzione, l'importo del quale, a differenza del primo, non è deducibile, ai fini dell'IRPEF, dal coniuge erogante e non ha natura reddituale per il coniuge percipiente; b) inammissibilmente censurano la previsione normativa del computo nell'imponibile IRPEF di qualunque genere di assegno periodico corrisposto al coniuge (salvi quelli destinati al mantenimento dei figli) in conseguenza di separazione legale, scioglimento o annullamento d el matrimonio o cessazione dei suoi effetti civili; c) sollevano questioni che attengono alla base imponibile relativa al calcolo non solo del contributo per il SSN, ma anche dell'IRPEF; d) erroneamente attribuiscono all'assegno periodico percepito dal coniuge separato natura risarcitoria, invece che (come sottolineato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 383 del 2001) di sostentamento; e) omettono di considerare che la tassazione in capo a chi percepisce l'assegno periodico è già valutata dal giudice allorché determina la misura di tale assegno e che, pertanto, la norma censurata - non incidendo sulla funzione di soddisfare le esigenze di vita del percipiente - costituisce una insindacabile scelta discrezionale del legislatore; f) non considerano che il pagamento del contributo in contestazione rientra tra i doveri cui sono tenuti tutti i cittadini;
che la difesa erariale chiede, pertanto, che le questioni siano dichiarate inammissibili «perché» manifestamente infondate e che, «comunque», siano rigettate.
Considerato che, con due ordinanze di identico contenuto, la Commissione tributaria regionale della Liguria dubita, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, della legittimità dell'art. 31, comma 8, della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 1986), nella parte in cui - stabilendo che il contributo per il Servizio sanitario nazionale (SSN) è dovuto in una misura percentuale del «reddito complessivo ai fini dell'IRPEF per l'anno precedente a quello cui il contributo di riferisce, con esclusione dei redditi già assoggettati a contribuzione per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale e dei redditi da pensione» - non esclude dalla base di calcolo del contributo per il SSN gli assegni periodici corrisposti al coniuge legalmente ed effettivamente separato, indicati «alla lettera h) del comma 1 dell'art. 10 della legge n. 47 del 1986» [recte: «alla lettera c) del comma 1 dell'art. 10 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), richiamato dalla lettera i) del comma 1 dell'art. 47 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica, nel testo applicabile anteriormente al 1° gennaio 2004»];
che, secondo la Commissione tributaria regionale, la disposizione denunciata víola: a) l'art. 3 Cost., perché prevede un trattamento tributario identico di situazioni diverse, in quanto ingiustificatamente assimila la percezione dei suddetti assegni periodici a quella dei redditi da lavoro dipendente, trascurando il fatto che tali assegni, diversamente dai menzionati redditi, non hanno una natura reddituale, ma «essenzialmente assistenziale e risarcitoria» (con riguardo al contributo apportato al nucleo familiare, prima della separazione, dal coniuge separato); natura che è riconosciuta dalla legge e dalla giurisprudenza all'assegno corrisposto una tantum al coniuge separato e che non può venir meno per effetto di una diversa modalità di corresponsione (cioè periodica, invece che in unica soluzione) del medesimo assegno; b) l'art. 53 Cost., perché la indicata natura «assistenziale e risarcitoria» dei menzionati assegni periodici esclude che la loro percezione possa essere assunta ad indice e parametro di capacità contributiva;
che i giudizi di legittimità costituzionale, in considerazione dell'identità delle questioni sollevate, debbono essere riuniti per essere congiuntamente esaminati e decisi;
che dette questioni sono manifestamente infondate;
che il giudice a quo non pone in discussione la norma secondo cui la base di calcolo del contributo per il SSN è costituita dall'imponibile IRPEF dell'anno precedente, ma denuncia l'illegittimità costituzionale della disposizione censurata con riguardo alla inclusione in detto imponibile dell'importo degli assegni periodici di mantenimento percepiti dal coniuge separato;
che, in particolare, il rimettente giunge alla conclusione dell'illegittimità costituzionale della disposizione denunciata muovendo dalle seguenti due erronee premesse: a) che l'assegno erogato in unica soluzione al coniuge legalmente ed effettivamente separato (e casi assimilati) corrisponde necessariamente alla capitalizzazione degli assegni periodici erogati al medesimo coniuge; b) che sia l'assegno corrisposto una tantum sia gli assegni periodici hanno natura «essenzialmente assistenziale e risarcitoria» e non reddituale;
che, quanto alla prima premessa, questa Corte ha già precisato, con riguardo ai casi (analoghi a quello della separazione legale tra i coniugi) di scioglimento o cessazione del vincolo matrimoniale, che le due suddette forme di adempimento dell'obbligo di mantenimento dell'ex coniuge, pur avendo entrambe la funzione di regolare i rapporti patrimoniali, hanno connotazioni giuridiche e di fatto diverse, tali da legittimare il legislatore a prevedere, nella sua discrezionalità, diversi regimi fiscali e una conseguente diversa distribuzione del carico tributario (ordinanze n. 113 del 2007 e n. 383 del 2001);
che, al riguardo, va osservato che, mentre l'assegno periodico costituisce per il percipiente un reddito determinato dal giudice in base ai parametri indicati dall'art. 156 del codice civile e dal comma 6 dell'art. 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, con possibilità di revisione in aumento o in diminuzione, invece l'assegno versato una tantum, pur avendo anch'esso natura reddituale, non corrisponde necessariamente alla capitalizzazione dell'assegno periodico, è sottoposto al solo controllo di equità da parte del giudice ed è liberamente concordato dalle parti, al fine di configurare un definitivo e complessivo assetto degli interessi personali, familiari e patrimoniali dei coniugi, che co nsenta loro di tenere conto anche del particolare regime fiscale dell'assegno medesimo (il quale resta perciò escluso da ogni revisione economica, ai sensi del comma 8 dello stesso art. 5);
che tali differenze, fondate sul maggiore spazio riservato dalla legge all'autonomia privata nella determinazione dell'assegno versato una tantum rispetto a quello periodico, sono state non irragionevolmente prese in considerazione dal legislatore fiscale;
che, infatti, quest'ultimo, nel caso di corresponsione di un capitale una tantum, ha preferito tutelare l'accipiens - cioè il "coniuge" economicamente piú debole, che, ai sensi del citato art. 156 cod. civ., «non abbia adeguati redditi propri», ovvero, ai sensi del parimenti citato comma 6 dell'art. 5 della legge n. 898 del 1970, «non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive» -, scegliendo la soluzione, più radicale, dell'esclusione dalla tassazione per il relativo importo piuttosto che quella dell'assoggettamento a un regime di tassazione separata, e lasciando simmetricamente immutato l'ordinario carico fiscale del solvens, senza prevedere alcuna deduzione per tale esborso;
che lo stesso legislatore, nel caso degli assegni periodici stabiliti iussu iudicis, ha invece ritenuto di assimilarli ai redditi di lavoro dipendente, assoggettandoli all'ordinaria tassazione in capo al "coniuge" che li percepisce e correlativamente prevedendone la deducibilità da parte del "coniuge" che li corrisponde; e ciò, in ragione sia della loro periodicità (e, quindi, della loro pertinenza a piú periodi d'imposta), sia del loro importo, normalmente inferiore a quello dell'assegno una tantum, sia della possibilità di una loro revisione economica per sopraggiunti giustificati motivi;
che, per le considerazioni sopra esposte, non è palesemente irragionevole, come già affermato da questa Corte, la scelta che il legislatore ha effettuato - tra le molte compatibili con la Costituzione - di differenziare il regime fiscale dell'assegno corrisposto una tantum da quello degli assegni periodici;
che anche la seconda premessa da cui muove il rimettente è erronea, perché, contrariamente a quanto da lui affermato, gli assegni periodici di mantenimento del "coniuge" - al pari dell'assegno una tantum - non hanno funzione risarcitoria di un danno subíto, ma la diversa e piú complessa funzione di adempiere l'obbligo di assistenza coniugale (in caso di separazione legale tra i coniugi) o postconiugale (in caso di cessazione del vincolo matrimoniale) riguardante il mantenimento del "coniuge" privo di adeguati redditi propri;
che, stante la loro funzione di sopperire all'inadeguatezza dei redditi del "coniuge", detti assegni hanno, come visto, natura reddituale, con la conseguente non irragionevolezza della loro assimilazione, ai fini fiscali, ai redditi da lavoro dipendente;
che tale scelta costituisce espressione della discrezionalità del legislatore esercitata nell'àmbito di una pluralità di soluzioni costituzionalmente compatibili (ad esempio, il legislatore avrebbe anche potuto escludere o attenuare l'incidenza fiscale degli assegni periodici per l'accipiens, concedendogli detrazioni d'imposta, come poi è stato disposto da varie leggi con riferimento a periodi d'imposta successivi a quelli oggetto dei giudizi principali);
che, dunque, il rimettente, nel censurare l'assimilazione, ai fini dell'IRPEF e del contributo per il SSN, dei menzionati assegni periodici ai redditi da lavoro dipendente, muove da presupposti interpretativi erronei e ripropone sostanzialmente, senza addurre profili nuovi o comunque tali da indurre la Corte a modificare il precedente orientamento, le stesse questioni già dichiarate manifestamente non fondate da questa Corte con le pronunce citate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 31, comma 8, della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 1986), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale della Liguria con le ordinanze indicate in epigrafe.
Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Franco GALLO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 10 luglio 2008.