Sentenza n. 131 del 2008

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SENTENZA N. 131

ANNO 2008

 

Commento alla decisione

di

 

I. Davide Strazzari, Dalla Corte una conferma: la materia della cooperazione allo sviluppo resta sostanzialmente preclusa all’intervento legislativo regionale (per gentile concessione del Forum dei Quaderni Costituzionali)

 

II. Giuliana Speranza, Le competenze delle regioni nei rapporti internazionali (per gentile concessione della rivista telematica Federalismi.it )

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Franco                      BILE                                    Presidente

-    Giovanni Maria           FLICK                                    Giudice

-    Francesco                  AMIRANTE                                "

-    Ugo                          DE SIERVO                                "

-    Paolo                        MADDALENA                             "

-    Alfio                         FINOCCHIARO                          "

-    Alfonso                     QUARANTA                               "

-    Franco                      GALLO                                       "

-    Luigi                         MAZZELLA                                "

-    Gaetano                     SILVESTRI                                 "

-    Sabino                       CASSESE                                   "

-    Maria Rita                 SAULLE                                     "

-    Giuseppe                   TESAURO                                   "

-    Paolo Maria               NAPOLITANO                            "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale avente ad oggetto gli artt. 5, 6 e 8 della legge della Regione Calabria 10 gennaio 2007, n. 4 (Cooperazione e relazioni internazionali della Regione Calabria), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 12 marzo 2007, depositato in cancelleria il 14 marzo 2007 ed iscritto al n. 15 del registro ricorsi 2007.

Visto l’atto di costituzione della Regione Calabria;

udito nell’udienza pubblica del 1° aprile 2008 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

uditi l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giuseppe Naimo per la Regione Calabria.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato il 12 marzo 2007 e depositato in cancelleria il 14 marzo successivo, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, con riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera a), terzo comma, della Costituzione, in relazione alla legge statale 26 febbraio 1987, n. 49 (Nuova disciplina della cooperazione dell’Italia con i Paesi in via di sviluppo), questione di legittimità costituzionale degli artt. 5, 6 e 8 della legge della Regione Calabria 10 gennaio 2007, n. 4 (Cooperazione e relazioni internazionali della Regione Calabria).

Secondo il ricorrente, la legge in esame, che regola azioni ed interventi di solidarietà internazionale della Regione Calabria, eccede la competenza legislativa concorrente attribuita alle Regioni dall’art. 117, terzo comma, Cost. in materia di «rapporti internazionali e con l’Unione europea». La materia della cooperazione allo sviluppo, attenendo, alla cooperazione internazionale, quale «parte integrante della politica estera dell'Italia» (come stabilito dall’art. 1, comma 1, della legge n. 49 del 1987), rientrerebbe nella competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost.

  Per la difesa erariale, la legge presenterebbe diversi profili di illegittimità costituzionale. In primo luogo, gli artt. 5, 6 e 8, nello stabilire gli obiettivi e i modi di intervento della cooperazione internazionale anche in ipotesi di emergenza, e nel prevedere, altresì, l’impiego diretto di risorse, umane e finanziarie, in progetti destinati a offrire vantaggi socio-economici alle popolazioni e agli Stati beneficiari, autorizzerebbero e disciplinerebbero una serie di attività tipiche della politica estera, riservata in modo esclusivo allo Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera a), Cost.

    In secondo luogo, le norme impugnate si porrebbero inoltre in contrasto con l’art. 2, comma 2, della legge n. 49 del 1987, che rimette al Ministro degli affari esteri, tra l’altro, «la scelta delle priorità delle aree geografiche e dei singoli Paesi, nonché dei diversi settori nel cui ambito dovrà essere attuata la cooperazione allo sviluppo e la indicazione degli strumenti di intervento».

          Riferisce la difesa erariale che in tal senso si sarebbe pronunciata anche la Corte costituzionale, che, con la sentenza n. 211 del 2006, ha giudicato incostituzionali, in quanto incidenti nella materia della «politica estera», alcune disposizioni della legge della Provincia di Trento 15 marzo 2005, n. 4 (Azioni ed interventi di solidarietà internazionale della Provincia autonoma di Trento) aventi contenuto a suo dire analogo a quello degli articoli della legge in esame sopra censurati.

          2.– Si è costituita in giudizio la Regione Calabria e ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, perché la motivazione dello stesso sarebbe eccessivamente generica, abbracciando ambiti eterogenei dell’intervento regionale, per di più privi di rilievo internazionale.

          Nel merito, la Regione ha dedotto che, diversamente da quanto sostenuto dal Presidente del Consiglio e da quanto rilevato dalla Corte costituzionale con riferimento alla legge provinciale di Trento n. 4 del 2005, la legge calabrese prevede delle attività che, ben lungi dall’essere autonome e scoordinate rispetto alla politica estera nazionale, si muovono all’interno degli obiettivi e degli strumenti della stessa, potendo dunque ritenersi ricomprese nei ristretti confini del “potere estero” delle Regioni, previsto dall’art. 117, quinto comma, della Costituzione.

          3. – Con memoria depositata il 13 marzo 2008, l’Avvocatura generale ha contestato l’eccezione di genericità della censura sollevata dalla Regione Calabria, sostenendo che le norme impugnate riguarderebbero nella totalità delle loro previsioni e articolazioni l’attività di cooperazione internazionale che la Corte costituzionale ha già ritenuto far parte della politica estera dello Stato.

    4. – Con memoria depositata il 19 marzo 2008, la Regione Calabria ha insistito nella sollevata eccezione di inammissibilità e, nel merito, nella richiesta di rigetto della questione.

Considerato in diritto

    1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, dubita, con riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera a), terzo comma, della Costituzione, in relazione alla legge statale 26 febbraio 1987, n. 49 (Nuova disciplina della cooperazione dell’Italia con i Paesi in via di sviluppo), della legittimità costituzionale degli artt. 5, 6 e 8 della legge della Regione Calabria 10 gennaio 2007, n. 4 (Cooperazione e relazioni internazionali della Regione Calabria).

          La legge della Regione Calabria n. 4 del 2007 contiene una disciplina generale dell’attività internazionale della Regione. Essa, in particolare, individua i Paesi destinatari degli interventi regionali (art. 1, comma 1) e le finalità generali dell’attività internazionale della Regione (art. 1, comma 2). Prevede, poi, che tale attività si articola in cinque diversi tipi di interventi: la «attività di cooperazione con Regioni e territori dei paesi membri dell’Unione Europea» (art. 3); la «attività di collaborazione e partenariato istituzionale e relazioni istituzionali» (art. 4); 3) la «attività di cooperazione internazionale» (art. 5); la «attività di cooperazione umanitaria e di emergenza» (art. 6); la «internazionalizzazione del sistema economico-produttivo» (art. 7). Stabilisce, inoltre, che tutte le descritte attività siano oggetto di un documento di indirizzo programmatico triennale approvato annualmente dal Consiglio regionale e di un piano operativo annuale di attuazione e che le funzioni amministrative di attuazione del piano regionale siano svolte dalla Giunta regionale (art. 8).

        Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 5, riguardante la «attività di cooperazione internazionale», l’art. 6, riguardante la «attività di cooperazione umanitaria e di emergenza», e l’art. 8, che disciplina la «programmazione degli interventi e modalità di attuazione», ritenendo che tali norme contrastino con l’art. 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, che attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia della politica estera e richiamando, a sostegno delle proprie ragioni, la sentenza della Corte costituzionale n. 211 del 2006.

        2. – La Regione ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per genericità, poiché le norme impugnate riguarderebbero àmbiti di intervento eterogenei.

        L’eccezione non è fondata.

            Gli artt. 5 e 6 della legge regionale n. 4 del 2007 disciplinano ciascuno una categoria omogenea di interventi internazionali della Regione: rispettivamente, quelli di «cooperazione internazionale» e di «cooperazione umanitaria e di emergenza». Tali categorie sono accomunate, nella prospettazione dell’Avvocatura, dall’intrinseca attinenza alla materia della cooperazione allo sviluppo e, quindi, alla politica estera statale. La descrizione dei singoli interventi contenuta, rispettivamente, nel comma 4 dell’art. 5 e nel comma 3 dell’art. 6, non è altro, dunque, che l’elencazione delle possibili iniziative attuabili nell’ambito di tale materia.

        Il ricorrente deduce che le norme impugnate, nello stabilire gli obiettivi e i modi di intervento della cooperazione internazionale anche in ipotesi di emergenza, e nel prevedere, altresì, l’impiego diretto di risorse, umana e finanziaria, in progetti destinati a offrire vantaggi socio-economici alle popolazioni e agli Stati beneficiari, autorizzano e disciplinano una serie di attività tipiche della politica estera. In sostanza il ricorrente contesta in radice la competenza della Regione a disciplinare interventi che abbiano le caratteristiche descritte nel comma 1 dell’art. 5 e dell’art. 6.

        Il thema decidendum sottoposto alla Corte è, dunque, sufficientemente chiaro ed univoco. Esso consiste nella verifica dell’attinenza alla sfera di competenze regionali ovvero alla materia della “politica estera” delle attività di “cooperazione internazionale” e di “cooperazione umanitaria e di emergenza” così come definite negli artt. 5 e 6.

        3. – Nel merito, le questioni sono in parte fondate.

        3.1. – Deve premettersi che questa Corte ha affermato che «l’art. 117, comma secondo, lettera a), nel delineare la competenza legislativa spettante in via esclusiva allo Stato, sottolinea una dicotomia concettuale tra meri “rapporti internazionali” da un lato e “politica estera” dall’altro, che non si ritrova nel terzo comma dello stesso art. 117, che individua la competenza regionale concorrente in materia internazionale. La politica estera, pertanto, viene ad essere una componente peculiare e tipica dell'attività dello Stato, che ha un significato al contempo diverso e specifico rispetto al termine “rapporti internazionali”. Mentre i “rapporti internazionali” sono astrattamente riferibili a singole relazioni, dotate di elementi di estraneità rispetto al nostro ordinamento, la “politica estera” concerne l’attività internazionale dello Stato unitariamente considerata in rapporto alle sue finalità ed al suo indirizzo» (sentenza n. 211 del 2006).

        In base a quanto affermato nella citata pronuncia, devono dunque ritenersi lesive della competenza statale in materia di politica estera le norme regionali che prevedano, in capo alla Regione, il potere di determinazione degli obiettivi di cooperazione internazionale e di interventi di emergenza nonché dei destinatari dei benefici sulla base di criteri fissati dalla stessa Regione. Tali norme, infatti, implicando l’impiego diretto di risorse, umane e finanziarie, in progetti destinati a offrire vantaggi socio-economici alle popolazioni e agli Stati beneficiari ed entrando in tal modo nella materia della cooperazione internazionale, finiscono con l’autorizzare e disciplinare una serie di attività di politica estera, riservata in modo esclusivo allo Stato.

        Alcune competenze contemplate negli articoli censurati riguardano, però, la materia della cooperazione allo sviluppo solo a livello di studio e di sensibilizzazione della pubblica opinione della Regione. Per il carattere di norme attinenti ad attività da svolgersi all’interno della Regione, esse non interferiscono con la politica estera statale. La legge regionale censurata, infatti, dà una definizione di cooperazione internazionale impropria e, sostanzialmente, più vasta di quella delineata nella sentenza n. 211 del 2006, facendovi rientrare anche iniziative e progetti volti a sostenere, in modo più generale, l’affermazione dei diritti dell’uomo e dei principi democratici all’interno della Regione ed all’estero. E’, pertanto, indispensabile esaminare analiticamente le singole previsioni della legge regionale, al fine di stabilire quali di esse riguardino la politica estera dello Stato.

        3.2 – In tale prospettiva, sono senz’altro da considerare invasive della competenza statale le attività elencate alle lettere a), b) e c) del comma 4 dell’art. 5, le quali, riguardando aspetti della cooperazione allo sviluppo analoghi a quelli previsti dalla legge statale in materia, la crescita ed il consolidamento della democrazia e dello Stato di diritto nei Paesi interessati, la promozione e la salvaguardia dei diritti dell’uomo, interferiscono con la politica estera dello Stato.

    Analogamente, le competenze elencate nelle lettere i), j), k), l), m), o) e p) dello stesso articolo rientrano tutte nella nozione di cooperazione allo sviluppo, così come definita dalla sentenza n. 211 del 2006. In particolare, la previsione di cui alla lettera i) (sostegno ai programmi di tutela e di valorizzazione delle risorse paesaggistiche-ambientali e culturali) non avrebbe senso se non riferita a iniziative di cooperazione con paesi esteri; il «supporto ad iniziative per la tutela dei minori e dei diritti dell'infanzia, attuazione delle politiche di genere», di cui alla lettera j), rientra nella predetta nozione di cooperazione, dato che promuovere attività dirette a valorizzare la parità tra uomo e donna e ad eliminare i fattori che la ostacolino in concreto, comporta un’ingerenza nelle politiche sociali di altri paesi con risorse dello Stato italiano; le «attività di studio, di ricerca, di scambi di esperienze, di informazione e di divulgazione, volte a promuovere l’unità e l'identità europea, l’estensione del concetto di cittadinanza e la partecipazione ai processi istituzionali a tutti i livelli», di cui alla lettera k), le «iniziative di informazione, consulenza, predisposizione di progetti di fattibilità e loro realizzazione, al fine di determinare il trasferimento di sistemi e tecnologie appropriate, realizzate da imprese calabresi nell’ambito di programmi di cooperazione finanziati da organismi nazionali ed internazionali», di cui alla lettera l), e «l’impiego, anche attraverso convenzioni con Enti regionali strumentali e territoriali, di personale qualificato con compiti di assistenza tecnica, amministrazione e gestione, valutazione e monitoraggio dell'attività di cooperazione internazionale», di cui alla lettera m), sono tutte direttamente attinenti alla cooperazione allo sviluppo. Anche gli «interventi innovativi e di sperimentazione nel mercato del lavoro, nel settore del credito e del commercio internazionale, nelle politiche pubbliche per lo sviluppo locale anche ai fini dell’integrazione degli interventi di cooperazione con le attività di sviluppo economico», di cui alla successiva lettera o), in quanto necessariamente coordinati con iniziative di politica estera, non possono che spettare allo Stato. Anche il «miglioramento dei flussi immigratori nel territorio calabrese», da attuare «anche favorendo la selezione positiva, la formazione, l’integrazione e la regolarizzazione degli immigrati, valorizzando le loro rimesse nei paesi di origine e favorendo l’occupazione in tali paesi», di cui alla lettera p), è competenza che interferisce direttamente con le politiche di immigrazione, inderogabilmente riservate allo Stato.

    Al contrario, le attività indicate nelle lettere d), e), f), g), h) del comma 4 dell’art. 5, sono rivolte ai cittadini residenti nella Regione e hanno come unica finalità quella di sensibilizzare la comunità regionale a una cultura della tolleranza e della cooperazione. Si tratta di iniziative destinate a esplicarsi all’interno del territorio regionale ed in quanto tali non rientrano nella definizione di cooperazione allo sviluppo adottata dalla Corte nella sentenza n. 211 del 2006.

    Un discorso analogo può essere svolto anche per quanto attiene alla previsione contenuta nella lettera q) dello stesso comma 4 dell’art. 5 (valorizzazione delle comunità di origine calabrese all’estero), per la quale può ritenersi che la stessa contempli mere attività di promozione e di tutela dell’identità culturale di tali comunità di interesse tipicamente regionalistico.

    Più articolata è la valutazione della previsione contenuta nella lettera n) del predetto comma 4 dell’art. 5. Infatti, mentre la «formazione professionale e promozione sociale di cittadini stranieri da svolgersi in Calabria ed in altri Paesi», rivolte a cittadini dei Paesi in via di sviluppo, sono comunque attività oggettivamente idonee a creare vincoli di riconoscenza e legami con Stati esteri e rientrano nel concetto di cooperazione allo sviluppo cui fa riferimento la sentenza n. 211 del 2006; la «formazione di personale residente in Italia destinato a svolgere attività di cooperazione internazionale», può farsi rientrare, per contro, nella competenza regionale in materia di formazione professionale, essendo destinata a cittadini italiani residenti in Calabria. In tale prospettiva deve essere ritenuta immune dalle censure formulate.

    3.3. – Quanto all’art. 6, relativo alla cooperazione umanitaria e di emergenza, esso è da ritenere illegittimo con riferimento alle previsioni di cui alle lettere a), c), e) ed f). Rientrano, infatti, nella politica estera dello Stato, come iniziative di cooperazione, sia la fornitura di materiali di prima necessità e attrezzature alle popolazioni colpite, implicando delle scelte nella individuazione delle popolazioni da aiutare (si pensi al conflitto armato tra due Stati); sia la collaborazione tecnica, anche mediante l’invio di personale regionale, ed eventuale coordinamento delle risorse umane messe a disposizione da associazioni, istituti, Enti pubblici o privati, che presuppone la scelta delle aree geografiche e delle popolazioni cui offrire la collaborazione tecnica; sia il sostegno a Enti che operano per finalità di cooperazione umanitaria e di emergenza; sia, infine, la raccolta e la costituzione di fondi, con la promozione di pubbliche sottoscrizioni di denaro da far affluire su apposito capitolo di bilancio per interventi a favore delle popolazioni colpite da emergenze.

    Al contrario, la lettera b) dello stesso comma 3 dell’art. 6, concernente la «assistenza sanitaria e ospedaliera a cittadini stranieri che, per gli effetti degli eventi di cui al comma 1, sono ospitati nella Regione, e l’accoglienza di eventuali accompagnatori, purché regolarmente autorizzati alla permanenza sul territorio italiano», e la successiva lettera d), che contempla la mera «raccolta e diffusione di informazioni sulle azioni di aiuto e di emergenza organizzate da soggetti regionali nonché azioni finalizzate al loro raccordo con le richieste e le iniziative dell’Amministrazione statale, dell’Unione europea e delle Organizzazioni internazionali» sono legittimi, dato che, quanto al primo, l’assistenza sanitaria e ospedaliera viene predisposta in favore di persone che si trovano legittimamente sul territorio nazionale, quanto al secondo, la previsione ha carattere solo accessorio rispetto alle iniziative umanitarie e di emergenza propriamente dette.

    3.4 – La Regione ha sostenuto che la compatibilità delle iniziative previste con la politica estera nazionale possa ritenersi salvaguardata dalla previsione dell’art. 1, comma 2, in base alla quale le attività di promozione devono essere in sintonia con la cooperazione governativa e comunitaria.

    Al contrario, questa Corte, nella sentenza n. 211 del 2006, ha già ritenuto clausole simili a quelle invocate dalla Regione inadeguate a salvaguardare le prerogative statali.

    In tale prospettiva non è sufficiente neppure il richiamo più esplicito, contenuto nell’art. 8, comma 7, del meccanismo di raccordo tra l’attività regionale e le determinazioni della politica nazionale, predisposto all’articolo 6 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3), per effetto del quale il documento di programmazione triennale ed il piano operativo annuale sono comunicati al Ministero degli affari esteri ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri per la verifica della compatibilità delle iniziative regionali con gli indirizzi di politica estera statale.

     Infatti il citato art. 6 della legge n. 131 del 2003, inserito nella legge statale di attuazione della riforma del titolo V della parte II della Costituzione, concerne l’attività di Regioni e Province riguardanti il cosiddetto potere estero delle Regioni, che si concreta esclusivamente nella potestà di attuazione e di esecuzione degli accordi internazionali, nella conclusione di intese con enti territoriali interni a Stati esteri e nella pattuizione, con Stati esteri, di accordi esecutivi ed applicativi di accordi internazionali entrati in vigore o accordi di natura tecnico-amministrativa, o accordi di natura programmatica. Esso, dunque, è norma circoscritta entro il limitato àmbito della competenza concorrente in materia di relazioni internazionali delle Regioni e non può trovare applicazione per consentire la ratifica successiva, da parte dello Stato, di un’attività regionale che invade la competenza esclusiva di esso Stato in materia di politica estera.

     Come affermato nella sentenza n. 211 del 2006, il menzionato art. 6 è destinato a trovare applicazione solo con riguardo ad attività di stretta competenza internazionale delle Regioni, non potendo fare un riferimento, che sarebbe di per sé contraddittorio, ad iniziative di competenza statale esclusiva.

In altri termini, una legge regionale non può estendere il meccanismo di controllo, previsto dall’articolo 6 della legge n. 131 del 2003, al di fuori del campo di applicazione dettato dalla stessa legge statale che l’ha introdotto nell’ordinamento. D’altro canto, l’attività degli apparati dello Stato è necessariamente definita e disciplinata solo dalle leggi statali e non può essere incrementata per effetto di una legge regionale.

      Ne consegue che il comma 7 del censurato art. 8, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo.

      Per effetto della dichiarazione di incostituzionalità delle sole norme che contemplano competenze lesive delle prerogative statali, l’articolo censurato deve ritenersi immune dalle censure formulate negli altri commi.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1. dichiara l’illegittimità costituzionale:

- dell’art. 5 della legge della Regione Calabria 10 gennaio 2007, n. 4 (Cooperazione e relazioni internazionali della Regione Calabria), limitatamente al comma 4, lettere a), b), c), i), j), k), l), m), n) (quest’ultima limitatamente alle parole «la formazione professionale e promozione sociale di cittadini stranieri da svolgersi in Calabria ed in altri Paesi»), o) e p);

- dell’art. 6 della stessa legge regionale, limitatamente alle competenze previste dalle lettere a), c), d), e) ed f);

- dell’art. 8, comma 7, della medesima legge regionale;

2.  dichiara non fondate le altre questioni di legittimità costituzionale degli artt. 5, 6 ed 8 della legge della Regione Calabria n. 4 del 2007, promosse, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera a), e terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

         Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 maggio 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 maggio 2008.