ORDINANZA N. 101
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 438, comma 5, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza del 13 dicembre 2005 dal Tribunale di Pescara, iscritta al n. 74 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 12 marzo 2008 il Giudice relatore Gaetano Silvestri.
Ritenuto che il Tribunale di Pescara, con ordinanza del 13 dicembre 2005, ha sollevato – in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 438, comma 5, del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede per il solo pubblico ministero, e non anche per la parte civile costituita, la possibilità di chiedere l’ammissione di prova contraria nel caso di giudizio abbreviato sollecitato dall’imputato subordinatamente ad una integrazione probatoria;
che nel giudizio a quo, secondo quanto riferito dal rimettente, l’imputato ha formulato richiesta condizionata di giudizio abbreviato, instando per l’audizione di due testimoni, ed il difensore della parte civile costituita ha chiesto, di conseguenza, l’ammissione di prova contraria;
che lo stesso difensore, per il caso la richiesta di prova contraria non fosse ritenuta ammissibile, ha sollecitato il Tribunale a sollevare questione di legittimità della disciplina preclusiva;
che in effetti il comma 5 dell’art. 438 cod. proc. pen., secondo il rimettente, riserva al solo pubblico ministero la facoltà di chiedere la prova contraria in caso di domanda condizionata di accesso al rito, così impedendo al giudice di «accogliere la richiesta di giudizio abbreviato presentata dall’imputato e nel contempo ammettere l’esame dei testimoni indicati dalla parte civile»;
che tale disciplina priverebbe la parte danneggiata del diritto di «esercitare il contraddittorio sulle prove addotte “a sorpresa” dalla controparte», diritto che non potrebbe considerarsi assorbito da quello riconosciuto alla pubblica accusa, né assicurato da una generica facoltà di interlocuzione con il giudice;
che, di conseguenza, risulterebbero violati il principio di parità tra le parti ed il diritto delle medesime al contraddittorio, come enunciati nell’art. 111 Cost.;
che inoltre, secondo il giudice a quo, vi sarebbe violazione dell’art. 3 Cost., per la lesione del principio di uguaglianza di ogni cittadino dinanzi alla legge, e dell’art. 24 Cost., nella parte in cui tale norma conferisce a ciascun cittadino il potere di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, qualificando la difesa come un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento;
che infine il rimettente osserva, in punto di rilevanza, come il procedimento non possa a suo giudizio essere definito indipendentemente dalla soluzione della questione prospettata, dovendosi prendere atto, tra l’altro, che nella specie la pubblica accusa non ha esercitato la facoltà di sollecitare la prova contraria, «così ancor più evidenziandosi il mancato rispetto del principio del contraddittorio»;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel giudizio con atto depositato l’11 aprile 2006;
che la questione sollevata, secondo la difesa erariale, sarebbe inammissibile, non risultando dal testo dell’ordinanza di rimessione se il giudice a quo, prima di deliberare l’ordinanza medesima, avesse già accolto la richiesta condizionata di giudizio abbreviato;
che la questione, in ogni caso, sarebbe manifestamente infondata, posto che la parte civile può scegliere se partecipare o non al giudizio penale, e che dunque la sua posizione non può essere assimilata a quella di una parte essenziale dello stesso giudizio, qual è il pubblico ministero.
Considerato che il Tribunale di Pescara dubita – in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione – della legittimità costituzionale dell’art. 438, comma 5, del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede per il solo pubblico ministero, e non anche per la parte civile costituita, la possibilità di chiedere l’ammissione di prova contraria nel caso di giudizio abbreviato sollecitato dall’imputato subordinatamente ad una integrazione probatoria;
che dal testo dell’ordinanza di rimessione non risulta che il giudice a quo abbia accolto la domanda condizionata di accesso al rito ed anzi emerge, senza soluzione di continuità, una sequenza tra richiesta difensiva, domanda della parte civile e deliberazione dell’ordinanza medesima;
che la richiesta di giudizio abbreviato subordinata all’integrazione probatoria deve essere valutata, ed eventualmente accolta, in base alle condizioni descritte nel comma 5 dell’art. 438 cod. proc. pen. (necessità ai fini della decisione e compatibilità con le finalità di economia processuale proprie del provvedimento);
che dunque, fino a quando la richiesta difensiva non sia valutata ed accolta, è posta prematuramente ogni questione riguardante il diritto alla prova che, nel giudizio abbreviato, spetta alle parti diverse dall’imputato;
che infatti, per lo stesso pubblico ministero, la cui facoltà di chiedere l’ammissione di prova contraria è assunta dal rimettente quale elemento di comparazione, la richiesta è consentita solo nel caso che il giudice disponga il giudizio abbreviato;
che, per costante giurisprudenza, la necessità per il rimettente di fare immediata applicazione della norma censurata è condizione di ammissibilità della relativa questione di legittimità costituzionale (ex multis, ordinanze n. 56 del 2007 e n. 142 del 2006);
che dunque la questione in esame, mancando una descrizione della fattispecie adeguata alla verifica di rilevanza, va dichiarata manifestamente inammissibile (ex multis, ordinanze n. 60 del 2008 e n. 421 del 2007).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALEdichiara la manifesta inammissibilità della questione di illegittimità costituzionale dell’art. 438, comma 5, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Pescara, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 aprile 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'11 aprile 2008.