ORDINANZA N. 58
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza del 20 aprile 2007 dal Giudice di pace di Sorgono nel procedimento civile vertente tra Alessandro Murru e la Prefettura di Nuoro, iscritta al n. 599 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 13 febbraio 2008 il Giudice relatore Luigi Mazzella
Ritenuto che, con ordinanza del 20 aprile 2007, il Giudice di pace di Sorgono ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 18 della legge 24 novembre l981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), con riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevede espressamente un termine (diverso e più breve da quello di prescrizione delle sanzioni, di cui al successivo art. 28) per l’emissione dell’ordinanza-ingiunzione;
che, riferisce il rimettente, in un procedimento di opposizione a ordinanza-ingiunzione del prefetto, conseguente alla mancata ottemperanza da parte di A.M. all’intimazione di arrestarsi, in violazione dell’art. 192 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), il ricorrente aveva eccepito, tra gli altri motivi di opposizione, che l’ordinanza stessa gli era stata notificata oltre quattro anni dopo la data del verbale di contestazione, dunque ben oltre il termine perentorio di centoventi giorni di cui ai commi 1 e 1-bis dell’art. 204 dello stesso d.lgs. n. 285 del 1992, con conseguente decadenza del prefetto dal potere sanzionatorio;
che il rimettente, pur reputando inapplicabile alla concreta fattispecie l’invocato termine di cui all’art. 204, comma 1-bis, del codice della strada, che a suo dire sarebbe dettato esclusivamente per il caso del ricorso proposto dal trasgressore, non ha ritenuto di rigettare l’eccezione relativa alla dedotta intempestività dell’ordinanza-ingiunzione;
che, riferisce il rimettente, la tesi dell’applicabilità, ai procedimenti sanzionatori previsti dalla legge n. 689 del 1981, del termine stabilito dall’art. 2, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di processo amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), da lui in precedenza condivisa, è stata smentita da una recente sentenza della Corte di Cassazione, pronunciata a sezioni unite;
che, pertanto, non potendo trovare applicazione, in base a tale ultimo orientamento interpretativo, neppure questo termine, il censurato art. 18 della legge n. 689 del 1981 sarebbe incostituzionale in quanto, non prevedendo alcun termine alla durata del procedimento sanzionatorio, de facto fa coincidere tale durata con il periodo quinquennale di prescrizione delle sanzioni amministrative, di cui all’art. 28 della legge stessa;
che, quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente dà atto che, a partire dalla richiamata sentenza di legittimità, è ormai pacificamente esclusa l’applicabilità all’ordinanza-ingiunzione del termine previsto dalla legge n. 241 del 1990, e ritenendo che, di conseguenza, il potere del prefetto di emettere ordinanza-ingiunzione in relazione alla fattispecie di inottemperanza all’ordine di arrestarsi non è soggetto ad alcun termine di decadenza, denuncia l’irragionevolezza della disparità di trattamento tra il trasgressore, che ha l’onere di inviare scritti difensivi entro il breve termine di trenta giorni dalla contestazione, e l’autorità amministrativa procedente, che avrebbe avanti a sé il termine, ben più lungo, di quasi 5 anni, previsto per la prescrizione delle sanzioni amministrative;
che, secondo il rimettente, al principio di ragionevolezza fanno implicito riferimento sia gli artt. 24 e 111 della Costituzione, allorché assicurano alle parti la parità di diritti e la ragionevole durata del processo, sia l’art. 3 della Costituzione, che riconosce ai cittadini pari garanzie e trattamento, siano essi trasgressori del codice della strada o di altre norme amministrative, di natura diversa;
che è intervenuto nel giudizio di costituzionalità il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’inammissibilità della questione, sia sotto il profilo della incompleta descrizione della fattispecie, sia sotto quello della mancata esplorazione di una interpretazione costituzionalmente compatibile, nonché della mancanza di rilevanza della questione;
che, nel merito, l’Avvocatura sottolinea l’infondatezza della questione relativa all’art. 3 Cost., per la disomogeneità del tertium comparationis, e, in riferimento a quelle relative agli artt. 24 e 111, per la dedotta inidoneità della normativa censurata, pur se intesa nel senso prospettato dal rimettente, a ledere il principio di difesa e quello del giusto processo.
Considerato che il Giudice di pace di Sorgono dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 18 della legge 24 novembre l981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui non prevede espressamente un termine (diverso e più breve da quello di prescrizione delle sanzioni, di cui al successivo art. 28) per l’emissione dell’ordinanza-ingiunzione;
che, il rimettente, pronunciando sull’eccezione di violazione del termine previsto dall’art. 204, commi 1 e 1-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), ha ritenuto tale termine inapplicabile alla fattispecie prevista dall’art. 192 dello stesso codice della strada, senza fornire adeguata motivazione né sulle ragioni in base alle quali, in un giudizio informato al principio della domanda, coerentemente con la conclusione interpretativa da lui prescelta, non ha rigettato l’opposizione, né sulle stesse ragioni dell’asserita inapplicabilità;
che, pertanto, l’ordinanza è carente sotto il profilo della motivazione sulla rilevanza;
che d’altra parte il rimettente, affidando a questa Corte l’individuazione in concreto di un termine di decadenza senza indicarlo, sollecita l’esercizio di un potere discrezionale, riservato al legislatore (si vedano, da ultimo, le ordinanze n. 347 e n. 380 del 2007), e allo stesso tempo, lasciando indeterminato il possibile intervento della Corte, omette di formulare un petitum specifico (v. da ultimo, ordinanze nn. 35 e 279 del 2007);
che, pertanto, la questione deve ritenersi, sotto gli indicati profili, manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 18 della legge 24 novembre l981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice di pace di Sorgono con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 marzo 2008.