ORDINANZA N. 449
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALEcomposta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 46, 353 e 354 del codice di procedura civile promosso dal Tribunale di Monza, nel procedimento civile vertente tra Fercam s.p.a. e Mahlo Italia s.r.l. ed altri, con ordinanza del 19 dicembre 2006 iscritta al n. 454 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 21 novembre 2007 il Giudice relatore Francesco Amirante.
Ritenuto che il Tribunale di Monza – sezione distaccata di Desio, nel corso di un giudizio di appello avverso una sentenza del giudice di pace – dichiarativa della connessione con altra causa pendente davanti a detto Tribunale – ha sollevato, con ordinanza del 19 dicembre 2006: a) questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, degli artt. 353 e 354 del codice di procedura civile (anche in combinato disposto con l’art. 46 dello stesso codice), nella parte in cui non prevedono la possibilità per il tribunale, in funzione di giudice di appello avverso le sentenze del giudice di pace, di rimettere la causa al giudice di primo grado, qualora riformi la sentenza con cui questi ha declinato la propria competenza; b) «in subordine», questione di legittimità costituzionale dell’art. 46 cod. proc. civ. (anche in combinato disposto con gli artt. 353 e 354 cod. proc. civ.), per contrasto con gli artt. 3, 24, 25 e 111 Cost., nella parte in cui esclude l’esperibiltà del regolamento necessario di competenza avverso le sentenze del giudice di pace che si pronuncino sulla competenza, anche ai sensi degli artt. 39 e 40 cod. proc. civ., senza decidere il merito della controversia;
che il Giudice di pace di Desio, espone il remittente, ha dichiarato, con sentenza, la connessione della causa per risarcimento danni da circolazione stradale, pendente dinanzi a sé, con altra causa pendente dinanzi al Tribunale di Monza – sezione distaccata di Desio – fissando il termine di centoventi giorni per la riassunzione della causa dinanzi a quest’ultimo giudice;
che, avverso detta sentenza, la parte attrice ha proposto appello dinanzi al Tribunale di Monza – sezione distaccata di Desio, quale giudice territorialmente competente per 1’impugnazione, contestando la sussistenza dei presupposti previsti dal citato art. 40 cod. proc. civ., ai fini della remissione della causa e dello spostamento di competenza;
che la medesima parte ha provveduto anche a riassumere il giudizio dinanzi allo stesso Tribunale, nella qualità di giudice designato come titolare del procedimento connesso, il quale però non può essere più riunito a quello per cui il Giudice di pace ha dichiarato la connessione, in quanto ormai definito in primo grado;
che, osserva il remittente, attesa l’impossibilità di regresso in primo grado, la decisione circa la fondatezza dell’appello si tradurrebbe «in un nulla di fatto», in quanto il tribunale dovrebbe comunque trattenere la causa e giudicare nel merito;
che, inoltre, la contemporanea pendenza innanzi allo stesso tribunale di due distinti procedimenti, «aventi entrambi lo stesso oggetto sostanziale» fa sorgere, nel giudice a quo, il dubbio sulla stessa ammissibilità dell’appello, interrogandosi egli sulla sussistenza del presupposto processuale dell’interesse ad agire;
che, secondo il Tribunale, il sistema costituito dagli artt. 46, 353 e 354 cod. proc. civ. porta ad escludere de facto l’impugnabilità delle sentenze declinatorie della competenza pronunciate dal giudice di pace, in quanto, precluso il regolamento di competenza, l’appello è, a sua volta, impedito dalla stessa carenza di interesse ad impugnare la pronuncia, poiché il suo eventuale accoglimento in nessun modo infirmerebbe la statuizione del giudice di pace sulla competenza;
che, quanto all’art. 3 Cost., il Tribunale, pur consapevole della inesistenza di una garanzia costituzionale di un doppio grado di merito, non ritiene tuttavia giustificata la preclusione al regresso del giudizio in primo grado in caso di sentenza declinatoria di competenza emessa dal giudice di pace, mentre nel caso delle sentenze emesse da altri giudici di primo grado, la sentenza declinatoria di competenza è impugnabile con il regolamento di competenza innanzi alla Corte di cassazione, per cui, nell’ipotesi di accoglimento dell’impugnazione, il giudizio viene restituito al giudice dichiaratosi incompetente;
che, mentre in passato tale soluzione poteva trovare una giustificazione nel carattere «bagatellare» delle controversie rimesse al conciliatore (e nella sproporzione tra il ricorso alla decisione della Corte di cassazione ed il valore economico delle controversie stesse), essa risulta del tutto ingiustificata alla luce della nuova e più estesa competenza del giudice di pace;
che, secondo il remittente, il legislatore, nel dettare la formulazione originaria degli artt. 353 e 354 cod. proc. civ., aveva presente il rimedio del regolamento di competenza (il cui mancato esperimento è rimesso alla scelta della parte), come indirettamente dimostrato dall’originario (ed ormai abrogato) quarto comma dell’art. 354 cod. proc. civ.;
che, dovendo il giudice di appello limitarsi a rilevare la non correttezza della decisione sulla competenza passando subito dopo all’esame del merito, così in tal modo sanando una violazione delle norme sulla competenza, risulterebbe violato anche il principio del giudice naturale di cui all’art. 25 Cost.;
che, quanto alla questione relativa all’art. 46 cod. proc. civ. (esplicitamente definita come subordinata), il remittente ritiene venuta meno la ratio alla base della norma impugnata, in quanto il procedimento innanzi al giudice di pace non presenta più concreti elementi idonei a distinguerlo (come avveniva, invece, per il giudizio innanzi al conciliatore) dai giudizi innanzi ad altri organi giurisdizionali, sicché una diversificazione del regime impugnatorio risulta non più giustificata e si traduce in una violazione dell’art. 3 Cost.;
che al Tribunale l’esperibilità del regolamento di competenza d’ufficio non appare integralmente satisfattiva, in quanto, ove il giudice ad quem non ritenga di adire la Corte di cassazione in base all’art. 45 cod. proc. civ., la parte non ha alcuna facoltà di reazione e nessuna tutela, con corrispondente lesione dell’art. 24 Cost.;
che, inoltre, l’impossibilità, per la parte, di dare impulso ad un procedimento decisorio in ordine alla corretta competenza, con conseguente impossibilità di rimessione di fronte al giudice naturale precostituito per legge, si traduce in una violazione dell’art. 25 Cost.;
che, infine, con riguardo all’art. 111 Cost., il remittente ribadisce il carattere «meramente apparente» dell’appello, con la conseguenza della violazione del principio per cui sono ricorribili in cassazione, per violazione di legge, tutte le sentenze;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di non fondatezza della questione.
Considerato che il Tribunale di Monza – sezione distaccata di Desio, ha sollevato questione di legittimità costituzionale: a) «del combinato disposto degli artt. 353 e 354 cod. proc. civ. (anche in combinato disposto con l’art. 46 codice di procedura civile)» per contrasto con gli artt. 3 e 25 della Costituzione, nella parte in cui essi non prevedono la possibilità per il tribunale, in funzione di giudice di appello avverso le sentenze del giudice di pace, di rimettere la causa al giudice di primo grado, qualora riformi la sentenza con cui il giudice di pace – definitivamente pronunciando – ha declinato la propria competenza; b) «dell’art. 46 cod. proc. civ. (anche in combinato disposto con gli artt. 353 e 354 cod. proc. civ.), per contrasto con gli artt. 3, 24, 25 e 111 Cost., nella parte in cui esclude l’applicabilità dell’art. 42 cod. proc. civ. in tema di regolamento necessario di competenza, avverso le sentenze del giudice di pace che pronuncino sulla competenza, anche ai sensi degli artt. 39 e 40 cod. proc. civ. senza decidere il merito della controversia»;
che l’ordinanza di rimessione è stata emessa nel giudizio d’appello avverso la sentenza con la quale un giudice di pace, avendo rilevato la connessione della controversia davanti a lui pendente con altra di cui era stato investito lo stesso Tribunale di Monza – sezione distaccata di Desio, aveva declinato la propria competenza;
che il remittente rileva la probabile erroneità della statuizione del giudice di primo grado perché deliberata quando il giudizio asseritamente connesso era stato già deciso dal tribunale e la sentenza era stata impugnata con l’appello;
che, nel contempo, in ottemperanza alla sentenza del giudice di pace, il giudizio è stato riassunto davanti al remittente, sicché per la stessa vicenda pendono due processi, l’uno in appello, l’altro in primo grado;
che il remittente, sulla base di orientamenti giurisprudenziali, definiti consolidati, escludenti sia la proponibilità del regolamento di competenza avverso le sentenze del giudice di pace (art. 46 cod. proc. civ.) sia la rimessione al giudice di primo grado per l’ipotesi, nella specie ricorrente, di riforma della declinatoria di competenza (artt. 353 e 354 cod. proc. civ.), ritiene inutile l’appello;
che, ad avviso del remittente, gli artt. 353 e 354 cod. proc. civ. contrastano, nella parte sopra indicata, con l’art. 3 Cost., in quanto soltanto in caso di erronea declinatoria della propria competenza da parte del giudice di pace la parte si vede privata di un grado di giurisdizione di merito;
che, secondo il giudice a quo, i suddetti articoli violano anche il precetto costituzionale dell’art. 25, primo comma, Cost., in quanto all’erroneità non correggibile della declinatoria di competenza del giudice di pace conseguirebbe l’attribuzione della controversia, per il giudizio di merito in primo grado, ad un giudice diverso da quello precostituito per legge;
che, secondo il remittente, è fondata anche la tesi, da lui definita subordinata, dell’illegittimità dell’art. 46 cod. proc. civ. nella parte in cui esclude il regolamento di competenza avverso le sentenze del giudice di pace, per contrasto con l’art. 3 Cost., perché l’esclusione avrebbe potuto giustificarsi per le sentenze del conciliatore, ma non nei confronti di quelle del giudice di pace, nelle cui competenze rientrano anche questioni di notevole importanza;
che, ad avviso del Tribunale di Monza, l’esclusione del regolamento necessario di competenza comprime irragionevolmente il diritto di difesa (art. 24 Cost.) e viola anche le regole del giusto processo (art. 111 Cost.);
che lo scrutinio di legittimità costituzionale non può essere ammesso;
che, con riguardo alla prima questione, il remittente dà atto della contemporanea pendenza, dinanzi a sé, di due procedimenti «aventi lo stesso oggetto sostanziale», uno costituito dall’appello «esteso al merito» e l’altro dal giudizio riassunto dalla stessa parte;
che il giudice a quo dubita quindi della «sussistenza di un interesse concreto all’impugnazione, con conseguente inammissibilità della medesima», ma solo in ragione della denunciata impossibilità di regresso in primo grado e non invece a causa dell’intervenuta riassunzione dello stesso procedimento entro i termini fissati dal giudice di pace;
che il remittente non precisa alcunché circa la compatibilità tra tale riassunzione e l’attualità dell’interesse ad impugnare, e quindi sull’ammissibiltà dell’appello;
che tale omissione si traduce in una carenza di motivazione sulla rilevanza della questione;
che analoga lacuna circa l’ammissibilità del giudizio a quo non consente di dare ingresso neppure alla seconda questione, in quanto il Tribunale non chiarisce quale effetto dovrebbe avere la richiesta pronuncia additiva su un giudizio per il quale egli stesso espone il sopravvenuto difetto di interesse;
che, infatti, al venir meno delle condizioni di ammissibilità dell’appello consegue la mancanza della stessa sede procedimentale in cui il giudice a quo può sollevare tale incidente (diversamente da quanto avvenuto nei giudizi all’origine delle ordinanze di questa Corte n. 585 del 2000 e n. 69 del 2002);
che, inoltre, tra le sollevate questioni il rapporto di subordinazione è soltanto formalmente enunciato ma non logicamente dimostrato, perché in punto di rilevanza esiste tra le stesse, così come sollevate nell’ordinanza di rimessione, un rapporto di alternatività e non di subordinazione;
che, quindi, entrambe le questioni sono manifestamente inammissibili.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 353 e 354 del codice di procedura civile (anche in combinato disposto con l’art. 46 del codice di procedura civile) e dell’art. 46 del codice di procedura civile (anche in combinato disposto con gli artt. 353 e 354 del codice di procedura civile) sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 21 dicembre 2007.