ORDINANZA N.426
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1 del decreto-legge 12 novembre 2002, n. 253 (Disposizioni urgenti in materia tributaria), e dell’art. 62, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), promosso con ordinanza del 18 ottobre 2006 dalla Commissione tributaria regionale della Campania sul ricorso proposto dalla Piccola Società Cooperativa Emme Erre Costruzioni a r.l. nei confronti dell’Agenzia delle entrate – Ufficio di Nola, iscritta al n. 361 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 novembre 2007 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.
Ritenuto che, con ordinanza del 18 ottobre 2006, la Commissione tributaria regionale della Campania ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale, secondo quanto testualmente si legge nel dispositivo dell’ordinanza, «delle leggi di sospensione del diritto all’utilizzo del credito di imposta (Legge n. 253/02 e n. 289/02)»;
che il rimettente riferisce di essere chiamato a giudicare sull’appello avverso la sentenza, emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli, con la quale era stato rigettato il ricorso proposto da una contribuente contro un «avviso» relativo al recupero della somma di euro 7.265,00 sia perché tale somma era stata utilizzata nell’anno 2002 dalla medesima, mediante compensazione, quale credito di imposta ai sensi dell’art. 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001), in un periodo in cui – secondo quanto previsto dalle «sopravvenute leggi n. 253/02 e n. 289/02» – era stata sospesa la possibilità della predetta compensazione, sia perché la medesima contribuente aveva tardivamente inviato agli organi competenti la documentazione relativa al credito vantato;
che il giudice a quo, «riportandosi ai principi contenuti nella Costituzione», osserva che non sarebbe ammessa la «retroattività della norma tributaria quando essa viene ad applicarsi ad un rapporto già esaurito», non essendo, peraltro, possibile essere destinatari di una legge «se non emanata prima del fatto commesso»;
che, secondo quanto aggiunge la Commissione tributaria rimettente, le leggi potrebbero avere efficacia retroattiva solo ove tale effetto sia adeguatamente giustificato quanto a ragionevolezza e non leda diritti già acquisiti;
che, in particolare, la appellante – avendo operato investimenti in «area svantaggiata» e avendo perciò maturato il relativo diritto – ha chiesto nel 2002 l’utilizzo del credito di imposta;
che la sopravvenuta normativa in tema di rimborso del credito di imposta sarebbe irrazionale poiché, in modo ingiustificato, pregiudica la posizione di quanti, avendo effettuato «investimenti in zona svantaggiata», ritenevano di potersi avvalere delle agevolazioni fiscali, possibilità, invece, venuta meno per effetto «della succitata sopravvenuta legge di sospensione contenente norme con effetti retroattivi»;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la inammissibilità della questione o, in subordine, per la sua manifesta infondatezza;
che la difesa pubblica preliminarmente deduce l’inammissibilità della questione in quanto, stante la incompleta descrizione della fattispecie, non è possibile apprezzarne la rilevanza e in quanto non sono state dal rimettente individuate specificamente le disposizioni legislative censurate;
che, in ordine alla censura avente ad oggetto la retroattività della disciplina in questione, la giurisprudenza della Corte ha precisato che, al di fuori della materia penale, è consentito al legislatore emanare norme aventi efficacia retroattiva purché questa trovi una ragionevole giustificazione e non leda altri valori costituzionalmente garantiti;
che, con riferimento alle disposizioni tributarie retroattive, la incostituzionalità sarebbe riscontrabile ove risultasse spezzato il rapporto fra imposizione e capacità contributiva, circostanza che nel caso non ricorre, in quanto il «credito tributario» non attiene al presupposto di imposta e, pertanto, nemmeno alla «attuale capacità contributiva»;
che, comunque, le finalità di carattere antielusivo proprie della disciplina che ha previsto la sospensione dell’utilizzo del credito di imposta evidenzierebbero la ragionevolezza della stessa;
che, infine, riguardando la predetta sospensione la generalità delle situazioni riconducibili a questa specifica tipologia di credito di imposta, sono escluse ricadute discriminatorie della stessa.
Considerato che la Commissione tributaria regionale della Campania solleva, in relazione agli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale «delle leggi di sospensione del diritto all’utilizzo del credito di imposta (Legge n. 253/02 e n. 289/02)»;
che, tenuto conto di quanto riferito dal rimettente in ordine alla fattispecie concreta posta al suo esame – relativa alla impugnazione di un provvedimento col quale è stata recuperata a tassazione una somma di danaro oggetto di compensazione con altre somme dovute dalla ricorrente a titolo di imposta, sull’assunto che la somma portata in compensazione costituiva, ai sensi dell’art. 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001), credito di imposta in ragione di investimenti dalla contribuente compiuti in aree svantaggiate –, è dato arguire che la censura mossa dal rimettente concerna l’art. 1 del decreto-legge 12 novembre 2002, n. 253 (Disposizioni urgenti in materia tributaria), e l’art. 62, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003);
che, ad avviso del rimettente, le due disposizioni censurate sarebbero in contrasto con gli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione poiché, avendo effetto retroattivo, andrebbero ad incidere, in materia tributaria, su di un rapporto ormai esaurito, in tal modo pregiudicando irragionevolmente la posizione di quanti, avendo effettuato investimenti in zone svantaggiate, ritenevano di potersi avvalere delle agevolazioni fiscali previste dall’art. 8 della legge n. 388 del 2000;
che, per quel che riguarda la questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 1 del decreto-legge n. 253 del 2002, essa, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte deve essere dichiarata manifestamente inammissibile in quanto – a prescindere dalla circostanza, risultante dal comunicato del Ministro della giustizia pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 10 del 14 gennaio 2003, che tale decreto-legge, non convertito nei termini, è decaduto e, quindi, ha perso efficacia sin dall’inizio – già anteriormente allo spirare del termine per la conversione in legge di tale atto, l’art. 1 era stato oggetto di espressa abrogazione da parte dell’art. 62, comma 7, della legge n. 289 del 2002, e, quindi, incombeva sul rimettente l’onere di motivare in ordine alla perdurante rilevanza nel giudizio a quo della norma abrogata (vedi ordinanze n. 187 del 2007; n. 31 del 2007; n. 254 del 1995);
che, con riferimento all’altra disposizione censurata, cioè l’art. 62, comma 1, della legge n. 289 del 2002, la questione si palesa del pari manifestamente inammissibile, atteso che il rimettente non offre una descrizione della fattispecie concreta posta al suo giudizio, tale da permettere l’apprezzamento della rilevanza della questione stessa nel giudizio a quo;
che, in particolare, il rimettente non chiarisce la circostanza, pur indicata dal giudice di prime cure fra i motivi di rigetto del ricorso, se la contribuente avesse o meno provveduto a trasmettere tempestivamente alla Agenzia delle entrate la documentazione indicata dalla disposizione censurata, il cui invio è previsto a pena di decadenza dal beneficio dell’attribuzione del credito tributario;
che l’omissione di indicazioni in ordine a tale circostanza è decisiva riguardo alla possibilità di valutare la rilevanza della questione in quanto, ove la contribuente, non avendo adempiuto al predetto onere di trasmissione, fosse decaduta dal beneficio costituito dal credito di imposta, non rivestirebbe alcun interesse sindacare la legittimità o meno della intervenuta temporanea sospensione della fruibilità del credito stesso.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle disposizioni integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 del decreto-legge 12 novembre 2002, n. 253 (Disposizioni urgenti in materia tributaria), e dell’art. 62, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 25, comma secondo, della Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale della Campania con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 dicembre 2007.