Ordinanza n. 242 del 2007

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ORDINANZA N. 242

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                                  BILE                                  Presidente

- Giovanni Maria                    FLICK                                  Giudice

- Francesco                             AMIRANTE                               "

- Ugo                                      DE SIERVO                               "

- Paolo                                    MADDALENA                          "

- Alfio                                     FINOCCHIARO                        "

- Alfonso                                QUARANTA                             "

- Franco                                  GALLO                                      "

- Luigi                                     MAZZELLA                              "

- Gaetano                                SILVESTRI                                "

- Sabino                                  CASSESE                                   "

- Maria Rita                            SAULLE                                    "

- Giuseppe                              TESAURO                                 "

- Paolo Maria                          NAPOLITANO                          "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), promossi, con ordinanza del 24 settembre 2004 dalla Commissione tributaria provinciale di Macerata, limitatamente agli artt. 2, 3, comma 1, lettera c), 4, 8 e 11, con ordinanza del 21 ottobre 2005 dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza, limitatamente all’art. 1, comma 2,  e con ordinanza del 20 dicembre 2001 dalla Commissione tributaria provinciale di Enna in relazione all’intero decreto legislativo; ordinanze rispettivamente iscritte al n. 1026 del registro ordinanze 2004 ed ai numeri 150 e 383 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2005 e numeri 21 e 41, prima serie speciale , dell’anno 2006.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 2007 il Giudice relatore Sabino Cassese;

udito nuovamente nella camera di consiglio del 4 giugno 2007, rifissata in ragione della intervenuta modifica della composizione del collegio, il Giudice relatore Sabino Cassese.

Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Macerata ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 23, 24 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, comma 1, lettera c), 4, 8 e 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali) (r.o. n. 1026 del 2004);

che davanti alla Commissione rimettente pende un giudizio, promosso da un medico convenzionato con l’ASL nei confronti dell’Agenzia delle entrate – Ufficio di Macerata, avverso il silenzio rifiuto formatosi sull'istanza di rimborso dell’IRAP versata per gli anni dal 1998 al 2002;

che, secondo quanto riferisce la stessa Commissione, è pacifico tra le parti in causa che l’attività professionale è stata esercitata dal medico in via esclusivamente personale, senza l’ausilio di collaboratori e dipendenti e con l’impiego di modesti beni strumentali e che, nel giudizio principale, il ricorrente ha chiesto il rimborso dell’IRAP, sostenendo la mancanza del presupposto dell’imposta in presenza di una situazione (come quella esaminata dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 156 del 2001), in cui l’esercizio abituale dell’attività professionale si svolge in assenza di organizzazione di capitali e di lavoro; mentre, l’Amministrazione ha sostenuto l’assoggettabilità del medico all’imposta, nonostante l’impiego di modesti beni strumentali, essendo ininfluente la quantificazione dei singoli fattori della produzione in presenza del dato organizzativo;

che, in punto di rilevanza, la Commissione afferma di far propria l’interpretazione, secondo cui il presupposto dell’imposta non si realizza solo nel caso in cui il lavoro autonomo sia svolto in assenza di organizzazione di capitali e lavoro, con la conseguenza che dalla fondatezza della questione di costituzionalità deriverebbe l’accoglimento della domanda, per mancanza del presupposto dell’imposta;

che, quanto alla non manifesta infondatezza, la Commissione rimettente prende le mosse dalla sentenza n. 156 del 2001, che ha rimesso al giudice l’accertamento in concreto del presupposto d’imposta, e sostiene che fondare l’assoggettabilità al tributo sul quantum dei beni organizzati comporta un’attività creativa piuttosto che interpretativa della norma, atteso che questa non contiene elementi per stabilire in che cosa consista l’organizzazione;

che, prima di esporre partitamente le censure di incostituzionalità, il giudice rimettente si sofferma in generale sulle carenze della disciplina dell’IRAP relativa ai professionisti, ritenendo che non è possibile enucleare una base certa e definita per stabilire in concreto la sussistenza dei presupposti del tributo;

che, in particolare, secondo la Commissione rimettente, le norme denunciate, non specificando né il concetto di organizzazione necessaria per l’assoggettabilità all’IRAP, né gli elementi idonei per stabilire il quantum del valore aggiunto determinato da detta organizzazione – distinguendolo dal reddito prodotto dall’attività professionale e personale del soggetto che prescinde dalla maggiore o minore organizzazione (non assoggettabile) –, rendono non chiara e comunque indeterminata l’imposizione tributaria e creano una disparità di trattamento tra i contribuenti professionisti, in relazione ai quali è impossibile stabilire il quantum del valore aggiunto imponibile, e gli altri contribuenti (come le imprese e le società), in relazione ai quali è possibile, invece, stabilire tale valore aggiunto, così violando gli articoli 3 e 53 Cost.;

che, sotto altro profilo, le norme censurate ledono l’art. 53 Cost., perché non consentono di individuare «in modo specifico la capacità contributiva da assoggettare all’IRAP», atteso che la nozione di valore aggiunto è ipotizzata solo in via teorica e generica, e non calata nella singola realtà di ogni fattispecie;

che, inoltre, sarebbe leso l’art. 23 Cost., perché le stesse disposizioni non rispettano i canoni di chiarezza e di specificazione nella imposizione tributaria, ribaditi nello Statuto dei diritti del contribuente;

che, infine, è violato anche l’art. 24, primo comma, Cost., non essendo il contribuente in grado di conoscere quali siano gli obblighi propri e quale tipo di difesa possa svolgere di fronte ad un tributo mancante di doverosa specificazione;

che, in esito a tali argomentazioni, il giudice rimettente chiede, da un lato, l’annullamento delle norme censurate rispetto ai professionisti, «in modo [che] poi il legislatore possa dare una nuova disciplina al tributo che tenga conto dei principi costituzionali», dall’altro, la dichiarazione di illegittimità delle stesse disposizioni nella parte in cui «assoggettano all’[…] IRAP anche gli esercenti arti e professioni che svolgano abitualmente la propria attività in forma individuale ed in modo autonomo, purché non difetti in modo assoluto la organizzazione di capitali e di lavoro»;

che la Commissione tributaria provinciale di Piacenza ha sollevato, in riferimento all’art. 53 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, nella parte in cui l’IRAP non è deducibile dalle imposte sui redditi (r.o. n. 150 del 2006);

che davanti alla Commissione rimettente pende un giudizio promosso da un socio di una società in nome collettivo nei confronti dell’Agenzia delle entrate – Ufficio di Piacenza, avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso dell’IRPEF relativa ai periodi di imposta dal 1998 al 2003, in ragione della mancata deduzione di quanto versato a titolo di IRAP;

che, secondo quanto riferisce la stessa Commissione, il ricorrente ha chiesto il rimborso di tali somme, ritenendole indebitamente versate a causa dell’illegittima non deducibilità dell’IRAP di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, ai fini della determinazione del reddito imponibile IRPEF, e che ha eccepito l’illegittimità costituzionale della disposizione suddetta;

che, in punto di rilevanza, il rimettente afferma che la questione di legittimità costituzionale condiziona direttamente la domanda formulata dal ricorrente, volta ad ottenere il rimborso dell’IRPEF che si ritiene indebitamente versata;

che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo ritiene leso l’art. 53 Cost. perché «l’indeducibilità dell’IRAP, ai fini della determinazione in capo al socio dei proventi da partecipazione imponibili, fa sì che l’imposizione non venga effettuata su di un reddito netto e realmente indicativo di capacità contributiva ai sensi dell’art. 53 Cost., bensì su di un reddito lordo e fittiziamente imputato al contribuente»;

che la Commissione tributaria provinciale di Enna ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 23, 35, 53, 76 e 77 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’intero decreto legislativo n. 446 del 1997 (r.o. n. 383 del 2006);

che davanti alla Commissione rimettente pende un giudizio, promosso da un commercialista nei confronti dell’Agenzia delle entrate – Ufficio di Enna, avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di rimborso dell’IRAP versata negli anni 1998 e 1999;

che il giudice a quo riferisce le argomentazioni con cui, nel giudizio principale, il ricorrente ha eccepito l’illegittimità costituzionale e l’Amministrazione ha controdedotto;

che, tanto premesso, la Commissione rimettente rileva che «le eccezioni di incostituzionalità investono tutto il Decreto legislativo e non singoli articoli, mentre le argomentazioni del ricorrente e dell’Ufficio sollevano grosse problematiche giuridico-fiscali, che non appaiono manifestamente infondate»;

che, nei giudizi introdotti con le ordinanze n. 383 del 2006 e n. 1026 del 2004, è intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’inammissibilità e, comunque, la manifesta infondatezza delle questioni sollevate.

Considerato che oggetto dei giudizi di costituzionalità sono diverse disposizioni relative all’IRAP e che, pertanto, gli stessi possono essere riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia;

che la Commissione tributaria provinciale di Macerata censura gli artt. 2, 3, comma 1, lettera c), 4, 8 e 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), in riferimento agli artt. 3, 23, 24 e 53 della Costituzione e alla luce della sentenza n. 156 del 2001 della Corte costituzionale, nella parte concernente il difetto dell’elemento dell’organizzazione (r.o. n. 1026 del 2004);

che, ad avviso del rimettente, l’interpretazione delle norme censurate fornita da questa Corte, secondo cui solo l’assenza di organizzazione escluderebbe il presupposto dell’IRAP, non sarebbe sufficiente ad «enucleare una base certa e definita per giungere a stabilire in concreto la sussistenza dei presupposti del tributo»;

che il giudice a quo chiede: a) l’annullamento delle disposizioni censurate rispetto a coloro che svolgono lavoro autonomo, perché solo il legislatore potrà individuare con chiarezza il presupposto dell’imposta per i professionisti; b) la dichiarazione di illegittimità delle stesse disposizioni nella parte in cui «assoggettano all’[…] IRAP anche gli esercenti arti e professioni che svolgano abitualmente la propria attività in forma individuale ed in modo autonomo, purchè non difetti in maniera assoluta la organizzazione di capitali e di lavoro», e, quindi, nella parte in cui non escludono il presupposto dell’imposta in assenza di dipendenti e collaboratori e in presenza di modesti beni strumentali;

che, tralasciando altri profili di inammissibilità, rileva innanzitutto la circostanza che la Commissione rimettente propone due diverse richieste, incompatibili tra loro, senza porle in rapporto di graduazione e subordinazione;

che, pertanto, la questione di costituzionalità è manifestamente inammissibile;

che la Commissione tributaria provinciale di Piacenza solleva, in riferimento all’art. 53 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 comma 2, dello stesso decreto legislativo n. 446 del 1997, nella parte in cui dispone che l’IRAP non è deducibile dalle imposte sui redditi (r.o. n. 150 del 2006);

che, secondo quanto riferisce la stessa Commissione, il ricorrente – socio di una società in nome collettivo – ha formulato domanda di rimborso dell’IRPEF, eccependo contestualmente la illegittimità costituzionale della disposizione che non consente la deducibilità dell’IRAP dall’IRPEF;

che, con riferimento alla domanda proposta nel giudizio principale, il giudice rimettente non spiega a quale titolo il ricorrente, socio di una società in nome collettivo, abbia chiesto il parziale rimborso di un’imposta pagata personalmente (IRPEF), adducendo a motivo della richiesta l’illegittimità delle norme che impediscono la deducibilità dall’IRPEF dell’IRAP, corrisposta, nella specie, dalla società, cioè da un soggetto d’imposta diverso dai singoli soci;

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza (ordinanza n. 100 del 2007);

che la Commissione tributaria provinciale di Enna solleva, in riferimento agli artt. 3, 23, 35, 53, 76 e 77 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’intero decreto legislativo n. 446 del 1997 (r.o. n. 383 del 2006);

che il giudice a quo si limita a riferire le argomentazioni con cui, nel giudizio principale, il ricorrente ha formulato le eccezioni di illegittimità costituzionale, nonché le controdeduzioni dell’amministrazione, senza motivare al riguardo, e ad affermare che «le eccezioni di incostituzionalità investono tutto il Decreto legislativo e non singoli articoli, mentre le argomentazioni del ricorrente e dell’Ufficio sollevano grosse problematiche giuridico-fiscali, che non appaiono manifestamente infondate»;

che, pertanto, l’ordinanza di rimessione è del tutto carente di motivazione in ordine alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza, con conseguente manifesta inammissibilità della sollevata questione;

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi

dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, comma 1, lettera c), 4, 8 e 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 23, 24 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Macerata con l’ordinanza in epigrafe (r.o. n. 1026 del 2004);

dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 comma 2, dello stesso decreto legislativo n. 446 del 1997, sollevata, in riferimento all’art. 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza con l’ordinanza in epigrafe (r.o. n. 150 del 2006);

dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’intero decreto legislativo n. 446 del 1997, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 23, 35, 53, 76 e 77 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Enna con l’ordinanza in epigrafe (r.o. n. 383 del 2006).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 giugno 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 26 giugno 2007.