ORDINANZA N. 100
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi) e dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), promosso con ordinanza del 24 febbraio 2004 dalla Commissione tributaria provinciale di Bologna sul ricorso promosso dallo Studio legale amministrativo degli avvocati Francesco Paolucci e Rolando Roffi nei confronti dell’Agenzia delle entrate, Direzione regionale dell’Emilia-Romagna ed altre, iscritta al n. 570 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 2004.
Visto l’atto di costituzione dello Studio legale amministrativo degli avvocati Francesco Paolucci e Rolando Roffi nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 20 febbraio 2007 il Giudice relatore Sabino Cassese;
uditi gli avvocati Vittorio Paolucci e Massimo Letizia per lo Studio legale amministrativo degli avvocati Francesco Paolucci e Rolando Roffi, e l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Bologna solleva, in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi) e dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), nella parte in cui l’IRAP non è deducibile dalle imposte sui redditi;
che davanti alla Commissione rimettente pende un giudizio – promosso dai singoli associati di un’associazione professionale (studio legale) – nei confronti dell’Agenzia delle entrate - Ufficio di Bologna, avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso dell’IRAP per l’anno 2000 e, subordinatamente, avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso dell’IRPEF, in ragione della mancata deduzione di quanto versato a titolo di IRAP;
che, secondo quanto riferisce la stessa Commissione, i ricorrenti hanno proposto la domanda principale, deducendo la mancanza del presupposto per l’assoggettabilità ad IRAP sulla base della sentenza della Corte costituzionale n. 156 del 2001, cioè per il difetto dell’elemento dell’organizzazione e, comunque, per la prevalenza del lavoro individuale rispetto all’organizzazione, ed hanno chiesto in via subordinata il rimborso dell’IRPEF, eccependo l’illegittimità costituzionale delle norme censurate, per l’omessa previsione della deducibilità, dalla base imponibile dell’IRPEF, dell’importo versato a titolo di IRAP;
che, in punto di rilevanza, il rimettente afferma che la controversia pendente dinanzi a lui ha per oggetto la mancata deducibilità dell’IRAP dall’IRPEF;
che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo osserva che le norme censurate, nella parte in cui escludono la deducibilità dell’IRAP dalle imposte sui redditi, violerebbero l’art. 53 Cost., perché la base imponibile dell’imposta sui redditi – cioè il reddito prodotto – costituisce «il riflesso della capacità contributiva del contribuente» e, pertanto, l’importo versato a titolo di IRAP riduce il reddito e, quindi, la capacità contributiva, con la conseguenza che la mancata deducibilità di detto importo dall’imponibile dell’IRPEF provoca un prelievo dell’imposta diretta non più parametrato alla effettiva capacità contributiva;
che inoltre, secondo il rimettente, «se l’IRAP è un’imposta riconnessa alla organizzazione produttiva», sarebbe assolutamente irragionevole escluderne la deducibilità dalla base imponibile dell’IRPEF, a fronte della deducibilità dei costi di organizzazione, con conseguente violazione degli artt. 3 e 53 Cost.;
che infine, per il giudice a quo, sussisterebbe anche la violazione dell’art. 3 Cost. sotto un duplice profilo di disparità di trattamento: tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti, da un lato, e tra lavoratori autonomi non dotati di autonomia organizzativa e lavoratori autonomi provvisti di organizzazione produttiva, dall’altro;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la manifesta inammissibilità o infondatezza della questione;
che, preliminarmente, la difesa erariale deduce il difetto di adeguata motivazione in ordine alla rilevanza sotto due profili: in primo luogo, perché il rimettente non si sarebbe pronunciato sulla domanda principale, logicamente preliminare rispetto alla domanda subordinata; in secondo luogo, perché il giudice a quo non avrebbe chiarito a quale titolo ciascun associato abbia chiesto il rimborso dell’IRPEF sulla base della mancata deduzione dell’IRAP, pagata da un soggetto passivo diverso, quale è l’associazione professionale;
che, nel merito, l’Avvocatura generale dello Stato deduce l’infondatezza di tutti i profili di incostituzionalità dedotti;
che si sono costituiti i ricorrenti del giudizio principale, chiedendo che la questione sia dichiarata ammissibile e fondata e sottolineando, in particolare, quanto alla rilevanza, che non sarebbe significativa la circostanza che la domanda di rimborso dell’IRPEF per la mancata deducibilità dell’IRAP sia stata proposta in via subordinata nel giudizio principale, atteso che nel processo tributario sono vietate sentenze parziali.
Considerato che oggetto del giudizio di costituzionalità è la mancata deducibilità dell’IRAP dalle imposte sui redditi, che si assume in contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost., in riferimento a diversi profili;
che, malgrado i ricorrenti del giudizio di merito abbiano chiesto in via principale l’accertamento che l’IRAP non era dovuta, in mancanza del presupposto costituito dall’organizzazione per la produzione o lo scambio, formulando solo subordinatamente la domanda di rimborso dell’IRPEF, con contestuale eccezione di illegittimità costituzionale delle norme che non consentono la deducibilità dell’IRAP dall’IRPEF, il giudice rimettente non esamina la domanda principale, che è logicamente preliminare;
che, infatti, nonostante la questione della deducibilità dell’IRAP dall’imponibile dell’IRPEF presupponga che l’IRAP sia dovuta, il giudice a quo non si pronuncia sull’esistenza o meno di tale presupposto, limitandosi a non considerare la domanda principale ed affermando solo che la controversia pendente dinanzi a lui ha per oggetto la domanda subordinata relativa alla mancata deducibilità dell’IRAP dall’IRPEF;
che, inoltre, anche con riferimento alla domanda avanzata in via subordinata nel giudizio principale, il giudice rimettente non spiega a quale titolo i ricorrenti, associati in uno studio professionale, abbiano chiesto il parziale rimborso di un’imposta da essi pagata personalmente (IRPEF), adducendo a motivo della richiesta l’illegittimità delle norme che impediscono la deducibilità dall’IRPEF dell’IRAP, corrisposta, nella specie, dall’associazione professionale, cioè da un soggetto d’imposta diverso dai singoli associati;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi) e dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali) sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Bologna con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Sabino CASSESE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 21 marzo 2007.