SENTENZA N. 191
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a séguito della nota dell'Agenzia delle entrate – Direzione centrale normativa e contenzioso – Settore fiscalità generale e contenzioso – Ufficio persone fisiche del 14 giugno 2005, prot. n. 954-91232/2005, interpretativa dell'art. 76 della legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2004, n. 17 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2005), promosso con ricorso della Regione Siciliana notificato il 9 agosto 2005, depositato in cancelleria il 17 agosto 2005 ed iscritto al n. 27 del registro conflitti tra enti 2005 .
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell' 8 maggio 2007 il Giudice relatore Franco Gallo;
uditi gli avvocati Michele Arcadipane e Giovanni Carapezza Figlia per la Regione Siciliana e l'avvocato dello Stato Giancarlo Mandò per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 9 agosto 2005 e depositato il 17 successivo, la Regione Siciliana ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla nota dell’Agenzia delle entrate - Direzione centrale normativa e contenzioso - Settore fiscalità generale e contenzioso - Ufficio persone fisiche, prot. n. 954-91232/2005 del 14 giugno 2005, emessa in risposta all’interpello formulato il 14 febbraio 2005 dall’Agenzia regionale per l’impiego e la formazione professionale dell’Assessorato regionale del lavoro, della previdenza sociale, della formazione professionale e dell’emigrazione, con la quale l’Agenzia delle entrate ha espresso la propria interpretazione dell’art. 76 della legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2004, n. 17 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2005), il quale ha disposto che i contributi per la formazione all’autoimpiego previsti dall’art. 2 della legge della Regione Siciliana 28 gennaio 1998, n. 3, sono «assimilabili» alle borse di studio di cui all’art. 4 della legge 13 agosto 1984, n. 476 (Norme in materia di borse di studio e dottorato di ricerca nelle Università).
La Regione premette che l’art. 2 della legge della Regione Siciliana 23 gennaio 1998, n. 3 (Disposizioni in materia di lavoro e occupazione. Norme di proroga e di finanziamento degli oneri per il contingente dell’Arma dei Carabinieri operante in Sicilia) autorizza l’Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l’emigrazione a promuovere e finanziare progetti di formazione all’autoimpiego dei soggetti di cui all’art. 1 della legge della Regione Siciliana 21 dicembre 1995, n. 85, e che, a séguito di istanza di interpello in ordine al trattamento fiscale applicabile a tali erogazioni, l’Agenzia delle entrate - Direzione centrale normativa e contenzioso, con risoluzione 21 novembre 2002, n. 365, aveva affermato che le suddette erogazioni dovevano essere assoggettate a tassazione ai sensi dell’art. 47 (corrispondente al vigente art. 50), comma 1, lettera c), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), quali redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.
La ricorrente premette altresí che l’art. 76 della legge della Regione Siciliana n. 17 del 2004, sotto la rubrica «formazione all’autoimpiego», ha stabilito che «I contributi corrisposti ai sensi dell’articolo 2 della legge regionale 23 gennaio 1998, n. 3 sono da intendersi aiuti nell’ambito della formazione all’autoimpiego rivolta a soggetti disoccupati ed assimilabili alle borse di studio di cui all’art. 4 della legge 13 agosto 1984, n. 476». In proposito, la Regione precisa che, con il citato art. 76, allo scopo di rendere interamente fruibile per i lavoratori socialmente utili l’importo lordo dei contributi loro assegnati per consentire l’efficace avvio di un’attività imprenditoriale autonoma, il legislatore regionale ha inteso introdurre un’agevolazione fiscale attraverso l’equiparazione di detti contributi alle borse di studio che il menzionato art. 4 della legge n. 476 del 1984 dispone siano «esenti dall’imposta locale sui redditi e da quella sul reddito delle persone fisiche».
In relazione alla disposizione introdotta dalla suddetta legge regionale del 2004 – prosegue la ricorrente –, l’Agenzia regionale per l’impiego e la formazione professionale ha formulato, in data 14 febbraio 2005, un’istanza di interpello all’Agenzia delle entrate, sostenendo di non dover più operare le ritenute fiscali già applicate sulle erogazioni di cui all’art. 2 della citata legge regionale n. 3 del 1998. La medesima Agenzia regionale ha chiesto anche una consulenza all’ufficio legislativo e legale della Regione Siciliana, il quale, nelle more della risposta dell’Agenzia delle entrate, ha interpretato la norma censurata nel senso che questa, assimilando i suddetti contributi alle borse di studio di cui alla legge n. 476 del 1984, ha reso non più applicabile a tali contributi l’art. 47 (corrispondente al vigente art. 50), comma 1, lettera c), del d.P.R. n. 917 del 1986.
Con l’impugnata nota di risposta all’interpello – riferisce la Regione Siciliana – l’Agenzia delle entrate afferma che il richiamo operato dal legislatore regionale all’art. 4 della legge n. 476 del 1984 è effettuato «al solo fine di individuare le borse di studio cui è riferita l’equiparazione, fermo restando che l’equiparazione stessa esplica i suoi effetti esclusivamente in ambito amministrativo–giuslavoristico», con la precisazione che «nessuna valenza fiscale può essere attribuita alla norma regionale in discorso» (art. 76 della citata legge regionale n. 17 del 2004), perché la stessa, se fosse diretta all’estensione dell’esenzione disposta dalla legge n. 476 del 1984 ai contributi per l’autoformazione, non sarebbe «conforme ai principi cardine dell’ordinamento costituzionale in materia tributaria».
Tanto premesso, la Regione Siciliana promuove conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, deducendo la violazione dell’art. 36 dello statuto regionale e delle relative norme di attuazione, approvate con d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, nonché del principio di leale cooperazione.
La ricorrente osserva, innanzitutto, di essere titolare di potestà legislativa concorrente o sussidiaria in materia di tributi erariali e di esenzioni dagli stessi, ancorché nei limiti segnati dai princípi del sistema tributario statale e dai princípi della legislazione statale relativi ad ogni singolo tributo. Per quanto riguarda, in particolare, le esenzioni, essa ricorda che, secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 25 del 1958, affinché una norma regionale di esenzione da un tributo possa essere costituzionalmente legittima, occorre che: esistano nella legislazione statale casi di esenzione da quello stesso tributo; le disposizioni regionali di esenzione trovino rispondenza in un tipo di esenzione previsto dalla legge statale; l’esenzione risponda ad un interesse regionale.
La Regione Siciliana aggiunge che l’art. 76 della citata legge regionale n. 17 del 2004 fa letteralmente riferimento ad un’esenzione disposta dallo Stato in relazione alla tipologia del tributo e dell’esenzione. Quanto poi all’interesse regionale, rileva che esso va ravvisato nell’obiettivo di non vanificare l’intervento volto a favorire la «fuoriuscita dal bacino dei lavoratori socialmente utili», in una situazione, quale quella siciliana, in cui, essendo detto «bacino» più «rilevante» che in altre zone d’Italia, tale «fuoriuscita» risulterebbe necessaria per sgravare i futuri bilanci regionali. Il risultato interpretativo cui perviene l’Agenzia delle entrate con l’impugnata nota contrasta, perciò, sia con l’art. 36 dello statuto speciale e con le relative norme di attuazione, sia con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), che fa salve le forme di autonomia più ampie attribuite alle Regioni a statuto speciale.
Sotto un secondo profilo, la ricorrente deduce che il principio di leale cooperazione avrebbe imposto, nel caso di specie, di raggiungere una preventiva intesa in ordine alle determinazioni da assumere; e ciò tanto più in quanto l’Assessorato regionale competente aveva, proprio in osservanza di quel principio, trasmesso all’Agenzia delle entrate il parere dell’ufficio legislativo e legale della Regione.
2. – Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile o comunque respinto.
Quanto all’eccepita inammissibilità, la difesa erariale osserva che la nota impugnata costituisce risposta ad un interpello richiesto dall’amministrazione regionale ai sensi dell’art. 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), norma in forza della quale l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispondere alle «circostanziate e specifiche istanze di interpello concernenti l’applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni stesse». Da ciò consegue, per l’Avvocatura generale, che la nota impugnata, in quanto costituisce una mera risposta ad un interpello, non è atta a ledere la sfera di competenza della Regione.
Nel merito, la difesa erariale osserva che l’Agenzia delle entrate ha correttamente interpretato la norma regionale in coerenza con i princípi costituzionali che conformano il potere legislativo della Regione Siciliana in materia tributaria. La diversa lettura ipotizzata dalla ricorrente, del resto, comporterebbe l’illegittimità costituzionale della norma regionale oggetto di interpretazione, perché questa introdurrebbe un’esenzione da tributi erariali, in deroga ai princípi della legislazione statale sulle imposte sui redditi, la quale in generale considera come imponibili anche le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per motivi di studio o di addestramento professionale a favore di beneficiario non legato da rapporto di lavoro dipendente al soggetto erogante.
Quanto poi alla denunciata violazione del principio di leale cooperazione, l’Avvocatura rileva che, poiché la nota impugnata è stata emessa in risposta ad istanza di interpello, non si comprende quale «preventiva intesa in ordine alle determinazioni da assumere» sarebbe dovuta intervenire nel caso di specie, né quale altra forma di cooperazione l’Agenzia, sollecitata proprio dall’organo regionale a interpretare la normativa coinvolta, avrebbe dovuto porre in essere.
3. – In prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria, con la quale ribadisce le proprie conclusioni.
Considerato in diritto
1. – La Regione Siciliana propone conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla nota dell’Agenzia delle entrate – Direzione centrale normativa e contenzioso – Settore fiscalità generale e contenzioso – Ufficio persone fisiche, prot. n. 954-91232/2005 del 14 giugno 2005, emessa in risposta a un interpello formulato dall’Agenzia regionale per l’impiego e la formazione professionale dell’Assessorato regionale del lavoro, della previdenza sociale, della formazione professionale e dell’emigrazione, ai sensi dell’art. 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, ed avente ad oggetto il trattamento fiscale applicabile ai contributi erogati ai sensi dell’art. 2 della legge della Regione Siciliana 23 gennaio 1998, n. 3 (Disposizioni in materia di lavoro e occupazione. Norme di proroga e di finanziamento degli oneri per il contingente dell'Arma dei carabinieri operante in Sicilia).
La ricorrente premette che tali contributi, al fine di favorire l’occupazione dei lavoratori socialmente utili, sono diretti a finanziare progetti di «formazione all’autoimpiego» e che l’art. 76 della legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2004, n. 17 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2005), dispone che i medesimi contributi «sono assimilabili alle borse di studio di cui all’art. 4 della legge 13 agosto 1984, n. 476». Secondo la ricorrente, in forza di tale assimilazione, i contributi per la «formazione all’autoimpiego» godono dell’esenzione dall’imposta locale sui redditi e da quella sul reddito delle persone fisiche prevista dall’art. 4 della legge n. 476 del 1984 (Norme in materia di borse di studio e dottorato di ricerca nelle Università) per dette borse di studio.
Tanto premesso, la Regione denuncia la lesione delle proprie attribuzioni in materia tributaria, quali delineate dall’art. 36 dello statuto speciale e dal d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), nonché del principio di leale cooperazione, perché nell’impugnata nota l’Agenzia delle entrate ha affermato che l’assimilazione disposta dal legislatore regionale ha effetto «esclusivamente in ambito amministrativo-giuslavoristico», senza che alcuna valenza fiscale possa attribuirsi alla predetta norma regionale, la quale, diversamente, «non risulterebbe conforme ai principi cardine dell’ordinamento costituzionale, relativi alla materia tributaria», secondo i quali la Regione Siciliana «può operare, nel rinnovato quadro istituzionale (legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) solo per gli ambiti non riconosciuti di competenza esclusiva» dello Stato.
2. – L’Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per inidoneità dell’atto impugnato a ledere le attribuzioni costituzionali della Regione in materia tributaria.
L’eccezione è fondata.
2.1. – Per costante giurisprudenza di questa Corte, l’attitudine lesiva dell’atto impugnato costituisce requisito di ammissibilità dei conflitti di attribuzione tra lo Stato e le Regioni. In particolare, la Corte ha affermato che, «per potersi configurare un conflitto di attribuzione, il pregiudizio lamentato dalla Regione deve essere riconducibile ad un’autonoma attitudine lesiva dell’atto impugnato e non esclusivamente al modo erroneo in cui è stata applicata la legge […]. Ugualmente, nel caso in cui si prospetti il “cattivo esercizio” di un potere statale, l’uso illegittimo dello stesso deve determinare conseguenze non solo negative per la Regione, ma tali da violare la ripartizione delle rispettive competenze» (sentenza n. 422 del 1998; analogamente, sentenze n. 288 del 2004 e n. 467 del 1997). Deve perciò qui procedersi alla verifica della sussistenza nell’atto impugnato dell’idoneità lesiva della sfera di competenza assegnata dalla Costituzione alla Regione Siciliana.
2.2. – La nota dell’Agenzia delle entrate oggetto del presente conflitto è stata emessa in risposta ad interpello formale proposto dall’Agenzia regionale per l’impiego e la formazione professionale dell’Assessorato regionale del lavoro, della previdenza sociale, della formazione professionale e dell’emigrazione, quale sostituto di imposta in riferimento all’erogazione dei contributi previsti dall’art. 2 della legge della Regione Siciliana n. 3 del 1998.
L’istituto dell’interpello del contribuente, regolato dall’art. 11 della legge n. 212 del 2000, costituisce lo strumento attraverso il quale si esplica in via generale l’attività consultiva delle agenzie fiscali in ordine all’interpretazione delle disposizioni tributarie. In particolare, esso si sostanzia nella richiesta all’amministrazione finanziaria di un parere nelle ipotesi in cui vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione di dette disposizioni. Tale parere è vincolante soltanto per l’amministrazione e non anche per il contribuente, il quale resta libero di disattenderlo. Ciò si desume dalla medesima disposizione del citato art. 11 ed è confermato dall’interpretazione che la dottrina e la stessa amministrazione finanziaria ne hanno dato.
Per quanto attiene all’art. 11, deve rilevarsi che l’efficacia vincolante della risposta, prevista dal primo periodo del comma 2 («con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza di interpello, e limitatamente al richiedente»), riguarda solo l’amministrazione finanziaria, in quanto il terzo periodo dello stesso comma stabilisce che «Qualsiasi atto, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanato in difformità dalla risposta […] è nullo» e in quanto il comma 2 dell’art. 10 della medesima legge n. 212 del 2000 dispone che «non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall'amministrazione medesima». Coerentemente con la natura consultiva dell’attività demandata all’Agenzia delle entrate nella procedura di interpello, l’art. 11 non prevede, invece, alcun obbligo per il contribuente di conformarsi alla risposta dell’amministrazione finanziaria, né statuisce l’autonoma impugnabilità di detta risposta davanti alle commissioni tributarie (oggetto di impugnazione può essere, eventualmente, solo l’atto con il quale l’amministrazione esercita la potestà impositiva in conformità all’interpretazione data dall’agenzia fiscale nella risposta all’interpello).
Per quanto attiene all’interpretazione dell’amministrazione finanziaria, è sufficiente rilevare che, con la circolare n. 50/E del 31 maggio 2001, l’Agenzia delle entrate ha precisato che «la risposta […] fornita dalla competente Direzione non impegna il contribuente, il quale è libero di determinarsi in senso non conforme. Al contrario, essa vincola, in ogni caso, l’operato degli uffici […] i quali non potranno emettere atti di accertamento a contenuto impositivo o sanzionatorio in contrasto con la soluzione interpretativa fornita».
Da quanto precede deriva che la risposta all’interpello, resa dall’amministrazione ai sensi dell’art. 11 della legge n. 212 del 2000, deve considerarsi un mero parere, che non integra alcun esercizio di potestà impositiva nei confronti del richiedente.
2.3. – In conclusione, la nota impugnata, in quanto priva di carattere vincolante per l’Agenzia regionale che ha richiesto l’interpello, non ha attitudine lesiva delle attribuzioni costituzionali della Regione Siciliana in materia tributaria. Il proposto ricorso per conflitto di attribuzione deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione indicato in epigrafe, proposto dalla Regione Siciliana nei confronti dello Stato, in relazione alla nota dell’Agenzia delle entrate – Direzione centrale normativa e contenzioso – Settore fiscalità generale e contenzioso – Ufficio persone fisiche, prot. n. 954-91232/2005 del 14 giugno 2005.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Franco GALLO, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2007.