SENTENZA N. 140
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 552, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), promosso con ordinanza del 16 marzo 2005 dal Tribunale di Civitavecchia sul ricorso proposto dal Comune di Ladispoli c/ l’ENEL s.p.a., iscritta al n. 363 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell’anno 2005.
Visti gli atti di costituzione dell’ENEL s.p.a. e ENEL Produzione s.p.a., del CODACONS, della Provincia di Roma, del Comune di Ladispoli, fuori termine, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 20 marzo 2007 il Giudice relatore Luigi Mazzella;
uditi gli avvocati Carlo Rienzi e Enrico Verenuso per il CODACONS, Massimiliano Sieni per la Provincia di Roma, Giuseppe De Vergottini e Pietro Guerra per l’ENEL s.p.a. e ENEL Produzione s.p.a. e l’avvocato dello Stato Antonio Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza depositata il 16 marzo 2005, il Tribunale di Civitavecchia ha sollevato, in riferimento agli articoli 103 e 25 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 552, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005), nella parte in cui devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti in materia di impianti di energia elettrica di cui al decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7 (Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, e le relative questioni risarcitorie.
Secondo il rimettente, la norma censurata pone un criterio assolutamente indiscriminato di attribuzione della giurisdizione esclusiva, in quanto individua il campo di azione di tale giurisdizione prescindendo del tutto dalla natura delle situazioni soggettive coinvolte, ed adotta, quale criterio di riparto, il dato puramente oggettivo del coinvolgimento di un rilevante interesse pubblico, senza che la P.A. abbia il potere di operare scelte che comportino il rischio concreto di compromettere la salute degli amministrati.
In punto di rilevanza, osserva il Giudice a quo che il Comune di Ladispoli ha chiesto, con ricorso d’urgenza ai sensi dell’art. 700 del codice di procedura civile, l’emissione – nei confronti dell’ENEL s.p.a. – di un provvedimento di sospensione dei lavori di riconversione a carbone della centrale termoelettrica di Torre Valdaliga Nord di Civitavecchia, a protezione del diritto alla salute ed alla salubrità ambientale dei propri cittadini.
Nel corso del procedimento – con l’intervento della Provincia di Roma, dei Comuni di Civitavecchia, Allumiere, Cerveteri e Tarquinia, del Codacons, di Legambiente-Onlus, di Legambiente-Lazio Onlus, nonché della Federlazio, del Ministero delle attività produttive, del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e della s.p.a. ENEL produzione –, disposta consulenza tecnica d’ufficio, è entrata in vigore la norma denunciata.
A fronte dell’eccezione di improcedibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sollevata da più parti, il Tribunale di Civitavecchia, ritenuta l’immediata applicabilità, ai sensi dell’art. 5 cod. proc. civ. della nuova, disposizione processuale, ha sollevato la questione di costituzionalità del citato art. 1, comma 552, nei termini sopra esposti, per violazione non solo degli artt. 103 e 25 Cost., ma anche dei princípi affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 204 del 2004.
Secondo il Giudice a quo, l’ambito delle controversie riservate dalla norma censurata alla giurisdizione esclusiva del TAR risulta definito da una endiadi «procedure e provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia elettrica» non agevolmente delimitabile, sicché essa finisce con l’includere, in modo del tutto indipendente dalla considerazione degli interessi lesi, qualsiasi controversia che interferisca con la progettazione, la realizzazione, l’esistenza e il funzionamento di un impianto di energia elettrica, e ciò contrariamente a quanto stabilito dalla citata sentenza costituzionale n. 204 del 2004.
2. - Si è costituito, fuori termine, il Comune di Ladispoli.
3. - Si è pure costituita la Provincia di Roma, la quale, aderendo alle motivazioni addotte dal rimettente, osserva che l’art. 103 Cost., pur consentendo, in via di principio, al legislatore ordinario di attribuire al giudice amministrativo la cognizione di posizioni qualificabili immediatamente come diritti soggettivi, richiede, comunque, che venga rispettato il limite costituzionale della peculiarità della controversia concretamente individuata. Di conseguenza, l’attribuzione tout-court al giudice amministrativo di una intera materia, quale quella delle procedure e dei provvedimenti indicati dalla norma denunciata, costituirebbe inversione della regola posta dal dettato costituzionale, configurando detto giudice come giudice ordinario delle controversie in cui sia parte una pubblica amministrazione.
Secondo la difesa della Provincia, nella fattispecie, da una parte si è chiesto al giudice ordinario in intervenire a tutela di diritti soggettivi assoluti e incomprimibili, dall’altra nessun contenuto di specialità sarebbe ravvisabile nella domanda del Comune ricorrente, volta all’emissione, nei confronti dell’Enel, di un provvedimento di sospensione dei lavori di riconversione della indicata centrale termoelettrica.
4. – Si è, inoltre, costituito il CODACONS (Coordinamento dei Comitati di Tutela dell’Ambiente e dei Consumatori), rilevando che la devoluzione al giudice amministrativo delle controversie relative al diritto alla salute e all’ambiente, costituzionalmente protetti, e di natura non esclusivamente risarcitoria, confligge con i princípi già enunciati dalla sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale.
5. – Nel costituirsi in giudizio, l’Enel s.p.a. e l’Enel Produzione s.p.a. hanno sostenuto l’ infondatezza della questione, riservando ulteriori memorie al prosieguo.
6. – E’ intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha eccepito, in via preliminare, l’irrilevanza della questione, non avendo il rimettente fatto alcun cenno alla pretesa risarcitoria di soggetti estranei agli atti o procedimenti autoritativi. Nel merito, secondo la difesa erariale, la questione sarebbe infondata, in quanto la norma censurata non ha affatto innovato all’ordine delle competenze giurisdizionali in tema di procedure e provvedimenti relativi alla generazione di energia elettrica di cui al decreto-legge n. 7 del 2002: le scelte amministrative e i procedimenti circa l’an, il quando, e il quomodo della riconversione della centrale elettrica in questione comportano sicura discrezionalità, sicché i relativi atti, provvedimenti o procedimenti appartengono certamente all’ambito della giurisdizione amministrativa.
7. – In prossimità dell’udienza, ha depositato memoria il CODACONS, sostenendo che la controversia, in quanto riguarda il danno all’ambiente ed alle persone, prescindendo del tutto dall’annullamento di provvedimenti amministrativi, va inquadrata tra quelle meramente risarcitorie riservate al giudice ordinario.
Secondo il deducente, alla luce delle sentenze della Corte costituzionale n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006, la norma denunciata avrebbe superato i limiti posti dall’art. 103 Cost., sia perché essa pone un criterio indiscriminato di attribuzione della giurisdizione esclusiva prescindendo dalla natura delle situazioni soggettive coinvolte, sia perché l’esecuzione delle opere necessarie alla riconversione della centrale di Torre Valdaliga Nord è affidata all’Enel produzione s.p.a., proprietaria dell’impianto, la quale non è più ente di diritto pubblico, né agisce come pubblica autorità.
8. – Anche le società Enel ed Enel Produzione hanno depositato memoria, rilevando che i provvedimenti ministeriali in forza dei quali la centrale di Torre Valdaliga Nord è stata autorizzata sono stati impugnati – con le medesime doglianze - dal Comune di Ladispoli anche dinanzi al TAR del Lazio il quale, dopo aver respinto, con due ordinanze (nn. 2207 e 2208 del 2004), le istanze di sospensione, con altrettante sentenze (nn. 5481 e 6267 del 2005), ha respinto i ricorsi, riconoscendo, tra l’altro, che la riconversione a carbone di detta centrale si è realizzata «assicurando la protezione della salute e dell’ambiente». Entrambe le sentenze del TAR Lazio sono state poi confermate dal Consiglio di Stato (sentenze nn. 117 e 118 del 2007).
Entrambe le società deducono, poi, l’inammissibilità della questione, perché l’ordinanza di rimessione non descrive compiutamente la fattispecie in esame, aggiungendo altresì una serie di ulteriori rilievi, concernenti: a) il difetto di legittimazione del Comune ricorrente, per avere questo agito a tutela di un diritto soggettivo individuale appartenente a ciascun cittadino, e non a terzi; b) l’inammissibilità della tutela preventiva la quale presuppone che si possa «accertare» la possibile situazione di pericolo alla salute con la messa in esercizio dell’impianto, mentre alla data del deposito del ricorso introduttivo del giudizio principale esisteva solo un progetto, debitamente autorizzato, rispetto al quale non era possibile, neppure in astratto, svolgere un accertamento in ordine ai rischi paventati; c) l’ inammissibilità del ricorso in via cautelare del Comune di Ladispoli, perché privo di ogni esplicazione delle ragioni di urgenza; d) l’irrilevanza della questione di costituzionalità, in quanto la norma censurata non è innovativa rispetto al quadro di riparto della giurisdizione già delineato dal combinato disposto degli artt. 33 e 35 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59): in sostanza, la questione, anche senza la norma denunciata, avrebbe dovuto trovare soluzione nei termini enunciati dalle sentenze n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006 della Corte costituzionale; e) l’inammissibilità della questione, poiché il rimettente non ha adempiuto l’obbligo di esplorare la possibilità di una interpretazione costituzionalmente conforme della norma censurata; f) l’inammissibilità della questione, in quanto l’ordinanza di rimessione è del tutto priva di motivazione in ordine alla asserita violazione dell’art. 25 Cost.; g) l’infondatezza della questione, in quanto la norma denunciata, in piena coerenza con il dettato dell’art. 103 Cost., fa riferimento ad un ambito («procedure e provvedimenti») non generico, ma specificamente delineato dal legislatore.
Le società ribadiscono infine la legittimità costituzionale della norma censurata, nella quale le posizioni di diritto soggettivo e di interesse legittimo si intrecciano inevitabilmente tra loro, perché la lesione delle prime non sarebbe che la conseguenza di una attività amministrativa ritenuta illegittima.
9. – Nella sua memoria, ritualmente depositata, la difesa erariale critica l’ordinanza di rimessione, quale espressione del pregiudizio che il giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva estesa alle azioni risarcitorie sia meno “affidabile” del giudice ordinario. Al contrario, la sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale sottolinea la chiara opzione del Costituente in favore del riconoscimento al giudice amministrativo della piena dignità di giudice, il quale assicura le medesime garanzie, quanto alla effettività delle tutele, del giudice ordinario.
10. – A sua volta, la Provincia di Roma, nella memoria tempestivamente depositata, ribadisce le critiche alla norma censurata, già formulate in sede di costituzione in giudizio.
Considerato in diritto
1. – Il Tribunale di Civitavecchia dubita, in riferimento agli articoli 103 e 25 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 552, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005), nella parte in cui devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti in materia di impianti di energia elettrica di cui al decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7 (Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55 e le relative questioni risarcitorie.
2. – Sulle eccezioni di carattere preliminare sollevate da più parti si osserva quanto segue.
Una prima eccezione – di cui si fa carico il giudice a quo – attiene al fatto che la disposizione censurata, in quanto entrata in vigore nel corso del procedimento cautelare a quo, non sarebbe in questo applicabile, in quanto il rimettente, in base all’art. 5 del codice di procedura civile, avrebbe conservato la giurisdizione attribuitagli dalla normativa vigente al momento della proposizione della domanda.
Sul punto, il rimettente sostiene – non implausibilmente - che la norma denunciata, modificativa della giurisdizione, sarebbe comunque rilevante nel giudizio cautelare a quo, in quanto il provvedimento cautelare eventualmente concesso sarebbe inevitabilmente destinato alla inefficacia per l’impossibilità di promuovere (art. 669-novies, primo comma, cod. proc. civ.) il giudizio di merito.
Infondata è l’eccezione, sollevata dalle società resistenti, di carenza di legittimazione del Comune ricorrente: una consolidata giurisprudenza del giudice di legittimità afferma che «deve riconoscersi al Comune che deduca un danno o pericolo di danno alla salute dei cittadini la facoltà di agire davanti al giudice ordinario».
Altrettanto infondata è l’eccezione del CODACONS in ordine alla rilevanza. Secondo tale associazione, l’azione cautelare del comune di Ladispoli, in quanto rivolta nei confronti di società avente natura privatistica, sarebbe sufficiente ad escludere ogni ipotesi di giurisdizione amministrativa.
La Corte osserva che la controversia riguarda un’attività svolta da società concessionarie di un pubblico servizio, in esecuzione di provvedimenti amministrativi ai quali direttamente si imputano i danni temuti dai ricorrenti.
Inammissibili, in quanto concernenti aspetti di merito, sono le ulteriori eccezioni formulate dalle società Enel ed Enel produzione in ordine sia all’asserita impossibilità di accertare la consistenza della situazione di pericolo alla salute dipendente dalla messa in esercizio della centrale elettrica de qua; sia alla sussistenza di effettive ragioni di urgenza giustificative del ricorso alla procedura promossa dal Comune di Ladispoli davanti al Tribunale rimettente.
2.1.– Fondata è, invece, l’eccezione – sollevata da due delle parti private - di difetto di motivazione dell’ordinanza di rimessione, in ordine alla dedotta violazione all’articolo 25 Cost. Su tale parametro, infatti, l’ordinanza non si sofferma affatto, limitandosi ad enunciarlo.
Sotto questo profilo la questione è, pertanto, inammissibile.
3. – Con riferimento all’altro parametro, costituito dall’art. 103, primo comma, Cost., il rimettente ricorda che l’art. 1, comma 552 della legge n. 311 del 2004 – nella parte in cui dispone che «Le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia elettrica di cui al decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2003 [recte: 2002], n. 55, e le relative questioni risarcitorie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo» – consente di ricomprendere la fattispecie in esame, pur in considerazione delle peculiarità degli interessi fatti valere con il ricorso introduttivo del giudizio cautelare. Ciò, sia perché la norma censurata include espressamente le azioni risarcitorie (rispetto alle quali l’azione inibitoria promossa dal Comune ricorrente si colloca in posizione anticipatoria), sia perché l’ambito delle controversie riservate alla giurisdizione esclusiva del TAR risulta definito da una «endiadi (procedure e provvedimenti in materia di impianti) non agevolmente delimitabile». In tal modo – a giudizio del rimettente - la norma finisce con l’includere, in modo del tutto indipendente dalla natura degli interessi lesi, qualsiasi controversia interferente con la progettazione, la realizzazione, l’esistenza e il funzionamento di un impianto di energia elettrica. E ciò, in violazione dell’art. 103, primo comma Cost.
La questione non è fondata.
Il progetto di riconversione della centrale in questione prevedeva la realizzazione di un impianto di potenza superiore a 300 MW termici, per la cui approvazione si era fatto ricorso al procedimento di autorizzazione unica previsto dall’art. 1 del decreto- legge n. 7 del 2002, convertito dalla legge n. 55 del 2002.
Secondo l’art. 1, comma 1, del citato decreto-legge, emanato in conformità con la direttiva n. 96/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 dicembre 1996, (concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica), attuata con il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, «la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all’esercizio degli stessi, sono dichiarati opere di pubblica utilità e soggetti ad una autorizzazione unica rilasciata dal Ministero delle attività produttive, la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti [….] costituendo titolo a costruire e ad esercitare l’impianto in conformità al progetto approvato»
Per effetto del comma 2 l’autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata «a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei princípi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni, d’intesa con la regione interessata».
Il procedimento seguito nel caso di specie s’inquadra perfettamente nella formulazione della norma denunciata che parla di «procedure e […] provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia elettrica», proprio per indicare quel procedimento complesso, in ragione del coinvolgimento di più soggetti pubblici, il quale si conclude con i provvedimenti specifici riguardanti le singole modalità attuative degli interventi inerenti gli impianti in questione.
La norma censurata, d’altronde, è conforme all’orientamento espresso nelle sentenze n. 204 del 2004 e, soprattutto, n. 191 del 2006 di questa Corte. Secondo tali pronunce, l’art. 103 Cost., pur non avendo conferito al legislatore ordinario una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, gli ha riconosciuto il potere di indicare «particolari materie» nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe «anche» diritti soggettivi. Deve trattarsi tuttavia, di materie determinate nelle quali la pubblica amministrazione agisce nell’esercizio del suo potere.
La richiamata giurisprudenza di questa Corte esclude, poi, che la giurisdizione possa competere al giudice ordinario per il solo fatto che la domanda abbia ad oggetto esclusivo il risarcimento del danno (sentenza n. 191 del 2006). Il giudizio amministrativo, infatti, in questi casi assicura la tutela di ogni diritto: e ciò non soltanto per effetto dell’esigenza, coerente con i princípi costituzionali di cui agli artt. 24 e 111 Cost., di concentrare davanti ad un unico giudice l’intera protezione del cittadino avverso le modalità di esercizio della funzione pubblica, ma anche perché quel giudice è idoneo ad offrire piena tutela ai diritti soggettivi, anche costituzionalmente garantiti, coinvolti nell’esercizio della funzione amministrativa.
Nella fattispecie disciplinata dal censurato comma 552 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004 ricorrono tutti i presupposti che questa Corte ha ritenuto sufficienti a legittimare il riconoscimento di una giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo. L’oggetto delle controversie è rigorosamente circoscritto alle particolari «procedure e provvedimenti», tipizzati dalla legge (decreto-legge n. 7 del 2002), e concernenti una materia specifica (gli impianti di generazione di energia elettrica).
Né osta - va ribadito - alla validità costituzionale del «sistema» in esame la natura «fondamentale» dei diritti soggettivi coinvolti nelle controversie de quibus, su cui pure insiste il rimettente, non essendovi alcun principio o norma nel nostro ordinamento che riservi esclusivamente al giudice ordinario - escludendone il giudice amministrativo - la tutela dei diritti costituzionalmente protetti. Peraltro, l’orientamento – espresso dalle Sezioni unite della Corte di cassazione – circa la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario in presenza di alcuni diritti assolutamente prioritari (tra cui quello alla salute) risulta enunciato in ipotesi in cui venivano in considerazione meri comportamenti della pubblica amministrazione, e pertanto esso è coerente con la sentenza n. 191 del 2006, con la quale questa Corte ha escluso dalla giurisdizione esclusiva la cognizione del risarcimento del danno conseguente a meri comportamenti della pubblica amministrazione. Nel caso in esame, invece, si tratta di specifici provvedimenti o procedimenti «tipizzati» normativamente.
Deve, dunque, concludersi che legittimamente la norma censurata ha riconosciuto esclusivamente al giudice naturale della legittimità dell’esercizio della funzione pubblica poteri idonei ad assicurare piena tutela, e quindi anche una tutela risarcitoria, per equivalente o in forma specifica, per il danno asseritamente sofferto anche in violazione di diritti fondamentali in dipendenza dell’illegittimo esercizio del potere pubblico da parte della pubblica amministrazione.
Per questi motivi
la corte costituzionale
Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 552, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), sollevata, in riferimento all’art. 25 della Costituzione, dal Tribunale di Civitavecchia, con l’ordinanza indicata in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dello stesso articolo 1, comma 552, della legge n. 311 del 2004 sollevata, in riferimento all’art. 103 della Costituzione, dal Tribunale di Civitavecchia, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2007.