ORDINANZA N. 86
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Maria Rita SAULLE “
- Giuseppe TESAURO “
- Paolo Maria NAPOLITANO “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 2, e 9 della legge della Regione Marche 13 marzo 1995 n. 23 (Disposizioni in materia di trattamento indennitario dei Consiglieri regionali), promosso con ordinanza del 6 aprile 2006 dalla Commissione tributaria provinciale di Macerata sul ricorso proposto da Grandinetti Fabrizio contro l’Agenzia delle entrate – ufficio di Tolentino, iscritta al n. 384 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Visto l’atto di intervento della Regione Marche;
udito nella camera di consiglio del 7 febbraio 2007 il Giudice relatore Romano Vaccarella.
Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Macerata, investita di un ricorso proposto da un contribuente nei confronti dell’Agenzia delle entrate – ufficio di Tolentino, con ordinanza del 6 aprile 2006, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 117, comma secondo, lettera o), della Costituzione, dell’art. 3, comma 2, della legge della Regione Marche 13 marzo 1995, n. 23 (Disposizioni in materia di trattamento indennitario dei Consiglieri regionali), nella parte in cui prevede che sull’indennità di carica spettante ai consiglieri regionali «è disposta altresì una trattenuta obbligatoria nella misura del 20 per cento, a titolo di contributo per la corresponsione dell’assegno vitalizio, di cui all’articolo 9», nonché di detto art. 9 della medesima legge regionale;
che, in punto di fatto, il giudice rimettente riferisce che un consigliere regionale ha proposto ricorso avverso il rifiuto tacitamente opposto dall’Agenzia delle entrate alla sua istanza di rimborso della somma pagata, nell’anno 2002, a titolo di IRPEF sulla trattenuta obbligatoria operata sulla indennità di carica percepita, a norma dell’art. 3 della legge regionale n. 23 del 1995, deducendo la non sottoponibilità a tassazione di tale trattenuta, ai sensi dell’art. 48 (ora 51), comma 2, lettera a), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), e che la convenuta Amministrazione ha chiesto il rigetto del ricorso, sull’assunto della natura non previdenziale dell’assegno vitalizio previsto dall’art. 9 della citata legge regionale e, quindi, della non applicabilità al caso di specie dell’invocato art. 48 del D.P.R. n. 917 del 1986;
che l’art. 3, comma 2, della legge regionale n. 23 del 1995 stabilisce, riguardo all’indennità di carica dovuta ai consiglieri della Regione Marche, che su tale indennità «è disposta altresì una trattenuta obbligatoria nella misura del 20 per cento, a titolo di contributo per la corresponsione dell’assegno vitalizio, di cui all’articolo 9», il quale, a sua volta, prevede che detto assegno vitalizio «compete ai consiglieri regionali cessati dal mandato che abbiano compiuto 60 anni di età e che abbiano corrisposto i contributi di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 3 per un periodo di almeno cinque anni di mandato o che abbiano esercitato la facoltà di cui all’articolo 14», aggiungendo che il medesimo assegno, «tanto nella forma diretta quanto nella forma di reversibilità di cui all’articolo 16, è cumulabile, senza detrazione alcuna, con ogni altro eventuale trattamento di quiescenza spettante, a qualsiasi titolo, al consigliere cessato dal mandato o agli aventi diritto alla reversibilità»;
che, poiché l’art. 51 (olim 48), comma 2, lettera a), del D.P.R. n. 917 del 1986 stabilisce che non concorrono a formare il reddito «i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge», è necessario, ad avviso del giudice rimettente, verificare «la finalità previdenziale o meno» del contributo per accertare se questo «sia o meno estraneo all’area dell’imposizione»;
che, a giudizio del rimettente, l’art. 9 sopra citato, nel far riferimento ad «ogni altro eventuale trattamento di quiescenza», dà ad intendere che anche l’assegno vitalizio da esso previsto deve essere considerato trattamento di quiescenza, anche perché «le disposizioni della legge regionale che lo disciplinano ricalcano la struttura propria degli istituti previdenziali e mutuano le regole proprie dei vari regimi pensionistici»;
che, inoltre, argomenti a favore della natura previdenziale dell’assegno di cui trattasi sono desumibili dalla sentenza della Corte costituzionale n. 289 del 1994, giacché essa, pronunciando sulla questione di legittimità costituzionale del trattamento tributario degli assegni vitalizi a favore dei parlamentari cessati dalla carica, ha affermato che trattasi di un «particolare tipo di previdenza», il quale «ha trovato la sua origine in una forma di mutualità (Casse di previdenza per i deputati ed i senatori istituite nel 1956) che si è gradualmente trasformata in una forma di previdenza obbligatoria di carattere pubblicistico, conservando peraltro un regime speciale che trova il suo assetto non nella legge, ma in regolamenti interni delle Camere»;
che, ad avviso del rimettente, non diversamente dai regolamenti parlamentari, la legge regionale in questione ha «inteso attribuire natura previdenziale alle trattenute operate sull’indennità di carica in base alle regole vigenti in ordine all’assicurazione obbligatoria di invalidità, vecchiaia e superstiti», atteso che essa, prevedendo l’assegno in discorso, «persegue le stesse finalità ed utilizza le medesime discipline tipiche delle assicurazioni sociali quali l’oggetto della tutela e gli eventi considerati dagli artt. 9 e seguenti della stessa legge»;
che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, il giudice a quo osserva che la normativa regionale censurata, avendo finalità previdenziale, rientra nella materia «previdenza sociale», che è riservata alla legislazione esclusiva dello Stato dall’art. 117, comma secondo, lettera o), Cost.;
che, quanto alla rilevanza della questione, il giudice rimettente osserva che, ove le norme impugnate fossero legittime, «la trattenuta, in quanto diretta a finanziare un trattamento previdenziale, sarebbe immune da prelievo tributario», a norma dell’art. 51 (già 48), comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986, mentre, qualora dette norme fossero dichiarate incostituzionali, la trattenuta «dovrebbe essere restituita all’avente diritto e rientrerebbe quindi negli emolumenti retributivi soggetti ad imposizione»;
che è intervenuta nel giudizio la Regione Marche, in persona del Presidente della Giunta, la quale ha chiesto dichiararsi inammissibile o, comunque, infondata la questione, eccependo, in primo luogo, l’inammissibilità della questione per non avere il giudice rimettente assolto l’onere – più volte affermato dalla Corte costituzionale – «di verificare la concreta possibilità di attribuire alla norma denunciata un significato diverso da quello censurato e tale da superare i dubbi di legittimità costituzionale» (ordinanza n. 322 del 2001) e per avere omesso di accedere a una «interpretazione adeguatrice conforme a Costituzione» (ordinanza n. 107 del 2003), e, in secondo luogo, il difetto di rilevanza della questione, nella parte in cui investe l’art. 9 della legge regionale n. 23 del 1995, non dovendo il giudice rimettente fare applicazione di tale norma, la quale disciplina l’assegno vitalizio, su cui non v’è controversia;
che, nel merito, la pretesa natura previdenziale dell’assegno vitalizio e della relativa trattenuta non è desumibile né dalla lettera né dalla ratio della legge regionale n. 23 del 1995, la quale prevede, tra l’altro, la reversibilità non automatica bensì solo volontaria dell’assegno (art. 14) e la sospensione di esso qualora il titolare «venga eletto al parlamento europeo, al parlamento nazionale o ad altro consiglio regionale» (art. 15);
che la natura previdenziale è da escludere anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 289 del 1994, la quale, riguardo all’assegno vitalizio a favore dei parlamentari cessati dalla carica, ha affermato che «l’assegno vitalizio, a differenza della pensione ordinaria, viene a collegarsi ad una indennità di carica goduta in relazione all’esercizio di un mandato pubblico: indennità che, nei suoi presupposti e nelle sue finalità, ha sempre assunto, nella disciplina costituzionale e ordinaria, connotazioni distinte da quelle proprie della retribuzione connessa al rapporto di pubblico impiego», ed ha precisato che «il legislatore, nell’esercizio della discrezionalità di fissare la base imponibile per i redditi aventi carattere misto assistenziale e previdenziale, può anche determinare esclusioni o limitazioni in ordine a quanto concorre a formare il reddito (ed in realtà la normativa applicabile ha subito nel tempo una serie di variazioni) – purché in modo non irragionevole o arbitrario e senza discriminazioni o privilegi non giustificati: cfr. sentenza n. 289 del 1994 –, ma non è tenuto a escludere, in ogni caso, dalla imposizione IRPEF i suddetti assegni, che possono essere considerati come reddito e indice di capacità contributiva» (ordinanza n. 412 del 2000);
che il legislatore statale, con il decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 314 (Armonizzazione, razionalizzazione e semplificazione delle disposizioni fiscali e previdenziali concernenti i redditi di lavoro dipendente e dei relativi adempimenti da parte dei datori di lavoro), ha introdotto nel D.P.R. n. 917 del 1986 l’art. 48-bis – attuale art. 52, nel testo di cui al decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344 (Riforma dell’imposizione sul reddito delle società, a norma dell’articolo 4 della legge 7 aprile 2003, n. 80) –, il quale, al comma 1, lettera b), stabilisce che gli assegni vitalizi «sono assoggettati a tassazione per la quota parte che non deriva da fonti riferibili a trattenute effettuate al percettore già assoggettate a ritenute fiscali»;
che, pertanto, l’assegno vitalizio ha «natura di vera e propria indennità correlata alla carica di consigliere regionale», tanto che la Regione Marche, proprio con la legge regionale n. 23 del 1995, ha soppresso il “Fondo di accantonamento dei consiglieri della Regione Marche”, facendo così gravare gli assegni vitalizi ai consiglieri cessati dalla carica sul bilancio regionale;
che l’eventuale accoglimento della questione comporterebbe il rimborso non solo della ritenuta IRPEF (come richiesto dal ricorrente), ma dell’intera trattenuta operata sull’indennità di carica, e ciò determinerebbe violazione dell’art. 3 Cost., per la disparità di trattamento che ne deriverebbe fra i consiglieri regionali cessati dalla carica e i parlamentari ugualmente cessati.
Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Macerata dubita, in riferimento all’art. 117, comma secondo, lettera o), della Costituzione della legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 2, e 9 della legge della Regione Marche 13 marzo 1995, n. 23 (Disposizioni in materia di trattamento indennitario dei Consiglieri regionali), nella parte in cui il primo prevede che sull’indennità di carica spettante ai consiglieri regionali «è disposta altresì una trattenuta obbligatoria nella misura del 20 per cento, a titolo di contributo per la corresponsione dell’assegno vitalizio, di cui all’articolo 9», e quest’ultimo disciplina l’assegno vitalizio a favore dei consiglieri regionali cessati dalla carica;
che la questione di legittimità costituzionale è estranea all’oggetto del giudizio a quo, dal momento che la Commissione rimettente è chiamata a pronunciarsi su una domanda di rimborso delle somme prelevate a titolo di IRPEF, e pertanto sulla assoggettabilità a prelievo fiscale della trattenuta operata sulla indennità di carica, laddove la questione sollevata investe il se sull’indennità di carica possa operarsi tale trattenuta e se possa riconoscersi ai consiglieri cessati dalla carica un assegno vitalizio;
che, ponendosi per il giudice rimettente l’esistenza di tale trattenuta come un fatto in ordine al quale è chiamato a determinare il regime fiscale (se assoggettata o non a prelievo IRPEF), la questione di legittimità costituzionale sollevata è irrilevante nel giudizio a quo e, pertanto, manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità degli artt. 3, comma 2, e 9 della legge della Regione Marche 13 marzo 1995, n. 23 (Disposizioni in materia di trattamento indennitario dei Consiglieri regionali), sollevata, in riferimento all’art. 117, comma secondo, lettera o), della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Macerata con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 marzo 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Romano VACCARELLA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 16 marzo 2007.