ORDINANZA N.107
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Riccardo CHIEPPA, Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), - nel testo anteriore alla modifica operata dall’art. 6 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 -, promosso con ordinanza del 20 marzo 2002 dalla Commissione tributaria provinciale di Ragusa sul ricorso proposto da Delibera Bartola Teresa contro il Centro di servizio per le imposte dirette di Palermo ed altri, iscritta al n. 374 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 2002.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 4 dicembre 2002 il Giudice relatore Romano Vaccarella.
Ritenuto che, nel corso di un processo tributario intrapreso dalla contribuente Delibera Bartola Teresa avverso una cartella esattoriale notificatale dalla concessionaria del servizio per la riscossione dei tributi di Ragusa e relativa all’anno di imposta 1994 per somme dovute a titolo di IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche) e CSSN (contributo per il servizio sanitario nazionale), la Commissione tributaria provinciale di Ragusa, con ordinanza del 20 marzo 2002, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 17 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), - nel testo anteriore alla modifica operata dall’art. 6 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 -, per asserito contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione;
che, in punto di fatto, il giudice rimettente riferisce che la ricorrente ha eccepito l’invalidità della cartella impugnata, notificata il 15 maggio 2001: a) per scadenza del termine di iscrizione a ruolo, fissato dall’art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione, termine non modificato dall’art. 28 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), che lo ha qualificato ordinatorio con norma di interpretazione autentica, né dall’art. 9 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), che ha prorogato i termini per i controlli formali delle dichiarazioni di cui all’art. 36-ter del d.P.R. n. 600 del 1973, laddove l’art. 36-bis citato si riferirebbe, invece, alla liquidazione delle imposte in base alle dichiarazioni; b) perché la cartella esattoriale era stata notificata oltre il termine quinquennale (scadente il 31 dicembre 2000) previsto, mediante rinvio all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, dall’art. 17, primo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973; c) per l’omesso preventivo invio di un avviso bonario contenente l’invito alla contribuente a pagare gli importi indicati, in tal modo impedendole di poter beneficiare della riduzione a metà della sanzione in caso di pagamento entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello della comunicazione; d) per la mancata notifica della cartella esattoriale entro l’ultimo giorno del quarto mese successivo a quello nel corso del quale il ruolo era stato consegnato al concessionario, con violazione dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, che quel termine imporrebbe quale perentorio; che – riferisce, inoltre, il giudice a quo - non "si è costituito in giudizio l’ufficio, il quale asserisce che non risulta pervenuto allo stesso alcun ricorso inerente la cartella esattoriale in questione";
che, costituitasi la concessionaria del servizio per la riscossione dei tributi, questa ha preliminarmente eccepito la propria carenza di legittimazione passiva, in quanto il concessionario ha legittimazione solo per le liti afferenti la regolarità o la validità degli atti esecutivi, osservando, nel merito, che il termine per la notifica della cartella, in assenza di ogni comminatoria legislativa di nullità, è da considerarsi ordinatorio e che il mancato avviso bonario non avrebbe pregiudicato il diritto della ricorrente, la quale avrebbe potuto beneficiare comunque della riduzione del 50% delle sanzioni ove avesse effettuato il pagamento dovuto entro il mese successivo alla notifica della cartella;
che, con riguardo alla rilevanza della questione, il giudice rimettente osserva che la decisione del ricorso deve essere preceduta dalla soluzione della questione di legittimità costituzionale attinente alla conformità dell’art. 17 del d.P.R. n. 602 del 1973 agli artt. 3 e 24 della Costituzione;
che, in punto di non manifesta infondatezza, la Commissione rimettente dichiara di non volersi discostare dall’orientamento della Corte di cassazione (sentenze 19 luglio 1999, n. 7662, e 8 marzo 2001, n. 3413), secondo cui l’art. 17 citato - nel testo vigente prima della modifica operata dall’art. 6 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, ratione temporis applicabile al caso di specie - dispone – senza lasciare altra possibilità ermeneutica al giudice - che entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione i ruoli devono essere trasmessi alla intendenza di finanza (ora direzione regionale delle entrate) e non anche notificati al contribuente o consegnati all’esattore; che deve, dunque, essere considerata tempestiva, ai sensi dell’art. 17 citato, l’iscrizione, nell’ipotesi in cui il ruolo sia stato consegnato alla intendenza di finanza entro il 31 dicembre del quinto anno, o in quello eventualmente più lungo previsto dalle leggi di proroga (come nella specie dall’art. 9 della legge n. 448 del 1998);
che, tuttavia, in tal modo appaiono violati, a parere del rimettente, gli artt. 3 e 24 Cost., in quanto per la cartella emessa ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 - nel testo anteriore alla modifica apportata dall’art. 13 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (modifica che opera per le dichiarazioni presentate a decorrere dal 1° gennaio 1999) - l’art. 17 del d.P.R. n. 602 del 1973 dispone che i ruoli siano formati e consegnati a pena di decadenza "entro il termine di cui al primo comma dell’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973", e non anche notificati al contribuente;
che l’interesse del contribuente a poter fare affidamento, decorso un certo lasso di tempo, sulla impossibilità che un provvedimento impositivo possa più essergli utilmente notificato dal fisco sarebbe vanificato dalla norma denunciata, laddove esaurisce l’onere dell’amministrazione nel compimento, nel termine previsto, della sola iscrizione a ruolo, e quindi di un atto interno dell’amministrazione, del tutto a prescindere dalla comunicazione al contribuente, possibile in qualsiasi momento successivo;
che non può condividersi, secondo il rimettente, la tesi della Corte di cassazione (sentenza n. 7662 del 1999), secondo la quale il diritto di difesa del contribuente sarebbe garantito "dal termine ristretto, imposto all’esattore per la notifica del ruolo", previsto dall’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 (nel testo anteriore alla modifica operata dall’art. 11 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46);
che, infatti, tale termine - osserva il rimettente - avrebbe natura ordinatoria per giurisprudenza costante, come confermerebbe l’art. 19 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (Riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla L. 28 settembre 1998, n. 337), il quale, nel dilatarne l’ambito temporale, ricollega alla sua scadenza unicamente la perdita del diritto al discarico dei ruoli, con chiaro riferimento ai meri rapporti interni tra ente impositore ed esattore e con esclusione del diritto di difesa del contribuente;
che, in conclusione, una norma che consente all’amministrazione di portare a conoscenza del contribuente un provvedimento senza prevedere termini massimi lede il diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost., posto che "l’eccessiva distanza tra il fatto e la contestazione rende inevitabilmente inefficace ogni strumento difensivo";
che, ancora, la norma denunciata si porrebbe in contrasto anche con l’art. 3 Cost., determinando una ingiustificata disparità di trattamento tra il contribuente soggetto ad accertamento ordinario, cui si riferisce l’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, che imponeva (nel testo applicabile ratione temporis) entro i cinque anni successivi a quello della dichiarazione anche la notifica degli avvisi di accertamento, ed il contribuente soggetto all’accertamento effettuato ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, il quale, per contestazioni più agevoli, ma di minore gravità, prevede termini di scadenza più lunghi e, sostanzialmente, indefiniti, quanto alla notifica al contribuente;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha eccepito, in primo luogo, l’inammissibilità della questione per erronea individuazione della disposizione rilevante, in quanto la lamentata "eccessiva distanza tra il fatto e la contestazione" non sarebbe imputabile all’art. 17 del d.P.R. n. 602 del 1973 denunciato (il quale si limita a prevedere un termine di decadenza entro il quale deve essere posta in essere una determinata attività interna dell’amministrazione), ma, direttamente, all’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, "nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 11 del decreto legislativo n. 112 del 1999" [recte: d. lgs. 26 febbraio 1999, n. 46], che per la notifica al contribuente della cartella di pagamento fissa un termine il cui carattere ordinatorio lascerebbe all’esattoria una totale libertà circa il momento in cui effettuare tale notifica;
che la questione sarebbe, comunque, manifestamente infondata, posto che, prevedendo l’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 l’iscrizione a ruolo sulla base dei soli elementi risultanti dalla dichiarazione e non già sulla base di un accertamento di maggiori redditi, sarebbe fuor di luogo lamentare la vanificazione di "ogni strumento difensivo";
che, peraltro, la decadenza sancita dalla norma denunciata a carico del fisco ben può essere fatta valere dal contribuente, al quale, da un lato, è consentito di effettuare controlli a prescindere dalla comunicazione della avvenuta iscrizione a ruolo (come ribadito anche dell’ordinanza della Corte costituzionale n. 415 del 2001) e, dall’altro lato, è consentito di impugnare la cartella esattoriale entro 60 giorni dalla notifica, facendo valere la decadenza per tardiva iscrizione a ruolo;
che altrettanto infondata appare al deducente la questione sollevata con riguardo all’art. 3 Cost., attesa la diversa natura delle rettifiche disciplinate dagli articoli 36-bis e 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, frutto, nel primo caso, di un controllo formale della dichiarazione effettuato mediante procedure automatizzate, il cui risultato non dà in genere luogo ad alcuna contestazione, laddove, nel secondo caso, "si è in presenza dell’inizio di un’attività di accertamento sostanziale che solo in una fase successiva ed eventuale sfocerà nella iscrizione a ruolo a titolo definitivo e nella emissione della cartella".
Considerato che la Commissione rimettente dubita della legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., dell’art. 17 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nel testo vigente ante modifica del 1999, in quanto non prevede che al contribuente soggetto all’accertamento formale ex art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 sia anche notificata – diversamente che al contribuente soggetto ad accertamento ordinario – la cartella esattoriale nel termine di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, né in altro termine perentorio, così lasciandolo – poiché il termine quinquennale di cui all’art. 43 citato è previsto soltanto per un atto interno dell’amministrazione (consegna dei ruoli all’intendente di finanza), ignoto al contribuente – indefinitamente esposto alla pretesa del fisco e menomato, per la distanza tra fatto e contestazione, nel diritto di difesa;
che, se è vero che l’art. 17 del d.P.R. n. 602 del 1973 fa riferimento al termine (31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione) di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 non già, come quest’ultimo statuisce, per la notifica, a pena di decadenza, dell’avviso di accertamento, ma esclusivamente per l’iscrizione nei ruoli delle imposte dovute e la consegna all’intendente dei ruoli stessi, è anche vero che la norma in questione, purché letta in coerenza con il sistema in cui è inserita, non è tale da lasciare il contribuente, soggetto alla verifica (più che all’accertamento) di cui all’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, indefinitamente esposto alla pretesa impositiva;
che in effetti, da un lato, l’art. 24 del d.P.R. n. 602 del 1973, prevede un termine ("almeno novanta giorni prima della scadenza", prorogabile nell’ambito di quello decadenziale di cui all’art. 17, comma terzo, del medesimo d.P.R.) per la consegna del ruolo all’esattore e, dall’altro lato, come il rimettente stesso ricorda, l’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 dispone che "l’esattore, non oltre il giorno cinque del mese successivo a quello nel corso del quale il ruolo gli è stato consegnato, deve notificare al contribuente la cartella di pagamento";
che, in particolare, tale ultima norma, per il suo tenore letterale ("non oltre il giorno …", "deve notificare"), ben si presta ad essere interpretata in senso tale da escludere la paventata "indefinita soggezione del contribuente all’azione esecutiva del fisco, essendo l’esattore soggetto ai ristretti termini di cui all’art. 25 per la notificazione della cartella" (così, Cass. 19 luglio 1999, n. 7662);
che il carattere perentorio di un termine non deve necessariamente risultare esplicitamente dalla norma, potendosi desumere dalla funzione, ricavabile con chiarezza dal testo della legge, che il termine è chiamato a svolgere (così, Cass. - Sez. Un. 3 febbraio 1994, n. 1111);
che il rimettente, in applicazione del principio giurisprudenziale appena ricordato, ben avrebbe potuto adottare una interpretazione dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 (peraltro adottata da Cass. n. 7662 del 1999 e da giudici di merito) idonea a fugare i dubbi di costituzionalità sollevati;
che, essendosi, viceversa, il rimettente limitato a rifiutare tale interpretazione sulla base di un inconferente argomento (la perdita del diritto al discarico dei ruoli non implica affatto che il contribuente non possa opporre l’inosservanza del termine) e a genericamente invocare una indimostrata giurisprudenza costante pro ordinatorietà del termine, deve ritenersi "incompiuto quel doveroso tentativo di ricercare un’interpretazione adeguatrice del testo di legge denunciato, al quale ciascun giudice è, comunque, tenuto prima di proporre l’incidente di costituzionalità" (si veda, tra le tante, l’ordinanza di questa Corte n. 592 del 2000);
che l’interpretazione dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 appena enunciata vale, altresì, a fugare ogni dubbio di legittimità costituzionale prospettato anche sotto il profilo dell’art. 3 Cost.;
che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), - nel testo anteriore alla modifica operata dall’art. 6 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 -, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Ragusa con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Romano VACCARELLA, Redattore
Depositata in Cancelleria l’1 aprile 2003.