Ordinanza n. 368 del 2006

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ORDINANZA N.368

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                BILE                    Presidente

- Giovanni Maria   FLICK                 Giudice

- Francesco          AMIRANTE                  "

- Ugo                   DE SIERVO                  "

- Romano              VACCARELLA             "

- Paolo                 MADDALENA              "

- Alfio                  FINOCCHIARO             "

- Alfonso              QUARANTA                 "

- Franco                GALLO                         "

- Luigi                  MAZZELLA                  "

- Gaetano             SILVESTRI                   "

- Sabino                CASSESE                      "

- Maria Rita          SAULLE                        "

- Giuseppe            TESAURO                     "

- Paolo Maria        NAPOLITANO              "       

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dall’art. 23, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), promosso con ordinanza del 9 marzo 2005 dal Tribunale di Lecce, sul ricorso proposto da B. B. contro il Ministero degli affari esteri ed altro, iscritta al n. 56 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2006.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’11 ottobre 2006 il Giudice relatore Maria Rita Saulle.

Ritenuto che il Tribunale di Lecce, in composizione monocratica, con ordinanza depositata in data 20 gennaio 2005, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 10 e 29 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), nella parte in cui non consente allo straniero di ottenere il ricongiungimento familiare con entrambi i genitori nel caso in cui solo uno di questi sia ultrasessantacinquenne ed il ricorrente abbia dimostrato che gli altri figli – che pure vivono nel Paese di origine o di provenienza – siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati gravi motivi di salute;

che il giudizio a quo ha ad oggetto l’impugnazione del provvedimento con il quale veniva rigettata a B. B., cittadino extracomunitario residente in Italia, l’istanza di ricongiungimento con i propri genitori – il padre di età superiore ai sessantacinque anni, la madre di età inferiore ai sessantacinque anni – adottato dal rappresentante dell’Ambasciata d’Italia a Casablanca;

che il rimettente, in punto di fatto, rileva la sussistenza dei presupposti per il ricongiungimento del solo genitore ultrasessantacinquenne del ricorrente, stante l’impossibilità, per gravi motivi di salute, da parte dei fratelli di quest’ultimo, di provvedere al sostentamento dei genitori;

che, al contrario, a parere del giudice a quo, non sarebbe possibile il ricongiungimento della madre del ricorrente, in quanto l’art. 29, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 286 del 1998 richiede a tale fine la mancanza di altri figli nel Paese di provenienza;

che, secondo il rimettente, tale ultima previsione violerebbe gli artt. 2, 3, 10 e 29 della Costituzione e, in particolare, vanificherebbe l’esercizio del diritto ad «una vita familiare serena e piena», impedendo il diritto, costituzionalmente tutelato, «di vivere con entrambi i genitori»;

che la norma impugnata si porrebbe, altresì, in contrasto con l’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, del 4 novembre 1950, ratificata con legge 4 agosto 1955, n. 848, nonché determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra richiedenti il ricongiungimento che abbiano fratelli e richiedenti che invece ne siano sprovvisti;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di inammissibilità o comunque di infondatezza della questione;

che, secondo la difesa erariale, il rimettente muove da un erroneo presupposto interpretativo, in quanto il diritto all’unità familiare trova la sua massima tutela in relazione alla famiglia nucleare, composta da genitori e figli minorenni, potendo questo subire delle limitazioni negli altri casi;

che, in particolare, la Corte costituzionale (sentenza n. 224 del 2005) ha affermato la legittimità delle condizioni poste dall’art. 29 del d.lgs. n. 286 del 1998 ai casi di ricongiungimento familiare tra genitori e figli maggiorenni, potendo il legislatore porre dei limiti all’accesso degli stranieri nel territorio nazionale secondo scelte che non risultino irragionevoli;

che anche la censura relativa all’asserita violazione dell’art. 3 della Costituzione, a parere dell’Avvocatura, sarebbe infondata, in quanto pone a raffronto situazioni tra loro non comparabili;

che, ad avviso della difesa erariale, anche il presunto contrasto con l’art. 10 della Costituzione, in relazione all’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, risulterebbe parimenti infondato, in quanto il richiamato art. 8 consentirebbe, ai fini della sicurezza pubblica, l’adozione di misure di ingerenza nella vita familiare.

Considerato che il Tribunale di Lecce, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 10 e 29 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), nella parte in cui non consente allo straniero di ottenere il ricongiungimento familiare con entrambi i genitori nel caso in cui solo uno di questi sia ultrasessantacinquenne ed il ricorrente abbia dimostrato che gli altri figli – che pure vivono nel Paese di origine o di provenienza – siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati gravi motivi di salute;

che questa Corte, con particolare riguardo al profilo dell’asserita violazione degli artt. 2 e 29 della Costituzione, ha più volte affermato che «l’inviolabilità del diritto all’unità familiare è certamente invocabile e deve ricevere la più ampia tutela con riferimento alla famiglia nucleare, eventualmente in formazione e, quindi, in relazione al ricongiungimento dello straniero con il coniuge e con i figli minori»; mentre, nei casi di ricongiungimento tra figli maggiorenni, ormai allontanatisi dal nucleo di origine e genitori, il legislatore ben può bilanciare “l’interesse all’affetto” con altri interessi meritevoli di tutela (sentenza n. 224 del 2005 e ordinanza n. 464 del 2005);

che la scelta del legislatore di limitare il ricongiungimento alle ipotesi in cui vi è una effettiva e grave situazione di bisogno di quei familiari che non possono in alcun modo soddisfare autonomamente le proprie esigenze primarie di vita, risultando, altresì, privi di altri figli nel Paese di origine in grado di sostentarli, risulta del tutto ragionevole, in quanto il legislatore può regolare l’accesso degli stranieri nel territorio nazionale sulla base di scelte che tengano conto di un «corretto bilanciamento dei valori in gioco» (sentenza n. 224 del 2005 e ordinanza n. 232 del 2001);

che, in particolare, la Corte ha affermato, con riferimento ai diritto al ricongiungimento familiare, che la discrezionalità del legislatore risulta ancora più ampia «in quanto il concetto di solidarietà non implica necessariamente quello di convivenza, essendo ben possibile adempiere il relativo obbligo mediante modalità diverse dalla convivenza» (sentenza n. 224 del 2005);

che anche la censura relativa all’asserita disparità di trattamento tra richiedenti il ricongiungimento che abbiano fratelli e richiedenti che invece ne siano sprovvisti è stata già dichiarata infondata dalla Corte, «avuto riguardo alla diversità delle situazioni poste a raffronto, che giustifica una disciplina differente» (sentenza n. 224 del 2005);

che, quanto alla censura relativa alla presunta violazione dell’art. 10 della Costituzione, è sufficiente osservare che la stessa – nei termini in cui è stata prospettata – risulta priva di autonoma connotazione;

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo) sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 10 e 29 della Costituzione, dal Tribunale di Lecce, in composizione monocratica, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 ottobre 2006.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Maria Rita SAULLE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 9 novembre 2006.