ORDINANZA N. 242
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Annibale MARINI Presidente
- Franco BILE Giudice
- Giovanni Maria FLICK ”
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Romano VACCARELLA ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 38, della legge 23 agosto 2004, n. 243 (Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria), promosso con ordinanza del 31 gennaio 2005 dal Tribunale di Roma, nei procedimenti civili vertenti tra Bonanni Maurizio, Bianchi Carla e l'Ente nazionale di previdenza e assistenza farmacisti (ENPAF), iscritta al n. 223 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell'anno 2005.
Visti gli atti di costituzione di Bonanni Maurizio, Bianchi Carla, e dell'ENPAF, nonché gli atti d'intervento dell'Associazione degli enti previdenziali privati (AdEPP) e del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 2006 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;
uditi gli avvocati Giovanni Giacobbe e Arturo Giallombardo per Bonanni Maurizio e Bianchi Carla, l'avvocato Simone Ciccotti per l'ENPAF, l'avvocato Massimo Luciani per l'AdEPP e l'avvocato dello Stato Francesco Sclafani per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che, nel corso di due distinti giudizi promossi, rispettivamente, da Maurizio Bonanni e da Carla Bianchi nei confronti dell'Ente nazionale di previdenza e assistenza farmacisti (ENPAF), aventi ad oggetto l'accertamento del diritto di prelazione all'acquisto degli immobili di proprietà del medesimo Ente, dei quali gli stessi sono conduttori, il Tribunale di Roma, con ordinanza emessa in data 31 gennaio 2005, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 38, della legge 23 agosto 2004, n. 243 (Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria), quale norma interpretativa dell'art. 1, comma 1, del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104 (Attuazione della delega conferita dall'art. 3, comma 27, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e di investimenti degli stessi in campo immobiliare), per contrasto con gli articoli 3, 24, 73 – anche in relazione all'art. 12 (recte: art. 11) delle disposizioni preliminari al codice civile –, 97 e 101 della Costituzione;
che la disposizione in questione stabilisce che «l'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, si interpreta nel senso che la disciplina afferente alla gestione dei beni, alle forme del trasferimento della proprietà degli stessi e alle forme di realizzazione di nuovi investimenti immobiliari contenuta nel medesimo decreto legislativo, non si applica agli enti privatizzati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, ancorché la trasformazione in persona giuridica di diritto privato sia intervenuta successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo n. 104 del 1996»;
che il giudice a quo, nel delineare il quadro normativo in cui si inserisce la disposizione sospettata di illegittimità costituzionale, osserva che il legislatore, al fine di risolvere il problema dell'indebitamento degli istituti previdenziali, ha disciplinato con il d.lgs. n. 104 del 1996 e il decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica), convertito in legge dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, due programmi di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici: il primo “ordinario”, il secondo “straordinario”;
che, in precedenza, il decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 (Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza) aveva sancito la trasformazione di alcuni enti pubblici (tra cui l'ENPAF), a decorrere dal 1° gennaio 1995, in associazioni o in fondazioni, a seguito della deliberazione dei competenti organi di ciascuno di essi;
che, in presenza di tale quadro normativo, l'ENPAF ha sostenuto di non dover applicare la disciplina relativa alla dismissione del patrimonio immobiliare degli enti pubblici previdenziali, in quanto ente privatizzato;
che il giudice rimettente ricorda che il Consiglio di Stato in sede consultiva e giurisdizionale, nonché la giurisprudenza ordinaria, sarebbero univoci nel ritenere applicabile, salvo alcune divergenze in ordine alle modalità attuative, la suddetta disciplina sulla dismissione del patrimonio immobiliare all'ENPAF;
che il Tribunale di Roma afferma che la disposizione sospettata di illegittimità costituzionale sarebbe norma di interpretazione autentica, con «carattere di retroattività», che vincola il giudice, senza che ricorra l'esigenza di dirimere dubbi sorti in sede di interpretazione della legge anteriore;
che il giudice rimettente prospetta, quindi, l'illegittimità della norma impugnata, poiché «può confliggere» con l'art. 101 della Costituzione, che rende i giudici soggetti alla legge, nel senso che ad essi soli è riservata l'interpretazione e l'applicazione delle leggi; con l'art. 73 della Costituzione – anche in relazione all'art. 12 (recte: art. 11) delle disp. prel. cod. civ., che affermano il principio della irretroattività della legge e della sua efficacia per l'avvenire – con l'art. 3 della Costituzione, che assicura la parità di trattamento dei cittadini di fronte alla legge e la certezza del diritto;
che, infine, secondo il Tribunale di Roma, il mancato rispetto delle aspettative e dei rapporti giuridici così formatisi contrasterebbe con i principi costituzionali di correttezza e buon andamento della pubblica amministrazione, indicati nell'art. 97 della Costituzione;
che, con atto in data 13 maggio 2005, l'Associazione degli enti previdenziali privati (AdEPP) è intervenuta nel giudizio chiedendo che la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Tribunale di Roma, sia dichiarata inammissibile o infondata;
che, successivamente, con atto in data 17 maggio 2005, il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel giudizio, deducendo l'inammissibilità e, in subordine, l'infondatezza della questione di costituzionalità sottoposta alla Corte;
che, in particolare, la difesa dello Stato ha rilevato l'inammissibilità della questione prospettata dal Tribunale di Roma, in ragione dell'errata indicazione della norma impugnata e della mancata coincidenza dei parametri evocati nella motivazione con quelli richiamati espressamente nel dispositivo dell'ordinanza;
che, nel merito, l'Avvocatura dello Stato ha prospettato l'infondatezza della questione, asserendo che la norma de qua non darebbe luogo a disparità di trattamento e che non sarebbe configurabile la violazione dell'art. 101 della Costituzione, in quanto la legge interpretativa, pur interferendo necessariamente nella sfera del potere giudiziario, non inciderebbe sul principio della divisione dei poteri;
che anche l'ENPAF, parte resistente nei giudizi a quibus, si è costituito nel presente giudizio, con atto in data 17 maggio 2005, deducendo profili di inammissibilità e profili di infondatezza in ordine alla questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Roma;
che, nel merito, l'ENPAF ritiene che la questione non sia fondata in quanto il legislatore, lungi dal modificare il proprio intervento normativo, ne avrebbe semplicemente precisato la portata;
che anche i ricorrenti dei due giudizi a quibus si sono costituiti nel presente giudizio, con atto in data 17 maggio 2005, cui è seguita successiva memoria, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Roma sia accolta;
che, in data 2 maggio 2006, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria con la quale ha insistito nelle conclusioni già rassegnate;
che l'ENPAF ha depositato memoria, in data 3 maggio 2006, con la quale ha ribadito le difese svolte;
che anche l'AdEPP ha depositato memoria, in data 3 maggio 2005, rinnovando la richiesta di declaratoria di inammissibilità e comunque di manifesta infondatezza della questione sottoposta al vaglio di questa Corte;
che l'AdEPP ha sostenuto l'ammissibilità del proprio intervento, in quanto associazione esponenziale, per statuto, degli interessi di tutti gli enti previdenziali privati, e quindi legittimata a prendere parte nel giudizio di costituzionalità per far valere le posizioni giuridiche “specificamente” proprie di tali enti.
Considerato che il Tribunale di Roma dubita, in riferimento agli articoli 3, 24, 73 – anche in relazione all'art. 12 (recte: art. 11) delle disposizioni preliminari al codice civile –, 97 e 101 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 38, della legge 23 agosto 2004, n. 243 (Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria), quale norma interpretativa dell'art. 1, comma 1, del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104 (Attuazione della delega conferita dall'art. 3, comma 27, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e di investimenti degli stessi in campo immobiliare), e ciò sia in quanto mancherebbero i presupposti per l'adozione di una disposizione di interpretazione autentica con effetto retroattivo, sia perché sarebbero lesi i principi della soggezione del giudice soltanto alla legge, e della parità di trattamento dei cittadini dinanzi alla legge, nonché del buon andamento della pubblica amministrazione;
che, preliminarmente, va ribadita, per le ragioni esposte nell'ordinanza della quale si è data lettura in udienza, l'inammissibilità dell'intervento dell'Associazione degli enti previdenziali privati (AdEPP), la quale, come si evince dal relativo statuto, ha per scopo la tutela delle Casse associate, nonché mere attività di coordinamento, collaborazione, studio;
che la questione è manifestamente inammissibile per diversi e concorrenti motivi;
che il giudice a quo ha adottato un'unica ordinanza di rimessione relativamente a due distinti giudizi rispetto ai quali non risulta essere intervenuto provvedimento di riunione, mentre, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è del tutto ovvio che la questione di legittimità costituzionale può essere sollevata dall'autorità giurisdizionale davanti alla quale pende il giudizio, proprio in ordine al medesimo e non ad altri;
che l'art. 24 della Costituzione è richiamato, senza alcuna motivazione, solo nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione;
che nella medesima ordinanza manca, altresì, la descrizione della fattispecie, poiché il giudice a quo omette di indicare elementi decisivi ai fini del controllo di questa Corte sulla rilevanza della questione, quale, tra gli altri, la sussistenza dei presupposti per l'esercizio del diritto di prelazione da parte dei singoli conduttori degli immobili degli enti previdenziali pubblici;
che, pertanto, la sollevata questione di legittimità costituzionale è manifestamente inammissibile per tutti i motivi sopra indicati.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 38, della legge 23 agosto 2004, n. 243 (Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24, 73, 97 e 101 della Costituzione, dal Tribunale di Roma con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2006.
F.to:
Annibale MARINI, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 22 giugno 2006.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
Allegato:
ordinanza letta all'udienza del 16 maggio 2006
ORDINANZA
Visto l'intervento spiegato in giudizio dall'Associazione degli Enti Previdenziali Privati (AdEPP).
Considerato che, secondo il costante orientamento della Corte, sono inammissibili gli interventi di soggetti che non risultano essere parti nel giudizio a quo al momento dell'emissione dell'ordinanza di rimessione e che non hanno un interesse qualificato ad intervenire, che possa dirsi immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio (cfr. sentenze nn. 227 del 2003 e 172 del 2006; ordinanza n. 389 del 2004);
che l'AdEPP, nei giudizi a quibus promossi, rispettivamente, da Bonanni Maurizio e da Bianchi Carla nei confronti dell'Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza Farmacisti (ENPAF), non ha assunto la qualità di parte;
che la suddetta Associazione neppure è portatrice di una posizione sostanziale qualificata in rapporto alla questione oggetto dei giudizi stessi;
che pertanto, l'intervento deve essere dichiarato inammissibile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile l'intervento dell'Associazione degli Enti Previdenziali Privati.
Annibale MARINI, Presidente
Depositata in Cancelleria il 22 giugno 2006.