Ordinanza n. 158 del 2006

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ORDINANZA N. 158

 

ANNO 2006

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

- Annibale            MARINI        Presidente

 

- Franco                BILE              Giudice

 

- Giovanni Maria   FLICK                 "

 

- Francesco          AMIRANTE         "

 

- Ugo                   DE SIERVO         "

- Romano              VACCARELLA    "

- Paolo                 MADDALENA     "

 

- Alfio                  FINOCCHIARO   "

 

- Alfonso              QUARANTA        "

 

- Franco                GALLO                "

 

- Luigi                  MAZZELLA         "

 

- Gaetano             SILVESTRI          "

 

- Sabino                CASSESE             "

 

- Maria Rita          SAULLE              "

 

- Giuseppe            TESAURO            "

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), promosso con ordinanza del 26 maggio 2005 dal Tribunale di Genova, sul ricorso proposto da C.M.M.V. contro il Prefetto di Genova, iscritta al n. 541 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2005.

 

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

            udito nella camera di consiglio del 22 febbraio 2006 il Giudice relatore Maria Rita Saulle.

 

Ritenuto che il Tribunale di Genova, in composizione monocratica, con ordinanza depositata il 26 maggio 2005, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella parte in cui si limita a prevedere il divieto di espulsione degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge di nazionalità italiana «senza prendere minimamente in considerazione la tutela degli stranieri tout court, anch’essi titolari del diritto all’unità familiare, già conviventi in Italia con il coniuge, in regola con il permesso di soggiorno (ed eventualmente con i figli), con i quali potrebbero essere ricongiunti ai sensi della stessa legge in materia di immigrazione»;

che il giudizio a quo ha ad oggetto l’opposizione a decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Genova nei confronti di C.M.M.V., non risultando aver questi richiesto alle autorità competenti, entro il termine previsto dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 286 del 1998, il rilascio del permesso di soggiorno;

che il rimettente, in punto di fatto, rileva che risultano regolarmente presenti sul territorio nazionale la moglie, il figlio minorenne e tre sorelle del ricorrente;

che, a parere del giudice a quo, dal riconoscimento dei diritti fondamentali della persona, operato dall’art. 2 del d.lgs. n. 286 del 1998 nei confronti dello straniero comunque presente sul territorio dello Stato, non può non discendere anche quello all’unità familiare, che trova rilievo costituzionale nell’art. 2 della Costituzione;

che, il rimettente, richiamata la giurisprudenza costituzionale con la quale è stata affermata la piena equiparazione tra stranieri e cittadini italiani per quanto concerne il godimento dei diritti in materia di famiglia, evidenzia che i principi di protezione dell’unità familiare trovano riconoscimento non solo nella Costituzione ma anche «in svariate disposizioni dei trattati internazionali ratificati dall’Italia»;

che, sempre secondo il giudice a quo, pur non potendosi negare la necessità di un bilanciamento tra il diritto all’unità familiare e l’interesse dello Stato a regolare l’immigrazione nel nostro Paese, la presenza documentata di uno stabile radicamento del nucleo familiare del ricorrente nel territorio nazionale rende «astratta e, pertanto, non proponibile, l’ipotesi che l’unità familiare possa essere realizzata dalla ricorrente (recte: dal ricorrente), dalla moglie e dal figlio in un altro Paese anziché nel nostro», con la conseguenza che l’eventuale espulsione dello straniero determinerebbe la rottura del nucleo familiare formatosi, in contrasto «con la tutela dell’unità familiare e con il diritto del minore alla bi-genitorialità»;

che, a parere del rimettente, l’art. 19, comma 2, lettera c), del d.lgs. n. 286 del 1998, limitandosi a prevedere il divieto di espulsione degli stranieri conviventi con i parenti entro il quarto grado o con il coniuge di nazionalità italiana, non assicura alcuna tutela agli stranieri, anch’essi conviventi con loro parenti o con il coniuge regolarmente presenti sul territorio dello Stato, sebbene a loro volta stranieri, così determinando un’irragionevole lesione del diritto all’unità familiare di cui dovrebbe godere anche lo straniero;

che, infine, secondo il giudice a quo, per le stesse ragioni sopra illustrate apparirebbe non infondata la questione di costituzionalità dell’art. 29, comma 1, lettere a) e b), del d.lgs. n. 286 del 1998, nella parte in cui, riconoscendo il diritto all’unità familiare, consente il ricongiungimento dello straniero soltanto qualora questi si trovi all’estero, negandolo, invece, nel caso in cui si trovi già in Italia;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di infondatezza della questione;

che, ad avviso della parte pubblica, la disciplina del ricongiungimento deve tener conto di altri valori, ugualmente meritevoli di tutela, quali l’inviolabilità del territorio e la protezione dell’ordine pubblico che impongono la subordinazione del ricongiungimento familiare «al possesso dei requisiti che garantiscono la protezione della Repubblica e dei suoi cittadini»;

che, infine, la lamentata impossibilità del ricongiungimento rappresentata dal rimettente trova giustificazione nel fatto che il ricorrente è entrato nel territorio italiano irregolarmente.

Considerato che il Tribunale di Genova, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella parte in cui si limita a prevedere il divieto di espulsione degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge di nazionalità italiana «senza prendere minimamente in considerazione la tutela degli stranieri tout court, anch’essi titolari del diritto all’unità familiare, già conviventi in Italia con il coniuge, in regola con il permesso di soggiorno (ed eventualmente con i figli), con i quali potrebbero essere ricongiunti ai sensi della stessa legge in materia di immigrazione»;

che, preliminarmente, deve osservarsi che la questione di costituzionalità ha ad oggetto soltanto l’art 19 del d.lgs. n. 286 del 1998, posto che il riferimento fatto dal rimettente all’art. 29 comma 1, lettere a) e b), del medesimo d.lgs., ha all’evidenza una finalità esclusivamente argomentativa;

che, secondo il giudice a quo, la disciplina impugnata sarebbe irragionevole in quanto, limitando il divieto di espulsione ai soli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge di nazionalità italiana, non prende in considerazione la posizione degli stranieri, anch’essi conviventi con loro parenti o con il coniuge regolarmente presenti sul territorio dello Stato, sebbene a loro volta stranieri, cosicché tali situazioni risulterebbero sfornite di una adeguata tutela dell’unità familiare;

che, quanto alla ritenuta violazione degli artt. 2, 29 e 30 della Costituzione, va osservato che il d.lgs. n. 286 del 1998 appresta, agli artt. 28 e seguenti, una specifica tutela del diritto dello straniero, regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato, a mantenere l'unità del suo nucleo familiare, prevedendo la possibilità del ricongiungimento, allorché ricorrano le condizioni di cui all'art. 29, a favore del coniuge e dei figli minori a carico;

che questa Corte ha costantemente affermato che il legislatore può legittimamente porre dei limiti all’accesso degli stranieri nel territorio nazionale effettuando un «corretto bilanciamento dei valori in gioco», esistendo in materia un’ampia discrezionalità legislativa, limitata soltanto dal vincolo che le scelte non risultino manifestamente irragionevoli (sentenza n. 353 del 1997);

che, quindi, la questione sollevata dal giudice rimettente, ove accolta, andrebbe a vanificare i fini sottesi alla legge per il ricongiungimento familiare, dal momento che sarebbe consentito in ogni caso allo straniero coniugato e convivente con altro straniero di aggirare le norme in materia di ingresso e soggiorno, con evidente sacrificio degli altri valori costituzionali considerati dal d.lgs. n. 286 del 1998;

che, quanto alla ritenuta violazione dell'art. 3 della Costituzione, non può effettuarsi alcun giudizio di comparazione tra la situazione dello straniero coniugato con altro straniero - sia pur munito di permesso di soggiorno - e quella dello straniero coniugato con un cittadino italiano, trattandosi di situazioni fra loro eterogenee (ordinanza n. 232 del 2001);

che, pertanto, la questione è manifestamente infondata sotto ogni profilo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione, dal Tribunale di Genova, in composizione monocratica, con l’ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 aprile 2006.

 

Annibale MARINI, Presidente

 

Maria Rita SAULLE, Redattore

 

Depositata in Cancelleria il 14 aprile 2006.