ORDINANZA N. 91
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 300 del codice di procedura civile promosso con ordinanza del 4 febbraio 2005 dal Tribunale di Napoli, nel procedimento civile vertente tra Angela Rossi e Giuseppe Simone, iscritta al n. 469 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2005.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio dell’ 8 febbraio 2006 il giudice relatore Franco Bile.
Ritenuto che, nel corso di un procedimento civile, nel quale si era verificata la morte della parte attrice costituita, senza che il suo difensore ne facesse dichiarazione, ma la relativa notizia era stata acquisita attraverso la produzione di idonea certificazione, da parte del difensore della parte convenuta costituita, il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Casoria, con ordinanza del 4 febbraio 2005, ha sollevato in via incidentale – in riferimento gli articoli 3 e 24 della Costituzione – la questione di legittimità costituzionale dell’art. 300 del codice di procedura civile «nella parte in cui non prevede che, in caso di morte della parte costituita, la cui conoscenza sia acquisita nel processo indipendentemente dalla dichiarazione dell’evento interruttivo da parte del suo procuratore, il giudice debba disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei suoi eredi»;
che, ad avviso del rimettente, dalla premessa della «sussistenza di un litisconsorzio necessario tra i successori della parte costituita e deceduta» dovrebbe discendere che, «pur in mancanza della dichiarazione del procuratore ex art. 300 cod. proc. civ., l’integrazione del contraddittorio dovrebbe disporsi anche in assenza dell’intervento volontario di un successore, e cioè ogni qual volta sia acquisita al processo e dal giudice la notizia certa della morte della parte».
Considerato che il rimettente evoca come tertium comparationis l’orientamento giurisprudenziale per cui, se un coerede si costituisce volontariamente deve essere disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri coeredi, anche quando manchi la dichiarazione del procuratore della parte defunta;
che peraltro il presupposto interpretativo da cui il rimettente muove è manifestamente erroneo;
che infatti, quando il difensore della parte costituita non dichiari l’evento interruttivo, il processo resta pendente fra le parti originarie (e, quindi, nei confronti del de cuius), salva l’efficacia della sentenza contro i successori, determinandosi per la difesa del procuratore la c.d. ultrattività del mandato (sentenza n. 136 del 1992);
che pertanto non si può comparare l’ipotesi in cui il litisconsorzio manchi, perché il processo è incardinato nei confronti di una parte singola (il de cuius), con quella che ricorre quando uno fra i coeredi del defunto si costituisca in prosecuzione volontaria (o anche quando il processo venga riassunto nei confronti di uno o di alcuni fra i coeredi);
che infatti solamente in questa seconda situazione, poiché l’art. 110 cod. proc. civ. impone la prosecuzione nei confronti del successore a titolo universale, se vi sono più successori, la prosecuzione deve avvenire nei confronti di tutti;
che conclusivamente, se nessuno dei coeredi è ancora in causa, non si può configurare una situazione di litisconsorzio necessario e, quindi, non si può porre un problema di integrazione del contraddittorio, giacché esso suppone la presenza nel giudizio di almeno uno dei litisconsorti;
che pertanto la questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 300 del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Casoria, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 marzo 2006.
Franco BILE, Presidente e Redattore
Depositata in Cancelleria il 10 marzo 2006.