SENTENZA N. 471
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Annibale MARINI Presidente
- Franco BILE Giudice
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Romano VACCARELLA ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), in relazione all’art. 126-bis, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992, disposizioni rispettivamente introdotte dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, e dall’art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), nel testo risultante all’esito della modifica apportata dall’art. 7, comma 3, del già citato decreto-legge n. 151 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 214 del 2003, promosso con ordinanza del 22 settembre 2004 dal Giudice di pace di Varazze, nel procedimento civile vertente tra Pellero Nicola e il Comune di Varazze, iscritta al n. 45 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2005.
Udito nella camera di consiglio del 30 novembre 2005 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.
Ritenuto in fatto
1.¾ Il Giudice di pace di Varazze, con ordinanza del 22 settembre 2004, ha sollevato questione di legittimità costituzionale – per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione – dell’art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), «in relazione al precedente art. 126-bis, comma 2», del medesimo codice della strada, disposizioni rispettivamente introdotte dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, e dall’art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), nel testo risultante all’esito della modifica apportata dall’art. 7, comma 3, del già citato decreto-legge n. 151 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 214 del 2003.
1.1.¾ Il giudice a quo premette di dover giudicare dell’opposizione proposta, avverso verbale di contestazione di infrazione stradale, dal conducente di un autoveicolo, per essersi lo stesso reso artefice – circostanza dal medesimo non negata, fondando egli su altri rilievi l’iniziativa giudiziaria intrapresa – della violazione dell’art. 145, commi 4 e 10, del codice della strada.
Deduce, inoltre, che, costituitosi in giudizio il comandante della polizia municipale di Varazze, questi ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, dal momento che il soggetto coobbligato in solido per la sanzione pecuniaria ha provveduto al pagamento della stessa in misura ridotta ex art. 202 del medesimo codice. Siffatta circostanza – a dire del predetto resistente nel giudizio a quo – dovrebbe indurre il giudicante «a confermare l’inammissibilità del ricorso», giacché, alla stregua dell’art. 126-bis del codice della strada, la «contestazione si intende definita quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria».
1.2.¾ Ciò premesso, il giudice a quo ricorda che il ricorrente ha depositato «una istanza di eccezione di legittimità costituzionale dell’art. 204-bis del codice della strada in relazione al sopra citato art. 126-bis, comma 2, per contrasto con l’art. 24 della Costituzione e con il precedente art. 3».
Nella stessa si evidenzia – osserva il rimettente – che, «a fronte dell’avvenuto pagamento in misura ridotta della sanzione amministrativa da parte dell’obbligato in solido», al ricorrente, autore dell’infrazione stradale, «viene preclusa, in violazione dell’art. 24 della Costituzione, ogni possibilità di “agire in giudizio”», evenienza vieppiù censurabile sul piano costituzionale giacché l’iniziativa giudiziale dallo stesso assunta si indirizza «avverso un verbale che (…) va ben al di là della pur rilevante sanzione pecuniaria», ponendosi come titolo anche per «la applicazione dell’ulteriore contestuale sanzione» (quella della «decurtazione di punti dalla patente ex art. 126-bis») «ad esclusivo carico e danno del solo ricorrente» (essendo stato questi riconosciuto quale autore del contestato illecito amministrativo).
In tal modo «il diritto di difesa» dell’odierno ricorrente «risulta palesemente condizionato dal comportamento di altro soggetto, l’obbligato in solido», donde l’ipotizzata violazione dell’art. 24 della Costituzione.
Né in senso contrario si potrebbe addurre la circostanza secondo cui il contenuto del verbale di contestazione dell’infrazione stradale, stando alla sua formulazione letterale, parrebbe identificarsi nella (mera) «segnalazione per sospensione patente e decurtazione di 05 punti», ciò che lascerebbe ipotizzare come tali ulteriori sanzioni, accessorie a quella principale pecuniaria, siano soggette «ad un ulteriore provvedimento amministrativo, a sua volta impugnabile da parte del ricorrente». Difatti, nel caso di specie, viene in rilievo «una unica sanzione», comprendente «sia quella pecuniaria» che quella relativa tanto alla «decurtazione dei punti», che alla «sospensiva della patente in caso di recidiva».
Il giudice a quo sottolinea, inoltre, come il ricorrente lamenti pure – donde l’ipotizzato contrasto delle norme impugnate anche con l’art. 3 della Costituzione – una evidente «disparità di trattamento tra l’ipotesi di violazione del codice della strada commessa da soggetto che è altresì unico titolare ed utilizzatore del veicolo e l’ipotesi in cui l’autore della violazione sia soggetto diverso dal proprietario o altro soggetto obbligato comunque in solido ex art. 196» del codice della strada.
Soltanto nel primo caso, infatti, «l’autore della violazione nel pieno e consapevole esercizio del proprio diritto di difesa avrà la scelta se procedere al pagamento in misura ridotta ed accettare quindi la decurtazione dei punti della patente» (atteso che l’operatività della fattispecie ex art. 202 del codice della strada non preclude l’applicazione delle sanzioni accessorie), ovvero «proporre ricorso giurisdizionale per ottenere l’annullamento della contestazione», e con esso l’eliminazione di ogni conseguenza sanzionatoria dell’ipotizzata violazione amministrativa. Nel secondo dei casi sopra indicati, invece, «tale scelta non potrà essere operata in piena libertà perché sarà condizionata dal comportamento di un terzo» (il proprietario del veicolo o altro coobbligato solidale), per giunta «portatore di un interesse confliggente con quello dell’autore della violazione».
1.3.¾ Su tali basi, pertanto, il Giudice di pace di Varazze – non senza evidenziare la rilevanza che le esposte censure di costituzionalità (fatte proprie dal rimettente, quanto alla loro non manifesta infondatezza) dispiegano nel giudizio a quo, giacché «il ricorso non può essere deciso indipendentemente dalla risoluzione» delle stesse – ha sollevato, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dall’art. 204-bis del codice della strada, «in relazione al precedente art. 126-bis, comma 2». Il predetto combinato disposto normativo è censurato, segnatamente, «nella parte in cui consente il ricorso al giudice di pace alternativamente alla proposizione del ricorso al prefetto, solo nel caso in cui “non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta” della sanzione amministrativa pecuniaria, intendendosi definita la contestazione quando detto pagamento abbia avuto luogo, indipendentemente dalla contestuale applicazione della sanzione relativa alla decurtazione dei punti dalla patente e dalla sospensione della stessa in caso di recidiva».
Considerato in diritto
1.— Il Giudice di pace di Varazze ha sollevato questione di legittimità costituzionale – per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione – dell’art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), «in relazione al precedente art. 126-bis, comma 2», del medesimo codice della strada, disposizioni rispettivamente introdotte dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, e dall’art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), nel testo risultante all’esito della modifica apportata dall’art. 7, comma 3, del già citato decreto-legge n. 151 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 214 del 2003.
2.— In via preliminare, deve chiarirsi come la questione sollevata dal giudice a quo abbia, in realtà, una portata più circoscritta rispetto al petitum risultante dalle conclusioni dell’ordinanza di rimessione.
L’iniziativa del rimettente – che investe le norme sopra citate nella parte in cui consentono «il ricorso al giudice di pace alternativamente alla proposizione del ricorso al prefetto, solo nel caso in cui “non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta” della sanzione amministrativa pecuniaria» – è volta ad ottenere la declaratoria d’illegittimità costituzionale delle norme censurate solo con riferimento ad un’ipotesi del tutto peculiare. Essa, difatti, dovrebbe riguardare unicamente il caso – qual è quello oggetto del giudizio a quo – in cui, avendo provveduto il coobbligato in solido per la sanzione pecuniaria al pagamento della stessa in misura ridotta (ex art. 202 del codice della strada), e non invece l’autore dell’infrazione, sia però quest’ultimo ad adire le vie giudiziali per ottenere – a norma dell’art. 204-bis del medesimo codice – l’accertamento della illegittimità del verbale di contestazione dell’infrazione stradale e, conseguentemente, la mancata applicazione delle altre sanzioni (segnatamente quella della decurtazione dei punti dalla patente di guida) “accessorie” a quella pecuniaria.
3.— La questione non è fondata nei sensi di cui in motivazione.
3.1.— La censura formulata dal giudice a quo si basa sul rilievo che, solo quando l’infrazione stradale sia stata commessa dal soggetto «unico titolare ed utilizzatore del veicolo», è possibile ritenere che costui, «nel pieno e consapevole esercizio del proprio diritto di difesa», abbia «la scelta se procedere al pagamento in misura ridotta ed accettare quindi la decurtazione dei punti della patente», ovvero «proporre ricorso giurisdizionale per ottenere l’annullamento della contestazione». Ove non ricorra, viceversa, la descritta coincidenza di posizioni, «tale scelta non potrà essere operata in piena libertà perché sarà condizionata dal comportamento di un terzo» (il proprietario del veicolo o altro coobbligato solidale che procedano al pagamento in misura ridotta), portatore di un interesse che può anche essere confliggente con quello dell’autore della violazione. In queste stesse condizioni sarebbe ipotizzabile un contrasto, oltre che con l’art. 3, anche con l’art. 24 della Costituzione, giacché il «diritto di difesa» del ricorrente «risulta palesemente condizionato dal comportamento di altro soggetto, l’obbligato in solido».
A riguardo, occorre partire dalla considerazione che questa Corte – con sentenza di pari data (n. 468 del 2005) – chiarisce, in relazione all’ipotesi in cui la persona che si avvalga della facoltà di cui all’art. 202 del codice della strada sia proprio quella che decide di adire le vie giudiziali, che la scelta tra pagare in misura ridotta (e cioè la somma costituente il minimo edittale della sanzione pecuniaria prevista per l’infrazione) ed impugnare invece il verbale è «il risultato di una libera determinazione dell’interessato, il quale non subisce condizionamenti di sorta», considerato oltretutto che, qualora egli opti per l’esercizio del diritto di azione, «non per questo è destinato, necessariamente, a subire un aggravamento della sanzione pecuniaria», dal momento che il giudice adito è «tenuto a rispettare unicamente (ex art. 204-bis, comma 7, del citato codice) il divieto di applicare una sanzione inferiore al minimo edittale, ma non anche in misura pari al suddetto minimo».
3.2.— I rilievi che precedono, tuttavia, non comportano che si debba pervenire alla richiesta declaratoria di illegittimità costituzionale, prospettata dal rimettente come necessitata.
Come, infatti, ha ripetutamente affermato questa Corte, allorché risulti possibile un’interpretazione sistematica che sottragga la disposizione impugnata alle censure formulate nell’ordinanza di rimessione, il dubbio di costituzionalità sollevato dal giudice a quo deve ritenersi non fondato (sentenza n. 283 del 2005).
Ciò premesso, va ricordato come la Corte abbia già avuto modo di evidenziare (sentenza n. 31 del 1996) che al «complessivo sistema di irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie e di quelle accessorie, conseguenti a violazioni delle norme di disciplina della circolazione stradale, risulta intimamente riconnessa la generale previsione» del «rimedio dell’opposizione», regolata dagli artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale).
È evidente, quindi, che – una volta definita la vicenda relativa alla sanzione pecuniaria, in virtù del pagamento in misura ridotta effettuato da taluno dei soggetti coobbligati solidalmente per la stessa, ex art. 196 del codice della strada (soggetti, tra l’altro, a carico dei quali non si potrebbe irrogare la sanzione accessoria della decurtazione del punteggio dalla patente di guida, secondo quanto affermato da questa Corte con la sentenza n. 27 del 2005) – nessuna norma preclude al conducente del veicolo, autore materiale dell’infrazione stradale, di adire le vie giudiziali per escludere l’applicazione, a suo carico, della sanzione “personale” suddetta. Essa, oltretutto, non riveste più carattere meramente “accessorio”, ma assume valore di sanzione principale per il contravventore, per tale motivo presentandosi come l’unica suscettibile di contestazione in sede giudiziaria; contestazione, invece, preclusa per la sanzione pecuniaria, proprio per l’avvenuto pagamento della stessa in misura ridotta, da parte di uno dei coobbligati in solido.
È chiaro, infine, come l’iniziativa intrapresa dal contravventore non possa essere considerata propriamente diretta all’annullamento del verbale di contestazione dell’infrazione stradale ex art. 204-bis del codice della strada, bensì al mero accertamento della sua illegittimità, al solo e specifico scopo di escludere che lo stesso possa fungere da titolo per irrogare a tale soggetto la sanzione della decurtazione del punteggio dalla patente di guida e da titolo per una eventuale azione di regresso.
Siffatta interpretazione sistematica delle disposizioni impugnate, dunque, permette di superare il dubbio di legittimità costituzionale, escludendo, in particolare, che il diritto di agire in giudizio – seppur ai soli effetti sopra illustrati – dell’autore materiale dell’infrazione stradale possa ritenersi «palesemente condizionato dal comportamento di altro soggetto, l’obbligato in solido», come ipotizzato invece dal giudice rimettente.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), «in relazione al precedente art. 126-bis, comma 2», del medesimo codice della strada, disposizioni rispettivamente introdotte dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, e dall’art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), nel testo risultante all’esito della modifica apportata dall’art. 7, comma 3, del già citato decreto-legge n. 151 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 214 del 2003, questione sollevata – in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione – dal Giudice di pace di Varazze con l’ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 2005.
Annibale MARINI, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 28 dicembre 2005.