ORDINANZA N. 411
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
- Alfio FINOCCHIARO
- Alfonso QUARANTA
- Franco GALLO
- Luigi MAZZELLA
- Gaetano SILVESTRI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall'art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell'articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), e modificato dall'art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, e dell'art. 204-bis, comma 8, del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992, introdotto dall'art. 4, comma 1-septies, del già citato decreto-legge n. 151 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 214 del 2003, promossi con l'ordinanza del 21 settembre 2004 del Giudice di pace di Casamassima nel procedimento civile vertente tra Calfapietro Giacinto e il Comune di Sannicandro di Bari, e con l'ordinanza del 3 dicembre 2004 del Giudice di pace di Pergola nel procedimento civile vertente tra Tomasi Alessandro Valerio e il Comune di Mondavio, iscritte rispettivamente ai nn. 91 e 142 del registro ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 10 e 11, prima serie speciale, dell'anno 2005.
Udito nella camera di consiglio del 6 luglio 2005 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.
Ritenuto che i Giudici di pace di Casamassima, con ordinanza del 21 settembre 2004 (r.o. n. 91 del 2005), e di Pergola, con ordinanza del 3 dicembre 2004 (r.o. n. 142 del 2005), hanno sollevato – in riferimento, il primo, agli artt. 3, 16 e 24 della Costituzione, il secondo agli artt. 3, 24 e 27 – questione di legittimità costituzionale dell'art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall'art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell'articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), e modificato dall'art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214;
che i medesimi rimettenti dubitano – in riferimento agli stessi parametri sopra indicati – della legittimità costituzionale anche dell'art. 204-bis, comma 8, del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992, introdotto dall'art. 4, comma 1-septies, del già citato decreto-legge n. 151 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 214 del 2003;
che, in particolare, il primo dei rimettenti (r.o. n. 91 del 2005) evidenzia come la previsione normativa di cui al comma 2 dell'art. 126-bis – nello stabilire, nell'ipotesi di mancata immediata identificazione del responsabile di un'infrazione stradale, che la segnalazione della decurtazione del punteggio attribuito alla patente di guida debba essere effettuata a carico del proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non comunichi, entro trenta giorni, i dati personali e della patente del conducente – sia in contrasto, innanzitutto, con l'art. 3 della Costituzione, «comportando, di fatto, una equiparazione tra chi ha commesso la violazione e chi dimostri di non averla commessa»;
che la norma suddetta contrasterebbe «anche con il principio della libertà di circolazione» ex art. 16 della Costituzione – in quanto la privazione, sia pure temporanea, della licenza di guida pregiudicherebbe la libertà di movimento del proprietario del veicolo – e con quello «inviolabile» del «diritto di difesa», essendo preclusa, in ragione della mancata previsione di una prova liberatoria, «ogni possibilità di sottrarsi all'addebito», costituendo quella de qua «una sorta di responsabilità oggettiva»;
che in relazione, invece, alla dedotta incostituzionalità dell'art. 204-bis, comma 8, del codice della strada, il rimettente di Casamassima – nel precisare come tale disposizione stabilisca che il giudice di pace, in caso di rigetto del ricorso, non possa «escludere l'applicazione delle sanzioni accessorie o la decurtazione dei punti dalla patente di guida» – deduce l'esistenza di una «ulteriore lesione del diritto di difesa»;
che, difatti, secondo il giudice a quo, alla stregua della norma impugnata, qualora (come nel caso di specie) l'accertamento dell'infrazione stradale «non sia stato contestato e sia stato eseguito il pagamento in misura ridotta della sanzione amministrativa, il cittadino sarebbe privato del diritto di difesa per la parte del provvedimento sanzionatorio che prevede la decurtazione dei punti dalla patente di guida»;
che le medesime disposizioni di legge sono state impugnate anche dal Giudice di pace di Pergola;
che, quanto al comma 2 dell'art. 126-bis del d.lgs. n. 285 del 1992, il rimettente ne deduce il contrasto, innanzitutto, con l'art. 3 della Costituzione, giacché esso darebbe vita ad una sanzione «eventuale ed intermittente»;
che tale sanzione, infatti, oltre a non colpire indistintamente tutti i proprietari dei veicoli a mezzo dei quali risultino commesse infrazioni stradali, bensì esclusivamente quanti, fra di essi, siano muniti di patente, appare destinata ad operare – altrettanto iniquamente – anche quando il proprietario si trovi nell'impossibilità di fornire i dati del conducente;
che, inoltre, quando la proprietà del veicolo risulti fare capo ad una persona giuridica la decurtazione dei punti dalla patente di guida «non colpirebbe nemmeno il proprietario del veicolo ma il suo legale rappresentante o addirittura un soggetto ulteriore scelto con criteri soggettivi, irragionevoli o casuali»;
che in merito, invece, all'ipotizzata violazione dell'art. 24 della Costituzione, il rimettente deduce che l'obbligo di “delazione” previsto dall'impugnata disposizione lederebbe il diritto di difesa del proprietario del veicolo, non soltanto perché comprimerebbe il suo “diritto al silenzio”, ma anche in ragione del fatto che un obbligo di denuncia di illeciti amministrativi risulta ipotizzabile esclusivamente a carico di pubblici ufficiali e non di privati cittadini;
che, infine, il comma 2 dell'impugnato art. 126-bis violerebbe anche l'art. 27 della Costituzione, giacché, prevedendo una sanzione di natura personale destinata ad applicarsi “oggettivamente” a carico del proprietario del veicolo che non sia anche l'artefice dell'infrazione stradale, si porrebbe in contrasto con quelle disposizioni del codice della strada alla stregua delle quali la responsabilità solidale del proprietario del veicolo è ipotizzabile unicamente per sanzioni di natura patrimoniale (art. 196), essendo quelle personali, invece, sempre intrasmissibili (art. 210);
che secondo il giudice a quo l'altra disposizione impugnata, l'art. 204-bis, comma 8, del codice della strada derogherebbe, invece, al principio, sancito dall'art. 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), secondo cui il giudice dell'opposizione alla sanzione amministrativa può modificare il provvedimento impugnato, in tutto o in parte, anche limitatamente all'entità della sanzione (ivi compresa quella accessoria);
che tanto premesso, costituendo – secondo il rimettente – «il libero convincimento del giudice» un «elemento da salvaguardare», e ciò al fine di consentire che, anche nella determinazione della sanzione da irrogare, il giudicante pervenga alla «applicazione normativa più rispondente e più giusta rispetto all'asettica applicazione della legge», la disposizione impugnata, nella misura in cui deroga inopinatamente a tale principio, si porrebbe in contrasto con la Costituzione, e segnatamente con il suo articolo 3.
Considerato che i Giudici di pace di Casamassima (r.o. n. 91 del 2005) e di Pergola (r.o. n. 142 del 2005) hanno sollevato – in riferimento, il primo, agli artt. 3, 16 e 24 della Costituzione, il secondo agli artt. 3, 24 e 27 – questione di legittimità costituzionale dell'art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) – introdotto dall'art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell'articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), e modificato dall'art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214 – e dell'art. 204-bis, comma 8, del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992 (introdotto, a sua volta, dall'art. 4, comma 1‑septies, del già citato decreto-legge n. 151 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 214 del 2003);
che, attesa la sostanziale identità delle questioni sollevate, deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi;
che in relazione alla prima delle due censure formulate dai rimettenti di Casamassima e Pergola deve evidenziarsi come questa Corte, già investita di analoghe questioni aventi ad oggetto sempre l'art. 126-bis, comma 2, del d.lgs. n. 285 del 1992, abbia concluso – con sentenza sopravvenuta rispetto agli incidenti di costituzionalità sollevati dagli odierni rimettenti – nel senso dell'illegittimità costituzionale di tale disposizione, in base al rilievo che essa «dà vita ad una sanzione assolutamente sui generis, giacché la stessa – pur essendo di natura personale – non appare riconducibile ad un contegno direttamente posto in essere dal proprietario del veicolo e consistente nella trasgressione di una specifica norma relativa alla circolazione stradale» (sentenza n. 27 del 2005);
che alla stregua di tale circostanza, pertanto, deve essere ordinata la restituzione degli atti ai giudici rimettenti;
che siffatto esito processuale, del resto, si impone vieppiù ove si consideri che, a seguito della già ricordata decisione di questa Corte, il legislatore è ulteriormente intervenuto sul testo dell'art. 126-bis del codice della strada;
che, difatti, l'art. 1 del decreto-legge 21 settembre 2005, n. 184 (Misure urgenti in materia di guida dei veicoli e patente a punti), modificando il contenuto del comma 2 del predetto art. 126-bis, ha stabilito che il proprietario del veicolo (ovvero «altro obbligato in solido ai sensi dell'art. 196» del medesimo codice della strada), il quale non ottemperi alla richiesta di comunicare i dati personali e della patente del conducente autore dell'infrazione stradale, venga assoggettato «alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 250 a euro 1.000» soltanto ove abbia omesso di fornire tali dati «senza giustificato e documentato motivo»;
che alla luce di tale complessiva modifica del quadro normativo di riferimento, all'ordine di restituzione degli atti ai giudici rimettenti non potrà restare estranea anche l'ulteriore questione di legittimità costituzionale concernente l'art. 204-bis, comma 8, del medesimo codice della strada.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
ordina la restituzione degli atti al Giudice di pace di Casamassima ed al Giudice di pace di Pergola.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, 24 ottobre 2005.
F.to:
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 3 novembre 2005.