ORDINANZA N. 377
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Piero Alberto
CAPOTOSTI
Presidente
- Fernanda
CONTRI
Giudice
- Guido
NEPPI MODONA
"
- Annibale
MARINI
"
- Franco
BILE
"
- Giovanni Maria
FLICK
"
- Francesco
AMIRANTE
"
- Ugo
DE SIERVO
"
- Romano
VACCARELLA
"
- Paolo
MADDALENA
"
- Alfio
FINOCCHIARO
"
- Alfonso
QUARANTA
"
- Franco
GALLO
"
- Luigi
MAZZELLA
"
- Gaetano
SILVESTRI
"
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 3-bis, e 14, commi 5-ter e 5-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunti dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), promosso con ordinanza emessa dal Tribunale di Napoli in data 23 ottobre 2003, nel procedimento penale a carico di M. A. E., iscritta al n. 208 del registro ordinanze 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 2004.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 6 luglio 2005 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che con l’ordinanza in epigrafe – emessa nell’ambito del processo penale nei confronti di uno straniero imputato del reato di ingiustificato trattenimento nel territorio dello Stato, di cui all’art. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) – il Tribunale di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 3-bis, e 14, commi 5-ter e 5-quinquies, del citato decreto legislativo, aggiunti dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo);
che l’ordinanza riferisce che, a seguito dell’arresto dell’imputato per il reato de quo, egli era stato presentato al giudice rimettente per la convalida della misura e la contestuale celebrazione del giudizio direttissimo, previsto dal comma 5-quinquies del citato art. 14;
che, convalidato l’arresto, il giudice a quo aveva altresì rilasciato, a norma dell’art. 13, comma 3-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998, il nulla osta all’esecuzione dell’espulsione amministrativa dell’imputato, precedentemente disposta con decreto prefettizio;
che il processo era stato quindi rinviato ad altra udienza, avendo il difensore fatto richiesta di termini a difesa ai sensi dell’art. 558, comma 7, del codice di procedura penale;
che, ciò premesso, il rimettente dubita della legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5-quinquies, del d.lgs. n. 286 del 1998, nella parte in cui – derogando alla regola generale desumibile dall’art. 380 cod. proc. pen. – prevede per il reato di cui al comma 5-ter dello stesso art. 14 l’arresto obbligatorio, nonostante si tratti di fattispecie criminosa di natura contravvenzionale e punita con pena «non particolarmente rilevante» (arresto da sei mesi ad un anno): riservando così all’autore dell’illecito, in violazione dell’art. 3 Cost., «un trattamento inspiegabilmente più severo» rispetto a quello adottato per gli autori di reati considerati dallo stesso legislatore di ben maggiore gravità;
che il giudice a quo censura, inoltre, l’art. 13, comma 3-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998, il quale stabilisce che, nel caso di arresto in flagranza o di fermo, il giudice rilascia il nulla osta all’esecuzione dell’espulsione dello straniero all’atto della convalida, salvo che applichi la misura della custodia cautelare in carcere o ricorra una delle ragioni per le quali il nulla osta può essere negato, ai sensi del comma 3 dello stesso articolo;
che, al riguardo, il rimettente osserva come l’art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 preveda che lo straniero che si renda inosservante, senza giustificato motivo, dell’ordine di allontanamento dal territorio dello Stato, impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis dello stesso articolo, è nuovamente espulso con accompagnamento immediato allo frontiera; e come, in ogni caso, lo straniero arrestato per il reato in questione sia già destinatario di un’espulsione amministrativa, costituendo quest’ultima il presupposto dell’ordine del questore violato;
che, inoltre, nel caso di arresto per il reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998, il rilascio del nulla osta risulterebbe praticamente obbligatorio per l’autorità giudiziaria, dato che, per un verso, il trattamento sanzionatorio della fattispecie impedisce l’adozione di misure cautelari; e, per un altro verso, non sarebbero di fatto mai configurabili le condizioni che, in base al comma 3 dell’art. 13 del medesimo decreto legislativo, legittimano il diniego del nulla osta (esistenza di inderogabili esigenze processuali, valutate in relazione all’accertamento della responsabilità di eventuali concorrenti nel reato o imputati in procedimenti connessi, e all’interesse della persona offesa);
che risulterebbe peraltro leso, in tal modo, il diritto di difesa (art. 24 Cost.), in quanto, per effetto dell’immediato allontanamento dal territorio nazionale, conseguente al rilascio del nulla osta, l’imputato verrebbe privato del diritto di presenziare al dibattimento celebrato con rito direttissimo: e ciò, in particolare, nei casi in cui – come nella specie – il giudizio di merito non segua immediatamente alla convalida dell’arresto, a fronte di una legittima richiesta di termine a difesa;
che a garantire il rispetto dell’art. 24 Cost. non basterebbe neppure la facoltà di rientro in Italia dello straniero espulso ai fini dell’esercizio del diritto di difesa, prevista dall’art. 17 del d.lgs. n. 286 del 1998: trattandosi, invero, di una garanzia «meramente formale», tenuto conto dei tempi tecnicamente necessari per valersi di detta facoltà, a fronte di quelli assai ristretti del rito direttissimo; nonché della circostanza che il rientro potrebbe essere comunque ostacolato, o addirittura reso impossibile, dalla mancanza di adeguate disponibilità economiche da parte dell’interessato;
che, per analoghe considerazioni, risulterebbe altresì compromesso l’art. 111 Cost., in forza del quale il processo deve svolgersi nel contraddittorio delle parti in condizioni di parità, e l’imputato deve disporre del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa;
che nel giudizio di costituzionalità è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque manifestamente infondata.
Considerato che il Tribunale rimettente dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., della legittimità costituzionale delle norme impugnate nella parte in cui relativamente al reato di ingiustificato trattenimento dello straniero nel territorio dello Stato, di cui all’art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 – prevedono, da un lato, l’arresto obbligatorio dell’autore del fatto (art. 14, comma 5-quinquies, del d.lgs. n. 286 del 1998); e, dall’altro lato, un sostanziale automatismo nel rilascio del nulla osta all’espulsione dell’imputato da parte dell’autorità giudiziaria in sede di convalida di detto arresto (art. 13, comma 3-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998), idoneo, in assunto, a compromettere le esigenze di difesa;
che le questioni sono state peraltro sollevate nel corso del giudizio direttissimo, dopo che il giudice a quo, in applicazione delle stesse norme denunciate, aveva già provveduto tanto alla convalida dell’arresto dell’imputato che al rilascio del nulla osta alla sua espulsione: e, dunque, in un momento nel quale egli aveva già esaurito la propria cognizione al riguardo, col risultato di rendere i quesiti ormai affatto privi di rilevanza nel caso di specie;
che le questioni vanno dichiarate, pertanto, manifestamente inammissibili (cfr., con riguardo ad analoga questione in tema di arresto obbligatorio, sollevata dopo la convalida della misura, ordinanza n. 405 del 2004).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 3-bis, e 14, commi 5-ter e 5-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunti dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Napoli con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 settembre 2005.
F.to:
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 4 ottobre 2005.