SENTENZA N. 324
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Piero Alberto CAPOTOSTI Presidente
- Fernanda CONTRI Giudice
- Guido NEPPI MODONA "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi per conflitti di attribuzione sorti a seguito del decreto del Ministro per le politiche agricole 17 febbraio 1998 (Modalità per l'istruttoria dei ricorsi di riesame e per l'applicazione del decreto-legge 1° dicembre 1997, n. 411, convertito, con modificazioni, nella legge 27 gennaio 1998, n. 5) (r. confl. n. 12 del 1998), del decreto del Ministro per le politiche agricole 21 maggio 1999, n. 159 (Regolamento concernente norme di attuazione dell'articolo 1, comma 5, del decreto-legge 1° marzo 1999, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1999, n. 118, recante “Disposizioni urgenti per il settore lattiero-caseario”) (r. confl n. 28 e n. 29 del 1999), del decreto del Ministro per le politiche agricole 15 luglio 1999, n. 309 (Regolamento recante norme di attuazione dell'articolo 1, comma 14, del decreto-legge 1° marzo 1999, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1999, n. 118, concernente procedure e modalità di definizione delle operazioni di riesame effettuate dalle Regioni in materia di quote latte) (r. confl. n. 36 del 1999), del decreto del Ministro per le politiche agricole 10 agosto 1999, n. 310 (Regolamento recante norme di attuazione dell'articolo 1, comma 14, del decreto-legge 1° marzo 1999, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1999, n. 118, concernente ulteriori norme per la definizione delle operazioni di riesame effettuate dalle Regioni in materia di quote latte) (r. confl n. 37 del 1999), promossi con quattro ricorsi della Regione Veneto (r. confl. n. 12 del 1998; n. 29, n. 36 e n. 37 del 1999) e un ricorso della Regione Lombardia (r. confl. n. 28 del 1999) notificati il 20 aprile 1998, il 3 agosto e il 5 novembre 1999, depositati in cancelleria l'8 maggio, il 16 agosto e il 19 novembre 1999 ed iscritti al n. 12 del registro conflitti 1998 ed al n. 28, n. 29, n. 36 e n. 37 del registro conflitti 1999.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 21 giugno 2005 il Giudice relatore Paolo Maddalena;
uditi l'avvocato Giuseppe F. Ferrari per le Regioni Veneto e Lombardia e l'avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. — Con autonomi ricorsi la Regione Veneto (r. confl. n. 12 del 1998, n. 29, n. 36 e n. 37 del 1999) e la Regione Lombardia (r. confl. n. 28 del 1999) hanno promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione ad alcuni decreti del Ministro per le politiche agricole concernenti la materia delle quote latte.
2. — La Regione Veneto con ricorso notificato il 20 aprile 1998 e depositato il successivo 8 maggio (r. confl. n. 12 del 1998) ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro per le politiche agricole 17 febbraio 1998 (Modalità per l'istruttoria dei ricorsi di riesame e per l'applicazione del decreto-legge 1° dicembre 1997, n. 411, convertito, con modificazioni, nella legge 27 gennaio 1998, n. 5), chiedendone l'annullamento nella sua totalità e, in particolare, quanto agli art. 1, commi 1 e 2, art. 3, art. 4, art. 5, commi 1 e 2, artt. 7 e 8, in ragione della violazione degli artt. 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione.
2.1. — Con ricorso notificato il 3 agosto 1999 e depositato il successivo giorno 16 (conflitto n. 29 del 1999) la Regione Veneto ha, altresì, promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro per le politiche agricole 21 maggio 1999, n. 159 (Regolamento concernente norme di attuazione dell'articolo 1, comma 5, del decreto-legge 1° marzo 1999, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1999, n. 118, recante “Disposizioni urgenti per il settore lattiero-caseario”). La ricorrente ha chiesto che la Corte dichiari che non spetta allo Stato, e per esso al Ministro per le politiche agricole, dare attuazione alla suddetta disposizione di legge, e, pertanto, annulli il decreto ministeriale impugnato, nella sua totalità e, in particolare, quanto agli art. 1, commi 1, 2, 3, 4 e 5, art. 2, art. 3, commi 1, 2, 3, art. 4, commi 1 e 2 e art. 5, commi 2 e 3, in ragione della violazione degli articoli 5, 97, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, del principio di leale collaborazione tra Stato e Regione e dell'art. 2 del decreto legislativo 4 giugno 1997 n. 143 (Conferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell'Amministrazione centrale).
2.2. — Infine, la Regione Veneto con due ricorsi, entrambi notificati il 5 novembre 1999 e depositati il successivo giorno 19 (r. confl. n. 36 e n. 37 del 1999), ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in ordine rispettivamente: al decreto del Ministro per le politiche agricole 15 luglio 1999, n. 309 (Regolamento recante norme di attuazione dell'articolo 1, comma 14, del decreto-legge 1° marzo 1999, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1999, n. 118, concernente procedure e modalità di definizione delle operazioni di riesame effettuate dalle Regioni in materia di quote latte) e in ordine al decreto del Ministro per le politiche agricole 10 agosto 1999, n. 310 (Regolamento recante norme di attuazione dell'articolo 1, comma 14, del decreto-legge 1° marzo 1999, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1999, n. 118, concernente ulteriori norme per la definizione delle operazioni di riesame effettuate dalle Regioni in materia di quote latte). La Regione con il conflitto n. 36 del 1999 ha chiesto l'annullamento del decreto n. 309 del 1999 nella sua interezza e, in particolare, in riferimento agli art. 1, commi 1, 2 e 3, art. 2, art. 3, commi 1 e 2, art. 4, commi 1 e 2 e art. 5, commi 1 e 2, deducendo la violazione degli articoli 5, 97, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni e dell'art. 2 del decreto legislativo n. 143 del 1997.
Gli stessi parametri costituzionali sono stati invocati nel conflitto n. 37 del 1999, promosso dalla ricorrente per chiedere l'annullamento dell'intero decreto n. 310 del 1999 e, in particolare, degli art. 1, commi 1, 2, 3 e 4, art. 2, commi 1, 2, 3 e 4, art. 3, comma 1.
3. — La Regione Lombardia ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato rispetto al già richiamato decreto del Ministro per le politiche agricole 21 maggio 1999, n. 159.
4. — Si è costituito in tutti i giudizi – nel conflitto n. 37 del 1999 con memoria depositata fuori termine – il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che i ricorsi proposti siano dichiarati inammissibili o, comunque, infondati.
5. — In ordine al conflitto iscritto al n. 12 del registro conflitti del 1998, va rilevato come questa Corte, con ordinanza istruttoria depositata il 30 dicembre 1999, in esito all'udienza del 26 ottobre 1999, ha disposto l'acquisizione dei seguenti elementi di conoscenza:
- verbali delle sedute della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome dell'8 gennaio 1998, del 17 febbraio 1998 e del 9 giugno 1998, e relativi allegati riferentisi alla materia delle quote latte, ivi compresi: a) gli atti di intesa espressi; b) gli schemi di decreti ministeriali trasmessi, con le note del 16 dicembre 1996, 23 dicembre 1997, 29 gennaio 1998 e 4 febbraio 1998, dal Ministro per le politiche agricole prima e dopo gli incontri tecnici preparatori delle sedute della Conferenza; c) i verbali di tali incontri tecnici tenutisi il 23 dicembre 1997 e il 3 febbraio 1998; d) la nota del 5 giugno 1998 trasmessa dal Presidente della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome al Presidente della Conferenza Stato-Regioni, relativa all'ordine del giorno della seduta del 9 giugno 1998.
Il suddetto conflitto, insieme agli altri sopra richiamati, è stato fissato per la trattazione all'udienza pubblica del 23 ottobre 2001, nella quale era previsto, altresì, l'esame delle questioni di legittimità costituzionale proposte da alcune Regioni e dalla Provincia autonoma di Bolzano in materia di quote latte (ricorsi n. 25, n. 26, n. 36, n. 37, n. 38, n. 41, n. 50 e n. 51 del 1997; n. 3, n. 4, n. 16, n. 17, n. 18, n. 19 e n. 38 del 1998; n. 14, n. 15, n. 18 e n. 19 del 1999; n. 10 e n. 14 del 2000).
Con ordinanza emessa in udienza, la Corte accoglieva l'istanza di differimento della trattazione delle questioni proposte con i ricorsi in via principale e ritenuto che, per analogia di materia, era opportuno procedere alla discussione congiunta non solo di tutti i ricorsi, ma anche dei conflitti di attribuzione, ne ha disposto il rinvio a nuovo ruolo.
I conflitti di attribuzione, quindi, già fissati all'udienza pubblica del 3 maggio 2005, sono stati rinviati alla successiva udienza del 21 giugno 2005.
6. — La Regione Veneto, con atto del 19 aprile 2005 ha rinunciato ai ricorsi per conflitto di attribuzione iscritti, rispettivamente, nel registro conflitti, al n. 12 del 1998 e al n. 29, n. 36 e n. 37 del 1999.
La rinuncia è stata accettata dal Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato.
7. — La Regione Lombardia (r. confl. n. 28 del 1999) – dopo aver ricostruito il quadro degli interventi normativi succedutisi in materia di quote latte e dopo aver ricordato che, in base alla sentenza n. 398 del 1998 di questa Corte, la produzione lattiera afferisce alla materia dell'agricoltura e rientra quindi nelle competenze regionali - ha dedotto, in riferimento agli artt. 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni e all'art. 2 del d. lgs. n. 143 del 1997, la lesività del decreto ministeriale nel suo complesso, in quanto, benché nella premessa dello stesso sia indicata come acquisita l'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e Regioni – seduta del 22 aprile 1999 –, in realtà l'adozione del decreto impugnato non sarebbe stata preceduta dalla prescritta intesa. La ricorrente ha precisato, infatti, che in quella seduta le Regioni dichiaravano, in ordine ai due argomenti relativi alla disciplina del settore lattiero-caseario iscritti all'ordine del giorno, di ritenere ancora necessario proseguire il confronto al fine di far maturare una convergenza di valutazioni in tema di distribuzione delle quote latte nell'ambito del territorio nazionale, e che, invece, il Ministro in carica aveva affermato di non poter aderire alla richiesta di rinvio. Ciò nonostante, si dava per acquisita l'intesa ai sensi dell'art. 3, comma 2, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle Regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali).
Né, ad avviso della ricorrente, in una situazione quale quella descritta e in relazione al decreto ministeriale in questione, si sarebbero potute far valere le ragioni dell'urgenza che avrebbero giustificato una consultazione della Conferenza successiva all'adozione dell'atto, giacché siffatta procedura è espressamente prevista solo in relazione alla adozione dei decreti-legge. Del resto, la violazione delle attribuzioni delle Regioni risulterebbe evidente anche sulla base del rilievo che il Governo non teneva conto delle osservazioni svolte dai rappresentanti regionali che, successivamente alla stesura del testo, sollecitavano un ulteriore approfondimento della questione disciplinata dal decreto impugnato.
7.1.— La Regione Lombardia ha ritenuto che anche le singole disposizioni contenute nel decreto ministeriale n. 159 del 1999 ledano le proprie attribuzioni costituzionalmente garantite. Oggetto di censura, in riferimento agli articoli 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, sono, in particolare, le disposizioni di cui all'art. 1, commi 1, 2, 3, 4 e 5, e all'art. 4, comma 1.
L'art. 1, comma 1, dispone che l'AIMA, entro il 1° giugno 1999, deve comunicare ai produttori i quantitativi di riferimento di fine periodo e le produzioni commercializzate per il periodo 1996-1997, nonché i quantitativi individuali di inizio periodo 1998-1999; che i dati contenuti in tali comunicazioni, da utilizzare in via esclusiva, sino alla comunicazione delle quote definitive, ai fini della trattenuta del prelievo supplementare, sono altresì comunicati a ciascun acquirente; che l'AIMA dovrà rendere disponibili per le Regioni e le Province autonome, attraverso il sistema informatico e con elenchi nominativi suddivisi per tipo di anomalia e per Provincia, i dati contenuti nelle comunicazioni agli acquirenti. L'art. 1, comma 2, stabilisce che, per le finalità di cui al comma che precede, l'AIMA fa pervenire alle Regioni e alle Province autonome gli elenchi dei mutamenti di titolarità di cui all'art. 21 del d.P.R. 23 dicembre 1993, n. 569 (Regolamento di esecuzione della legge 26 novembre 1992, n. 468, concernente misure urgenti nel settore lattiero-caseario), le istanze di mobilità nonché i contratti di affitto o vendita di sola quota aventi efficacia ai fini della determinazione della quota di fine periodo 1997-1998 e di inizio periodo 1998-1999, distinguendo tra quelli approvati dalle Regioni, quelli non approvati e quelli che presentano anomalie tali da impedirne l'applicabilità. L'art. 1, comma 3, dispone che, sulla base degli elenchi di cui al comma 2, le Regioni e le Province autonome comunicano tempestivamente all'AIMA le variazioni non ancora trasmesse e risultanti al sistema informativo ovvero quelle per le quali è intervenuta l'approvazione o la modifica successiva, nonché l'eventuale correzione delle anomalie di cui al comma 2. L'art. 1, comma 4, individua le anomalie di cui agli elenchi del comma 1: modelli L1 non firmati; modelli L1 privi della indicazione dei capi, ecc. L'art. 1, comma 5, dispone che le Regioni sono autorizzate a rilasciare certificazioni provvisorie degli aggiornamenti di quota che abbiano efficacia per il periodo 1999-2000, secondo le modalità prescritte dall'art. 1, comma 4-bis, del decreto legge 7 maggio 1997, n. 118 (Disposizioni urgenti in materia di quote latte), come convertito nella legge 3 luglio 1997, n. 204. L'art. 4, comma 1, infine, fissa al 30 settembre 1999 il termine per le comunicazioni ai produttori, da parte dell'AIMA, delle produzioni commercializzate nel periodo 1998-1999 e dei quantitativi di riferimento di fine periodo 1998-1999 e di inizio periodo 1999-2000.
In relazione a tali disposizioni la ricorrente ha rilevato che esse confermerebbero ancora una volta le competenze dell'AIMA in ordine alla determinazione dei quantitativi individuali e delle produzioni commercializzate in riferimento a campagne lattiere già concluse o in via di esaurimento (rispettivamente, le campagne 1997-1998 e 1998-1999, e la campagna 1999-2000), con l'assegnazione in via retroattiva di quantitativi, destinata a costituire l'unico presupposto per l'effettuazione delle operazioni di compensazione e di determinazione del prelievo supplementare. Il tutto risulterebbe poi aggravato dal rilievo che le assegnazioni relative alle campagne già concluse non avrebbero neanche il carattere della definitività, perché destinate ad essere superate dalle cosiddette “quote definitive di fine periodo”, ed avrebbero invece l'unica funzione di costituire uno strumento di accertamento ai fini dell'irrogazione della sanzione del prelievo. In tal modo, verrebbero attribuite nuovamente allo Stato competenze di gestione in un settore nel quale ad esso spetterebbero solo compiti di coordinamento nazionale, e le Regioni e le Province autonome verrebbero relegate ad un ruolo marginale e poste nella impossibilità, a causa della retroattività delle assegnazioni, di esercitare i compiti di programmazione loro spettanti. In particolare, poi, in relazione all'art. 1, comma 5, la ricorrente, oltre a precisare che la disposizione, in esito alla seduta della Conferenza permanente tenutasi in data 22 aprile 1999, avrebbe dovuto essere espunta dal testo del decreto, ha rilevato che il potere di certificazione provvisoria attribuito alle Regioni, fondato come è su dati provvisori e perciò stesso modificabili, sarebbe suscettibile di impedire una reale e razionale programmazione del settore, con diretta violazione non solo delle competenze costituzionalmente spettanti alle Regioni medesime, ma anche del parametro del buon andamento della pubblica amministrazione.
7.2. — Ulteriori censure riguardano gli artt. 2, 3, commi 1, 2 e 3, art. 4, comma 2, del decreto ministeriale n. 159 del 1999.
L'art. 2 dispone che tutte le comunicazioni individuali restituite al mittente sono trasmesse a cura dell'AIMA alle competenti Regioni e Province autonome per un nuovo inoltro. L'art. 3, comma 1, dispone che, entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di cui all'art. 1, comma 1 (30 giugno 1999), le Regioni e le Province autonome eseguono gli accertamenti necessari sulle comunicazioni che presentano anomalie segnalate dall'AIMA ai sensi dell'art. 1, comma 4, nonché sulla base delle istanze di rettifica e correzione dei dati comunicati, presentate dai produttori entro il termine di quindici giorni dalla ricezione della comunicazione individuale e redatte conformemente al modulo predisposto dall'AIMA. Tali accertamenti sono effettuati anche attraverso la convocazione del produttore interessato e dell'acquirente, assumendo le determinazioni definitive sui dati di cui alle comunicazioni stesse. Qualora queste determinazioni producano variazioni delle produzioni dichiarate esse stesse vanno assunte previa convocazione in contraddittorio del produttore e dell'acquirente interessati e, qualora producano variazioni di quota, esse vanno assunte previa convocazione in contraddittorio del produttore stesso. L'art. 3, comma 2, stabilisce che le istanze di rettifica devono essere presentate esclusivamente nel caso in cui il produttore intenda chiedere la modifica dei dati notificati con la comunicazione di cui all'art. 1, comma 1, che non risultino già definitivamente accertati ai sensi della legge 27 gennaio 1998, n. 5 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° dicembre 1997, n. 411, recante misure urgenti per gli accertamenti in materia di produzione lattiera), e che le segnalazioni di anomalie, che non hanno portato a rideterminazioni dell'amministrazione in sede di comunicazione, comportano la presentazione delle istanze di rettifica. L'art. 3, comma 3, dispone, a sua volta, che, in esito agli accertamenti di cui al comma 1, le Regioni e le Province autonome apportano entro il medesimo termine, attraverso il sistema informatico, le necessarie variazioni definitive dei dati comunicati dall'AIMA e ne danno comunicazione agli interessati e che, in caso di conferma delle anomalie di cui all'art. 1, comma 4, le Regioni e le Province autonome applicano le determinazioni di cui all'art. 1, commi 2 e 3, del decreto ministeriale 17 febbraio 1998 (Modalità per l'istruttoria dei ricorsi di riesame e per l'applicazione del decreto-legge 1° dicembre 1997, n. 411, convertito, con modificazioni, nella legge 27 gennaio 1998, n. 5). L'art. 4, comma 2, infine, dopo che il comma 1 fissa al 30 settembre 1999 il termine per le comunicazioni ai produttori, da parte dell'AIMA, delle produzioni commercializzate nel periodo 1998-1999 e dei quantitativi di riferimento di fine periodo 1998-1999 e di inizio periodo 1999-2000, dispone che per gli accertamenti e le determinazioni definitivi, da parte delle Regioni e delle Province autonome, relativamente ai dati comunicati ai sensi del comma 1, si applicano le modalità e i termini di cui all'art. 3, in quanto compatibili.
In relazione a tali disposizioni, la ricorrente si duole del fatto che, da un lato, vengono attribuiti alle Regioni compiti meramente esecutivi (quali ad esempio l'accertamento delle sole comunicazioni che presentano le anomalie segnalate dall'AIMA) e, dall'altro, che le Regioni vengono gravate degli adempimenti resi necessari dal nuovo sistema di riesame delle comunicazioni ad iniziativa dei produttori; il tutto, rileva la ricorrente, con un impegno di risorse umane e finanziarie interamente posto a loro carico e per adempimenti che non assicurano alcun accertamento dei dati produttivi, essendo limitati a fattispecie tipiche ad effetto predeterminato: le anomalie eventualmente riscontrate dalle Regioni, infatti, non potranno che portare all'azzeramento della produzione e alla determinazione presuntiva della stessa. Si tratterebbe dunque, ad avviso della ricorrente, di un sistema nel quale ad essa non sarebbe attribuito alcun potere di intervento o di effettivo riesame, con conseguente violazione, oltre che dell'art. 97 della Costituzione, anche delle prerogative regionali di programmazione e di controllo del settore e dell'autonomia finanziaria, giacché si darebbe luogo ad un avvalimento gratuito degli uffici regionali. In particolare, il ruolo meramente esecutivo affidato alle Regioni, in spregio al ruolo costituzionalmente ad esse spettante, risulterebbe in modo evidente da quanto stabilito dall'art. 2, che attribuisce alle Regioni il compito di rinnovare l'inoltro delle comunicazioni nel caso in cui il plico sia stato restituito al mittente.
7.3. — Da ultimo, la ricorrente prospetta la violazione degli articoli 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, da parte dell'art. 5, commi 2 e 3, del decreto ministeriale impugnato.
L'art. 5, comma 2, dispone che l'AIMA garantisce l'aggiornamento dei dati di cui al comma 1, secondo le procedure ivi previste, e prescrive modalità idonee a consentire alle Regioni e alle Province autonome, per quanto di loro competenza, la disponibilità per i propri fini istituzionali delle informazioni contenute nella banca dati del sistema informativo; l'art. 5, comma 3, affida al Ministero per le politiche agricole il compito di assicurare l'attività di coordinamento necessaria ai fini della uniforme applicazione sul territorio nazionale del regolamento. In relazione a tali disposizioni, la ricorrente rileva che esse attribuiscono al Ministero un vero e proprio potere di indirizzo e coordinamento al di fuori delle regole stabilite dalla legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) e dalla legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa); in base a tale ultima legge, infatti, gli atti di indirizzo e coordinamento, anche solo tecnico, e le direttive relative all'esercizio delle funzioni delegate debbono essere adottati dal Consiglio dei ministri, previa intesa con la Conferenza permanente o con la singola Regione interessata. In tal modo, le Regioni vengono spossessate di qualsiasi potere di intervento, nell'ambito di un quadro procedurale confuso e accentrato a livello nazionale, e ciò malgrado la Commissione governativa di indagine abbia accertato l'incapacità del Ministero e dell'AIMA nella gestione del settore.
8 — L'Avvocatura dello Stato, con successive memorie, in riferimento ai conflitti relativi al decreto ministeriale n. 159 del 1999 (r. confl. n. 28 e n. 29 del 1999), ha rilevato che nella seduta del 22 aprile 1999, in sede di Conferenza Stato-Regioni, veniva raggiunta l'intesa sullo schema di decreto predisposto dal Ministero, ad eccezione del comma 5 dell'articolo 1. In considerazione dell'urgenza dell'adozione del decreto previsto dall'articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 43 del 1999, veniva stralciata la disposizione in contestazione e veniva pubblicato il decreto oggetto del presente giudizio. Alla luce di ciò, l'Avvocatura contesta quindi la fondatezza della censura di violazione del principio di leale collaborazione proposta dalle ricorrenti.
Quanto alla censura secondo cui il decreto violerebbe il riparto di competenze tra Stato e Regioni, l'Avvocatura sostiene che una volta intervenuta, nella sede propria, l'intesa formale, non dovrebbe essere consentita la proposizione di ricorsi con i quali si contesta il contenuto di un atto sul quale si è in precedenza concordato. In ogni caso, prosegue la difesa erariale, anche tale censura sarebbe infondata, dal momento che se è vero che, con la sentenza n. 398 del 1998, questa Corte ha riconosciuto che la produzione lattiera rientra nella materia dell'agricoltura, è altrettanto vero che non possono essere disconosciute le competenze statali necessarie all'attuazione della normativa comunitaria di regolazione del settore a livello nazionale. E le disposizioni del decreto-legge n. 43 del 1999, delle quali il decreto impugnato costituisce attuazione, rispondono a tale esigenza.
Né si potrebbe obiettare che con esse si darebbe luogo ad una determinazione retroattiva delle quote e quindi alla violazione delle competenze programmatorie delle Regioni, giacché le quote individuali non derivano dalle comunicazioni effettuate dall'AIMA, secondo quanto disposto dal decreto censurato, ma dalle originarie assegnazioni e dai successivi accertamenti svolti dall'AIMA e dalle stesse Regioni. Le comunicazioni in questione si limiterebbero, infatti, a rendere note agli interessati le quote attualmente risultanti agli atti e non avrebbero effetto costitutivo, in quanto la modifica o il trasferimento delle stesse potrebbe avvenire solo per atti di autonomia negoziale o per provvedimenti amministrativi. Le quote di fine periodo, in sostanza, sarebbero quelle aggiornate con i passaggi di proprietà non tempestivamente comunicati dalle Regioni al sistema informativo dell'AIMA e perciò non recepite nella suddetta comunicazione; in ogni caso, poiché tutti i dati delle comunicazioni dell'AIMA dovrebbero essere resi dalla medesima disponibili per le Regioni, la cogestione del settore risulterebbe pienamente attuata.
Quanto alla dedotta violazione delle competenze programmatorie, l'Avvocatura ne contesta la fondatezza, rilevando che tali competenze non avrebbero nulla a che vedere con le misure previste dal decreto n. 159 del 1999.
Quanto, infine, alla censura secondo cui al Ministero e all'AIMA sarebbero attribuiti poteri di indirizzo e coordinamento, l'Avvocatura rileva che l'AIMA concorre con le Regioni alla gestione del settore e che i poteri attribuiti al Ministro sarebbero limitati ad una mera attività di coordinamento, ad esso già spettante in base all'articolo 2 del d.lgs. n. 143 del 1997.
9. — Con successiva memoria, depositata in prossimità dell'udienza pubblica del 3 maggio 2005, la Regione Lombardia ha ribadito le difese svolte, insistendo nelle richieste formulate.
10. — In prossimità dell'udienza pubblica del 21 giugno 2005, l'Avvocatura ha depositato memoria con cui, richiamando le difese già svolte, e mettendo in evidenza le disposizioni legislative e regolamentari sopravvenute, nonché le pronunce della Corte di giustizia delle Comunità europee (sentenze del 25 marzo 2004, rese, rispettivamente, nelle cause riunite C- 231/00, C- 303/00 e C- 451/00; C- 480, 481, 484, 489, 490, 491, 497, 498, 499/00 e nella causa C-495/00) in materia di quote latte, ha dedotto l'accettazione della rinuncia della Regione Veneto ai ricorsi proposti e ha chiesto dichiararsi cessata la materia del contendere in relazione ad entrambe le Regioni, ovvero, in subordine, per quanto riguarda la sola Regione Lombardia, la non fondatezza del conflitto.
11. — I decreti ministeriali oggetto dei conflitti di attribuzione proposti nei confronti dello Stato dalle Regioni Veneto e Lombardia sono stati abrogati dal decreto-legge n. 49 del 2003, dall'art. 10, comma 47, lettere o), s), t), u), nel testo modificato dalla legge di conversione n. 119 del 2003, a decorrere dal primo periodo di applicazione del medesimo decreto-legge.
Considerato in diritto
1. — Con autonomi ricorsi la Regione Veneto (r. confl. n. 12 del 1998, n. 29, n. 36 e n. 37 del 1999) e la Regione Lombardia (r. confl. n. 28 del 1999) hanno promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione ad alcuni decreti del Ministro per le politiche agricole, concernenti la materia delle c.d. quote latte.
2. — Stante la sostanziale identità dell'oggetto delle questioni proposte i cinque giudizi possono essere riuniti e definiti con unica sentenza.
3. — Deve preliminarmente essere rilevato che la Regione Veneto con atto del 19 aprile 2005, alla luce della successiva modifica della legislazione statale in materia di c.d. quote latte ed in ragione dell'abrogazione dei decreti oggetto di conflitto, ha rinunciato ai ricorsi proposti. La rinuncia è stata accettata dal Presidente del Consiglio dei ministri.
3.1 ¾ Deve, pertanto, dichiararsi l'estinzione dei relativi procedimenti.
4. — La Regione Lombardia non ha, di contro, rinunciato al suo ricorso.
Al riguardo deve osservarsi che le richiamate modifiche legislative ed, in particolare, l'abrogazione del decreto del Ministero per le politiche agricole 21 maggio 1999, n. 159 (Regolamento concernente norme di attuazione dell'articolo 1, comma 5, del decreto-legge 1° marzo 1999, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1999, n. 118, recante “Disposizioni urgenti per il settore lattiero-caseario”) da parte dell'articolo 10, comma 47, lettere o), s), t), u) del decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49 (Riforma della normativa in tema di applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari), convertito, con modificazioni, nella legge 30 maggio 2003, n. 119, non fanno venire meno l'interesse al conflitto proposto dalla Regione Lombardia, atteso che gli effetti dell'abrogazione del regolamento impugnato non sono retroattivi, ma decorrono «dal primo periodo di applicazione del medesimo decreto-legge» n. 49 del 2003 e considerato che la norma secondaria, medio tempore, ha ricevuto attuazione.
4.2.— Prima di passare all'esame delle censure occorre chiarire che, trattandosi di ricorsi proposti prima dell'entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), con i quali vengono dedotti vizi attinenti al riparto di competenze tra Stato e Regioni, lo scrutinio di costituzionalità dovrà essere effettuato avendo riguardo ai parametri costituzionali vigenti alla data di emanazione degli atti legislativi impugnati e, quindi, alla loro formulazione anteriore alla riforma di cui alla citata legge costituzionale (cfr. sentenze n. 103 del 2003; n. 524 e n. 376 del 2002).
5. — Nel merito la Regione Lombardia contesta anzitutto la lesione delle proprie attribuzioni di cui agli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione e del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, anche in riferimento all'art. 2 del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143 (Conferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell'Amministrazione centrale), in quanto il regolamento ministeriale n. 159 del 1999 non sarebbe stato preceduto da una valida intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.
5.1. — La censura, che attiene al regolamento nel suo complesso, non è fondata.
Dagli atti depositati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri risulta infatti confermato quanto emerge dalle stesse premesse del decreto ministeriale impugnato e cioè che nella seduta del 22 aprile 1999 è stata raggiunta in sede di Conferenza permanente l'intesa tra Stato, Regioni e Province autonome in merito allo schema di decreto presentato dal Ministro per le politiche agricole.
Il verbale della predetta seduta nel dare atto dell'intervenuta intesa, ai sensi dell'articolo 1, comma 5 del decreto-legge n. 43 del 1999, specifica, peraltro, che questa è stata raggiunta previo stralcio del comma 5 dell'articolo 1 dello schema di decreto.
Tale stralcio, contrariamente a quanto assume la Regione ricorrente, è effettivamente avvenuto, dato che, come emerge dal confronto tra il testo dello schema di regolamento portato in Conferenza permanente in data 22 aprile 1999 e quello del decreto ministeriale poi emanato in data 21 maggio 1999 ed oggetto di conflitto, gli iniziali sei commi dell'articolo 1 sono divenuti cinque, con espunzione di quello (iniziale comma 5) relativo alle quote individuali per il periodo 1999-2000, oggetto di contestazione da parte di varie Regioni.
5.2. — Ne discende che il regolamento ministeriale n. 159 del 1999 è stato emanato nel rispetto della procedura di collaborazione tra Stato ed enti territoriali prevista dall'articolo 1, comma 5 del decreto-legge n. 43 del 1999.
6. — La Regione Lombardia censura anche specifiche disposizioni contenute nel decreto ministeriale n. 159 del 1999.
6.1. — Oggetto di censura, in riferimento agli articoli 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, sono, anzitutto, le disposizioni di cui all'art. 1, commi 1, 2, 3, 4 e 5, e all'art. 4, comma 1.
La ricorrente sostiene che queste violerebbero le proprie attribuzioni costituzionali in materia di agricoltura, in quanto confermerebbero ancora una volta le competenze dell'AIMA in ordine alla determinazione dei quantitativi individuali e delle produzioni commercializzate in riferimento a campagne lattiere già concluse o in via di esaurimento (rispettivamente, le campagne 1997-1998 e 1998-1999, e la campagna 1999-2000), con l'assegnazione in via retroattiva di quantitativi, destinata a costituire l'unico presupposto per l'effettuazione delle operazioni di compensazione e di determinazione del prelievo supplementare.
In tal modo, verrebbero attribuite nuovamente allo Stato competenze di gestione in un settore nel quale ad esso spetterebbero solo compiti di coordinamento nazionale, e le Regioni e le Province autonome verrebbero relegate ad un ruolo marginale e poste nella impossibilità, a causa della retroattività delle assegnazioni, di esercitare i compiti di programmazione loro spettanti.
6.2. — La ricorrente censura, inoltre gli artt. 2, 3, commi 1, 2 e 3, 4, comma 2, del decreto ministeriale n. 159 del 1999, sostenendo che tali disposizioni violerebbero non solo le attribuzioni regionali in materia di agricoltura, ma anche il principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all'articolo 97 della Costituzione e del principio di autonomia finanziaria. Infatti da un lato, attribuirebbero alle Regioni compiti meramente esecutivi (quali, ad esempio, l'accertamento delle sole comunicazioni che presentano le anomalie segnalate dall'AIMA) e, dall'altro, le graverebbero di onerosi adempimenti (quali ad esempio il nuovo sistema di riesame delle comunicazioni ad iniziativa dei produttori), realizzando così un avvalimento non remunerato degli uffici regionali.
6.3. — La Regione Lombardia impugna, infine, l'art. 5, commi 2 e 3 del citato decreto ministeriale n. 159 del 1999, i quali dispongono che l'AIMA garantisce l'aggiornamento dei dati di cui al comma 1, secondo le procedure ivi previste, prescrivendo modalità idonee a consentire alle Regioni e alle Province autonome, per quanto di loro competenza, la disponibilità per i propri fini istituzionali delle informazioni contenute nella banca dati del sistema informativo (comma 2) e che il Ministero per le politiche agricole ha il compito di assicurare l'attività di coordinamento necessaria ai fini della uniforme applicazione del regolamento sull'intero territorio nazionale (comma 3) .
La ricorrente lamenta la violazione delle proprie attribuzioni regionali in materia di agricoltura, garantite dagli artt. 5, 115, 117 e 118 della Costituzione e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, di cui all'art. 97 della Costituzione, in quanto tali disposizioni attribuirebbero al Ministero un vero e proprio potere di indirizzo e coordinamento al di fuori delle regole stabilite dalla legge n. 400 del 1988 e dalla legge n. 59 del 1997, mentre le Regioni verrebbero spossessate di qualsiasi potere di intervento.
6.4. — Anche tali censure specifiche non sono fondate.
6.5. — Per quanto riguarda le prime due censure, concernenti la violazione delle attribuzioni regionali e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, si osserva che con esse la Regione, in buona sostanza, ripropone e sviluppa le stesse censure già proposte avverso il decreto-legge n. 43 del 1999, oggetto di giudizio di costituzionalità in via principale.
Questa Corte, nel definire il giudizio relativo al predetto decreto-legge, ha chiarito che le varie funzioni attribuite all'AIMA ed al Ministero per le politiche agricole dalla norma in questione, “dal punto di vista costituzionale” trovano un idoneo presupposto giustificativo nella necessità, non solo di dare puntuale e corretta applicazione in via amministrativa agli obblighi comunitari, ma anche di garantire, per esigenze unitarie, una attuazione uniforme della normativa comunitaria in tutto il territorio nazionale in settori nevralgici per il corretto funzionamento del complessivo regime delle quote latte.
La stessa sentenza ha inoltre specificato che «la scelta del legislatore appare non irragionevole e strettamente proporzionata allo scopo perseguito, alla luce, in particolare, della natura dichiaratamente provvisoria della norma in esame» (vedi sentenza n. 272 del 2005).
Alla luce di questa sentenza, considerato che le disposizioni regolamentari impugnate si limitano a specificare e a rendere operative le competenze già provvisoriamente attribuite dal decreto-legge n. 43 del 1999 ad organi statali, coordinandole con le funzioni amministrative o strumentali restate nella generale competenza regionale in materia di agricoltura, e tenuto conto che le stesse disposizioni sono state adottate previo parere favorevole della Conferenza permanente tra Stato, Regioni e Province autonome, deve ritenersi che il regolamento ministeriale impugnato non leda, in relazione ai suddetti parametri invocati, la sfera di attribuzione costituzionale della ricorrente.
6.6. ¾ Per quanto riguarda la terza censura, concernente la funzione ministeriale di coordinamento, al fine di garantire l'uniforme applicazione del regolamento su tutto il territorio nazionale, si deve osservare che il potere di cui si discute non va confuso (come fa la ricorrente) con il tradizionale potere di indirizzo e coordinamento all'epoca vigente, ma attiene al più limitato potere di assicurare la uniforme applicazione delle norme in questione, riconosciuto al Ministero, come sopra si è visto, d'intesa con la Regione, in coerenza con la previsione di cui all'articolo 2 comma 1 del decreto legislativo n. 143 del 1997.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara estinti i giudizi promossi dalla Regione Veneto con i ricorsi indicati in epigrafe (reg. confl. n. 12 del 1998, n. 29, n. 36 e n. 37 del 1999);
2) dichiara che spettava allo Stato, e per esso al Ministro per le politiche agricole, emanare il decreto 21 maggio 1999, n. 159 (Regolamento concernente norme di attuazione dell'articolo 1, comma 5, del decreto-legge 1° marzo 1999, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1999, n. 118, recante “Disposizioni urgenti per il settore lattiero-caseario”).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 2005.
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 26 luglio 2005.