ORDINANZA N. 289
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Piero Alberto CAPOTOSTI Presidente
- Guido NEPPI MODONA Giudice
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 170 del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia) come riprodotto nel decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), e dell’art. 7 della legge 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi – legge di semplificazione 1998), promossi con ordinanze del 2 agosto (n. 2 ordinanze), del 14, del 19 (n. 3 ordinanze), del 14 (n. 2 ordinanze), del 19 e del 14 luglio (n. 3 ordinanze), dell’8 e del 15 ottobre dal Tribunale di Siracusa e del 17 agosto 2004 dal Tribunale di Messina, rispettivamente iscritte ai nn. 913, 914, 939, da 940 a 942, 973, 974, 994 e da 1030 a 1035 del registro ordinanze 2004 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 46, 48, 49 e 50, prima serie speciale, dell’anno 2004 e n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2005.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 4 maggio 2005 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.
Ritenuto che nel corso del giudizio di opposizione avverso il decreto di liquidazione dei compensi professionali della Corte di assise di Siracusa il Tribunale di Siracusa, sezione penale, in composizione monocratica, con ordinanza depositata il 2 agosto 2004 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 170 del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia), come riprodotto nel decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), per violazione degli artt. 3, 24, 25 e 76 della Costituzione;
che il giudice rimettente assume che per decidere la questione sottoposta al suo esame deve necessariamente applicare le disposizioni sopra richiamate e, segnatamente, quelle relative alla competenza che è specificamente individuata nel giudice in composizione monocratica;
che tali norme sono in contrasto con i parametri costituzionali invocati, nella parte in cui attribuiscono al giudice in composizione monocratica la competenza a conoscere dell’opposizione avverso il decreto di pagamento di liquidazione anche nelle ipotesi in cui, come nella specie, il provvedimento opposto sia stato emesso da giudice in composizione collegiale;
che la previsione è contraria al principio di ragionevolezza e, in definitiva, al principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, apparendo del tutto incongruo, sul piano della coerenza sistematica, prevedere quale giudice dell’impugnazione avverso un provvedimento emesso dal giudice in composizione collegiale, un giudice in composizione monocratica, trattandosi, peraltro, di contenzioso relativo a diritti soggettivi;
che, sempre secondo il giudice rimettente, vi sarebbe violazione dell’art. 24 della Costituzione, per affievolimento del diritto di difesa, dell’art. 25 della Costituzione, dal momento che, secondo l’ordinamento, il giudice di appello competente a decidere di provvedimenti emessi in composizione collegiale è sempre un giudice collegiale, nonché dell’art. 76 della Costituzione, non essendo indicato, nella legge delega 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi – legge di semplificazione 1998), il principio del mutamento della composizione dell’organo giudiziario;
che, in punto di rilevanza, il giudizio non può essere definito senza l’applicazione delle norme di cui si ritiene il contrasto con le norme costituzionali;
che lo stesso giudice ha sollevato identica questione con altre tredici identiche ordinanze (reg. ord. nn.914, 939, 940, 941, 942, 973, 974, 994, 1030, 1031, 1032, 1033, 1034 del 2004);
che nei giudizi relativi alle ordinanze nn. 939, 940, 941 e 942 è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con distinti atti di identico tenore testuale, chiedendo di dichiararsi l’inammissibilità della questione relativamente alla denunciata violazione dell’art. 24 della Costituzione e l’infondatezza riguardo agli ulteriori parametri;
che nel corso del giudizio di opposizione avverso decreto di liquidazione dei compensi a perito da parte del Tribunale di Messina, lo stesso Tribunale di Messina, in composizione monocratica, con ordinanza depositata il 17 agosto 2004 (reg. ord. n. 1035 del 2004) ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 170 del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia), come riprodotto nel decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), per violazione dell’art. 76 della Costituzione, nonché, in via subordinata, in riferimento allo stesso art. 76 della Costituzione, dell’art. 7 della legge 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi – legge di semplificazione 1998);
che il giudice rimettente premette di essere stato designato, quale giudice monocratico dal Presidente del Tribunale per la trattazione del ricorso proposto avverso il decreto del Tribunale di Messina, prima sezione penale, in composizione collegiale, avente ad oggetto la liquidazione del compenso al perito Giuseppe Favolaro nel procedimento penale nei confronti di Grazia Ferrara;
che lo stesso giudice – rilevato che è possibile proporre opposizione, avverso il decreto di liquidazione del compenso a perito, al Presidente dell’ufficio giudiziario competente, che il processo è quello speciale previsto per gli onorari di avvocato e che l’ufficio procede in composizione monocratica sempre, anche nell’ipotesi, come nella specie, in cui il provvedimento sia stato adottato da un giudice collegiale – assume che il giudizio non può essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di costituzionalità;
che, in punto di non manifesta infondatezza, il Tribunale rimettente osserva che, tra i criteri indicati dall’art. 7 della legge delega n. 50 del 1999, vi è quello che prevede il «coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa»;
che il legislatore delegato non ha rispettato il criterio del coordinamento formale e che l’innovazione (attribuzione della competenza del giudizio di opposizione al tribunale in composizione monocratica) non può essere ricondotta al potere di apportare le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica, nemmeno alla luce del richiamo – contenuto nella relazione governativa – al decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), che ha introdotto il giudice unico;
che la procedura speciale prevista per gli onorari di avvocato, richiamata dall’art. 170 impugnato, prevede, espressamente, che il tribunale proceda in composizione collegiale, con conseguente incoerenza logica e sistematica della soluzione adottata;
che il giudice a quo deduce, in via subordinata, il contrasto con l’art. 76 della Costituzione dell’art. 7 della legge delega n. 50 del 1999, nella parte in cui non ha previsto i limiti e l’oggetto della delega in una materia, quale quella riguardante la competenza del giudice, coperta da riserva assoluta di legge, ai sensi dell’art. 25 della Costituzione.
Considerato che i Tribunali di Siracusa (con 13 ordinanze) e di Messina (con una ordinanza), dubitano, entrambi, della legittimità costituzionale dell'art. 170 del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113, come riprodotto nel decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, per violazione degli artt. 3, 24, 25 e 76 della Costituzione, e, solo il secondo, in subordine, dell’art. 7 della legge 8 marzo 1999, n. 50, in riferimento allo stesso art. 76 della Costituzione;
che tutte le ordinanze di rimessione sollevano questioni di legittimità costituzionale della stessa disposizione di legge con motivazioni in parte identiche ed in parte analoghe e che i relativi giudizi devono essere riuniti per essere decisi con unico provvedimento;
che questa Corte ha già dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 170 del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113, come riprodotto nel decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (sentenza n. 53 del 2005) e che con la stessa sentenza ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7 della legge 8 marzo 1999, n. 50, censurato in riferimento all’art. 76 della Costituzione;
che in riferimento agli ulteriori parametri, invocati dalle ordinanze del Tribunale di Siracusa ora all’esame, riguardo all’art. 25 della Costituzione, richiamato per rafforzare la dedotta violazione dell’art. 76 della Costituzione in riferimento a materia che, concernendo la competenza del giudice, sarebbe coperta da riserva assoluta di legge, è sufficiente sottolineare che la norma impugnata disciplina la composizione dell’organo giudicante e non certamente la competenza (così ancora la sentenza n. 53 del 2005);
che non c’è violazione dell’art. 3 della Costituzione, apparendo anzi ragionevole il sistema di attribuzione del reclamo al giudice monocratico (analogamente la sentenza n. 52 del 2005, in tema di opposizione avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio ovvero avverso la revoca del decreto di ammissione già accordato), in rapporto ad esigenze di buona amministrazione, rapidità, economia delle risorse;
che, da ultimo, la violazione dell’art. 24 è apoditticamente denunciata, senza motivazione alcuna.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i ricorsi,
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 170 del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia), come riprodotto nel decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 76 della Costituzione, dal Giudice del Tribunale di Siracusa designato dal Presidente del tribunale e dal Giudice del Tribunale di Messina, con le ordinanze in epigrafe;
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7 della legge 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi – legge di semplificazione 1998), sollevata in via subordinata, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, dal Giudice del Tribunale di Messina, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2005.
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2005.