REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Valerio ONIDA Presidente
- Carlo MEZZANOTTE Giudice
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Paolo MADDALENA "
- Alfonso QUARANTA "
ha pronunciato la seguente
SENTENZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 14 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (Norme sui contratti agrari), e dell’art. 3 della legge 12 giugno 1962, n. 567 (Norme in materia di affitto di fondi rustici), promosso con ordinanza del 13 ottobre 2003 dal Tribunale di Bolzano nel procedimento civile vertente tra Rizzolli Thomas e Clementi Johann ed altro, iscritta al n. 1150 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2004.
Udito nella camera di consiglio del 7 luglio 2004 il Giudice relatore Annibale Marini.
Ritenuto in fattoIn un giudizio riguardante la determinazione del canone di affitto di un fondo rustico, il Tribunale di Bolzano, sezione specializzata per le controversie agrarie, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 42 e 44 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 14 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (Norme sui contratti agrari), nella parte in cui detta i criteri per la determinazione del canone per i contratti di affitto riguardanti i territori del catasto derivante dall’ex catasto austro-ungarico, e, «occorrendo», dell’art. 3 della legge 12 giugno 1962, n. 567 (Norme in materia di affitto di fondi rustici), in quanto richiamato dalla disposizione censurata in via principale.
Il giudice rimettente muove dalla considerazione che, con sentenza n. 318 del 2002, questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 9 e 62 della legge n. 203 del 1982, relativi alla determinazione del canone di affitto dei fondi rustici, ritenendo il meccanismo previsto da tali norme, basato sul reddito dominicale stabilito a norma del regio decreto-legge 4 aprile 1939, n. 589 (Revisione generale degli estimi dei terreni), «privo, ormai, (…) di qualsiasi razionale giustificazione», sia per l’esistenza di dati catastali più recenti ed attendibili di quelli del 1939, sia, in ogni caso, per l’inidoneità di quel catasto «a rappresentare le effettive e diverse caratteristiche dei terreni agricoli» ed essere quindi posto a base «di una disciplina dei contratti agrari rispettosa della garanzia costituzionale della proprietà terriera privata e tale da soddisfare, nello stesso tempo, la finalità della instaurazione di equi rapporti sociali, imposta dall’art. 44 della Costituzione».
Osserva il giudice a quo che, per effetto di tale pronuncia, ed in attesa di un eventuale nuovo intervento del legislatore, il regime del canone di affitto dei fondi rustici risulta allo stato libero su tutto il territorio nazionale, ad eccezione dei territori del catasto derivante dall’ex catasto austro-ungarico, per i quali dispone appunto l’art. 14 della legge n. 203 del 1982, non colpito dalla declaratoria di illegittimità costituzionale.
L’esistenza di territori nei quali il canone è tuttora predeterminato per legge e di territori ove, invece, esso è lasciato alla libera contrattazione delle parti sarebbe – ad avviso ancora del rimettente – in contrasto con il principio di eguaglianza, non trovando tale differenziazione alcuna ragionevole giustificazione.
Oltre a ciò, la norma di cui all’art. 14 della legge n. 203 del 1982 presenterebbe di per sé vizi di legittimità del tutto analoghi a quelli che hanno portato alla caducazione degli artt. 9 e 62 della stessa legge.
Dispone, infatti, il citato art. 14 che l’equo canone di affitto, nei territori del catasto derivante dall’ex catasto austro-ungarico, debba calcolarsi applicando le «tabelle determinate in base alle disposizioni di cui alla legge 12 giugno 1962, n. 567, vigenti nell’annata agraria anteriore all’entrata in vigore della legge 11 febbraio 1971, n. 11, rivalutate in base al tasso di svalutazione della lira nel frattempo intervenuta», con un abbattimento del 20%. L’art. 3, secondo comma, della legge n. 567 del 1962 prevede dal canto suo che, nella determinazione delle tabelle di cui sopra, debbano prendersi a base «i redditi dominicali determinati a norma del regio decreto-legge 4 aprile 1939, n. 589, convertito nella legge 29 giugno 1939, n. 976», moltiplicati per coefficienti stabiliti dalla commissione tecnica provinciale.
Anche tale meccanismo – ancorché più favorevole per i proprietari di quello previsto dagli artt. 9 e 62 della legge n. 203 del 1982 – sarebbe dunque basato, in definitiva, sui dati risultanti dal catasto del 1939. E se pure non esistono, per la Provincia autonoma di Bolzano, dati catastali più recenti cui il legislatore potrebbe fare riferimento (come invece esistono per il resto d’Italia), varrebbe comunque il rilievo, contenuto nella sentenza n. 318 del 2002, secondo cui i dati ricavabili dal catasto del 1939 non sono più idonei a rappresentare le effettive e diverse caratteristiche dei terreni agricoli e non possono quindi essere posti a base di una disciplina dei contratti agrari rispettosa dei principi costituzionali di cui agli artt. 42 e 44 della Costituzione.
Considerato in diritto
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 ottobre 2004.
Valerio ONIDA, Presidente
Annibale MARINI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 28 ottobre 2004.