Ordinanza n. 292 del 2004

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ORDINANZA N.292

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Valerio ONIDA, Presidente

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI     

- Guido NEPPI MODONA      

- Piero Alberto CAPOTOSTI    

- Annibale MARINI      

- Franco BILE    

- Giovanni Maria FLICK          

- Francesco AMIRANTE          

- Ugo DE SIERVO       

- Romano VACCARELLA      

- Paolo MADDALENA

- Alfonso QUARANTA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 459 del codice di procedura penale, promosso, nell’ambito di un procedimento penale, dal Tribunale di Crotone, con ordinanza in data 16 gennaio 2003, iscritta al n. 908 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell’anno 2003.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 luglio 2004 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che il Tribunale di Crotone ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111, commi terzo, quarto e quinto, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 459 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che prima della richiesta del decreto penale di condanna sia notificato all’imputato l’avviso di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen.;

che il Tribunale – che procede a giudizio a seguito di opposizione a decreto penale di condanna – ritiene che la norma censurata violi:

- gli artt. 3 e 24 Cost., in quanto introduce una irragionevole disparità di trattamento tra l’imputato nei cui confronti si procede con decreto penale, che può esercitare il suo diritto di difesa "solo in sede di opposizione, quando ormai il decreto, che sostanzialmente è una sentenza di condanna, è stato emesso", e l’indagato tratto a giudizio secondo le regole ordinarie, per il quale la vocatio in ius è nulla se non è preceduta dall’avviso di conclusione delle indagini di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen.;

- l’art. 111, terzo comma, Cost., in quanto priva l’imputato del suo diritto ad essere tempestivamente informato della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico e di disporre del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la difesa, consentendogli di avere conoscenza del procedimento solo all’atto della notificazione della pronuncia di condanna;

- l’art. 111, quarto e quinto comma, Cost., in quanto priva l’imputato del suo diritto ad essere giudicato sulla base di prove formate in contraddittorio, permettendo che si addivenga ad una pronuncia di condanna fondata su materiale probatorio raccolto unilateralmente dal pubblico ministero;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, riportandosi all’atto di intervento prodotto nel giudizio instaurato a seguito dell’ordinanza di rimessione iscritta al n. 272 del registro ordinanze del 2002, deciso dalla Corte con l’ordinanza n. 32 del 2003.

Considerato che il rimettente dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111, commi terzo, quarto e quinto, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 459 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che la richiesta di decreto penale di condanna sia preceduta dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis dello stesso codice;

che con le ordinanze n. 32 e n. 131 del 2003, depositate successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte ha dichiarato manifestamente infondate questioni del tutto analoghe, rilevando che, precedentemente alla modifica dell’art. 111 Cost., aveva già escluso che il procedimento monitorio, configurato come rito a contraddittorio eventuale e differito ed improntato a criteri di economia processuale e di massima speditezza, si ponesse in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. (v. ordinanza n. 432 del 1998 ed i precedenti ivi menzionati, nonché le successive ordinanze n. 325, n. 326 e n. 458 del 1999);

che, con specifico riferimento all’art. 111, terzo comma, Cost., in tali pronunce la Corte ha osservato che "in via generale […] il dettato del terzo comma non esclude che il diritto dell’indagato di essere informato nel più breve tempo possibile dei motivi dell’accusa possa essere variamente modulato dal legislatore ordinario in relazione ai singoli riti alternativi" e che "il decreto penale, al di là della denominazione formale di ‘decreto di condanna’, costituisce una sorta di decisione ‘preliminare’, destinata ad essere posta nel nulla ove sia proposta opposizione ed a svolgere in tale caso la mera funzione di informazione dei motivi dell’accusa";

che nell’ordinanza n. 32 del 2003 la Corte ha altresì rilevato che la disciplina censurata neppure viola l’art. 111, commi quarto e quinto, Cost., in quanto, "ove con l’atto di opposizione l’imputato chieda il giudizio immediato, la prova si formerà in dibattimento nel contraddittorio tra le parti, e i risultati delle indagini potranno essere utilizzati entro i limiti e nel rispetto delle regole che disciplinano in via generale i rapporti tra le fasi delle indagini preliminari e del giudizio; se, poi, l’imputato chiede il giudizio abbreviato o l’applicazione della pena, ovvero, non opponendosi, presta acquiescenza al decreto penale di condanna, mediante tali scelte manifesta anche il consenso alla utilizzazione degli atti di indagine raccolti dal pubblico ministero, non diversamente dagli altri casi in cui l’indagato, dopo essere venuto a conoscenza del procedimento a suo carico, opera la scelta di attivare i riti alternativi";

che, non risultando profili diversi o aspetti ulteriori rispetto a quelli già valutati, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 459 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111, commi terzo, quarto e quinto, della Costituzione, dal Tribunale di Crotone, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 2004.

Valerio ONIDA, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 28 luglio 2004.