ORDINANZA N. 277
ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gustavo ZAGREBELSKY Presidente
- Valerio ONIDA Giudice
- Carlo MEZZANOTTE “
- Fernanda CONTRI “
- Guido NEPPI MODONA “
- Piero Alberto CAPOTOSTI “
- Annibale MARINI “
- Franco BILE “
- Giovanni Maria FLICK “
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso con ordinanza del 13 marzo 2003 dal Giudice di pace di Bobbio, iscritta al n. 610 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 2003.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 12 maggio 2004 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.
Ritenuto che, nel corso di un giudizio a carico di un soggetto imputato del reato di cui all’art. 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), per avere guidato, in data 15 agosto 2002, un’autovettura in condizioni di alterazione fisica e psichica correlata con l’uso di sostanze stupefacenti, positivamente accertato presso una struttura sanitaria pubblica, il Giudice di pace di Bobbio ha sollevato, in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del predetto art. 187, nella parte in cui sanziona penalmente la condotta di chi si pone alla guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti senza prevedere alcun limite oltre il quale il soggetto possa essere considerato in stato di alterazione fisica e psichica;
che il remittente, premesso che il reato previsto dalla disposizione censurata è un reato di pericolo concreto, chiaramente individuabile nella circolazione di un autoveicolo condotto da soggetto in stato psico-fisico non ottimale, osserva che la norma non vieta di guidare “dopo avere usato stupefacenti”, ma assoggetta a sanzione penale la condotta di chi si metta alla guida in uno stato di alterazione indotto dall’uso di sostanze stupefacenti;
che, peraltro, mentre le disposizioni di cui all’art. 186 del medesimo codice e all’art. 379 del relativo regolamento di esecuzione consentono di individuare la soglia oltre la quale un conducente possa essere ritenuto in stato di ebbrezza per l’uso di bevande alcoliche, sicché il conducente stesso è posto in grado di conoscere il precetto la cui violazione fa scattare l’applicazione della sanzione penale, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda la condotta prevista e punita dall’art. 187, commi 1 e 4;
che per tale condotta, infatti, né le disposizioni legislative né quelle regolamentari prevedono il limite oltre il quale il soggetto che abbia assunto sostanze stupefacenti possa ritenersi in stato di alterazione fisica e psichica;
che del resto, ad avviso del remittente, all’accertamento della sussistenza della fattispecie di cui all’art. 187 non potrebbe procedersi, analogamente a quanto si ritiene possibile per l’accertamento dello stato di ebbrezza da bevande alcoliche, attraverso il riscontro di una determinata sintomatologia, quale l’alitosi, la lentezza nella parola e nei movimenti e altre manifestazioni del genere, che sulla base di canoni scientifici comunemente noti possono sopperire alla mancanza di una concreta rilevazione con l’etilometro;
che, invece, nel caso di cui all’art. 187 del d.lgs. n. 285 del 1992, non essendo predeterminato per legge alcun limite, non potrebbe attribuirsi rilievo a sintomi quali quelli innanzi descritti;
che, soggiunge il remittente, la indeterminatezza della fattispecie di guida in stato di alterazione psico-fisica da uso di sostanze stupefacenti risulterebbe dalle successive modificazioni della disposizione incriminatrice introdotte dal d.lgs. 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), il quale ha sostituito il comma 2 statuendo che “gli accertamenti sono effettuati con strumenti e modalità stabiliti dal regolamento, ai fini della determinazione delle quantità, indicate in conformità alle previsioni dello stesso regolamento”;
che tuttavia, non essendo stato ancora adottato il regolamento, destinato comunque ad entrare in vigore dal 1° gennaio 2003, la disposizione denunciata, nella formulazione applicabile al caso di specie, sarebbe costituzionalmente illegittima in riferimento sia all’art. 25, secondo comma, Cost., sotto il profilo della indeterminatezza della fattispecie penale, sia all’art. 27, secondo comma, Cost., per violazione del principio della personalità della responsabilità penale, il quale presuppone la sussistenza della colpa dell’autore della condotta assoggettata a sanzione penale e, conseguentemente, la determinatezza e la conoscibilità del precetto penale;
che, conclude il giudice a quo, dall’eventuale accoglimento della questione non deriverebbe lo svuotamento del contenuto dell’art. 187, posto che, mentre il precetto penale richiede chiarezza e determinatezza, nulla vieterebbe, sotto il profilo dell’illecito amministrativo, l’adozione di provvedimenti quali la sospensione o il ritiro della patente di guida, ben potendo l’autorità di pubblica sicurezza, a fini di incolumità pubblica, inibire la guida a chi faccia uso di stupefacenti per ridurre i rischi in via preventiva;
che è intervenuto nel presente giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto, in via preliminare, la restituzione degli atti al giudice a quo per nuova valutazione della rilevanza a seguito delle intervenute modifiche della disposizione censurata, e, in subordine, che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata;
che, rileva la difesa erariale, successivamente all’ordinanza di rimessione il legislatore ha nuovamente regolato la materia con il decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, con il quale è stato sostituito integralmente il testo dell’art. 187 del codice della strada ed è stata disposta l’abrogazione delle modificazioni introdotte dall’art. 14 del d.lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, che faceva riferimento, per gli accertamenti finalizzati alla verifica delle condizioni di applicabilità della norma sanzionatoria, a “strumenti e modalità stabiliti dal regolamento ai fini della determinazione delle quantità”;
che, pertanto, poiché le norme censurate sono state sostituite con una diversa normativa di dettaglio, evidentemente finalizzata, tra l’altro, ad eliminare possibili profili di indeterminatezza che si potevano cogliere, in astratto, nella precedente disciplina alla quale si riferisce l’ordinanza di rimessione, si renderebbe opportuna la restituzione degli atti al remittente per una nuova valutazione della rilevanza della questione;
che, in ogni caso, secondo l’Avvocatura, la questione sarebbe anche infondata, in quanto la sanzione penale prevista dall’art. 187 del codice della strada presuppone sia la sussistenza di uno stato di alterazione, capace di compromettere le condizioni psico-fisiche necessarie per la guida e tale da realizzare di per sé una situazione di pericolo per la sicurezza della circolazione stradale, sia l’assunzione di sostanze vietate dalla legge, idonee a causare lo stato di alterazione;
che la concorrenza di questi due elementi sarebbe sufficiente a integrare la fattispecie penale, a prescindere dalla quantità di sostanze stupefacenti assunte, dal momento che l’uso di tali sostanze ha comunque provocato uno stato di alterazione, che si evidenzia con una particolare sintomatologia;
che, infine, l’Avvocatura rileva che nessuna utile comparazione può essere instaurata tra la fattispecie prevista dall’art. 186 e quella disciplinata dall’art. 187 del codice della strada, giacché, mentre nella prima il disvalore della condotta di pericolo per la circolazione stradale è connesso all’abuso di una sostanza consentita, nella seconda il disvalore è correlato all’uso di sostanze comunque vietate dalla legge.
Considerato che la questione sollevata dal Giudice di pace di Bobbio ha ad oggetto l’art. 187 del codice della strada, nel testo vigente anteriormente alla integrale sostituzione disposta dall’art. 6 del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 214, censurato, in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, in quanto assoggetta a sanzione penale la condotta di chi guida in stato di alterazione fisica e psichica per uso di sostanze stupefacenti, senza stabilire alcun limite per la individuazione dello stato di alterazione;
che sul presente giudizio di legittimità costituzionale non incidono le modificazioni normative intervenute successivamente alla ordinanza di rimessione, in quanto, da un lato, l’art. 14 del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9, del quale il remittente ha tenuto conto nella formulazione della questione, e che peraltro non è mai stato vigente, risulta ora espressamente abrogato dall’art. 7 del decreto-legge n. 151 del 2003; dall’altro, nell’attuale formulazione dell’art. 187 del codice della strada, nel testo risultante dall’art. 6 del medesimo decreto-legge n. 151 del 2003, convertito dalla legge n. 214 del 2003, non è previsto alcun limite quantitativo il cui superamento consenta di ritenere integrata la fattispecie penale di guida in stato di alterazione fisica e psichica correlata con l’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope;
che, pertanto, dubitando il remittente della legittimità costituzionale dell’art. 187 del codice della strada solo sotto il profilo della mancata previsione di un limite quantitativo rilevante per l’integrazione della fattispecie penale ed essendo tale asserita lacuna tuttora rinvenibile nella vigente formulazione del medesimo art. 187, non vi è ragione di disporre la restituzione degli atti, potendo la questione essere sottoposta a scrutinio di costituzionalità in riferimento agli evocati parametri;
che l’art. 187 del codice della strada fa divieto di guidare in condizioni di alterazione fisica e psichica correlata con l’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, rinviando per il trattamento sanzionatorio a quanto previsto dall’art. 186 per la guida sotto l’influenza dell’alcool;
che, ad avviso del remittente, la disciplina suindicata sarebbe costituzionalmente illegittima, per violazione del principio di tassatività della fattispecie penale, dal momento che assoggetta a sanzione penale la condotta di chi guida in stato di alterazione fisica e psichica per uso di sostanze stupefacenti, senza stabilire alcun limite per la individuazione dello stato di alterazione;
che, al contrario di quanto ipotizzato dal giudice a quo, la fattispecie penale prevista dall’art. 187 del codice della strada è costituita dal concorso di due elementi qualificanti: da un lato, lo stato di alterazione, capace di compromettere le normali condizioni psico-fisiche indispensabili nello svolgimento della guida e concretizzante di per sé una condotta di pericolo per la sicurezza della circolazione stradale; dall’altro, l’assunzione di sostanze (stupefacenti o psicotrope), idonee a causare lo stato di alterazione, per l’accertamento del quale – come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità - non è sufficiente la mera osservazione o la descrizione di una determinata sintomatologia, ma è necessario il riscontro di idonee analisi di laboratorio;
che, del resto, questa Corte ha già chiarito che le differenti modalità tecniche previste per gli accertamenti degli stati di alterazione fisica e psichica derivanti dall’influenza dell’alcol e, rispettivamente, dall’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope trovano giustificazione nell’attuale stato delle conoscenze tecnico-scientifiche che non permetterebbero di avvalersi, per l’acquisizione della prova dell’uso di sostanze stupefacenti, di una strumentazione tecnica analoga a quella utilizzata per il rilevamento dello stato di ebbrezza alcolica, che assicura, grazie all’esame spirometrico, attendibili riscontri del tasso alcolemico nell’aria alveolare espirata (ordinanza n. 306 del 2001);
che si è dunque in presenza di una fattispecie che risulta integrata dalla concorrenza dei due elementi, l’uno obiettivamente rilevabile dagli agenti di polizia giudiziaria (lo stato di alterazione), e per il quale possono valere indici sintomatici, l’altro, consistente nell’accertamento della presenza, nei liquidi fisiologici del conducente, di tracce di sostanze stupefacenti o psicotrope, a prescindere dalla quantità delle stesse, essendo rilevante non il dato quantitativo, ma gli effetti che l’assunzione di quelle sostanze può provocare in concreto nei singoli soggetti;
che pertanto, risultando la fattispecie incriminatrice sufficientemente determinata, deve escludersi la denunciata violazione dell’art. 25, secondo comma, Cost., e, con essa, dell’art. 27, secondo comma, Cost.;
che la questione deve conseguentemente essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice di pace di Bobbio, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 2004.
F.to:
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Carlo MEZZANOTTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 27 luglio 2004.