SENTENZA N. 258
ANNO 2004
Commento alla decisione di
Renzo Dickmann
(per gentile concessione della Rivista
telematica federalismi.it)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
- Alfio FINOCCHIARO
- Alfonso QUARANTA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito dell’accordo di cooperazione transfrontaliera sottoscritto, nell’ambito del programma comunitario "Interreg III A, Italia-Austria", con i Länder Carinzia, Salisburgo e Tirolo senza la preventiva intesa con il Governo prevista dall’art. 5 della legge 19 novembre 1984, n. 948, recante ratifica ed esecuzione della convenzione europea sulla cooperazione transfrontaliera, adottata a Madrid il 21 maggio 1980, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato l’8 maggio 2002, depositato in cancelleria il 16 successivo ed iscritto al n. 20 del registro conflitti 2002, e nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota del Ministro per gli affari regionali n. 200/00472/89.6/Reg./Transf.10 del 31 maggio 2002, avente ad oggetto "accordi di cooperazione transfrontaliera per recepire i programmi comunitari Interreg III", promosso con ricorso della Provincia autonoma di Bolzano, notificato il 1° agosto 2002, depositato in cancelleria il 2 successivo ed iscritto al n. 29 del registro conflitti 2002.
Visti gli atti di costituzione delle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Veneto, della Provincia autonoma di Bolzano e del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 27 aprile 2004 il Giudice relatore Fernanda Contri;
uditi gli avvocati Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia, Mario Bertolissi, Romano Morra e Fabio Lorenzoni per la Regione Veneto, Roland Riz e Sergio Panunzio per la Provincia di Bolzano e gli avvocati dello Stato Ignazio F. Caramazza e Aldo Linguiti per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto
in fatto
1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Provincia autonoma di Bolzano, della Regione Friuli-Venezia Giulia e della Regione Veneto in relazione all’accordo di cooperazione transfrontaliera dalle stesse sottoscritto, in data 15 gennaio 2002, nell’ambito dell’iniziativa comunitaria "Interreg III A, Italia-Austria", con i Länder della Repubblica austriaca Tirolo, Carinzia e Salisburgo, senza aver ottenuto la preventiva intesa con il Governo prevista dall’art. 5 della legge 19 novembre 1984, n. 948 (Ratifica ed esecuzione della convenzione europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali, adottata a Madrid il 21 maggio 1980). Il ricorrente lamenta la lesione delle proprie attribuzioni costituzionalmente garantite, come definite dall’art. 117 della Costituzione.
Nel ricorso viene dato preliminarmente atto che la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento affari regionali, ha avuto notizia della stipula dell’accordo dalla lettura di un comunicato stampa e che ha quindi chiesto alla Provincia autonoma ed alle Regioni interessate di trasmettere l’atto in questione, ottenendone copia solo a seguito di tale sollecitazione.
Nell’atto introduttivo vengono analiticamente descritti il contenuto dell’accordo impugnato e le sue finalità, in particolare l’espresso richiamo in esso contenuto al programma comunitario denominato "Interreg III A, Italia-Austria", e si precisa che gli strumenti di attuazione e gli organi di cooperazione previsti sono conformi a quanto stabilito dall’art. 8 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui fondi strutturali. Più precisamente, per quanto concerne gli effetti dell’accordo, si precisa che esso prevede l’istituzione di un’autorità di gestione, di un’autorità di pagamento, di un comitato di pilotaggio e di una segreteria tecnica, così come previsto dagli artt. 9, lettere n) ed o), 34 e 35 del citato regolamento.
Il comitato di pilotaggio, che viene nominato dal comitato di sorveglianza, è composto da due rappresentanti di ciascuna delle Regioni interessate e da un rappresentante delle due amministrazioni nazionali, qualora queste ne facciano richiesta, mentre un rappresentante della Commissione europea può partecipare ai lavori in veste di osservatore. L’autorità di gestione e quella di pagamento si avvalgono di una segreteria tecnica che svolge le attività materiali connesse all’attuazione del programma con personale assunto ad hoc.
Prosegue il ricorso specificando che, secondo l’atto impugnato, alle spese dell’autorità di gestione e della segreteria si provvede coi fondi dell’assistenza tecnica del programma, in proporzione alla dotazione finanziaria di ciascun partner stabilita in base ad una ripartizione predeterminata, ed è previsto che, in caso di contenzioso con la Commissione europea, i partners assumano diretta responsabilità patrimoniale, sollevando in tal modo da ogni onere l’autorità di gestione e di pagamento.
L’accordo prevede infine che i suoi effetti decorrono dalla data in cui esso verrà ratificato dai sottoscrittori secondo le rispettive procedure autorizzative interne.
In relazione ai contenuti dell’atto, in ricorso si sottolinea che la costituzione delle autorità di gestione e pagamento si sostanzia nell’istituzione di "organismi comuni di cooperazione transfrontaliera" che, pur se previsti dal regolamento comunitario, non trovano una loro disciplina nell’ordinamento nazionale vigente, in quanto l’Italia, pur avendo sottoscritto il secondo protocollo addizionale alla convenzione sulla cooperazione transfrontaliera di Madrid, non l’ha ancora ratificato. Osserva ancora la parte ricorrente che l’atto impugnato non prevede, come è stabilito in generale per gli accordi internazionali, la durata dei suoi effetti e che esso è privo della stessa data di sottoscrizione. Esso, quindi, sarebbe lesivo delle competenze statali, in quanto il nuovo testo dell’art. 117 Cost. riserva allo Stato il potere di legislazione esclusiva in materia di politica estera e di rapporti internazionali dello Stato, con la conseguenza che permane in capo ad esso il potere estero stabilito in via generale dal previgente testo costituzionale, mentre il potere di concludere accordi ed intese con Stati esteri e con enti territoriali di Stati esteri viene riconosciuto, in via di eccezione, alle Regioni, purché vengano rispettati limiti sostanziali e procedurali, e precisamente che l’oggetto dell’accordo riguardi una materia di competenza regionale e che venga seguito il procedimento regolato da una legge statale.
Dopo aver osservato che non è stata ancora emanata la legislazione statale ordinaria successiva alla legge costituzionale n. 3 del 2001, l’Avvocatura ritiene che debba farsi riferimento alla legge n. 948 del 1984, il cui art. 5 subordina la stipula di accordi di cooperazione transfrontaliera alla previa intesa col Governo, ed il cui art. 3 prevede la necessità della previa stipulazione, da parte dello Stato, di accordi bilaterali con gli Stati confinanti contenenti l’indicazione delle materie che possono formare oggetto degli accordi delle Regioni, ciò che risulta conforme al principio di leale collaborazione e di coerenza dell’azione regionale con gli indirizzi di politica estera dello Stato più volte sottolineati dalla stessa giurisprudenza costituzionale.
Secondo la parte ricorrente l’accordo transfrontaliero impugnato violerebbe i limiti sostanziali e formali imposti all’esercizio del potere estero regionale, in quanto nello stesso vi è assoluta carenza di determinazione dell’oggetto, delle finalità e del campo di azione, il che crea una indefinita potenzialità di interferenza con le attribuzioni statali in materia, aggravata dalla mancata previsione di un termine di durata che rende l’atto, in modo inammissibile, a tempo indeterminato. Secondo il ricorso, difetta inoltre l’espressa previsione della materia dell’accordo, come legittimamente attribuita alla competenza regionale ai sensi dell’art. 117 Cost. e dell’art. 4 della legge n. 948 del 1984, ed è mancata la previa intesa con il Governo prevista dall’art. 5 della legge n. 948 del 1984, secondo un generale principio di subordinazione del potere estero spettante alle Regioni alla necessaria coerenza con gli indirizzi di politica estera dello Stato.
Per tali motivi il Presidente del Consiglio dei ministri chiede alla Corte di dichiarare che l’accordo di cooperazione transfrontaliera de quo è lesivo delle attribuzioni statali e, di conseguenza, ne chiede l’annullamento.
2. - Si è costituita in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, chiedendo alla Corte di voler dichiarare inammissibile ed infondato il ricorso del Governo.
Preliminarmente la Provincia autonoma eccepisce l’omessa indicazione, in ricorso, di un appropriato parametro costituzionale, dal momento che le uniche disposizioni che vengono indicate sono quelle di cui all’art. 117 Cost. ed in particolare quelle di cui al secondo comma.
Rileva in proposito la resistente che la definizione delle sue attribuzioni non si trova nella Costituzione ma nelle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige di cui al testo unico approvato con il d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e che, secondo l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, le norme della Costituzione novellate possono essere applicate ai fini della definizione delle attribuzioni spettanti allo Stato ed alle Province autonome solo per le parti in cui esse prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.
Quanto ai profili di merito, secondo la Provincia il ricorso è infondato dal momento che esso muove da una premessa sbagliata, poiché l’accordo in questione non rientra nell’ambito della cooperazione transfrontaliera disciplinata dalla convenzione di Madrid del 1980 e dalla legge di ratifica ed esecuzione n. 948 del 1984, ma costituisce espressa e puntuale attuazione di specifiche norme comunitarie e di un programma di iniziative che viene dettagliatamente disciplinato dalle stesse, che è stato predisposto dai rappresentanti dei Governi italiano ed austriaco e dalle sei regioni transfrontaliere interessate, e che è stato presentato dallo stesso Governo italiano alla Commissione, la quale lo ha infine approvato con la decisione del 23 novembre 2001.
Da tale erroneo presupposto discende l’erroneità e l’infondatezza delle successive argomentazioni del ricorso, in particolare in ordine all’asserita mancata disciplina del funzionamento dell’autorità di gestione e dell’autorità di pagamento, che al contrario sono previste e regolate analiticamente dal diritto comunitario, in particolare dal regolamento CE n. 1260 del 1999.
Del pari inconsistente è quindi l’argomento relativo alla mancata ratifica, da parte dell’Italia, del secondo protocollo addizionale della cooperazione transfrontaliera o all’applicabilità al caso di specie della disciplina costituzionale concernente il potere estero delle Regioni e delle Province autonome, profilo che nel caso in esame non viene in rilievo trattandosi di dare attuazione ad una disciplina comunitaria.
Secondo la Provincia resistente, la censura del Presidente del Consiglio con la quale si lamenta una assoluta carenza di determinazione dell’oggetto, delle finalità e del possibile campo di applicazione dell’accordo oggetto del conflitto sarebbe difficilmente comprensibile, atteso che tutti gli elementi risultano con chiarezza dal testo e sono quelli indicati nella citata disciplina comunitaria ed in particolare nel programma Interreg III A; l’accordo, in altri termini, non fa che istituire le autorità di gestione e di pagamento, il comitato di pilotaggio, la segreteria tecnica, oltre a definire i rapporti tra i sei partners regionali e dette autorità, e ciò al fine di consentire l’applicazione del programma, e lo stesso è privo di un termine di efficacia poiché è un semplice strumento di esecuzione.
Quanto alla asserita mancanza di un’espressa previsione di legge in materia di accordi ed intese della Provincia ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 117 Cost., secondo la resistente si tratta di una censura priva di fondamento, non venendo in rilievo nel caso in esame alcun potere estero dello Stato, ma solo l’esecuzione di una disciplina comunitaria direttamente applicabile senza bisogno di un ulteriore intervento legislativo che, oltretutto, avrebbe violato il principio che vieta al legislatore nazionale la riproduzione delle norme comunitarie regolamentari.
Sempre secondo la Provincia di Bolzano, è del tutto priva di fondamento anche la censura relativa alla mancanza di una "previa intesa" col Governo, così come l’osservazione relativa alla pretesa mancata apposizione della data di sottoscrizione, visto che la firma è avvenuta a Bolzano il 15 gennaio 2002, come da formale ed anticipata comunicazione inviata dal Presidente della Provincia.
In ogni caso, conclude la memoria, un’intesa con il Governo, almeno tacita, nella specie vi era stata, visto che i rappresentanti dello Stato e delle Regioni e della Provincia autonoma avevano concordemente redatto il programma poi sottoposto, dallo stesso Governo, all’approvazione della Commissione, senza bisogno di ulteriori intese preventive.
3. - Si è costituita in giudizio la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, chiedendo alla Corte di dichiarare il ricorso per conflitto di attribuzioni inammissibile e infondato e riservando le proprie difese ad una successiva memoria.
4. - Si è costituita in giudizio anche la Regione Veneto, che ha chiesto la reiezione del ricorso, osservando che la sottoscrizione dell’accordo impugnato non collide con alcuna disposizione normativa di rango costituzionale ovvero ordinario.
Il ricorso, secondo la resistente, trascura il dato normativo di riferimento e le conseguenti azioni intraprese dalle resistenti, che devono essere collocati nell’ambito dell’ordinamento comunitario e che, nella circostanza, hanno visto formali interventi dello Stato che hanno legittimato l’operato della Regione Veneto.
Nella sua memoria di costituzione la Regione ricostruisce quindi il quadro normativo entro cui va ricompreso l’accordo in questione, ricordando che la Comunità europea ha tra i suoi scopi quello di promuovere uno sviluppo armonioso delle attività economiche e più strette relazioni tra gli Stati membri, e che a tal fine, per ovviare alle evidenti disparità di sviluppo tra le varie Regioni, si è resa necessaria un’azione di coordinamento delle politiche regionali e settoriali della Comunità e degli Stati membri.
In questo contesto si inserisce la previsione di appositi strumenti finanziari, denominati fondi strutturali, posti a disposizione delle istituzioni comunitarie per la promozione dello sviluppo e dell’adeguamento delle regioni più arretrate, la riconversione delle aree a declino industriale, la riforma del sistema agrario e, in generale, il rafforzamento della coesione economica, tra i quali il Fondo europeo di sviluppo regionale (FERS).
La disciplina dei fondi strutturali, più volte riformata, trova ora il suo atto fondamentale nel regolamento (CE) 21 giugno 1999, n. 1260, recante disposizioni generali sui fondi strutturali, che ridefinisce il campo di intervento dei fondi strutturali e delle conseguenti iniziative comunitarie. Per il periodo 2000-2006, il primo dei campi di intervento concerne la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale, volta ad incentivare uno sviluppo armonioso, equilibrato e duraturo dell’insieme dello spazio comunitario, come previsto dall’art. 20, comma 1, lettera a), del regolamento citato.
Per ogni programma operativo le scelte strategiche sono contenute nel documento unico di programmazione, predisposto da un gruppo tecnico di lavoro composto dai rappresentanti degli Stati membri interessati ed approvato dalla Commissione europea, documento che trova ulteriore puntualizzazione nel programma di intervento elaborato – ai sensi dell’art. 9, comma 1, lettera m), del regolamento citato – dallo Stato membro o dall’autorità di gestione.
Prosegue la Regione Veneto rilevando come la vicenda all’esame della Corte riguardi la conclusione di un accordo di cooperazione transfrontaliera che si inserisce nell’ambito dell’iniziativa comunitaria denominata Interreg III A, Italia-Austria, ed aggiunge che la facoltà di concludere tali accordi di cooperazione transfrontaliera è riconducibile anche alla convenzione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali, adottata a Madrid il 21 maggio 1980 e ratificata dalla legge n. 948 del 1984, nel cui ambito è stato concluso a Vienna l’accordo quadro bilaterale Italia-Austria del 27 gennaio 1993, reso esecutivo dalla legge 8 marzo 1995, n. 76, il cui art. 2 individua tra gli enti autorizzati ad assumere iniziative di cooperazione transfrontaliera la Regione Veneto, la Regione Friuli-Venezia Giulia e le Province autonome di Trento e di Bolzano.
L’azione svolta dalla Regione è dunque ricompresa integralmente nell’ambito di una rete di compatibilità comunitaria alla cui definizione lo Stato ha concorso e che è disciplinata, oltre che dal regolamento n. 1260 del 1999, dal documento unico di programmazione Italia-Austria della Commissione europea che contiene tutti gli elementi costitutivi dell’accordo oggetto del conflitto: obbiettivi, partners, modalità di gestione, organismi amministrativi di cui sono indicati composizione e funzioni e per alcuni dei quali è prevista la presenza anche di rappresentanti del Governo, che ha sempre partecipato ai lavori preparatori.
In relazione agli specifici motivi esposti in ricorso dalla Presidenza del Consiglio, la Regione Veneto eccepisce, quanto alla pretesa carenza di determinazione dell’oggetto dell’atto, che esso va individuato prendendo in esame la serie combinata degli atti che lo prevedono e ne puntualizzano il contenuto e precisamente: l’accordo quadro tra l’Italia e la Repubblica austriaca sulla cooperazione transfrontaliera, sottoscritto il 27 gennaio 1993, che favorisce le iniziative poste in essere dagli enti locali dei due paesi, tra i quali è compresa la Regione Veneto; ciò che soddisfa la condizione posta dall’art. 3 della legge n. 948 del 1984, là dove richiede che la stipulazione di accordi ed intese transfrontaliere sia subordinata alla previa stipulazione di accordi tra gli Stati confinanti; il regolamento (CE) n. 1260 del 1999, ed in particolare gli artt. 9 e 20; la comunicazione della Commissione europea agli Stati membri del 28 aprile 2000, che stabilisce gli orientamenti dell’iniziativa comunitaria riguardante la cooperazione transfrontaliera volta ad incentivare uno sviluppo armonioso ed equilibrato del territorio comunitario; il documento unico di programmazione predisposto dalla Commissione per gli anni 2000-2006.
Quanto al fatto che l’accordo deve avere ad oggetto materie di competenza regionale ed essere preceduto da un accordo bilaterale tra Italia ed Austria, la Regione resistente rileva che esiste il citato accordo quadro tra la Repubblica italiana e la Repubblica austriaca sulla cooperazione transfrontaliera, sottoscritto il 27 gennaio 1993, e, relativamente alla necessità della previa intesa con il Governo, che essa può evincersi dalla costante partecipazione delle amministrazioni centrali all’attività conclusasi con la sottoscrizione dell’atto impugnato.
Conclude la Regione Veneto affermando che l’accordo censurato rientra nell’ambito dell’ordinamento comunitario, cui certamente concorre lo Stato italiano.
5. - La Provincia autonoma di Bolzano ha depositato in prossimità dell’udienza una memoria ove, preliminarmente, ribadisce l’eccezione di inammissibilità del ricorso, anche alla luce della sentenza della Corte n. 213 del 2003.
Nel merito la Provincia conferma che l’accordo censurato dal Governo non rientra nell’ambito regolato dalla legge n. 948 del 1984, trattandosi di un particolare accordo di cooperazione in ambito comunitario, assunto in esecuzione dell’iniziativa Interreg III, che trova la sua disciplina nelle specifiche norme dettate in quella sede comunitaria e che non richiede la previa intesa con il Governo.
L’accordo di cooperazione transfrontaliera sottoscritto dalle parti costituisce uno strumento indispensabile per stabilire le modalità di funzionamento e di responsabilità di ciascun partner e costituisce la realizzazione del programma elaborato in sede comunitaria dagli Stati coinvolti ed approvato dalla Commissione.
Osserva ancora la Provincia che la disciplina comunitaria rilevante è contenuta in atti direttamente applicabili nell’ordinamento interno, ciò che avrebbe reso inammissibile un intervento legislativo, e che, se fosse ritenuto applicabile al caso in esame l’art. 117, nono comma, Cost., in base all’art. 6, comma 2, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), gli accordi della Provincia con enti infrastatuali non necessiterebbero in ogni caso di una previa intesa con il Governo.
In ulteriore subordine la Provincia ritiene che l’intesa con il Governo dovrebbe essere ritenuta come tacitamente prestata, visto il ruolo esercitato dalla amministrazione dello Stato nell’iter seguito dal Programma comunitario di cui l’accordo costituisce esecuzione.
6. - Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, anche la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha precisato le proprie difese.
La Regione ricostruisce anzitutto il quadro normativo comunitario di riferimento entro cui si colloca il programma Interreg III, previsto dal regolamento CE 21 giugno 1999, n. 1260, ed in particolare l’azione del Fondo europeo di sviluppo regionale, istituito con il fine di "promuovere lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni che presentano ritardi nello sviluppo" e di "favorire la riconversione economica e sociale delle zone con difficoltà strutturali".
Secondo la Regione, l’art. 8 del regolamento citato dispone che le azioni comunitarie si fondano su una "stretta concertazione" tra la Commissione, lo Stato membro e le autorità e gli organismi da questo designati secondo le proprie normative, seguendo un criterio di coinvolgimento delle autorità nazionali e locali che costituisce un principio per l’utilizzazione dei fondi strutturali.
L’art. 9 del regolamento, prosegue la memoria della Regione Friuli-Venezia Giulia, definisce gli strumenti attuativi delle azioni comunitarie, tra i quali il documento unico di programmazione, l’autorità di gestione e l’autorità di pagamento, mentre l’art. 20 prevede espressamente azioni di cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale, volte ad incentivare uno sviluppo armonioso, equilibrato e duraturo dell’insieme dello spazio comunitario.
La memoria prosegue illustrando in dettaglio l’iter, comunitario e nazionale, attraverso il quale si è giunti alla firma dell’accordo oggetto del ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, ed in base a tale analitica descrizione del quadro normativo entro il quale si inserisce l’accordo transfrontaliero oggetto del conflitto, la Regione Friuli-Venezia Giulia ritiene che le censure svolte in ricorso siano inammissibili ed infondate.
Quanto al primo profilo la difesa della Regione rileva che l’atto introduttivo non indica quale parametro alcuna norma dello statuto speciale per il Friuli-Venezia Giulia, essendo fondato esclusivamente sull’asserita violazione dell’art. 117 Cost. e sui limiti che, tenuto conto della legge n. 948 del 1984, condizionano il potere estero regionale, e ricorda che la Corte ha più volte dichiarato inammissibili ricorsi statali che facevano valere, nei confronti di una Regione ad autonomia speciale, norme del Titolo V ma senza motivare le ragioni per le quali esse si sarebbero dovute applicare anche al caso di specie.
Nel merito, la Regione osserva che il ricorso è infondato non essendo applicabile all’accordo censurato dal Governo la disciplina di cui alla legge n. 948 del 1984.
Ad avviso della resistente l’accordo transfrontaliero interregionale del 15 gennaio 2002 costituisce l’ultimo atto di un procedimento lungo e complesso, composto di numerosi atti adottati da organi statali, da organi comunitari e da organi regionali, nel corso del quale sono stati analiticamente definiti le finalità dell’iniziativa, le aree di intervento, i criteri di selezione dei progetti da finanziare, la struttura organizzativa e le procedure per l’attuazione del programma.
La disciplina di cui al regolamento (CE) n. 1260 del 1999, gli orientamenti della Commissione ed il programma costituiscono un quadro normativo e amministrativo completo delle iniziative da attuare e l’accordo di cooperazione transfrontaliera sottoscritto dalle parti serve solo a definire la responsabilità di ciascun partner nei confronti del progetto; l’atto all’origine del conflitto non può perciò neppure definirsi un vero e proprio accordo di cooperazione transfrontaliera, dal momento che tutti gli elementi della cooperazione si trovavano già definiti negli atti a monte.
Rileva ancora la Regione Friuli-Venezia Giulia che l’accordo impugnato non solo non crea una nuova cooperazione, ma non ha neppure lo scopo di definire le modalità attuative del programma, già disciplinate dagli atti precedenti, e che in questa prospettiva risulta improprio richiamare la legge n. 948 del 1984, che riguarda accordi assunti ex novo, così come non pertinente risulta anche il richiamo alla legge n. 76 del 1995, che ha dato esecuzione all’accordo quadro tra l’Italia e l’Austria sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività territoriali, collocandosi l’atto in questione, interamente, nell’alveo del diritto comunitario.
In subordine, prosegue la memoria, se l’atto dovesse in ipotesi essere considerato anche quale esercizio di un’attività internazionale, esso dovrebbe rientrare tra quelle di mero rilievo internazionale e, in particolare, tra quelle che concernono rapporti conseguenti ad accordi o forme associative finalizzati alla collaborazione interregionale transfrontaliera ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera a), del d.P.R. 31 marzo 1994 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di attività all’estero delle regioni e delle province autonome), unico parametro cui la Regione doveva conformarsi alla data di stipulazione dell’accordo censurato, secondo il quale non era richiesta a tal fine alcuna formalità.
L’atto censurato non poteva perciò interferire in alcun modo con la politica estera statale e sarebbe stato del tutto superfluo pretendere un’ulteriore intesa con il Governo.
In ulteriore subordine, la
Regione Friuli-Venezia Giulia ritiene infondato il ricorso anche nell’ipotesi
in cui venga ritenuta applicabile alla fattispecie la legge n. 948 del
Ad avviso della resistente il ricorso non tiene in alcun conto la legge n. 76 del 1995, che indica la Regione Friuli-Venezia Giulia come ente legittimato a concludere accordi di cooperazione transfrontaliera ed indica le materie che possono essere oggetto di intesa, che largamente coincidono con il Programma Interreg III A e rientrano tutte nella sfera di competenza regionale. L’accordo impugnato è dunque rispettoso anche dell’art. 3 della legge n. 948 del 1984 e dell’art. 117, nono comma, Cost., che in ogni caso non riguarda le Regioni a statuto speciale.
Secondo la resistente la necessità di una previa intesa con l’amministrazione statale si fonda sulla necessità di un controllo dell’amministrazione statale sulle attività estere delle Regioni e sulla loro conformità agli orientamenti di politica estera dello Stato; nel caso in esame, gli organi statali sono stati sempre costantemente coinvolti in tutte le fasi del programma, come richiesto dalle fonti comunitarie; essi hanno stabilito la percentuale del cofinanziamento nazionale, hanno operato la ripartizione indicativa del fondo tra le diverse sezioni transfrontaliera, transnazionale e interregionale, hanno partecipato alla redazione del documento di programmazione e lo hanno presentato alla Commissione, hanno addirittura già assegnato alla Provincia di Bolzano l’acconto della quota a carico dello Stato; in tale situazione l’intesa alla stipula doveva ritenersi sostanzialmente acquisita e le censure, sul punto, devono ritenersi infondate.
Osserva infine la memoria della Regione che l’atto censurato dal Presidente del Consiglio dei ministri è sostanzialmente un atto dovuto, nel rispetto del principio di collaborazione di cui all’art. 10 del Trattato CE, e che un suo eventuale annullamento dovrebbe essere seguito dalla immediata conclusione di un atto identico, perché altrimenti si verificherebbe l’impossibilità di gestire il programma e vi sarebbe la possibile insorgenza di responsabilità verso la Comunità ed i partners non italiani.
7. - Anche la Regione Veneto, nell’approssimarsi dell’udienza pubblica, ha depositato una propria memoria, con la quale ha ribadito e precisato le proprie precedenti difese.
Secondo la Regione il principio di leale collaborazione non può consistere in meri adempimenti formali e va al contrario valutata l’attività effettivamente svolta alla luce del quadro istituzionale di riferimento al cui interno si viene a collocare l’accordo censurato. In questi termini, l’azione regionale è tutta inclusa all’interno di una rete di compatibilità alla cui definizione ha concorso lo Stato italiano e il quadro complessivo delle relazioni sottese all’accordo de quo è definito in ogni suo aspetto con apprezzabile precisione.
La memoria prosegue osservando come non abbiano alcun rilievo, nel caso di specie, gli artt. 5 e 6 della sopravvenuta legge n. 131 del 2003, mentre al contrario spiegano i loro effetti il dato normativo di natura ordinamentale e le procedure seguite, tutte ricadenti nell’ambito del diritto comunitario.
Quanto al primo profilo, osserva la resistente, la convenzione di Madrid del 1980 e la legge di ratifica ed esecuzione n. 948 del 1984 sono state successivamente attuate attraverso la stipula dell’accordo-quadro tra l’Italia e la Repubblica austriaca sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività territoriali, sottoscritto a Vienna il 27 gennaio 1993 e reso esecutivo con la legge n. 76 del 1995, con il quale gli Stati si impegnano a promuovere la cooperazione transfrontaliera favorendo le iniziative poste in essere dagli enti territoriali, tra i quali è contemplata espressamente la Regione Veneto.
Ciò dimostra che, mentre allo Stato resta il monopolio della politica estera, tale potere è stato esercitato in sede di predisposizione dell’accordo quadro con l’Austria, accordo che si è fatto carico delle prerogative proprie dell’assetto costituzionale italiano, là dove ha individuato le materie suscettibili di essere incluse in eventuali accordi con enti substatali di altro Stato.
Sotto il secondo profilo, secondo la Regione resistente, va considerato che l’accordo transfrontaliero di cui si discute si inserisce nella cornice ordinamentale definita dal regolamento n. 1260 del 1999 e dai successivi atti comunitari e che lo Stato ha partecipato, de iure e de facto, alla predisposizione del documento unico di programmazione e dei programmi operativi, tanto che le competenti autorità nazionali italiane ed austriache hanno presentato alla Commissione, in data 29 novembre 2000, un progetto di programma relativo alle zone di confine tra i due Paesi, e che sia la Repubblica italiana sia quella austriaca sono le destinatarie della decisione della Commissione del 23 novembre 2001. Sono state quindi le autorità italiane ad aver elaborato e presentato il progetto, compresi tutti gli elementi dei quali il ricorso dell’Avvocatura lamenta "l’assoluta carenza"; in tal senso nessuna delle omissioni rilevate in ricorso in realtà sussiste, né riguardo all’oggetto, né alle finalità, né al campo di azione dell’accordo, tutti elementi puntualizzati e precisati nel complesso degli atti che hanno portato all’approvazione del programma transfrontaliero.
8. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato conflitto di attribuzioni nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in relazione alla nota del Ministro per gli affari regionali del 31 maggio 2002 avente per oggetto "accordi di cooperazione transfrontaliera per recepire i programmi comunitari Interreg III".
Rilevato preliminarmente che il ricorso è strettamente connesso a quello presentato dallo Stato nei confronti della Regione Veneto, della Regione Friuli-Venezia Giulia e della stessa Provincia autonoma di Bolzano, la ricorrente chiede la riunione dei due conflitti e premette che le deduzioni ed argomentazioni esposte nell’atto introduttivo del secondo giudizio non possono che essere in gran parte identiche a quelle contenute nell’atto di costituzione della stessa Provincia nel giudizio per conflitto introdotto dal Governo.
La ricorrente espone quindi dettagliatamente il contenuto della nota oggetto del conflitto e, dopo aver descritto il quadro normativo comunitario entro il quale si inserisce l’accordo stipulato tra gli enti territoriali italiani ed austriaci in esecuzione del programma Interreg III, rileva come la nota del Ministro per gli affari regionali si fondi sulla asserita applicabilità, anche agli accordi di cooperazione transfrontaliera finalizzati a recepire un programma comunitario transfrontaliero, dell’art. 5 della legge n. 948 del 1984, di ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali, adottata a Madrid il 21 maggio 1980.
La ricorrente contesta tale assunto, sostenendo che imporre in questi casi l’intesa – come pretende la nota impugnata - significa consentire allo Stato di negarla, cioè significa consentirgli di dire sic et simpliciter "no" agli accordi comunitari stipulati nell’ambito dei programmi Interreg ai quali ha partecipato, e comunque di impedire alla Provincia di provvedere alla attuazione delle disciplina comunitaria di sua competenza.
In tal modo, prosegue il ricorso, vengono lese le attribuzioni costituzionali della ricorrente e, in particolare, le competenze indicate agli artt. 8 e 9 dello statuto speciale e quelle per l’attuazione dei regolamenti comunitari relativi a tali materie, come previsto dall’art. 6 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla Regione Trentino-Alto Adige e alle Province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) e dall’art. 9 della legge 9 marzo 1989, n. 86.
La Provincia di Bolzano rileva ancora che la definizione delle sue attribuzioni e delle relative sfere di competenza statali non si trova in Costituzione ma, come ribadito dall’art. 116 Cost., nelle leggi costituzionali concernenti il suo statuto di autonomia, e che l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 prevede che le disposizioni della Costituzione che sono state dalla stessa legge modificate si applichino solo nella parte in cui prevedono forme di autonomia più ampie di quelle già attribuite; ciò che non può essere nel caso del potere estero, in relazione al quale, osserva la ricorrente, l’art. 117 Cost., nel terzo comma, stabilisce che la materia dei "rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni" è materia di competenza concorrente, e nel nono comma che, nelle materie di sua competenza, la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.
Dopo aver ribadito che il programma Interreg III, cui la Provincia di Bolzano ha inteso dare attuazione con i suoi partners italiani ed austriaci, si svolge integralmente nell’ambito del diritto comunitario e ne costituisce diretta attuazione, la ricorrente esclude quindi che nella specie possa trattarsi di esercizio di potere estero regionale e che perciò abbia fondamento l’imposizione da parte dello Stato della previa trasmissione al Dipartimento affari regionali del testo dell’accordo, al fine di acquisire l’intesa, pretesa che sarebbe anche irragionevole in quanto il programma era stato concordemente redatto da rappresentanti del Governo e delle Regioni interessate e che lo stesso Governo l’aveva sottoposto all’approvazione della Commissione europea.
9. - Nel conflitto di attribuzioni promosso dalla Provincia autonoma di Bolzano si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di voler respingere il ricorso.
Preliminarmente l’Avvocatura si è associata alla richiesta della Provincia ricorrente di riunire il presente giudizio a quello promosso con il ricorso del Governo, iscritto al n. 20 reg. confl. del 2002.
Nel merito la difesa erariale ribadisce le tesi e gli argomenti svolti nel proprio ricorso, in particolare in ordine alla ritenuta applicabilità al caso di specie della convenzione di Madrid del 21 maggio 1980, ratificata e resa esecutiva in Italia dalla legge n. 948 del 1984, il cui art. 5 prevede la necessità della previa intesa con il Governo per la stipulazione di accordi di cooperazione transfrontaliera delle Regioni e Province autonome.
10. - Con la già ricordata memoria depositata, in prossimità dell’udienza, relativa al ricorso iscritto al n. 20 del registro conflitti, la Provincia autonoma di Bolzano ha ribadito e precisato le proprie precedenti difese anche in relazione al proprio ricorso, insistendo per la riunione dei giudizi e per l’accoglimento di quest’ultimo.
Considerato
in diritto
1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto ricorso per conflitto di attribuzioni nei confronti della Regione Friuli-Venezia Giulia, della Regione Veneto e della Provincia autonoma di Bolzano, in ordine all’"accordo di cooperazione transfrontaliera" da queste stipulato in data 15 gennaio 2002 con i Länder Tirolo, Carinzia e Salisburgo della Repubblica austriaca, e ciò in violazione dell’art. 117 della Costituzione e senza la preventiva intesa con il Governo prevista dall’art. 5 della legge 19 novembre 1984, n. 948 (Ratifica ed esecuzione della convenzione europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali, adottata a Madrid il 21 maggio 1980).
Secondo il ricorso del Governo, con la stipulazione dell’accordo de quo senza la preventiva intesa con lo Stato le Regioni e la Provincia autonoma avrebbero interferito con le competenze costituzionalmente attribuite allo Stato in materia di politica estera, avrebbero violato i limiti sostanziali e formali per l’esercizio del potere estero regionale e avrebbero violato lo stesso principio di leale collaborazione tra enti.
Inoltre l’atto dalle stesse sottoscritto sarebbe privo della indicazione del suo oggetto, delle sue finalità e del campo di azione, con la conseguente indefinita possibilità di interferenza con le attribuzioni statali in materia, aggravata dalla mancata previsione di un termine di durata. Difetterebbe quindi l’espressa previsione della materia dell’accordo come legittimamente attribuita alla competenza regionale ai sensi dell’art. 117 Cost. e dell’art. 4 della legge n. 948 del 1984 e sarebbe mancata la previa intesa con il Governo prevista dall’art. 5 della legge citata, in applicazione del generale principio di subordinazione del potere estero spettante alle Regioni alla necessaria coerenza con gli indirizzi di politica estera dello Stato.
2. - La Provincia autonoma di Bolzano ha a sua volta proposto ricorso per conflitto di attribuzioni nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo alla Corte di dichiarare che non spetta al Ministro per gli affari regionali emanare la nota del 31 maggio 2002 avente ad oggetto "accordi di cooperazione transfrontaliera per recepire i programmi comunitari Interreg III", con la quale, in ragione della ritenuta applicabilità agli accordi de quibus, anche se finalizzati a recepire un programma comunitario transfrontaliero, dell’art. 5 della citata legge n. 948 del 1984, chiede alla Provincia autonoma di Bolzano di non procedere alla stipulazione di tali atti senza la preventiva intesa con il Governo.
Secondo la ricorrente, il Governo, emanando la nota censurata, avrebbe invaso le competenze della Provincia autonoma costituzionalmente garantite dagli artt. 8, 9, 10 e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), e dagli artt. 6 e 7 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla Regione Trentino-Alto Adige e alle Province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), in quanto la definizione delle sue attribuzioni e delle relative sfere di competenza statali non si trova in Costituzione ma, come ribadisce l’art. 116 Cost., nelle leggi costituzionali concernenti il suo statuto di autonomia.
Ricorda il ricorso che l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 prevede che le disposizioni della Costituzione che sono state dalla stessa legge modificate si applicano solo nella parte in cui prevedono forme di autonomia più ampie di quelle già attribuite, ciò che non può essere nel caso del potere estero delle Regioni, in relazione al quale l’art. 117 Cost. stabilisce, nel terzo comma, che la materia dei "rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni" è di competenza concorrente, e, nel nono comma, che nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.
3. - I due ricorsi hanno entrambi ad oggetto la stipula da parte di Regioni e Province autonome di accordi di cooperazione transfrontaliera in attuazione di programmi comunitari e vanno perciò riuniti per essere decisi con un’unica sentenza.
4. - Vanno preliminarmente esaminate le eccezioni di inammissibilità sollevate nei confronti del ricorso del Governo dalla Regione Friuli-Venezia Giulia e dalla Provincia autonoma di Bolzano, con argomentazioni pressoché coincidenti fra loro.
Le eccezioni sono fondate.
Come osservano le resistenti, il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri si limita ad indicare, quale disposizione costituzionale che sarebbe stata violata con la stipulazione dell’accordo transfrontaliero de quo, l’art. 117 della Costituzione, che viene menzionato senza specificare quale tra le diverse sfere di competenza statale sarebbe stata in concreto invasa, pur se dal contesto dell’atto introduttivo del giudizio si può ricavare che esso ha inteso riferirsi al secondo comma (nella parte in cui riserva alla legislazione statale esclusiva la politica estera e i rapporti internazionali dello Stato) e al nono comma del citato art. 117 (che consente alle Regioni di concludere accordi con Stati ed intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato).
Nell’atto introduttivo non viene al contrario fatto alcun cenno all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, che regola l’applicazione transitoria alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano delle disposizioni della legge costituzionale citata, e nemmeno allo statuto speciale per il Friuli-Venezia Giulia di cui alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, e allo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige di cui al t.u. approvato con il d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670.
Lo stesso riferimento, contenuto in ricorso, alla legge n. 948 del 1984, che prevede che la sottoscrizione di accordi di cooperazione transfrontaliera da parte delle Regioni e degli altri enti locali sia subordinata alla preventiva intesa con il Governo, viene fatto in relazione alla mancanza di una legge statale ordinaria, successiva alla legge costituzionale n. 3 del 2001 e di attuazione della stessa, ed alla conseguente necessità di riferirsi alla legislazione previgente, senza alcun cenno alla applicabilità di tale legge alle Regioni aventi statuto speciale ed alle Province autonome, avuto riguardo alle specifiche norme che regolano le loro competenze.
Occorre in proposito considerare che i ricorsi statali avverso atti delle Regioni, come prescrive l’art. 39, quinto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, devono indicare "le disposizioni della Costituzione e delle leggi costituzionali che si ritengono violate". I ricorsi che facciano valere nei confronti delle Regioni e delle Province autonome esclusivamente le norme del Titolo V della Parte II della Costituzione, senza motivare le ragioni per le quali esse si dovrebbero applicare anche al caso di specie, risultano dunque carenti poiché omettono nel caso degli enti aventi uno statuto di autonomia speciale di far riferimento innanzitutto ai loro statuti speciali, le cui disposizioni sono pienamente in vigore anche dopo la riforma del Titolo V, e trascurano di argomentare circa l’eventuale applicazione delle diverse norme di cui all’art. 117 Cost. novellato in base all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, secondo un principio che è stato più volte affermato da questa Corte anche per i giudizi di legittimità costituzionale in via principale (cfr., tra le più recenti, la sentenza n. 213 del 2003 e l’ordinanza n. 358 del 2002).
Nei riguardi della Regione Friuli-Venezia Giulia e della Provincia autonoma di Bolzano il ricorso del Presidente del Consiglio risulta perciò inammissibile per genericità ed insufficienza dei parametri costituzionali invocati.
5. - Va esaminato il merito dei conflitti proposti dallo Stato nei confronti della Regione Veneto e della Provincia autonoma di Bolzano nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri con i ricorsi in esame.
Preliminarmente deve essere
considerato che i contenuti dell’accordo, così come il fatto che lo stesso
costituisca attuazione del programma comunitario denominato Interreg
III A Italia-Austria, approvato con la decisione
della Commissione europea del 23 novembre
Nei ricorsi e nelle memorie vengono infatti descritti, in maniera pressoché coincidente, sia il contenuto dell’atto che le sue finalità, in particolare l’espresso richiamo all’attuazione del programma comunitario sopra menzionato, e viene precisato che gli strumenti di attuazione e gli organi di cooperazione previsti sono conformi a quanto stabilito dall’art. 8 del regolamento citato. Più precisamente, per quanto concerne il contenuto dell’accordo, si dà atto che esso prevede l’istituzione di una autorità di gestione, di una autorità di pagamento, di un comitato di pilotaggio e di una segreteria tecnica, così come previsto dagli artt. 9, lettere n) e o), 34 e 35 del citato regolamento e dalla comunicazione della Commissione agli Stati membri del 28 aprile 2000, che stabilisce gli orientamenti dell’iniziativa comunitaria riguardante la cooperazione transeuropea volta a incentivare uno sviluppo armonioso ed equilibrato del territorio comunitario - Interreg III.
Nel caso in esame quindi lo Stato non contesta che la Regione abbia dato attuazione a strumenti di cooperazione transfrontaliera con enti pubblici interni ad altro Stato, appartenente anch’esso all’Unione europea, previsti nell’ordinamento comunitario e che in esso trovano la loro fonte primaria, quanto il fatto che, non essendo stata emanata la legislazione statale ordinaria successiva alla legge costituzionale n. 3 del 2001 e di attuazione della stessa, la stipulazione dell’accordo, all’esito dell’iter previsto dalle sopra citate disposizioni, avrebbe dovuto conformarsi alle condizioni e alle ulteriori formalità stabilite dalla citata legge n. 948 del 1984, il cui art. 5 subordina la stipula di accordi di cooperazione transfrontaliera alla previa intesa con il Governo, ed il cui art. 3 prevede la previa stipulazione, da parte dello Stato, di accordi bilaterali con gli Stati confinanti contenenti l’indicazione delle materie che possono formare oggetto dei singoli atti internazionali delle Regioni.
La mancanza di dette condizioni avrebbe poi, secondo il ricorso del Governo, più in generale vulnerato anche il principio di leale collaborazione e di coerenza dell’azione regionale con gli indirizzi di politica estera dello Stato, più volte sottolineati dalla stessa giurisprudenza costituzionale, con conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera a), e nono comma, della Costituzione.
6. - La censura proposta dal Governo in relazione alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, che riserva allo Stato in via esclusiva la legislazione in materia di politica estera e rapporti internazionali dello Stato, è infondata.
Dallo stesso atto introduttivo del presente giudizio risulta infatti chiaramente che l’accordo di cui si chiede l’annullamento non travalica i limiti imposti dalla Costituzione in materia di politica estera riservata allo Stato, trattandosi di un atto chiaramente e strettamente finalizzato a dare attuazione ad un programma comunitario di cooperazione transfrontaliera.
7. - Sotto un altro profilo il Presidente del Consiglio dei ministri assume anche la violazione del nono comma dell’art. 117 Cost., che attiene alla materia dei rapporti delle Regioni con enti esteri infrastatuali e con Stati esteri.
Quanto alla violazione delle attribuzioni statali, come definite dalla norma costituzionale citata, secondo il ricorrente vi sarebbe assoluta carenza di determinazione dell’oggetto dell’accordo, delle sue finalità e del suo possibile campo di azione, il che creerebbe un’indefinita possibile interferenza con le attribuzioni statali in materia, aggravata dalla mancata previsione di un termine di durata che rende indeterminata l’efficacia dell’atto; difetterebbe inoltre l’espressa previsione della materia dell’accordo ai sensi dell’art. 117, nono comma, Cost. e dell’art. 4 della legge n. 948 del 1984, e sarebbe perciò impossibile verificare se si tratta di materie attribuite alla competenza regionale; difetterebbe infine la previa intesa con il Governo prevista dall’art. 5 della legge n. 948 del 1984, secondo il principio di subordinazione del potere estero spettante alle Regioni alla necessaria coerenza con gli indirizzi di politica estera dello Stato; "ad abundantiam", secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, l’atto sarebbe anche privo dell’indicazione della data di sottoscrizione.
Dall’esame dell’accordo di cui lo Stato chiede l’annullamento, risulta che lo stesso è un atto strettamente correlato a (ed esecutivo di) precedenti atti normativi ed amministrativi regolati direttamente dal diritto comunitario, ed in particolare dal citato regolamento n. 1260 del 1999 e dai successivi atti della Commissione europea; l’oggetto, le finalità, il campo di azione dell’accordo transfrontaliero risultano quindi esattamente definiti, oltre che nel testo stesso dell’atto, da una serie di atti precedenti, tra i quali il documento unico di programmazione e il programma presentato dallo Stato alla Commissione e da questa successivamente approvato; nelle premesse dell’atto impugnato il quadro normativo ed amministrativo da cui esso trae origine è dettagliatamente indicato, direttamente o per relationem agli atti precedenti del procedimento; ne consegue che la rilevata indeterminatezza di oggetto, finalità, termine di durata e campo di azione dell’accordo non sussiste.
8. - Quanto alla ritenuta applicabilità al caso di specie della legge n. 948 del 1984, e segnatamente dell’art. 5, va rilevato che agli accordi di cooperazione transfrontaliera stipulati in esecuzione di un regolamento comunitario e dei successivi atti di attuazione non sono applicabili le disposizioni della convenzione di Madrid, e quindi della relativa legge italiana di ratifica ed esecuzione; come emerge chiaramente dall’art. 2 della convenzione citata, essa concerne i progetti volti a rafforzare e a sviluppare i rapporti di vicinato tra collettività o autorità territoriali, mentre nel caso in esame non si tratta di stabilire generici rapporti di vicinato, quanto di attuare, in modo vincolato, gli strumenti destinati alla utilizzazione di fondi comunitari, che già trovano in fonti comunitarie derivate, direttamente applicabili nel diritto interno, la loro disciplina.
Risulta quindi esatto il rilievo della Regione Veneto, secondo la quale più propriamente il ricorso statale non avrebbe dovuto riferirsi alla convenzione di Madrid del 1980 ed alla relativa legge di ratifica ed esecuzione, ma a detto accordo bilaterale, che regola appunto i rapporti tra gli enti interni ai due Stati, tra i quali sono espressamente ricompresi, all’art. 2, tutti quelli che hanno stipulato l’accordo censurato dallo Stato.
9. - Viene infine in rilievo l’asserita violazione da parte della Regione Veneto del principio di leale collaborazione, invocata nel ricorso del Governo anche con riferimento alla giurisprudenza di questa Corte sul punto.
Non è controverso fra le parti che, nella specie, nessuna specifica previa intesa è stata chiesta al Governo dalla Regione Veneto prima di procedere alla firma dell’accordo; occorre però ancora una volta rilevare che l’atto in questione non costituisce che l’ultimo passaggio istituzionale di un complesso programma comunitario di cooperazione transfrontaliera, che trova la sua legittimazione in una fonte comunitaria che è direttamente ed obbligatoriamente applicabile nel diritto interno degli Stati membri (il più volte citato regolamento n. 1260 del 1999), ed ancora in successivi atti delle istituzioni comunitarie cui nel caso in esame lo Stato ha attivamente collaborato con la presentazione del programma alla Commissione, la predisposizione degli strumenti attuativi di diritto interno e la partecipazione di rappresentanti di diversi ministeri a tutta l’attività preparatoria.
Ed ancora, come risulta testualmente dalla già citata decisione della Commissione europea del 23 novembre 2000, che ha approvato il programma d’iniziativa comunitaria Interreg III A, Italia-Austria, il progetto "è stato preparato e sarà attuato d’intesa con gli Stati membri interessati e nell’ambito del partenariato" (considerando n. 11), ciò che comporta una partecipazione attiva dello Stato sia nella fase preparatoria, sia in quella esecutiva, del programma.
Nella fattispecie, trattandosi di stipulare l’atto finale di un complesso procedimento cui lo Stato aveva attivamente partecipato, l’intesa doveva ritenersi come acquisita nella successione degli atti precedenti, perché l’accordo che oggi viene censurato nulla aggiunge rispetto ai programmi di cooperazione transfrontaliera come già esaminati ed approvati nelle competenti sedi comunitarie; del resto una ulteriore procedura di assenso per la firma dell’accordo si ridurrebbe ad una mera ripetizione di adempimenti formali, privi di alcuna utilità.
10. - Quanto infine alla pretesa violazione delle attribuzioni costituzionali dello Stato che sarebbe derivata dalla creazione di organismi comuni tra le Regioni italiane e quelle austriache (ciò che potrebbe influire per un tempo indeterminato su indirizzi di politica estera riservati allo Stato), va detto che, come esattamente osserva la Regione Veneto, gli uffici e gli organi istituiti con l’accordo in questione sono previsti direttamente come obbligatori dalla fonte comunitaria derivata (artt. 8, 9, 34 e 35 del regolamento n. 1260 del 1999, più volte citato) per la corretta gestione delle risorse stanziate, e che l’accordo censurato non si discosta minimamente dallo schema tipico previsto dalle disposizioni citate per i programmi transfrontalieri di sviluppo regionale.
Nessuna interferenza è quindi, neppure astrattamente, configurabile nel caso in esame tra accordi del tipo di quello censurato dal Governo e la politica estera nazionale, che resta di competenza dello Stato e che non viene vulnerata dalla predisposizione degli organismi, anche transfrontalieri, di esecuzione di precisi obblighi comunitari, sempre che tali accordi non esorbitino dall’ambito definito dai programmi di cooperazione.
Il ricorso del Governo nei confronti della Regione Veneto va quindi respinto.
11. - Per le stesse ragioni sopra esposte deve invece essere accolto il ricorso della Provincia autonoma di Bolzano nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione alla nota del Ministro per gli affari regionali del 31 maggio 2002 avente ad oggetto: "accordi di cooperazione transfrontaliera per recepire i programmi comunitari Interreg III".
12. - L’atto statale impugnato dalla Provincia si fonda sul presupposto che "la cooperazione transfrontaliera è disciplinata dalla legge 19 novembre 1984, n. 984 recante ratifica ed esecuzione della convenzione sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali adottata a Madrid il 21 maggio 1980".
La convenzione di Madrid non è
applicabile agli accordi previsti e direttamente disciplinati da fonti
comunitarie derivate, dal momento che il sistema delineato da detta convenzione
del 1980 e dal successivo accordo-quadro del 1993 tra l’Italia e la Repubblica
austriaca riguarda espressamente, oltre alle Regioni ed alle Province autonome,
anche "le Province, i Comuni, le Comunità montane, i Consorzi comunali e
provinciali ubicati, anche se solo in parte, entro la fascia territoriale di
Il ricorso della Provincia autonoma di Bolzano va quindi accolto, con il conseguente annullamento della nota impugnata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara inammissibile il conflitto di attribuzioni sollevato dallo Stato nei confronti della Regione Friuli-Venezia Giulia e della Provincia autonoma di Bolzano con il ricorso indicato in epigrafe (reg. confl. n. 20 del 2002);
dichiara che spetta alla Regione Veneto concludere l’accordo di cooperazione transfrontaliera, nell’ambito del programma comunitario denominato "Interreg III A, Italia-Austria", con i Länder della Repubblica austriaca Tirolo, Carinzia e Salisburgo;
dichiara che non spetta allo Stato emanare la nota del Ministro per gli affari regionali del 31 maggio 2002, avente ad oggetto "accordi di cooperazione transfrontaliera per recepire i programmi comunitari Interreg III", e conseguentemente la annulla.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2004.
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Fernanda CONTRI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 22 luglio 2004.