ORDINANZA N.252
ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
- Valerio ONIDA
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
- Alfonso QUARANTA
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 39, comma 1, secondo periodo, e comma 2, della legge della Regione Siciliana 15 maggio 2000, n. 10 (Norme sulla dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della Regione siciliana. Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali. Istituzione dello Sportello unico per le attività produttive. Disposizioni in materia di protezione civile. Norme in materia di pensionamento), promosso dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana sul ricorso proposto da A. M. contro la Regione Siciliana, con ordinanza del 6 marzo 2003, iscritta al n. 584 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell’anno 2003.
Visto l’atto di intervento della Regione Siciliana;
udito nella camera di consiglio del 9 giugno 2004 il Giudice relatore Francesco Amirante.
Ritenuto che la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, nel corso di un giudizio in cui la ricorrente aveva impugnato il provvedimento di diniego del collocamento in pensione anticipata, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 81, quarto comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 39, comma 1, secondo periodo, e comma 2, della legge della Regione Siciliana 15 maggio 2000, n. 10 (Norme sulla dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della Regione siciliana. Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali. Istituzione dello Sportello unico per le attività produttive. Disposizioni in materia di protezione civile. Norme in materia di pensionamento), nella parte in cui, nel sospendere l’applicazione delle norme che consentivano i pensionamenti d’anzianità, fanno salva l’applicazione dell’art. 3 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, per i dipendenti che abbiano maturato l’anzianità di servizio utile ivi prevista o che tale anzianità maturino entro il 31 dicembre 2003, mantenendo per detto personale la possibilità del pensionamento anticipato;
che la Corte remittente motiva la rilevanza della questione sulla base del rigetto del ricorso conseguente all’invocata pronuncia caducatoria e specifica come la Regione convenuta avesse negato alla ricorrente il diritto alla pensione anticipata in quanto inquadrata in ruolo a seguito della legge regionale 9 maggio 1986, n. 21 e quindi rientrante tra coloro ai quali spetta il trattamento pensionistico previsto per il corrispondente personale statale;
che, a parere del giudice a quo, il legislatore regionale, pur assecondando la generale tendenza soppressiva dell’istituto, avrebbe peccato di "manifesta illogicità", in quanto, pur dichiarando (art. 39, comma 1, primo periodo) di voler sospendere l’applicazione delle norme disciplinanti le pensioni di anzianità, ne avrebbe poi incentivato (nel secondo periodo del citato comma 1) l’applicazione ai dipendenti in possesso di determinati requisiti, prevedendo al successivo comma 2 le specifiche modalità del collocamento a riposo, così vulnerando l’art. 3 della Costituzione;
che la mancata indicazione delle modalità di copertura delle maggiori spese, connesse, secondo il remittente, ai pensionamenti in parola, risulterebbe lesiva dell’art. 81, quarto comma, della Costituzione, sia per l’aggravio di un ulteriore trattamento di attività (necessario per coprire il posto lasciato libero in organico) specularmente connesso all’erogazione della pensione e sia in quanto tale precetto dovrebbe costituire un limite per il legislatore allorché egli stesso abbia introdotto misure normative di compressione della spesa a fini di riequilibrio finanziario, con ciò dando atto in forma ufficiale dell’incapienza di bilancio per spese già previste dall’ordinamento;
che neppure le disposizioni volte al reperimento di fondi, contenute nella legge regionale 26 marzo 2002, n. 2, recante l’aumento dei contributi previdenziali a carico del personale interessato ai pensionamenti ed un diverso scaglionamento degli stessi, appaiono al giudice a quo idonee a far venir meno la lesione degli evocati parametri;
che è intervenuto in giudizio il Presidente della Regione Siciliana, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, preliminarmente eccependo il difetto di rilevanza per il mancato raggiungimento, da parte della ricorrente, del requisito contributivo richiesto dalla norma impugnata, e concludendo nel merito per la non fondatezza;
che l’Autorità intervenuta sottolinea come le norme impugnate si inseriscano nel quadro del riordino dell’amministrazione regionale, secondo i principi di riforma economico-sociale introdotti dalla legge 23 ottobre 1992, n. 421 e dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, prevedendo la riduzione del numero dei dipendenti, il trasferimento di funzioni e relative risorse finanziarie ed umane agli enti locali e l’esodo volontario contingentato del personale, i cui oneri pensionistici sarebbero sostitutivi di quelli connessi al pagamento delle retribuzioni ed anzi inferiori a questi ultimi, in ragione del contestuale divieto di bandire, per un triennio, concorsi per l’assunzione di nuovo personale (art. 5, comma 3, della legge regionale n. 10 del 2000);
che, in una memoria depositata nell’imminenza della camera di consiglio, l’Avvocatura dello Stato ha sostenuto che, in conseguenza dell’abrogazione dei commi 2, 3, 4, 5, 6 e 8 dell’art. 39 della legge n. 10 del 2000, da parte dell’art. 20, comma 4, della legge regionale siciliana 29 dicembre 2003, n. 21, sarebbe "venuto meno l’oggetto del giudizio di legittimità costituzionale".
Considerato che la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, dubita, in riferimento agli artt. 3 e 81, quarto comma, Cost., della legittimità costituzionale dell’art. 39, comma 1, secondo periodo, e comma 2, della legge regionale siciliana 15 maggio 2000, n. 10, nella parte in cui, nel sospendere l’applicazione delle norme che consentivano i pensionamenti d’anzianità, fa salva l’applicazione dell’art. 3 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, per i dipendenti che abbiano maturato l’anzianità di servizio utile ivi prevista o che tale anzianità maturino entro il 31 dicembre 2003;
che, secondo il giudice a quo, contrasterebbe con gli evocati parametri l’introduzione di misure restrittive, sul presupposto dell’insostenibilità di una spesa, poi irragionevolmente mantenuta ed anzi incentivata attraverso la creazione di percorsi agevolati e la fissazione di un limite temporale entro il quale i beneficiari ne possano attivare la fruibilità, senza però indicare con quali mezzi finanziari farvi fronte;
che il remittente omette di precisare sia i termini della fattispecie relativa al giudizio in corso dinanzi a lui, sia il quadro normativo in cui la stessa si iscrive, non indicando, in particolare, se la ricorrente sia in possesso dei requisiti contributivi richiesti, né se ad essa risultasse o meno applicabile il disposto dell’art. 10, primo comma, della legge regionale n. 21 del 1986 – espressamente richiamato dalla Regione nel negare il pensionamento anticipato – che assicura il solo trattamento pensionistico previsto per il corrispondente personale statale;
che tali lacune argomentative, impedendo alla Corte di svolgere la necessaria verifica circa l’applicabilità della normativa impugnata e quindi in ordine all’incidenza della richiesta pronuncia sulla situazione soggettiva fatta valere in giudizio, si risolvono in un’insufficiente motivazione circa la rilevanza della questione (v. ordinanze e n. 143 del 2004);
che, pertanto, la questione è manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 39, comma 1, secondo periodo, e comma 2, della legge della Regione Siciliana 15 maggio 2000, n. 10 (Norme sulla dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della Regione siciliana. Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali. Istituzione dello Sportello unico per le attività produttive. Disposizioni in materia di protezione civile. Norme in materia di pensionamento), sollevata dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 3 e 81, quarto comma, della Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2004.
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2004.