ORDINANZA N. 183
ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gustavo ZAGREBELSKY Presidente
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfonso QUARANTA "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 20, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), come sostituito dall'art. 2, comma 1, della legge 8 marzo 1999, n. 50, e dell'allegato 1, numero 96), della medesima legge n. 59 del 1997; dell'art. 14, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173 (Disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole, a norma dell'articolo 55, commi 14 e 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449), promosso con ordinanza del 13 giugno 2002 dalla Corte dei conti, Sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato, iscritta al n. 342 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 2002.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 28 aprile 2004 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.
Ritenuto che con provvedimento del 13 giugno 2002 la Corte dei conti, Sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato, ha sollevato questione di legittimità costituzionale: a) dell'art. 20, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), nel testo sostituito dall'art. 2, comma 1, della legge 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1998), e dell'allegato 1, numero 96), della medesima legge n. 59 del 1997, in riferimento all'art. 117 della Costituzione; nonché b) dell'art. 14, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173 (Disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole, a norma dell'articolo 55, commi 14 e 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449), in riferimento agli artt. 70, 76, 117 e 118, primo comma, della Costituzione;
che la Sezione rimettente premette di essere stata chiamata ad esaminare, ai fini del visto di legittimità e della conseguente registrazione, tre schemi di decreti del Presidente della Repubblica, adottati, rispettivamente, in data 21 dicembre 1998, 3 settembre 1999, 4 febbraio 2000;
che la rimettente precisa come con il primo di tali decreti risulti dettata – a norma dell'art. 20, comma 8, della già menzionata legge n. 59 del 1997 e dell'art. 17, comma 1, della legge 24 giugno 1997, n. 196 (Norme in materia di promozione dell'occupazione) – la disciplina in materia di formazione professionale; il secondo decreto, invece, recando – in forza di quanto previsto dal testé citato art. 20, comma 8, della legge n. 59 del 1997 – la disciplina relativa alla composizione ed al funzionamento delle commissioni provinciali per l'artigianato nonché all'iscrizione, modificazione e cancellazione presso l'albo delle imprese artigiane; con il terzo, infine, essendo state emanate – ai sensi degli artt. 14 e 15 del già ricordato d.lgs. n. 173 del 1998 – disposizioni per la semplificazione ed armonizzazione delle procedure dichiarative, delle modalità di controllo e degli adempimenti nel settore vitivinicolo;
che la predetta Sezione di controllo della Corte dei conti rammenta di aver sollevato – con tre distinti provvedimenti del 10 settembre 1999, 21 ottobre 1999 e 6 aprile 2000 (ed esattamente r.o. n. 598 del 1999, quanto alla disciplina della formazione professionale; r.o. n. 689 del 1999, quanto alla materia dell'artigianato; r.o. n. 290 del 2000, quanto al settore vitivinicolo) – questione di legittimità costituzionale delle norme in base alle quali o in svolgimento delle quali gli schemi di regolamenti delegati ad essa sottoposti sono stati adottati;
che la rimettente – ricostruite le vicende che portarono all'adozione da parte di questa Corte di una (prima) ordinanza (n. 77 del 2001) con la quale, riuniti i giudizi, venne disposta la restituzione degli atti in ragione di ius superveniens costituito dalla legge 24 novembre 2000, n. 340 (Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1999), avendo il suo art. 1, comma 4, lettera a), non solo modificato il contenuto di una delle disposizioni impugnate (e segnatamente l'art. 20, comma 2, della legge n. 59 del 1997), ma anche introdotto una nuova disciplina in tema di efficacia giuridica e di “cedevolezza” dei regolamenti statali, emanati nelle materie attribuite alla competenza delle Regioni – evidenzia di aver ribadito, con successivo provvedimento del 19 aprile 2001 (r.o. n. 581 del 2002), la persistente rilevanza delle questioni sollevate, pure a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 340 del 2000;
che pure all'esito di tale rinnovata iniziativa della rimettente (come essa stessa non manca di ricordare), questa Corte, con ordinanza n. 144 del 2002, ha adottato un ulteriore provvedimento di restituzione degli atti, e ciò in base all'assunto che, essendo state (nuovamente) prospettate «censure accomunate tra loro dal profilo della violazione del riparto di competenze tra Stato e regioni e dell'autonomia di queste ultime», occorresse valutarne la persistente rilevanza a seguito dell'entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), posto che essa «tra l'altro ha sostituito, con i suoi artt. 3, 4 e 5, l'intero testo degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione»;
che all'esito di tale seconda ordinanza di restituzione la predetta Sezione di controllo della Corte dei conti – oltre a prendere atto dell'esistenza di richiesta scritta, proveniente dal «rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali», avente ad oggetto il ritiro del «d.P.R. 21 dicembre 1998, concernente la formazione professionale» (affermando, così, di considerare «concluso il relativo procedimento di controllo», e non riproponendo pertanto le questioni di costituzionalità relative alle norme in base alle quali lo stesso risultava emanato) – ha ritenuto di «poter circoscrivere il riesame, siccome richiesto dalla Corte costituzionale con l'ordinanza n. 144 del 2002, alle questioni di costituzionalità interessate dalle modificazioni apportate agli artt. 117, 118 e 119 Cost. dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3»;
che alla stregua, in particolare, dell'art. 117 della Costituzione – avendo esso rovesciato il principio di tassatività delle competenze regionali, determinando le competenze (tassative) affidate in via esclusiva (secondo comma) o concorrente (terzo comma) allo Stato, ed assegnando alle Regioni potestà legislativa esclusiva in ogni altra materia, secondo un disegno volto a rafforzarne l'autonomia normativa – dovrebbe ritenersi precluso allo Stato, con particolare riferimento alla materia “agricoltura e foreste” (ora non prevista nel campo delle materie a competenza concorrente e dunque assegnata in via esclusiva alle Regioni), il potere di fissare i principi fondamentali della medesima materia;
che nello stesso segno di rafforzamento dall'autonomia regionale – secondo la rimettente – si collocano sia le modifiche in tema di potestà regolamentare, spettante ora di regola alle Regioni (salvo che nell'ambito della competenza esclusiva dello Stato), che quelle in tema di funzioni amministrative, con il venir meno del parallelismo tra competenze legislative e amministrative posto nel vecchio testo dell'art. 118 della Costituzione, poiché quello nuovo le riferisce ora in generale ai Comuni, salve le esigenze di esercizio unitario alla stregua dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza (ciò che, pur determinando per certi aspetti una compressione della specifica potestà in capo alle Regioni, delinea comunque un globale incremento della potestà delle autonomie locali);
che alla stregua del nuovo testo dell'art. 119 della Costituzione deve ritenersi superato pure il precedente orientamento – espresso anche dalla giurisprudenza di questa Corte, ma in base alla formulazione anteriore della disposizione costituzionale suddetta – che riconosceva alle Regioni, in materia finanziaria, solo poteri attuativi delle leggi statali, dovendo la loro autonomia finanziaria ora ritenersi soggetta ai principi posti dalle leggi quadro ma non anche alla normativa statale di dettaglio, dato che il “coordinamento del sistema tributario” è ricompreso negli ambiti di legislazione concorrente;
che premesse, dunque, queste osservazioni, la Sezione rimettente ribadisce di aver già sollevato – in relazione al regolamento sulla disciplina delle commissioni provinciali per l'artigianato e dell'albo delle imprese artigiane – questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, comma 2, della legge n. 59 del 1997 e del relativo allegato 1, numero 96), per violazione dell'art. 117 della Costituzione, in quanto il regolamento sottoposto a controllo attuava, integrava e specificava principi fondamentali nella materia dell'artigianato, affidata alla potestà concorrente delle Regioni e suscettibile quindi di limitazione solo ad opera di leggi-cornice, abilitate a porre i principi fondamentali della materia;
che tale dubbio di costituzionalità – ricadendo ormai la materia dell'artigianato nell'ambito della potestà legislativa esclusiva delle Regioni, a norma del quarto comma del nuovo testo dell'art. 117 della Costituzione (ciò che esclude, pertanto, la possibilità di determinazione di principi da parte della legge statale) – risulterebbe, secondo la rimettente, ancora più marcato, in quanto la determinazione dei principi viene a essere demandata a un regolamento, laddove la potestà regolamentare appartiene, secondo il sesto comma dello stesso art. 117, alle Regioni;
che – quanto all'altro regolamento, in tema di adempimenti e procedure nel settore vitivinicolo – la predetta Sezione della Corte dei conti ricorda di aver sollevato dubbi sulla costituzionalità dell'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 173 del 1998, per violazione degli artt. 70, 76, 117 e 118, primo comma, della Costituzione;
che, in particolare, le censure formulate alla stregua degli ultimi due parametri costituzionali investivano sia l'avvenuta emanazione – stabilita dalla norma di legge suddetta – di un regolamento “delegato”, in un ambito di competenza legislativa concorrente regionale (e dunque in contrasto con l'art. 117, che, affidando alla legge formale la fissazione dei principi fondamentali della materia, non consentiva che la legge ordinaria potesse demandare la disciplina di detta materia a un regolamento), sia la violazione dell'art. 118, primo comma, poiché il regolamento in questione sembrava conferire all'amministrazione centrale compiti propri della Regione;
che tali dubbi – precisa la Corte dei conti – risulterebbero ora «rafforzati» per le stesse considerazioni svolte circa l'altra questione, e ciò sia in riferimento all'art. 117 della Costituzione (posto che anche la materia “agricoltura” è transitata nel campo della potestà legislativa esclusiva delle Regioni), che al successivo art. 118 (poiché i compiti amministrativi in questa materia spettano ora di norma ai Comuni, mentre solo eventuali esigenze di carattere unitario potrebbero giustificare il conferimento di essi a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato);
che, pertanto, la Sezione di controllo rimettente reputa tuttora rilevanti ai fini del decidere, e non manifestamente infondate, le questioni sollevate, attinenti ai due regolamenti citati, relative: a) all'art. 20, comma 2 (nel testo sostituito dall'art. 2, comma 1, della legge n. 50 del 1999), e all'allegato 1, numero 96), della legge 15 marzo 1997, n. 59; b) all'art. 14, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, rilevando – in primo luogo – come neppure in occasione del secondo provvedimento di restituzione degli atti la Sezione rimettente si sarebbe fatta carico del problema preliminare della legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 4, lettera a), della legge n. 340 del 2000, disposizione la cui rilevanza pure era stata segnalata nell'ordinanza n. 77 del 2001 di questa Corte, ciò che indurrebbe a dubitare dell'ammissibilità delle questioni così come riproposte;
che, nel merito, l'Avvocatura richiama invece le indicazioni fornite da questa Corte con la sentenza n. 378 del 1995, che ha approfondito gli aspetti dei regolamenti di semplificazione e delegificazione in maniera organica e con enunciazioni di valore generale;
che, per quanto attiene in particolare alla questione relativa all'art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 173 del 1998, la difesa erariale rileva – da un lato – il difetto radicale di motivazione sulle censure riferite ai parametri ex artt. 70 e 76 della Costituzione (indicati senza alcuna argomentazione), evidenziando – dall'altro – che il regolamento emanato in base alla norma impugnata è comunque apprestato per dare attuazione a una normativa comunitaria;
che l'Avvocatura generale dello Stato ha, dunque, concluso per l'adozione di una pronuncia di inammissibilità o di infondatezza delle questioni;
che, successivamente, la difesa erariale ha depositato documentazione dalla quale risulta che, da essa opportunamente interpellate, le amministrazioni statali competenti in riferimento ad entrambi i regolamenti de quibus hanno, rispettivamente, dichiarato essere proprio «intendimento» quello di «procedere al ritiro del provvedimento» (cfr. nota del 29 ottobre 2002 del Ministero delle politiche agricole e forestali), ovvero che, con l'entrata in vigore della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, sarebbe «fuor di dubbio» che la materia oggetto del d.P.R. 3 settembre 1999 non rientri più tra le competenze statali (cfr. nota del 21 novembre 2002 del Ministero delle attività produttive, nella quale si pone in luce, pertanto, la sopravvenuta «carenza di interesse alla prosecuzione del giudizio»).
Considerato che la Corte dei conti, Sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato, torna a sollevare questione di legittimità costituzionale: a) dell'art. 20, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), come sostituito dall'art. 2, comma 1, della legge 8 marzo 1999, n. 50, e dell'allegato 1, numero 96), della medesima legge n. 59 del 1997, in riferimento all'art. 117 della Costituzione; nonché b) dell'art. 14, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173 (Disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole, a norma dell'articolo 55, commi 14 e 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449), in riferimento agli artt. 70, 76, 117 e 118, primo comma, della Costituzione;
che successivamente alla riproposizione delle suesposte questioni di legittimità è entrata in vigore la legge 29 luglio 2003, n. 229 (Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. – Legge di semplificazione 2001), il cui art. 1, comma 1, ha disposto una radicale modificazione dell'art. 20, comma 2, della legge n. 59 del 1997, cioè a dire la prima delle due norme impugnate;
che, pertanto, a causa di tale innovazione legislativa, in via preliminare rispetto ad ogni altro problema di ammissibilità delle questioni proposte, si rende necessario restituire gli atti alla Corte dei conti.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti alla Corte dei conti, Sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 10 giugno 2004.
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 22 giugno 2004.