SENTENZA N.155
ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gustavo ZAGREBELSKY Presidente
- Valerio ONIDA Giudice
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfonso QUARANTA "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122 (Disposizioni concernenti proroghe in materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2002, n. 185, promosso con ordinanza del 3 gennaio 2003 dal Tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra G. B. e G. L., iscritta al n. 477 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32, prima serie speciale, dell’anno 2003.
Visti l’atto di costituzione di G. L., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 aprile 2004 il Giudice relatore Francesco Amirante.
Ritenuto in fatto
1.–– Il Tribunale di Firenze, con ordinanza emessa il 3 gennaio 2003, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma, 42, secondo comma, e 111, primo (recte: secondo) comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122 (Disposizioni concernenti proroghe in materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2002, n. 185.
Premette il giudice a quo che in un procedimento di opposizione all’esecuzione (in corso dinanzi a lui) relativa a convalida di sfratto pronunziata in data 11 marzo 1993 per la scadenza del 30 giugno 1991, per la quale 1’esecuzione era stata fissata all’11 marzo 1994 e successivamente, in base all’art. 6 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, nuovamente fissata, con intervento della forza pubblica, per il giorno 2 aprile 2003, il conduttore-opponente – deducendo di essere ultrasessantacinquenne e di non disporre di un reddito sufficiente per prendere in locazione altra abitazione – aveva invocato la sospensione delle esecuzioni per rilascio prevista inizialmente dall’art. 80, comma 22, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e prorogata fino al 30 giugno 2003 dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 122 del 2002, convertito, con modificazioni, nella legge n. 185 del 2002.
Il Tribunale specifica di aver ritenuto l’istanza meritevole di accoglimento e di aver sospeso l’esecuzione fino al 30 giugno 2003, aggiungendo di aver già sollevato, con ordinanza del 26 aprile 2002, analoga questione in relazione all’art. 1 del decreto-legge 27 dicembre 2001, n. 450, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2002, n. 14, che prorogava fino al 30 giugno 2002 la sospensione a suo tempo disposta dall’art. 80, comma 22, della legge n. 388 del 2000.
Dopo aver precisato, in punto di rilevanza, che il possesso dei requisiti anagrafici e reddituali in capo all’opponente risulta documentalmente provato, per cui la richiesta opposizione dovrebbe trovare accoglimento se non fosse dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma impugnata, il giudice a quo richiama il contenuto della propria precedente ordinanza di remissione, osservando innanzitutto come la norma determini una ingiustificata disparità di trattamento fra esecutanti, in quanto penalizza coloro che agiscono nei confronti di conduttori appartenenti alle categorie svantaggiate di cui al citato art. 80, comma 22, della legge n. 388 del 2000, posto che delle esigenze abitative dei soggetti più deboli non dovrebbero farsi carico i locatori, bensì i Comuni.
Inoltre, osserva il remittente, la circostanza che la sospensione di cui al d.l. n. 450 del 2001, convertito, con modificazioni, nella legge n. 14 del 2002, fosse già la terza del genere (in precedenza vi erano state quelle disposte dall’art. 80, comma 22, della legge n. 388 del 2000 e dall’art. 1 del decreto-legge 2 luglio 2001, n. 247, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2001, n. 332), in tal modo protraendo il periodo sospensivo complessivamente a diciotto mesi (senza considerare le sospensioni in precedenza previste dall’art. 6 della legge n. 431 del 1998), se da un lato aggravava già prima il sospetto di illegittimità costituzionale sotto il profilo dell’art. 3 Cost., dall’altro contribuiva ad evidenziare il contrasto della normativa in esame con gli artt. 24 e 42 Cost.; a fortiori il dubbio di illegittimità costituzionale della norma ora impugnata, che da ultimo ha prorogato la sospensione al 30 giugno 2003, risulta ancor più grave in considerazione del fatto che la durata della sospensione (inizialmente prevista in giorni centottanta) è stata portata a ben due anni e mezzo: e ciò non consentirebbe di qualificare come straordinaria e contenuta in un periodo di tempo ragionevole la sospensione stessa.
Quanto all’art. 42 della Costituzione, rileva il Tribunale come le misure vincolistiche si giustifichino soltanto in ragione del loro carattere straordinario e temporaneo, che sarebbe viceversa escluso dalla loro continua reiterazione, espressione questa di una tendenza legislativa ad utilizzare lo strumento della sospensione come ordinaria soluzione del problema degli alloggi.
Il giudice a quo osserva poi che un ulteriore consolidamento della tendenza legislativa a rendere difficoltosa, se non impossibile, l’esecuzione degli sfratti a carico di conduttori anziani o handicappati (ovvero che annoverino nel nucleo familiare soggetti in tali condizioni) potrebbe penalizzare costoro nella ricerca di un’abitazione da prendere in locazione, per l’ovvia preferenza accordata dai locatori ai soggetti non protetti.
Il Tribunale prospetta infine il contrasto della norma impugnata con il principio di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 della Costituzione che non potrebbe non riferirsi anche al processo esecutivo.
2.–– E’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l’inammissibilità, ovvero per l’infondatezza della questione. Tali conclusioni sono state ribadite in una memoria depositata nell’imminenza della camera di consiglio, ove si sottolinea come la norma impugnata sia dettata a tutela di specifiche categorie di conduttori meritevoli di una speciale protezione e di diritti costituzionalmente garantiti, il cui valore dovrebbe essere bilanciato con quelli espressi dagli evocati parametri costituzionali.
Considerato in diritto
1.–– Il Tribunale di Firenze dubita della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122 (Disposizioni concernenti proroghe in materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2002, n. 185, in quanto, nel prorogare fino al 30 giugno 2003 la sospensione delle procedure esecutive di rilascio a carico dei conduttori appartenenti alle categorie protette, risulterebbe lesivo degli artt. 3, primo comma, 24, primo comma, 42, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione. Secondo il giudice a quo la norma impugnata introdurrebbe un’ingiustificata disparità di trattamento in danno di chi agisca nei confronti di conduttori appartenenti alle dette categorie svantaggiate rispetto agli altri locatori procedenti nei confronti della generalità dei conduttori, paralizzerebbe sostanzialmente la tutela esecutiva, comprimerebbe il diritto di proprietà ed infine comprometterebbe il principio di ragionevole durata del processo.
2.–– La questione non è fondata.
Questa Corte è stata investita della medesima questione, sollevata dallo stesso Tribunale con riguardo al previgente art. 1 del d.l. n. 450 del 2001, convertito, con modificazioni, nella legge n. 14 del 2002 (che aveva prorogato fino al 30 giugno 2002 la sospensione a suo tempo disposta dall’art. 80, comma 22, della legge n. 388 del 2000). Nella recente sentenza n. 310 del 2003, la Corte ha osservato come il legislatore, pur dovendo farsi carico delle esigenze di coloro che si trovano in particolari situazioni di disagio, anche attraverso agevolazioni, non possa tuttavia «indefinitamente limitarsi, per di più senza alcuna valutazione comparativa, a trasferire l’onere relativo in via esclusiva a carico del privato locatore, che potrebbe trovarsi in identiche o anche peggiori situazioni di disagio».
Tale ordine di considerazioni è stato sottolineato, da ultimo, nella sentenza n. 62 del 2004, ove si è rilevato che «la sospensione automatica delle procedure per il tempo fissato dalla legge risponde alla logica del (nominalmente) cessato regime c.d. vincolistico», anche in ragione del fatto che l’art. 80, comma 22, della legge n. 388 del 2000 non esaurisce la sua efficacia allo scadere dei centottanta giorni dalla sua entrata in vigore ma mira ad avviare un meccanismo permanente di reperimento da parte dei Comuni di immobili da destinare a persone bisognose soggette a sfratti, e che è altrettanto indubbio che i successivi provvedimenti di proroga investono la norma in tutta la sua portata “permanente”.
In particolare, la Corte ha affermato, nella prima sentenza citata, che la sospensione in argomento può trovare giustificazione soltanto se incide sul diritto alla riconsegna dell’immobile «per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato». Infatti la violazione di alcune delle norme costituzionali evocate ed il pregiudizio dei diritti che esse tutelano sono tanto più gravi in quanto non soltanto non è prevista alcuna comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore, ma neppure è stabilita alcuna congrua misura che, addossando alla collettività l’onere economico inerente alla protezione degli inquilini appartenenti alle categorie svantaggiate, allevii il sacrificio dei locatori.
Si osserva tuttavia che la citata sentenza n. 310 del 2003 è cronologicamente successiva all’ultimo dei provvedimenti di proroga della sospensione de qua, adottato con il decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147, convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n. 200, che ha differito al 30 giugno 2004 il termine di cui alla norma impugnata. Sicché i rilievi di cui sopra, che vanno qui integralmente ribaditi, non hanno potuto spiegare effetti sulle scelte del legislatore. Ove queste ultime dovessero ulteriormente seguire la logica fin qui adottata non potrebbero sottrarsi alle proposte censure d’illegittimità costituzionale (v. sentenza n. 89 del 1984), anche in considerazione del vulnus che il protrarsi delle proroghe arreca al principio della ragionevole durata del processo e alla coerenza dell’ordinamento (v. sentenza n. 108 del 1986).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122 (Disposizioni concernenti proroghe in materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2002, n. 185, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma, 42, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Firenze con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 2004.
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 28 maggio 2004.